Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-11-2010) 31-01-2011, n. 3374

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Sostituto Procuratore presso la Procura della Repubblica di Asti proponeva ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Torino del 17.05.2010 che aveva annullato l’ordinanza emessa in data 19.03.2010 con cui il GIP presso il Tribunale di Asti disponeva applicarsi a R.C. la misura cautelare dell’obbligo di dimora in relazione ai delitti di associazione per delinquere dedita alla commissione di furti in abitazione e truffe ai danni di persone anziane in (OMISSIS), nonchè in altre località piemontesi, ligure e venete da epoca ignota fino quantomeno al (OMISSIS) (esecuzione intervenuta con notifica del marzo 2010).

Il ricorrente deduceva che il Tribunale del Riesame di Torino aveva fatto malgoverno delle norme in tema di misure coercitive in quanto aveva ritenuto non assolto l’obbligo motivazionale, mentre invece il Gip aveva adeguatamente motivato la sua decisione con riferimento alla maggior pericolosità della delinquenza associata rispetto a quella individuale che giustificava l’adozione della misura cautelare anche a distanza di tempo dal compimento dei reati.

Il ricorso è infondato e merita il rigetto.

Il Tribunale del Riesame di Torino ha annullato l’ordinanza emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Asti perchè, in tema di misure coercitive, la distanza temporale tra i fatti e il momento della decisione cautelare comporta un rigoroso obbligo di motivazione sia in relazione a detta attualità sta in relazione alla scelta della misura.

Difatti se il decorso del tempo non esclude automaticamente l’attualità e la concretezza delle condizioni di cui all’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c), nondimeno deve presumersi, di logica, che ad una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponda un affievolimento delle esigenze cautelari. Il Tribunale sottolineato che una pluralità di elementi portavano a ritenere insussistenti le esigenze cautelari, vale dire:

i precedenti specifici a carico dell’indagato, sanzionato con pene non superiori ad anni 1 mesi 5 per ciascun reato (o serie di reati), erano cristallizzati al 2006; non era stata prodotta idonea documentazione in ordine all’esistenza, tipologia ed esiti di eventuali carichi pendenti;

i fatti in esame erano compresi tra il 2005 e la prima metà del 2006, quindi a distanza di 4-5 anni dall’emissione della misura cautelare;

la contestazione del delitto associativo ("in avanti") non si sbilanciava ad ipotizzare formalmente un legame ad oggi perdurante, nè era stato prodotto alcun elemento in tal senso in modo da consentire una ricostruzione in fatto della perduranza del pactum sceleris, nè una tesi di perduranza di pericolosità e di solidarietà associativa in senso stretto poteva desumersi sulla base della notorietà che alcune famiglie di rom e sinti erano ancora dedite ad attività delittuose della medesima caratura di quelle commesse nel caso in esame, essendo ovviamente preclusa una generalizzazione su base etnico-familiare di tali giudizi qualora non traggano fondamento individualizzante in base a documenti aventi valore storicamente condiviso e conosciuto.

Di conseguenza il Tribunale del riesame ha dato prevalenza all’immagine emersa all’attualità in capo all’indagato, ovvero di apparente prolungata astensione dalla commissione di altri delitti della stessa specie e dalla coltivazione di legami di natura associativa.

La motivazione adottata dal Tribunale del riesame compie un analisi adeguata e condivisibile della pluralità di elementi che portano a ritenere non sussistenti nel caso di specie i requisiti che in base alla previsione di cui all’art. 274 c.p.p. giustificano l’emissione della misura cautelare.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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