Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-11-2010) 31-01-2011, n. 3321 Falsità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

T.A. ricorre avverso la sentenza, in data 21 ottobre 2009, della Corte d’appello di Roma parzialmente confermativa della condanna per i reati di truffa e falso, e, chiedendone l’annullamento, deduce:

a) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c) in relazione agli artt. 601 e 161 c.p.p., e art. 178 c.p.p., comma 1.

Il procedimento sarebbe nullo per omessa notifica dell’udienza del 3 luglio 2009 e del 21 ottobre 2009 nonchè della sentenza di primo grado allo stesso ricorrente, che, nella nomina dell’avv.to Di Tommaso depositata all’udienza del 16 febbraio 2009 aveva indicato anche il nuovo domicilio in Latina Corso Giacomo Matteotti, n. 151.

Infatti l’avviso di udienza del 3 luglio 2009 è stato notificato ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4 ai difensori, dopo l’impossibilità di notificare lo stesso al vecchio domicilio eletto, in Latina, via Leonardo da Vinci n. 13 e non a quello indicato all’udienza del 16 febbraio 2009, in Latina, Corso Giacomo Matteotti, n. 151. b) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. c) in relazione agli artt. 429, 468 e 175 c.p.p.. Nullità della sentenza di primo grado del 24 gennaio 2008 e di tutte le udienza dibattimentali successive al 2 marzo 2006, a seguito della mancanza di declaratoria di nullità dell’ordinanza del 2 marzo 2006, con la quale è stata disposta la rimessione in termini del p.m. per il deposito della lista testimoniale.

Il ricorrente denuncia l’inosservanza e l’erronea applicazione di norme processuali ( artt. 175 e 468 c.p.p.) per la omessa declaratoria d’inammissibilità della lista testi del P.M. e per l’illegittimità della disposta restituzione nel termine al p.m. sulla base della omessa accertata comunicazione a quest’ultimo della data dell’udienza. c) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in relazione agli artt. 29 e 414 c.p.p..

Il ricorrente lamenta l’omessa adozione del decreto di riapertura delle indagini, per esercitare l’azione penale, in considerazione dell’archiviazione già disposta dal p.m. della Procura della Repubblica di Latina in data 10 novembre 2003. In realtà il presente procedimento sarebbe la continuazione di quello in ordine al quale era già stato adottato il decreto di archiviazione (proc. n. 179/93). d) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in relazione all’art. 530 c.p.p., art. 124 c.p. e art. 337 c.p.p.. Difetto di legittimità nella proposizione delle due querele da parte di C.E..

Il ricorrente lamenta l’assenza di legittimazione del C. nel momento della proposizione delle due querele, per la mancanza di validità della procura speciale a lui rilasciata dalla Levante Assicurazioni, in ragione del successivo mutamento della denominazione in Carige della Società di assicurazione. e) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in relazione all’art. 530 c.p.p., commi 1 o 2, art. 640 c.p., comma 1 e art. 483 c.p..

Il ricorrente censura la carenza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del dolo nel reato contestato. In particolare dall’istruttoria sarebbe emersa l’assenza di qualsiasi volontà di truffare l’amministrazione, in particolare con riferimento all’omessa indicazione del reddito percepito dalla moglie e della conseguente eventuale percezione di assegni familiari non dovuti. f) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in relazione all’art. 483 c.p. e D.L. n. 507 del 1999, art. 79.

Il ricorrente lamenta la mancata derubricazione del reato di cui all’art. 483 c.p. in quello di cui al D.L. n. 507 del 1999, art. 79.

Con memoria depositata in data 13 aprile 2010 sono stati illustrati motivi nuovi, concernenti in particolare la omessa motivazione su circostanze di fatto già indicate nei motivi d’appello e segnatamente relativi all’invio di fax, alla collegata deposizione del teste To., alle risultanze dei tabulati telefonici, alla deposizione del teste D.M., alla congruità della motivazione relativa all’interesse del T. a commettere il falso contestatogli, al comportamento negligente del To., alla decorrenza del termine prescrizionale del diritto al risarcimento del danno da parte delle parti civili, all’ammontare della provvisionale riconosciuta, al diniego dei benefici di legge.

Ciò premesso rileva la Corte che:

Il motivo di cui alla lett. a) è infondato.

Dall’esame dell’atto di nomina dell’avv.to Di Tommaso emerge che il T., oltre la nomina del nuovo difensore di fiducia, indica di essere domiciliato in Latina Corso Giacomo Matteotti, n. 151. Non fa alcuna menzione della precedente elezione di domicilio fissata in Latina, via Leonardo da Vinci n. 13, nè vi è alcune dichiarazione da cui ricavare la volontà di ricevere le notificazioni al nuovo indirizzo. Ritiene la Corte che, per quanto riguarda le formalità relative alla dichiarazione di domicilio, in alternativa e revoca di una precedente elezione di domicilio, la suddetta dichiarazione, deve esprimere con chiarezza la volontà che il luogo indicato venga considerato come quello nel quale effettuare le comunicazioni o notificazioni, con conseguente osservanza dell’obbligo, discendente dalla legge, di comunicare nelle forme prescritte ogni variazione. La mera indicazione di fatto del luogo ove era domiciliato, senza alcuna espressa "dichiarazione" ai fini delle successive notificazioni ed in assenza della contestuale revoca del domicilio in precedenza eletto, mantiene un equivoco di fondo, che non fa ritenere sussistente la modifica ai fini della regolarità delle successive notificazioni.

Questa interpretazione viene valorizzata dal comportamento processuale tenuto dalla stessa difesa del T. che, all’udienza del 16 febbraio 2009, ha eccepito la nullità della notificazione del decreto di citazione in appello per la omessa notifica presso il domicilio eletto in data 6 aprile 2004, in via Leonardo da Vinci n. 13, Latina, senza fare alcun riferimento al nuovo domicilio, quando, in data 27 gennaio 2009, aveva già ricevuto la nomina in suo favore con la nuova indicazione del domicilio di Corso Giacomo Matteotti, n. 151. La Corte ha correttamente dunque accolto l’eccezione disponendo la rinnovazione della citazione presso il domicilio eletto, non revocato, e anzi implicitamente confermato anche per facta concludentia della stessa difesa; successivamente, in considerazione della sopravvenuta inidoneità dello stesso, ha disposto la notifica della citazione ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4 presso i difensori di fiducia. D’altra parte eccepire una nullità rispetto ad un domicilio da cui si ha consapevolezza che l’imputato si sarebbe trasferito e non indicare il nuovo domicilio di cui si ha conoscenza, concretizza un concorso nella determinazione della nullità, che impedirebbe in ogni caso sollevare l’eccezione ai sensi dell’art. 182 c.p.p.. Anche il motivo di cui alla lett. b) è infondato. A parere della Corte il riconoscimento di una causa di forza maggiore impeditiva dell’esercizio di una facoltà processuale costituisce apprezzamento di fatto del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità purchè esente da vizi logici e giuridici (arg. ex Cass. sez. 5, 15 maggio 1984 – 28 maggio 1984, n. 1430). Nella specie – come esposto in narrativa – il Tribunale ha ritenuto l’eccezionalità del caso rappresentato dalla tardiva ricezione degli atti da parte del p.m. ed ha motivatamente ravvisato in detta fattispecie un’ipotesi di forza maggiore. Le valutazioni operate sono dunque esenti da censure logico giuridiche. D’altra parte è stato ritenuto in giurisprudenza che l’ammissione di prove testimoniali tardivamente indicate non è causa di nullità della relativa ordinanza, posto che rientra tra i poteri del giudice assumere le prove anche d’ufficio, con la conseguenza che la prova tardivamente indicata ed espletata deve ritenersi ammessa d’ufficio (Cass., sez. 5, 10 febbraio 2010, n. 15325, C.E.D. cass. n. 246873;

v. anche Cass., sez. 1, 15 gennaio 2010, n. 19511, C.E.D. cass., n. 247193).

Anche il motivo sub c) appare infondato. La giurisprudenza è consolidata nell’affermare che il difetto di autorizzazione alla riapertura delle indagini determina l’inutilizzabilità degli atti di indagine eventualmente compiuti dopo il provvedimento di archiviazione e preclude l’esercizio dell’azione penale per lo stesso fatto di reato, oggettivamente e soggettivamente considerato, da parte del medesimo ufficio del pubblico ministero (Sez. U, 24 giugno 2010 n. 33885, C.E.D. cass., n. 247834) e che, in modo più specifico, il provvedimento autorizzativo del G.i.p. alla riapertura delle indagini è necessario soltanto quando si tratti dello stesso fatto, identico nelle componenti oggettive dell’addebito. Sez. 1, 15 giugno 2006, n. 28377, C.E.D. cass. n. 235261).Nel caso in esame la precedente archiviazione riguardava uno scritto anonimo, espressamente dichiarato inutilizzabile dal p.m. ai sensi dell’art. 333 c.p.p., mentre difetta del tutto un provvedimento di archiviazione del G.I.P. ai sensi degli artt. 409 e seg. c.p.p..

Allo stesso modo è infondata l’eccezione di improcedibilità in ordine ai reati di truffa aggravata per l’asserito difetto di legittimazione del soggetto che ha sporto le querele di cui alla lett. d). Nel caso in esame, come hanno chiaramente precisato i giudici di merito deve escludersi che le modifiche statutarie intervenute abbiano comportato la nascita di un diverso soggetto giuridico, essendosi trattato esclusivamente della modificazione della ragione sociale della società, con la conseguente perdurante validità ed efficacia della procura speciale rilasciata in precedenza al C..

Gli altri motivi con cui si censurano il difetto, la carenza e la contraddittorietà della motivazione sono assolutamente infondati.

Ritiene il collegio che nel ricorso per cassazione contro la sentenza di appello non può essere riproposta – ferma restando la sua deducibilità o rilevabilità "ex officio" in ogni stato e grado del procedimento – una questione che aveva formato oggetto di uno dei motivi di appello sui quali la Corte si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza errori logico – giuridici. Ne deriva, in ipotesi di riproposizione di una delle dette questioni con ricorso per cassazione, che la impugnazione deve essere dichiarata inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, ultima parte".

(Cass. pen., sez. 6, 25.1.94, Paolicelli, 197748). Nel caso in esame viene nuovamente riproposta la questione relativa alla insussistenza degli elementi che hanno integrato l’affermazione di responsabilità per i reati di falso e di truffa aggravata, oltre quella dell’inutilizzabilità del contenuto delle querele. Per quest’ultimo aspetto occorre ribadire la correttezza della scelta operata dai giudici di merito, essendo stato utilizzato l’atto a seguito del difettoso ricordo del contenuto degli atti da parte del C. che, nelle more, è stato colpito da ischemia cerebrale; nel merito i giudici di primo e secondo grado hanno fornito una valutazione ed una analisi corretta, che non merita censure logico giuridiche (si veda il riferimento alla deposizione dello stesso C., dei testi To., Ca. e D. (v. p. 12 e 13 e ss. della sentenza d’appello) nonchè il dato oggettivo pacifico che emerge dalla documentazione di riferimento (fax con data certa); allo stesso modo il reato di cui al capo b) è stato valutato correttamente sulla base delle deposizioni testimoniali e documentali acquisite).Analoga valutazione deve essere effettuata per le imputazioni di cui ai capi D) e E). Le valutazioni operate dai giudici di merito appaiono esenti da censure logico giuridiche sulla base degli elementi testimoniali e documentali acquisiti al processo (v. pag. 21 e ss. della sentenza d’appello e le considerazioni relative al comportamento dell’imputato e alle sue stesse ammissioni).

Deve condividersi, inoltre l’inapplicabilità, al caso in esame del D.L. n. 507 del 1999, art. 79, in base alle motivazioni riportate in sentenza, e relative alla presenza della clausola di esclusione (salvo che il fatto costituisca reato… come è avvenuto nel caso di specie); parimenti deve essere sottolineata l’infondatezza in ordine ai criteri di determinazione della provvisionale, in considerazione della genericità della contestazione, e della insussistenza della dedotta prescrizione del diritto, stante la tempestiva costituzione di parte civile.

Deve ritenersi, infine, correttamente motivato, il diniego dei benefici di legge, in base alla reiterazione delle condotte delittuose e all’arco di tempo in cui sono state commesse e al pubblico ufficio ricoperto dal T. (carabiniere).

Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso del T. deve essere rigettato.

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio dalla p.c. Carige Assicurazioni s.p.a., che liquida in complessivi Euro 2000, oltre spese generali, IVA e CPA.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio dalla p.c. Carige Assicurazioni s.p.a., che liquida in complessivi Euro 2000, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 26 novembre 2010.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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