Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 11-11-2010) 31-01-2011, n. 3363 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

S.E. e N.D.A. proponevano distinti ricorsi per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce del 07.10.2009 che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riconosceva ad entrambi le attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante contestata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 3 per il numero superiore a 10 dei partecipanti all’associazione, e, per l’effetto, riduceva la pena per il N. ad anni 8 e mesi 10 di reclusione e per lo S. ad anni 8 e mesi 8 di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata.

In primo grado erano stati ritenuti colpevoli; il N. del reato di cui al capo A13) D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 per aver fatto parte di un associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti del tipo eroina, cocaina, hashish, marijuana insieme a più di dieci associati; al capo C63) per il reato p, e p. dagli artt. 81 e 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, perchè in concorso con C.V. con reciproca consapevolezza delle azioni poste in essere da ciascuno e con più azioni esecutive medesimo disegno criminoso e violando la medesima disposizione di legge, confezionavano un imprecisato quantitativo di sostanza stupefacente del tipo eroina che preparavano con sostanza di taglio (veleno per topi ) che detenevano per il successivo spaccio a terzi detenevano;al capo C68) per il reato p. e p. dall’art. 81 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, perchè con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi e violando la medesima disposizione di legge, per aver detenuto e ceduto a F.T.M.s. stupefacente del tipo eroina in quantità pari a due dosi alla volta per uso personale;al capo C71) artt. 81 e 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 perchè con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso anche in tempi diversi e violando la medesima disposizione di legge, detenevano e cedevano ad A.R. sostanza stupefacente del tipo eroina in quantità pari a une dose alla volta per uso personale; lo S. del reato di cui ai capi A13) per aver fatto parte di un associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti del tipo eroina, cocaina, hashish, marijuana insieme a più di dieci associati; del reato di cui all’art. 110 e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 di cui ai capi C 124, C 125, C 126, C 142 per detenzione e cessione di sostanza stupefacente del tipo marijuana rispettivamente a D.R., a M.M., a B. S. e M.P. ed a L.L., riconosciute le circostanze attenuanti generiche a N.D.A., ritenute equivalenti alla contestata aggravante in fatto ed unificati tutti i reati sotto il vincolo della continuazione per ciascuno degli imputati,e condannati: N. alla pena di anni 11, mesi 4 di reclusione; S. a quella di anni 11 di reclusione.

Con i motivi di ricorso lo S. deduceva la violazione di cui all’art. 606 c.p.p., lett. b) per erronea applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e successive modifiche, anche in relazione all’aggravante di cui al cit. articolo, comma 3, poichè la condotta del ricorrente come descritta in sentenza non integrava la condotta di partecipazione al reato associativo, nè vi era la prova di alcun dolo di concorso, in quanto egli aveva agito uti singulos per soddisfare il suo bisogno di eroina e non uti societas scelerun per favorire il gruppo criminale. Quanto all’aggravante contestata, la circostanza che l’imputato si recasse nella (OMISSIS), luogo dove veniva effettuato lo spaccio della sostanza stupefacente, non poteva considerarsi prova che egli partecipasse all’associazione di cui all’art. 74 formata da più di 10 persone, avendo egli unicamente contatto con il N. e la sua fidanzata D. anch’essa tossicodipendente;

violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) per erronea applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, e successive modifiche in quanto il giudice di appello aveva erroneamente ritenuto non sussistente l’attenuante del fatto di lieve, dando rilievo al carattere sistematico e frequente della condotta criminosa, senza tenere conto che il criterio fondamentale per la qualificazione di un fatto come lieve era quello dell’offensività del fatto reato, che può sussistere anche nel caso di una pluralità di condotte ma di modesto allarme sociale;

violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e) per motivazione carente, illogica e contraddittoria perchè il giudice di appello aveva confermato la colpevolezza dello S. riportandosi acriticamente alla motivazione della sentenza di primo grado, ritenendo provato l’elemento soggettivo dalla circostanza che lo S. e la fidanzata, accusati da G.G. di essersi impossessati dell’eroina prelevandola dal luogo dove l’associazione l’aveva nascosta, per questo episodio erano stati puniti e percossi.

Proponeva ricorso il N. deducendo violazione di cui all’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 74 ed all’art. 192 c.p.p. poichè la Corte di Appello aveva ritenuta provata la partecipazione del N. all’associazione di cui all’imputazione facendo riferimento al contenuto della sentenza irrevocabile n. 857/06, acquisita ai sensi dell’art. 238 bis c.p.p., che provava sì l’esistenza dell’associazione dedita allo spaccio di stupefacenti, ma non la partecipazione del N. alla stessa.

Gli elementi di riscontro individuati dalla Corte di Appello non avevano tale valenza probatoria, tenendo conto che nessun sequestro di droga era mai stato effettuato nei confronti del N., nè a persone con cui era venuto in contatto, che le dichiarazioni del collaboratore Ca. alcun riferimento contenevano alla posizione del N. e che l’inserimento del N. nell’associazione era confermato da un solo episodio di cessione di stupefacente a tale F. e dalle parole scambiate con C.V. e raccolte dal servizio di appostamento dei militari.

I ricorsi sono infondati e meritano il rigetto.

E’ necessario esaminare congiuntamente il primo motivo di entrambi i ricorsi, relativo alla prova della partecipazione dei ricorrenti alla associazione dedita allo spaccio di stupefacenti, perchè la sentenza di appello contiene sul punto una sezione comune alle posizioni di entrambi i ricorrenti. Successivamente è stata esaminata la posizione di ciascuno di essi con riferimento a singoli riscontri probatori.

Seguendo pertanto la struttura della motivazione della sentenza impugnata, si rileva che i giudici di appello preliminarmente hanno riportato il contenuto della sentenza n. 857/06 del Tribunale di Lecce del 18-12-2006, divenuta irrevocabile e regolarmente acquisita al presente procedimento.

Tale sentenza ( A.G. +17) ha accertato l’esistenza in (OMISSIS) di una struttura operativa dedita al traffico di droga spacciata al minuto nella villa comunale di (OMISSIS), associazione che ruotava intorno a C.A., G. O.G., G.S. e M.S., alcuni dei quali erano legati direttamente ad esponenti della Sacra Corona Unita operante in Noha di Galatina per il tramite di B. A. e B.G., che rifornivano con regolarità l’organizzazione di (OMISSIS).

La sentenza acquisita è stata valutata dai giudici di merito non come una sorta di prova legale con efficacia vincolante nei confronti degli odierni ricorrenti, ma è stata correttamente apprezzata, unitamente ad altri i elementi di prova, conformemente al richiamo degli artt. 187 e 192 c.p.p., quali il verbale di sequestro di rilevanti quantitativi di eroina, cocaina e marijuana nei confronti di G.O.G., M.F. e D. A., le testimonianze dei carabinieri verbalizzanti all’udienza 11.5.2007 (ten. F.E., mar. L.S., mar.

S.C., brig. R.A.), le testimonianze degli acquirenti F.T. e A.R., i verbali di osservazione della p.g., le dichiarazioni ex art. 210 c.p.p. del collaboratore C.W. che, quale reo confesso è stato condannato come partecipe dell’associazione ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, la trascrizione di conversazioni intercettate.

Infatti nell’ambito del presente procedimento risulta svolta un’attività istruttoria che autonomamente considerata ha portato alla prova dell’esistenza dell’associazione finalizzata allo spaccio facente capo a B.A. e B.G. per la fornitura di stupefacente perchè, come riferito dai verbalizzanti escussi, il sodalizio è stato monitorato per un periodo che va ben oltre il lasso di tempo dal maggio 2002 al luglio 2003, con operazioni di intercettazione telefoniche ed attività di polizia giudiziaria. Sono così emersi rapporti quotidiani tra i consociati, un’ininterrotta attività di approvvigionamento di droga e la frequenza delle forniture, la costante attività di spaccio in (OMISSIS) sempre negli stessi luoghi tra cui vi erano il bar (OMISSIS), una sala giochi, ma soprattutto la villa comunale, ove più facile era sfuggire ai controlli per il numero degli accessi dalle vie limitrofe ed il via vai di persone, nonchè la presenza di cespugli. Sulla piazza di (OMISSIS), come riferito dal collaboratore Ca.Wa., non potevano operare altre persone se non i partecipi dell’associazione, neanche a livello di spaccio al minuto tra tossicodipendenti, ed inoltre C. ed i suoi collaboratori, tra cu il Ca. indica proprio il N. e lo S., praticavano gli stessi prezzi di vendita del G..

Anche il maresciallo R., che ha eseguito gli appostamenti presso la villa comunale di (OMISSIS), ha testimoniato in dibattimento della continua spola in quel luogo di noti tossicodipendenti, personalmente identificati e perquisiti dopo l’acquisto di droga ( L. A., Z.A. e S.G.).

Il verbalizzante è stato testimone anche dello scambio all’interno della villa comunale di "qualcosa" tra il N. e due giovani sconosciuti a bordo di uno scooter nero e dello stazionare in atteggiamento di attesa dell’imputato, del suo ispezionare i cespugli all’evidente ricerca di qualcosa di nascosto, del suo colloquiare con S.E. dopo che questi era stato contattato da due giovani lasciati in disparte a circa 10-15 metri, successivamente identificati in L.L. e M.D., raggiunti subito dopo dal N. che faceva loro segno di seguirlo ed in quel mentre, quello di loro che indossava la maglietta bianca, estraeva dalla tasca il portafogli e prelevava il denaro che consegnava al N. che, proprio nello stesso cespuglio vicino alla recinzione della villa comunale prelevava qualcosa e la consegnava quest’ultimo alla presenza di S.. E’ evidente che N. e S. hanno operato in squadra, altrimenti il primo avrebbe accuratamente evitato quanto meno di fare scoprire il suo nascondiglio ove evidentemente non c’era merce di cui era lecita la vendita. Gli elementi caratteristici dell’associazione sono stati illustrati dai verbalizzanti sulla base dei dati oggettivi acquisiti nel corso delle indagini svolte, come la ripartizione di ruoli, la continuità della condotta criminosa di collaborazione, la consapevolezza da parte di ciascuno di fornire un contributo a un programma comune di commercializzazione di vari tipi di stupefacenti che comportavano necessariamente l’impiego di notevoli risorse finanziarie.

Già da questi accertamenti risulta che i ricorrenti erano ben inseriti e operavano nell’ambito nell’associazione dedita allo spaccio di stupefacenti operante in (OMISSIS) considerando che, come affermato dai giudici di appello, il patto associativo non deve necessariamente consistere in un preventivo accordo formale,ma può essere anche non espresso e costituirsi di fatto fra soggetti consapevoli che le attività proprie ed altrui ricevono vicendevole ausilio e tutte insieme contribuiscono all’attuazione dello scopo comune. Passando ad esaminare la singola posizione dello S., come affermato dai giudici di appello, nella condotta accertata a suo carico non può rinvenirsi la figura di un soggetto tossicodipendente che acquista e vende droga solo per soddisfare la sua esigenza personale di stupefacente insieme alla fidanzata, anch’essa tossicodipendente.

Al contrario, dalla sentenza impugnata risulta che egli insieme alla sua ragazza D.F. – ed altri coimputati, tra cui il N., coadiuvava G.O.G. nell’attività di spaccio di droga in favore di terzi ed in particolare è stato accertato che tra il (OMISSIS) insieme alla D. deteneva e cedeva marijuana a D.R., a (OMISSIS), a L.L. ed il (OMISSIS) sempre nella villa comunale di (OMISSIS), alla minorenne B.S. ed a M. P., come provato dai verbali di osservazione di polizia giudiziaria e sequestro di stupefacente e dalla dettagliata deposizione del teste R., che ha riferito anche delle comuni frequentazioni sempre in (OMISSIS) del ricorrente con Ca.

W..

Dalla deposizione del maresciallo R. si evince con chiarezza che la funzione dello S. è stata quella di reperire la clientela e portarla presso la villa comunale, di metterla in contatto di volta in volta con il N. o con A.G.. E’ stato precisato che tutti i verbali di osservazione acquisiti agli atti si sono conclusi con il sequestro di stupefacente nei confronti degli. Gli elementi probatori acquisiti hanno evidenziato che si trattava sicuramente un’attività di spaccio progettata per un periodo indefinito di tempo, sia pure in cambio di un guadagno personale in natura, in quanto per esplicita ammissione dello stesso S. egli spacciava marijuana procacciarsi l’eroina per il consumo personale, con la certa consapevolezza dell’attività associativa cui partecipava in tal modo quale ultimo anello di una catena distributiva capillare ramificata. Elementi di prova sono in tale senso sono stati tratti dall’acquisto continuativo di sostanze stupefacenti leggere da rivendere sempre dallo stesso e non da altre fonti, dalla frequentazione con Ca.Wa., G. O.G. e D.A. per conto dei quali vendeva marijuana ricevendone in cambio di dosi di eroina per sè. Va sottolineato che proprio la partecipazione all’associazione di tossicodipendenti come ad esempio anche D.F., fidanzata dello S., rendeva socialmente più pericolosa l’attività delittuosa del sodalizio che si avvaleva nella catena distributiva dello spaccio anche di soggetti succubi della droga e che, proprio per il loro stato, erano in condizione di conoscere e contattare potenziali clienti e di acquisirne nuovi.

La circostanza che S. fosse stato maltrattato e percosso per aver sottratto alcune dosi di eroina dal nascondiglio utilizzato dall’organizzazione e da lui ben conosciuto non è stata utilizzata, come deduce il ricorrente nei suoi motivi, come unico elemento per ritenere la sua partecipazione all’associazione, ma la Corte di Appello ha ritenuto che tale circostanza non escludeva il suo ruolo di partecipe, ma anzi dimostrava che l’inserimento in ambito associativo era tale che l’imputato poteva conoscere i nascondigli della droga da spacciare nella villa di (OMISSIS) che, se non fosse stato associato, non gli sarebbe stato consentito dall’organizzazione che operava in quel comune in regime di monopolio.

Il numero degli associati è sicuramente superiore a 10, come affermato dai giudici di merito, come agevolmente può evincersi dal numero delle persone di cui è stata accertata la partecipazione a vario titolo nella struttura organizzativa dell’associazione.

Pertanto è infondato il motivo di ricorso con cui di denuncia la mancanza di prova della partecipazione dello S. all’associazione e la mancanza del dolo, in quanto l’accertamento della partecipazione all’associazione non è fondato sul mero presupposto dell’attività di acquisto della sostanza per poi rivenderla, bensì sul provato collegamento stabile con la stessa e dalla condivisione dello scopo sociale con la realizzazione di reciproci vantaggi nell’attività di commercio al minuto di droga. In ordine al negato riconoscimento del fatto di lieve entità le Sez. U, con Sentenza n. 35737 del 24/06/2010, hanno evidenziato che la circostanza attenuante speciale del fatto di lieve entità di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio. La Corte di appello si è attenuta correttamente a tali principi apprezzando le modalità di ogni singola condotta di spaccio sempre inserita in un attività di spaccio reiterata e ben organizzata i cui proventi erano destinati all’acquisto di droga "pesante" per uso personale.

In relazione alla posizione del N., è del tutto infondato il motivo di ricorso con cui si contesta che la Corte di Appello abbia tratto il convincimento della penale responsabilità dello stesso unicamente fondandosi sulle risultanze probatorie provenienti dalla sentenza irrevocabile del tribunale di Lecce, quando, come sopradetto, i giudici di merito hanno dato conto di un’autonoma attività di indagine che ha portato all’acquisizione di una pluralità di elementi probatori in linea con il contenuto della suddetta sentenza.

Il N. ha dedotto che la Corte di Appello ha proposto solo ed esclusivamente fatti e circostanze atte a dimostrare l’esistenza della associazione esplicitando le modalità operative della associazione, indicando i luoghi e le persone che quei luoghi abitualmente frequentavano, gli assidui rapporti tra tutti gli associati, senza nulla addurre al fine di dimostrare l’inserimento del N. in quel contesto, che giammai è stato accertato aver frequentato quei luoghi, aver avuto rapporti con gli associati, aver consegnato droga a chicchessia, essere stato menzionato dal collaboratore Ca..

Al contrario di quanto dedotto dal ricorrente il collaboratore Ca. ha indicato il N. fra gli appartenenti all’associazione dedita allo spaccio, indicando anche l’entità dei prezzi praticati per la sostanza stupefacente; il maresciallo R., che ha eseguito gli appostamenti presso la villa comunale di (OMISSIS), ha testimoniato della presenza del N. proprio nella villa comunale di (OMISSIS), riferendo episodi in cui chiaramente egli operava in tandem con S.: i reati fine riconosciutigli sono relativi allo spaccio di droga pesante, droga che risulta unicamente fornita e spacciata dall’organizzazione criminale imperante in (OMISSIS).

Da ultimo il grado di coinvolgimento del N. nell’organizzazione criminale deriva anche dal riconoscimento della sua responsabilità per il reato fine di cui al capo C 63, in quanto in concorso con Ci.Vi., con reciproca consapevolezza delle azioni poste in essere da ciascuno, confezionavano un imprecisato quantitativo di sostanza stupefacente del tipo eroina, che preparavano con sostanza di taglio (veleno per topi) che detenevano per il successivo spaccio a terzi e deteneva.

L’episodio avviene sotto la diretta percezione degli investigatori F. e co..

Infatti il maresciallo co. riferisce che avevano iniziato da tempo un’attività di osservazione dell’abitazione dei nonni del C., dove si verificavano incontri fra i soggetti appartenenti all’associazione per organizzare le attività illecite.

Gli investigatori constatavano che il giorno 28-5-2002 si erano riuniti presso l’abitazione C.V., N.A. e S.W., i due fratelli G., S. e O.G., tutti elementi che a vario titolo è stata accertata la partecipazione all’associazione dedita allo spaccio.

Gli investigatori hanno ascoltato una conversazione fra il N. ed il C., svoltasi fuori della casa, dove il N. significava che era finita la roba ed esponeva la difficoltà di confezionamento ed il C. gli consigliava di usare la polvere dei topi.

Vi è la prova quindi unitamente agli altri elementi probatori su elencati, che i due complici di norma provvedevano al confezionamento ed al taglio della droga venduta, senza farsi particolari scrupoli della qualità della sostanza.

I ricorsi devono essere rigettati con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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