Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-11-2010) 31-01-2011, n. 3320

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A.C. ricorre avverso la sentenza, in data 15 febbraio 2010 della Corte d’appello di Torino, con la quale, a conferma della sentenza di primo grado, è stato condannato per il reato di appropriazione indebita aggravata e truffa aggravata alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 600,00 di multa e, chiedendone l’annullamento, lamenta l’erroneità della ritenuta utilizzabilità della querela ai fini della decisione, e quindi oltre il suo aspetto meramente formale relativo alla procedibilità dell’azione penale, nonchè della valutazione delle deposizioni testimoniali, in particolare della p.c. M., ai fini dell’affermazione della sua responsabilità sia in ordine alla sussistenza del delitto di appropriazione indebita, di cui non sarebbe stata provata l’interversione del possesso, che per quanto riguarda il delitto di truffa aggravata.

Osserva la Corte che il ricorso è, da un lato, privo della specificità prescritta dall’art. 581, lett. c) in relazione all’art. 591 c.p.p. e, dall’altro, manifestamente infondato: nella sentenza risultano affrontate tutte le questioni dedotte nel ricorso e che peraltro erano già state proposte in appello.

Peraltro, ritiene il collegio che nel ricorso per cassazione contro la sentenza di appello non può essere riproposta – ferma restando la sua deducibilità o rilevabilità "ex officio" in ogni stato e grado del procedimento – una questione che aveva formato oggetto di uno dei motivi di appello sui quali la Corte si è già pronunciata in maniera esaustiva, senza errori logico – giuridici. Ne deriva, in ipotesi di riproposizione di una delle dette questioni con ricorso per cassazione, che la impugnazione deve essere dichiarata inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, ultima parte".

(Cass. pen., sez. 6, 25.1.94, Paolicelli, 197748). Nel caso in esame viene nuovamente riproposta la questione relativa alla insussistenza degli elementi che hanno integrato l’affermazione di responsabilità sia per il reato di appropriazione indebita che di truffa aggravata, oltre quello dell’inutilizzabilità del contenuto della querela. Per quest’ultimo aspetto occorre ribadire la correttezza della scelta operata dai giudici di merito, essendo stato prescelto il rito abbreviato; nel merito i giudici di primo e secondo grado hanno fornito una valutazione ed una analisi corretta, che non merita censure logico giuridiche (si veda il riferimento alla deposizione della p.o. M. e del teste F. nonchè il dato oggettivo pacifico che emerge dalla documentazione di riferimento relativa ai pagamenti tutti confermati dai soggetti interessati; allo stesso modo il reato di cui al capo b, è stato valutato correttamente sulla base delle deposizioni testimoniali e documentali acquisite).

Alla luce delle suesposte considerazioni, va dichiarata inammissibile l’impugnazione.

Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *