T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 26-01-2011, n. 218 Contratti e convenzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con bando pubblicato il 26 novembre 2009, il Comune di Angera ha indetto una procedura di selezione per l’affidamento della gestione dei servizi museali che, all’esito delle operazioni valutative, è stata aggiudicata all’odierna controinteressata S.C.A. a.r.l. (Società Cooperativa A.), classificatasi al primo posto precedendo la ricorrente, già Direttore del Museo archeologico di Angera nel quinquennio 20042009 in forza di un contratto a tempo determinato.

Con il presente ricorso, la dott.ssa S.M., ha impugnato gli atti in epigrafe, deducendo:

1. la violazione del principio di imparzialità e buon andamento in virtù di una pretesa situazione di conflitto di interessi in cui si sarebbe trovato un componente della Commissione di gara;

2. la violazione del principio di pubblicità del bando di gara cui avrebbe fatto seguito l’apertura in seduta segreta delle offerte economiche;

3. la violazione del principio di imparzialità determinata dalla contemporanea valutazione tanto dei curricula dei concorrenti che dei progetti di servizio offerti;

4. la violazione del principio di par condicio per aver previsto due basi d’asta differenti per i liberi professionisti e per le imprese, nonché, l’illegittimità della stessa ammissione alla gara di impresa cui la partecipazione sarebbe preclusa in ragione dello schema contrattuale prescelto (rapporto di collaborazione individuale).

Con atto depositato in data 11 ottobre 2010, la ricorrente ha presentato istanza di sospensione dei provvedimenti impugnati.

Nella camera di consiglio dell’11 novembre 2010 la causa è stata rinviata al merito ed all’esito della pubblica udienza del 12 gennaio 2011, trattenuta in decisione.

Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente, ha posto in luce la pretesa situazione di conflitto di interessi del commissario dott.ssa Barbara G. che:

– sarebbe controparte della ricorrente nel giudizio iscritto al n. 8108/1999, deciso da questo Tribunale con sentenza n. 10451/2008 in relazione alla quale pende appello;

– avrebbe svolto dal 15 luglio 1994 al 15 giugno 2000 le funzioni di sindaco effettivo della società aggiudicataria;

– avrebbe diretto nel periodo 20052007, per conto della Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia, lavori realizzati dalla controinteressata.

L’Amministrazione, costituitasi in giudizio, ha preliminarmente eccepito l’irricevibilità del ricorso per mancata impugnazione dell’atto di nomina della commissione e ha dedotto nel merito:

che la richiamata vicenda processuale (nell’ambito della quale la dott.ssa M. era ricorrente unitamente ad altre 53 persone) si sarebbe conclusa in senso favorevole alla dott.ssa G.;

che le pregresse funzioni di Sindaco assolte dalla dott.ssa G. sarebbero risalenti nel tempo (1999) e che, in ogni caso, non avrebbero comportato compiti di amministrazione attiva;

che la pregressa direzione di lavori assolta dalla controinteressata sarebbe avvenuta per ragioni di ufficio su designazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia (provvedimento n. 10099/BG/gl del 27 luglio 2005 a firma del Soprintendente Reggente).

Il detto motivo è, peraltro, tardivo, in disparte restando ogni considerazione sul merito degli illustrati profili.

Le svolte censure avrebbero, infatti, dovuto costituire oggetto di tempestiva impugnazione nel termine di decadenza decorrente dall’avvenuta cognizione della composizione del seggio di gara o comunque di un’immediata istanza di ricusazione.

La ricorrente oppone al riguardo che alcun interesse poteva sussistere in ordine all’impugnazione della designazione della dott.ssa G. quale componente della Commissione, in quanto solo al termine della procedura si sarebbe costituita la lesione della sua posizione soggettiva, integrata dalla determinazione in questa sede impugnata. Detto ordine d’idee è, tuttavia, fallace, apparendo frutto di una inammissibile commistione fra profili di legittimità e di merito, il che indurrebbe a valutare ex post il detto atto di nomima sulla base del negativo esito concorsuale.

Di ciò è in ogni caso consapevole la stessa ricorrente che, reagendo al contestato mancato superamento della prova di resistenza circa "la concreta deviazione dai canoni di imparzialità che presiedono ai lavori della commissione", ha affermato (nella memoria depositata l’11 dicembre 2010, pag. 1) che "tale prova non può essere richiesta alla ricorrente" in quanto "il canone di imparzialità attiene prioritariamente all’organizzazione dell’Ente, e dunque la sua violazione è idonea a priori a inficiare la susseguente attività amministrativa".

Con il secondo motivo è stato dedotto che l’apertura delle buste contenenti le offerte economiche sarebbe avvenuta in seduta riservata in violazione del principio di pubblicità che, anche nel silenzio della disciplina di gara, avrebbe imposto che le relative operazioni avvenissero pubblicamente.

Alla replica dell’Amministrazione, che evidenzia come ciò non risulti dal verbale in quella sede redatto, la ricorrente si limita ad opporre che le operazioni svolte il giorno 16 dicembre 2009 a partire dalle ore 13.30, relative alla "terza fase", sarebbero "palesemente" diretta prosecuzione di quelle oggetto della "seconda fase" sulla cui segretezza non vi sarebbero dubbi.

L’assunto non è, tuttavia, fornito di alcun supporto probatorio.

In conformità dell’art. 5 del bando il verbale di gara attesta, infatti, che la prima fase relativa all’apertura dei plichi contenenti la documentazione amministrativa si è svolta pubblicamente a differenza di quanto avvenuto nella seconda fase, quando sono stati attribuiti i punteggi sul piano tecnico.

Alcuna indicazione è riportata quanto alla natura pubblica o meno della terza fase, ma, in assenza di ogni prova al riguardo il motivo introdotto non può essere accolto sulla scorta della sola mancata specificazione della forma pubblica o privata della ridetta seduta.

Con il terzo motivo è stata denunciata la violazione del principio di imparzialità per avere la commissione valutato contemporaneamente il curriculum di ciascun concorrente ed il progetto di servizio dallo stesso presentato.

Tale procedura, consentendo di "calibrare l’attribuzione dei punteggi in modo da favorire l’uno o l’altro dei candidati" avrebbe esposto la valutazione a "rischi di distorsione".

Il visto mezzo non disapplica, tuttavia, alcuna disposizione del bando e, quanto al merito dell’allegazione, appare obiettivamente generico, non essendo comprensibile in qual modo si sarebbe costituita la pretesa disparità di trattamento.

Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione del principio della par condicio con riferimento alla previsione, da parte della disciplina di gara, di due diversi importi a base d’asta per i singoli professionisti e per le imprese.

La censura é del pari tardiva in quanto riferita a un profilo immediatamente percepibile quale lesivo della posizione della ricorrente, professionista individuale rispetto alle imprese.

Per quanto precede il ricorso deve essere in parte dichiarato irricevibile, in parte inammissibile ed in parte respinto.

Sussistono, tuttavia, in virtù della specificità delle questioni trattate, giuste ragioni per compensare le spese.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto in parte lo dichiara irricevibile, in parte inammissibile ed in parte lo respinge nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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