Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-03-2011, n. 5088 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Napoli, confermando decisione del Tribunale di Benevento, ha rigettato la domanda di T.M., titolare dell’omonima impresa edile, intesa a contestare l’esistenza dell’obbligo di versare i contributi pretesi dall’INPS sul monte orario di 40 ore settimanali previste dal contratto collettivo di settore, anzichè su quanto erogato per retribuzioni ai dipendenti per le ore da costoro effettivamente lavorate.

Ha osservato la Corte che il D.L. n. 244 del 1995, art. 29 (convertito nella L. n. 341 del 1995), norma operante nella concreta fattispecie, va interpretato nel senso che la retribuzione da considerare ai fini previdenziali è quella dovuta per il numero di ore lavorative previste dal contratto collettivo, anche se meramente "virtuale" nei casi in cui l’orario di lavoro concordato tra le parti sia inferiore. Ha precisato, quindi, la Corte: che non era stata dedotta in modo specifico e tempestivo dal ricorrente l’esistenza di cause di esclusione della contribuzione riconducigli a quelle espressamente contemplate dal citato art. 29; che nuova e, comunque, infondata era la contestazione relativa alla consistenza dell’orario normale di lavoro previsto dalla contrattazione collettiva; che altrettanto infondati erano i dubbi di costituzionalità del ripetuto art. 29 prospettati in rapporto agli artt. 3, 23 e 53 Cost..

Per la cassazione di questa sentenza T.M. ha proposto ricorso affidato a due motivi.

Resistono con controricorso gli intimati INPS, INAIL e Direzione provinciale del lavoro di Benevento. L’INAIL ha anche presentato memoria ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

1. Nel primo motivo il ricorrente, con deduzione di violazione e falsa applicazione del D.L. 23 giugno 1995, n. 244, art. 29, convertito nella L. 8 agosto 1995, n. 341, della L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 12, in relazione al D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 1, convertito nella L. 7 dicembre 1989, n. 389, assume che la norma dell’art. 29 e l’ivi previsto obbligo di rispetto del minimale contributivo non può trovare applicazione nei casi di sospensione consensuale del rapporto di lavoro determinata dal carattere discontinuo dell’attività di impresa e per effetto della quale, nei periodi e nelle giornate indicate dall’azienda, non sia dovuta alcuna prestazione lavorativa, nè, conseguentemente alcuna retribuzione- corrispettivo.

2. Nel secondo motivo contesta alla sentenza impugnata vizio di omessa o carente e, comunque, contraddittoria motivazione, nonchè violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., oltre che della L. n. 341 del 1995, art. 29, per aver omesso l’esame della documentazione allegata al fascicolo di primo grado e per non aver ammesso la prova testimoniale intesa a dimostrare la causa di sospensione dell’obbligo retributivo.

3. Il ricorso va dichiarato inammissibile nei confronti della Direzione provinciale del lavoro di Benevento, posto che, per quanto risulta dalla sentenza impugnata, l’amministrazione in questione non è stata parte del giudizio di merito; nè alla sua costituzione nel presente giudizio di legittimità è attribuibile efficacia sanante della nullità della impugnazione, stante la radicale carenza del rapporto processuale di base (cfr. Cass. n. 6348 del 2009, n. 13954 del 2006, Sez. un. n. 15145 del 2001).

4. Il ricorso è, invece, da rigettare nei confronti degli altri intimati.

5. Esaminandone congiuntamente i motivi osserva, infatti, la Corte – condividendo al riguardo le sue decisioni più recenti (cfr. Cass. n. 21700 del 2009; n. 16601 del 2010) che hanno superato un precedente, opposto indirizzo (cfr. Cass. n. 1301 del 2006) – che, in tema di contribuzione dovuta dai datori di lavoro esercenti attività edile, il D.L. n. 244 del 1995, art. 29, convertito nella L. n. 341 del 1995, nel determinare la misura dell’obbligo contributivo previdenziale ed assistenziale in riferimento ad una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario normale di lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva, prevede l’esclusione dall’obbligo contributivo di una varietà di assenze, tra di loro accomunate dal fatto che vengono in considerazione situazioni in cui è la legge ad imporre al datore di lavoro di sospendere il rapporto. Ne consegue che, ove la sospensione del rapporto derivi da una libera scelta del datore di lavoro e costituisca il risultato di un accordo tra le parti, continua a permanere intatto l’obbligo retribuivo, dovendosi escludere, attesa l’assenza di una identità di ratio tra le situazioni considerate, la possibilità di una interpretazione estensiva o, comunque, analogica, come pure la incostituzionalità della disposizione di legge che, in questa sede, si assume violata.

La sentenza impugnata ha risolto negli stessi termini la questione, ponendo in rilievo come il dato testuale dell’art. 29 cit. e il carattere di stretta interpretazione proprio delle eccezioni alla regola del minimale contributivo non ne consentano una estensione ad ipotesi diverse da quelle espressamente considerate. Conseguentemente – e correttamente – ha concluso che del tutto superflua era la prova diretta a dimostrare l’asserita discontinuità dell’attività lì lavorativa e la esistenza di un accordo tra datore e dipendenti sulla retribuzione dovuta e in concreto erogata.

6. Nessun fondamento ha, quindi, la tesi del ricorrente sia per quanto riguarda l’interpretazione della norma in parola sia per quanto riguarda il denunciato (nel secondo motivo) vizio di motivazione.

7. Il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, in favore della Direzione provinciale del lavoro di Benevento, il cui controricorso è da ritenere tempestivo, per irritualità della notifica del ricorso (non eseguita presso l’Avvocatura generale dello Stato, come previsto dalla L. n. 1611 del 1933, art. 1, ma direttamente all’Amministrazione provinciale).

8. Si compensano, invece, le spese tra il ricorrente e l’INPS e l’INAIL in ragione del consolidarsi solo recente della giurisprudenza di questa Corte sulla questione controversa, nei sensi più sopra precisati.
P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso nei confronti della Direzione provinciale del lavoro di Benevento e lo rigetta nei confronti di INPS e INAIL. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Amministrazione provinciale, delle spese del giudizio di cassazione, liquidandole in Euro 15,00 per esborsi e in Euro 1.500,00 (millecinquecento) per onorari, con accessori di legge compensa le spese tra il ricorrente e l’INPS e l’INAIL. Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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