T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 26-01-2011, n. 230 Piano di lottizzazione convenzionato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con deliberazione consiliare n. 55 del 27.8.2009, il Comune di Galbiate (Lecco), approvava definitivamente un piano di lottizzazione in variante al vigente PRG, denominato Piano di Lottizzazione (PL) n. 17 in località Sala al Barrio, delimitata dalle vie Staurenghi, Solaro e Scaletta.

La società esponente, titolare di uno stabilimento per la lavorazione dell’acciaio, sito su un terreno asserito come vicino a quello oggetto della lottizzazione, impugnava la citata delibera di approvazione ed altre pregresse deliberazioni consiliari, per i motivi che possono così essere sintetizzati:

A) con riguardo alle delibere di adozione ed approvazione del PL n. 17;

1) eccesso di potere per erroneità dei presupposti con conseguente procurato danno erariale, violazione di legge per mancata sdemanializzazione anche tacita di aree di proprietà comunale destinata a strada; dove si sostiene che all’interno dell’area del PL sarebbe stata erroneamente compresa un’area di proprietà comunale, non riconosciuta però come tale dall’Amministrazione;

2) violazione degli articoli 18, 19 e 30 delle vigenti NTA, dove si sostiene il contrasto dell’intervento con la destinazione urbanistica di zona;

3) violazione dell’art. 18 della LR 12/2005 e delle previsioni del PTCP della Provincia di Lecco definitivamente approvato con delibera del Consiglio Provinciale n. 16 del 4.3.2004, nel quale si afferma la contrarietà del PL alle previsioni pianificatorie provinciali;

4) violazione dell’art. 25 della LR 12/2005 e degli articoli 2 e 6 della LR n. 23/1997, per essere stato il PL in esame approvato in variante al di fuori delle ipotesi previste dalla legge;

5) mancato reperimento degli standard previsti dall’art. 46 della LR 12/2005 ed illegittimità derivata per illegittimità dell’art. 12 delle NTA del vigente PRG;

6) eccesso di potere per falsità dei presupposti, errata compilazione della scheda informativa delle varianti al PRG ex art. 2 della LR 23/1997, violazione della capacità insediativa residenziale prevista dal PRG e mancato reperimento degli standard;

7) eccesso di potere per mancanza di istruttoria per quanto concerne la valutazione di impatto paesistico, della compatibilità idraulica e del clima acustico del nuovo insediamento residenziale;

B) per quanto riguarda le delibere consiliari n. 59 e n. 28 del 2003 di approvazione e di adozione dell’art. 30 delle NTA del vigente PRG;

1) violazione dell’art. 9 della LR 1/2001, dell’art. 1 comma 6 della LR 1/2001 e dell’art. 2 della LR 23/1997;

2) violazione del PTCP della Provincia di Lecco approvato con delibera n. 76 del 15.9.2003;

C) per quanto riguarda le delibere consiliari n. 136 e n. 112 del 2001 di approvazione e di adozione dell’art. 12 delle NTA del vigente PRG;

1) violazione degli articoli da 6 a 9 della LR 1/2001.

Si costituivano in giudizio il Comune di Galbiate ed il Consorzio P., concludendo per l’irricevibilità, l’inammissibilità ed in ogni caso l’infondatezza nel merito del gravame.

Alla pubblica udienza del 13.1.2011, la causa era trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. L’eccezione di irricevibilità del ricorso, per la presunta tardività della notificazione del medesimo, deve essere respinta.

Risulta infatti, per tabulas, che il Piano di Lottizzazione di cui è causa costituisce PL in variante (cfr. doc. 1 e doc. 2 della ricorrente), soggetto come tale alla pubblicazione non solo all’albo pretorio del Comune, ma anche sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia, stante il combinato disposto della legge regionale 23/1997 e degli articoli 25, 14 comma 5° e 13 comma 11° della legge regionale 12/2005.

La circostanza, addotta dalla difesa del controinteressato nel corso della discussione all’udienza pubblica del 13.1.2011, che si tratterebbe di variante "non sostanziale", risulta irrilevante, trattandosi in ogni caso di piano attuativo in variante, indipendentemente dal contenuto della variante stessa.

Ciò premesso, essendo previste dalla legge, per la deliberazione di approvazione cui è causa, una pluralità di forme di pubblicazione, deve ritenersi che il termine di sessanta giorni per l’impugnazione decorra dalla scadenza dell’ultima pubblicazione, vale a dire quella sul BURL, come del resto desumibile dall’art. 41, comma 2°, del D.Lgs. 104/2010, codice del processo amministrativo (analoga formulazione era peraltro già contenuta nell’art. 21 dell’abrogata legge 1034/1971; in giurisprudenza si vedano le sentenze del TAR Lombardia, Milano, sez. II, 27.1.2010, n. 187 e 28.6.2010, n. 2660).

Quanto alla sentenza del TAR Lazio n. 1524/2010, depositata in copia dal difensore del Consorzio all’udienza pubblica del 13.1.2011, rileva il Collegio come la stessa sia stata integralmente riformata dal Consiglio di Stato in sede d’appello, con sentenza n. 4545/2010, per cui si tratta di un precedente non più esistente nel mondo giuridico e pertanto privo di rilevanza.

Con riguardo all’ulteriore eccezione di inammissibilità per difetto di interesse all’impugnazione, ritiene il Collegio di poter prescindere dall’esame della medesima, vista l’infondatezza nel merito del ricorso, per le ragioni che si esporranno.

2. Nel primo mezzo, la ricorrente sostiene che nell’area di cui al PL n. 17 sarebbe stato per sbaglio compreso un immobile di circa 452 metri quadrati (mq), appartenente al demanio comunale, ma non riconosciuto come tale dall’Amministrazione, che l’avrebbe erroneamente ritenuto di proprietà privata.

In particolare, si tratterebbe della strada consorziale per Galbiate, per l’esponente di proprietà comunale, ma che è stata invece qualificata dagli uffici tecnici dell’Ente Locale di proprietà privata.

A sostegno della propria tesi, la società istante produce un estratto delle mappe catastali (cfr. doc. 8 della ricorrente), nel quale la strada consorziale è delimitata da una linea continua e non è contraddistinta da alcuna particella, dal che dovrebbe desumersi la titolarità in capo al Comune della via.

Il motivo è infondato, visto che non esiste alcun concreto elemento di prova della proprietà pubblica della strada in questione.

In particolare, la stessa non è mai stata inserita nell’elenco delle vie pubbliche del Comune, che mai ne ha rivendicato la proprietà, né si è occupato della gestione o della manutenzione della medesima (cfr. docc. 10 e 11 del controinteressato).

Del resto, la strada è ormai in disuso da anni, al punto che sulla stessa è ormai difficile anche il semplice transito pedonale (cfr. la documentazione fotografica allegata dal Consorzio quale suo doc. 15), né è possibile desumerne la proprietà pubblica dalla lettura di mappe catastali redatte recentemente dall’Ufficio di Lecco dell’Agenzia del Territorio (cfr. docc. 6 e 7 del controinteressato).

Il doc. 8 della ricorrente non scalfisce il convincimento del Tribunale: in particolare il doc. 8 allegato B – peraltro contestato dalle parti intimate – risulta formato ad hoc ai fini della produzione in giudizio, per cui la sua rilevanza probatoria appare tenue; mentre il doc. 8 allegato A è una semplice mappa castatale, di per sé inidonea – in mancanza di altri elementi – a provare la proprietà pubblica della strada (sul carattere meramente indiziario delle mappe catastali, si veda fra le tante: Cassazione civile, sez. II, 3.3.2009, n. 5131, oltre all’art. 950 del codice civile, che seppure in tema di azione di regolamento di confini, impone al giudice di attenersi alle mappe catastali "In mancanza di altri elementi", a conferma della citata natura meramente indiziaria).

Quanto ai documenti della ricorrente dal n. 15 al n. 18, si tratta ancora di mappe ed estratti catastali, la cui efficacia probatoria è già stata valutata negativamente dal Collegio, a nulla rilevando la c.d. riserva per mancanza di sottoscrizione, in quanto il frazionamento risulta in ogni caso essere stato effettuato (cfr. doc. 18 dell’esponente).

Da ultimo, in relazione all’art. 1 comma 8 del DM 701/1994, che la ricorrente assume violato nella propria memoria del 13.12.2010, rileva il Collegio che si tratta di norma sull’organizzazione ed il funzionamento dei servizi catastali e delle conservatorie immobiliari, da cui non può però trarsi alcun convincimento sulla asserita proprietà pubblica della strada in questione.

Si conferma, pertanto, il rigetto del primo motivo.

3. Nel secondo motivo, si sostiene l’illegittimità delle deliberazioni sulla lottizzazione, in quanto, in violazione degli articoli 18, 19 e 30 delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del PRG, sarebbe stata autorizzata, attraverso il PL di cui è causa, la realizzazione di 33.000 metri cubi in zona D4, in parte residenziali (30.000) e per la restante parte (3.000), commerciali.

La lettura delle citate norme tecniche (cfr. doc. 5 del Consorzio e doc. 9 della ricorrente), induce però ad escludere la loro violazione da parte dell’Amministrazione comunale.

In particolare, l’art. 18, ricalcando il noto DM 1444/1968, prevede la suddivisione del territorio comunale in zone omogenee contrassegnate dalla lettera A alla lettera F.

L’art. 19 specifica le destinazioni funzionali delle zone omogenee e per la zona D prevede una zona ulteriore D4 con destinazione "terziariacommercialeresidenziale soggetta a P.L. obbligatorio".

L’art. 30, specificamente regolante la suddetta zona D4, prevede che le "destinazioni principali" siano quelle "commerciali, residenziali e terziarie", con una superficie lorda di pavimento (Slp), massima di 11.000 metri quadrati ed una Slp commerciale minima di 1.000 metri quadrati.

Tenuto conto di tale misura della Slp e che il volume vuoto per pieno (V), è computato moltiplicando la Slp per un’altezza virtuale di 3,00 metri (cfr. art. 9 NTA), si può comprendere perché il PL di cui è causa abbia previsto una volumetria di 33.000 metri cubi (11.000 x 3).

L’art. 30 delle NTA non pare impedire la realizzazione del PL di cui è causa, ammettendo invece espressamente, quali destinazioni principali, sia quella residenziale sia quella commerciale.

A diversa conclusione non induce l’affermazione della ricorrente, secondo cui l’art. 30 fisserebbe indici che sarebbero propri delle sole zone produttive, quali una Slp predeterminata ed un rapporto di copertura (Rq) pari al 70%.

Infatti, l’art. 9 delle NTA ("Indici urbanistici ed edilizi"), definisce la Slp quale somma delle "superfici dei singoli piani", "di eventuali soppalchi e di eventuali mansarde abitabili", con una definizione, quindi, certamente riferibile ad edifici residenziali e non solo produttivi.

Quanto al rapporto di copertura del 70%, l’asserzione della ricorrente secondo cui si tratterebbe di una misura tipica delle zone produttive appare apodittica e priva di riferimento normativo, anche con riguardo alle NTA di Galbiate, che all’art. 9 definiscono l’indice Rq semplicemente come rapporto fra superficie coperta e superficie fondiaria, senza alcuna distinzione fra abitazioni residenziali e stabili produttivi.

Il PL di cui è causa non determina quindi alcuna variazione dell’azzonamento, rispettando invece la chiara formulazione letterale dell’art. 30 sopra citato.

Il motivo n. 2 deve quindi respingersi.

4. Con il terzo motivo, è denunciata la presunta violazione del PTCP (Piano Territoriale di coordinamento provinciale), della Provincia di Lecco, in quanto quest’ultimo escluderebbe la destinazione residenziale dall’area di cui al PL n. 17.

Sul punto, occorre dapprima premettere che, ai sensi dell’art. 18 comma 2 della LR 12/2005, le previsioni del PTCP hanno efficacia prescrittiva e prevalente sulla pianificazione comunale in una serie di ipotesi (tutela dei beni ambientali e paesaggistici, localizzazione delle infrastrutture del sistema di mobilità, individuazione degli ambiti di attività agricola e indicazione delle aree soggette a tutela per rischio idrogeologico o sismico), alle quali appare estranea la presente fattispecie, relativa invece ad un piano attuativo residenziale e commerciale.

Ciò premesso, le eventuali previsioni di PTCP relative all’area del P. non potrebbero avere efficacia prescrittiva e vincolante, ma semmai meramente indicativa.

La documentazione estratta dal PTCP di Lecco versata in atti dalla ricorrente non prova la lamentata illegittimità del PL n. 17, visto che il c.d. Scenario 2A (doc. 7 della ricorrente), riguarda il solo "sistema della mobilità", mentre gli articoli delle Norme di Attuazione (NdA), del PTCP, indicati dall’esponente (cfr. suo doc. 10), seppure ispirati a finalità di mantenimento e sviluppo dell’esistente sistema produttivo lecchese, non attengono direttamente alla destinazione delle singole zone, rimessa ovviamente alle scelte discrezionali dell’Amministrazione comunale.

D’altronde, se vengono esaminate le tavole del PTCP con l’evidenza dell’area del PL n. 17, è agevole rilevare come l’area citata non abbia mai un’esclusiva destinazione produttiva, ma semmai polifunzionale (cfr. doc. 19 del Consorzio ed in particolare il doc. 19 B, coincidente peraltro con la planimetria dello Scenario 1, prodotta dalla ricorrente quale suo doc. 7, nella quale l’area di cui è causa è evidenziata con un retinato blu).

Il terzo motivo deve di conseguenza rigettarsi.

5. Nel quarto mezzo è denunciata la presunta violazione dell’art. 25 della LR 12/2005, in quanto il Comune, attraverso l’attuale PL in variante, avrebbe determinato un nuovo azzonamento, da produttivo a residenziale, non consentito invece ai sensi del citato art. 25.

Il motivo è privo di pregio, in quanto il PL di cui è causa non ha determinato alcun mutamento della destinazione di zona, essendo invece compatibile con le previsioni di cui al citato art. 30 delle NTA, come del resto già esposto dal Collegio in sede di esame del secondo motivo di ricorso, al quale ci si permette, per economia espositiva, di rinviare.

6. I motivi n. 5 e n. 6 possono essere trattati congiuntamente, attesa la loro omogeneità, visto che con gli stessi è denunciata, sotto vari profili, la presunta violazione della disciplina sul reperimento degli standard urbanistici.

In primo luogo, secondo la ricorrente, il PRG prevederebbe, per l’area in questione, uno standard per mq 7.370 (cfr. doc. 12 dell’esponente).

Tale dato numerico è contestato dalle controparti (cfr. pag. 23 della memoria del Consorzio del 6.8.2010 e pag. 19 della memoria del Comune del 2.8.2010), per le quali il citato doc.12 è stato realizzato dalla ricorrente ai fini della produzione in giudizio, ma non costituisce atto del PRG.

In effetti, non si desume, dalla documentazione versata in atti e relativa al PRG comunale, alcun univoco elemento dal quale possa essere determinata la misura di standard (mq 7.370), invocata invece dalla ricorrente.

Quanto ai documenti n. 20 e 21 di quest’ultima, il doc. 20 riporta l’art. 38 delle NTA, dedicato però alle zone F1 d’interesse comunale (ma l’area del PL ha destinazione D4), mentre il doc. 21 conferma la destinazione D4 del compendio di cui è causa (nella planimetria all. 21, evidenziato con un retinato viola).

Non è possibile – pertanto – affermare che il PRG di Galbiate predetermini per l’area di PL una superficie a standard per metri quadrati 7.370.

In ogni caso, l’esame della documentazione prodotta in giudizio porta ad escludere la violazione della disciplina sul reperimento degli standard.

Infatti, l’art. 12 comma 2° delle NTA (cfr. doc. 5 del Consorzio), prevede per le zone residenziali di espansione una dotazione minima di aree a standard pari a mq 26,50 per ogni 150 metri cubi (mc), di volume lordo edificabile.

Ciò premesso, atteso il totale di 33.000 metri cubi edificabili nell’area – come già sopra indicato al punto 3 della narrativa in diritto – è possibile ottenere la misura della dotazione minima, pari a metri quadrati 5.830 (33.000 / 150 = 220 e successivamente 220 x 26,50 = 5.830).

Ai fini del reperimento dei suddetti standard (5.830 mq), è stato stabilito nella convenzione intercorsa fra il Comune ed il Consorzio (cfr. doc. 9 del Consorzio ed in particolare l’art. 4 della convenzione), la cessione gratuita a favore dell’Amministrazione comunale di 4.523 mq per strade di lottizzazione e marciapiede e di 5.929 mq per standard pubblici di verde e parcheggio, come meglio indicato nella tavola n. 05 allegata alla convezione (cfr. la tavola citata, doc. 12 del Consorzio), per un totale complessivo di aree in cessione di 10.452 mq.

La ricorrente contesta la legittimità del citato art. 12 delle NTA, tuttavia l’esame di tale doglianza sarà effettuato successivamente dal Collegio, che allo stato non può che confermare come il Comune di Galbiate abbia in ogni caso correttamente dato applicazione alla citata norma tecnica di piano.

Per quanto riguarda la superficie del comparto avente destinazione commerciale (1.000 mq di Slp, stante la previsione dell’art. 30 delle NTA), la ricorrente sostiene che l’Amministrazione avrebbe dovuto calcolare la dotazione minima di standard non in base agli abitanti insediati, ma in misura pari al 100 per cento della superficie commerciale, in applicazione dell’art. 7 punto 6 lettera b della legge regionale 1/2001.

Il riferimento legislativo invocato dalla ricorrente (che, più correttamente, è in realtà l’art. 22 comma 6 lett. b della legge regionale 51/1975, come sostituito dalla legge regionale 1/2001, art. 7), non appare però pertinente al caso di specie, in quanto la dotazione minima del 100 per cento della Slp deve essere riferita a insediamenti completamente o prevalentemente commerciali, terziari o alberghieri (ad esempio, realizzazione di centri commerciali o simili), ma non a casi in cui, come nella presente fattispecie, la superficie commerciale rappresenta il 10 per cento di quella residenziale (1.000 mq contro 10.000 mq), e dovrà collocarsi interamente al piede degli edifici, con altezza massima interna di 4 metri (cfr. art. 30 delle NTA).

In pratica, saranno realizzati soltanto esercizi di vicinato, che non toglieranno alla zona la propria vocazione prevalentemente residenziale, per cui appare corretto il calcolo degli standard con il metodo degli abitanti equivalenti.

Si aggiunga che tale metodologia di calcolo rispecchia anche quanto previsto dall’art. 3 del DM 1444/1968, che per ogni abitante equivalente prevede un rapporto di 80 a 20 metri cubi procapite, suddiviso fra superficie residenziale e superficie commerciale connessa.

Ancora, la ricorrente sostiene che nell’ambito del PL non sia previsto reperimento o monetizzazione di standard, in quanto le cessioni gratuite di aree sarebbero destinate alle sole opere di urbanizzazione primaria.

In realtà, sia la tavola 05 allegata alla convezione di lottizzazione (doc. 12 del Consorzio), sia la relazione tecnica relativa al PL (doc. 4 del Consorzio), distinguono le aree cedute per opere di urbanizzazione primaria (mq 4.523), da quelle a standard (mq 5.929 più altri mq 580 di proprietà comunale), in conformità all’art. 4 della convezione citata (doc. 9 del Consorzio), che prevede in capo ai lottizzanti, oltre all’obbligo di cessione gratuita, l’assunzione degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria, la partecipazione alle opere del terzo lotto e la corresponsione della somma di euro 75.000,00, quale monetizzazione in luogo della mancata realizzazione della rotatoria (cfr. l’art. 4, lettere c, e ed f della convezione).

Nei motivi 5 e 6 è poi lamentata la presunta insufficienza delle aree destinate a parcheggio, in quanto, perlomeno a detta dell’esponente, il PL prevederebbe soltanto 79 posti auto, ritenuti insufficienti per il comparto.

La determinazione delle aree a parcheggio privato è avvenuta secondo il criterio di cui all’art. 41 sexies della legge 1150/1942 (come modificato dalla legge 122/1989, c.d. legge "Tognoli"), vale a dire nella misura di 1 metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione.

Ciò premesso, visto il più volte citato volume totale di costruzione di 33.000 mc, la superficie dei parcheggi privati è pari a 3.300 mq.

La misurazione della superficie dei box sotterranei dei singoli proprietari, come indicata nella menzionata tavola 05 (doc. 12 del Consorzio e doc. 30 della ricorrente), determina una superficie totale di 3.553 mq, quindi anche maggiore della superficie minima di legge.

Anche per i parcheggi pubblici, visto il numero di abitanti insediabili (220, come già sopra indicato) e tenuto conto di una superficie di 3 mq per ciascuno, si ottiene una dotazione minima di parcheggi pubblici di 220 x 3 = 660 metri quadrati (cfr. ancora il doc. 12 del Consorzio o il doc. 30 della ricorrente).

Nel comparto sono state reperite superfici per parcheggio pubblico per mq 1.673, dunque in misura ben maggiore di quella minima sopra indicata e parte dell’area a parcheggio pubblico sarà collocata nei pressi della scuola elementare, quale spazio di sosta per la medesima (cfr. pag. 6 della relazione tecnica doc. 4 del Consorzio e la sopra citata tavola 05).

Neppure potrebbe sostenersi che i parcheggi pubblici siano collocati in posizione inidonea; basta sul punto la semplice lettura dei documenti n. 29 e n. 30 della ricorrente (rispettivamente tavola 04 e tavola 05 del PL), per verificare che i parcheggi pubblici sono invece accessibili.

Ciò premesso, risultando adeguata la dotazione di standard, i motivi quinto e sesto del ricorso devono rigettarsi.

7. Nel settimo motivo, è lamentata la presunta carente istruttoria dell’Amministrazione comunale, che avrebbe approvato il PL senza valutare adeguatamente l’impatto paesistico delle opere, la compatibilità idraulica ed il clima acustico, oltre a non avere realizzato la strada di circonvallazione.

Per quanto riguarda l’impatto paesistico, premesso che l’area del PL non è comunque soggetta a vincolo paesaggistico (circostanza non contestata dalla ricorrente), l’analisi della relazione tecnica allegata al PL (doc. 4 del Consorzio), dimostra che in realtà è stato svolto uno studio in materia.

In particolare, è stato indicato l’inquadramento ambientale dell’intervento con successiva valutazione, oltre ad essere state predisposte due tabelle, ai sensi della delibera di Giunta Regionale n. 7/11045/2002, contenenti le considerazioni sull’impatto paesistico (cfr. il citato doc. 4, punto 2, pagine da 7 a 11, con le annesse tabelle n. 2 e n. 3).

Non reputa il Collegio che tale valutazione di impatto paesistico pecchi di superficialità, né che sia il frutto di una istruttoria frettolosa.

Per quanto riguarda la compatibilità idraulica e lo smaltimento delle acque meteoriche, la relazione tecnica (cfr. punto 7 della stessa, pag. 22), prevede l’allacciamento alla rete idrica comunale gestita da Lario Rete Holding, che provvederà anche alla raccolta delle acque di scarico bianche e nere.

In sede di realizzazione dei singoli progetti di edificazione dovranno essere poste in essere opere conformi alla disciplina statale e regionale in materia.

Ancora, al punto 2 della relazione, è imposto, ai fini del rilascio dei singoli permessi di costruire, di effettuare indagini introspettive nel sottosuolo.

La convenzione di lottizzazione, inoltre, all’art. 6 (cfr. doc. 9 del Consorzio), impone la presentazione di uno o più progetti esecutivi, da allegarsi obbligatoriamente alle domande di titolo abilitativo edilizio.

Anche tali soluzioni concernenti la compatibilità idraulica paiono al Collegio adeguatamente ponderate in sede istruttoria, ferma restando la necessità del rispetto della normativa di settore in sede di progettazione esecutiva e di dettaglio.

In ordine, poi, alla compatibilità acustica, agli atti del PL sono allegate due relazioni tecniche acustiche della società Integra Srl, una in data 3.12.2008 (doc. 13 del Consorzio), e l’altra in data 29.7.2009 (doc. 14 del Consorzio), quest’ultima a definitivo chiarimento delle osservazioni svolte dall’Agenzia Regionale di Protezione Ambientale (ARPA).

Non può certo sostenersi – di conseguenza – la carenza istruttoria con riferimento all’impatto acustico delle opere, anche con riguardo al problema della circonvallazione, che secondo la ricorrente doveva essere realizzata contestualmente al PL, per innalzare il rumore di fondo delle immissioni dell’impianto industriale dell’esponente.

L’affermazione contenuta in ricorso non può infatti condividersi, visto che i rumori del traffico sulla circonvallazione finirebbero per aggiungersi e non certo per coprire in qualche modo i rumori dell’opificio della ricorrente.

In conclusione, deve respingersi anche il settimo mezzo di gravame.

8. Nei motivi ottavo e nono (indicati nel gravame come numeri 1 e 2 sotto la lettera "B"), viene denunciata la presunta illegittimità dell’art. 30 delle NTA, nella formulazione vigente risultante dalle deliberazioni consiliari n. 28 e n. 59 del 2003, rispettivamente di adozione e di approvazione del testo del citato art. 30.

Tali censure sono proposte in via meramente cautelativa, qualora si ammetta che l’art. 30 consenta nella zona D4 la destinazione residenziale.

Tenuto conto che il Collegio condivide quest’ultima interpretazione del menzionato art. 30, come già sopra esposto, appare necessario esaminare nel merito i motivi rivolti specificamente contro l’articolo citato.

Nel motivo n. 8 (denominato "B1"), l’esponente ritiene che la versione attuale dell’art. 30 abbia sostanzialmente modificato quella previgente, che non ammetteva la destinazione residenziale come prevalente; tuttavia tale modifica – si continua in ricorso – è avvenuta illegittimamente attraverso una variante c.d. semplificata, ai sensi dell’art. 1 comma 6° della legge regionale 1/2001 e dell’art. 3 della legge regionale 23/1997, mentre sarebbe stata necessaria, a fronte della innovazione sostanziale introdotta, la procedura di variante ordinaria.

Sul punto, occorre premettere che, con la deliberazione n. 59/2003, il Comune di Galbiate, in esecuzione dell’art. 1 comma 6° della LR 1/2001 (anche se la delibera, per mero errore materiale, richiama l’art. 9 della LR 1/2001), adeguava il proprio strumento urbanistico, con la procedura semplificata di cui all’art. 3 della LR 23/1997, alle prescrizioni dei commi 2° e 3° del citato art. 1 LR 1/2001 (legge ora abrogata per effetto della successiva LR 12/2005, ma applicabile alla presente fattispecie ratione temporis).

Ai sensi del comma 2° citato, i Comuni dovevano indicare "le destinazioni d’uso non ammissibili rispetto a quelle principali di singole zone omogenee o di immobili", mentre ai sensi del successivo comma 3°, era compito delle Amministrazioni locali stabilire "in quali casi i mutamenti di destinazione d’uso di aree e di edifici, ammissibili ai sensi del comma 2, attuati con opere edilizie, comportino un aumento ovvero una variazione del fabbisogno di standard".

Orbene, dal confronto fra il testo attuale e quello previgente dell’art. 30 delle NTA (si vedano le due versioni riportate nel doc. 9 della ricorrente), risulta che la pregressa versione ammetteva espressamente nella zona D4 – qualificata come "terziariacommercialeresidenziale", qualificazione confermata dalla versione attuale – la funzione residenziale, senza attribuire a quest’ultima, contrariamente a quanto sembra sostenere l’esponente, alcun ruolo "residuale" (del resto, gli indici edilizi sono uguali nelle due versioni, così come inalterata è la Slp assegnata).

Ciò premesso, non si vede come la delibera 59/2003 abbia potuto violare le disposizioni dell’art. 1 della LR 1/2001, visto che il Comune non ha introdotto ex novo nella zona D4 la destinazione residenziale, ammessa pacificamente anche nel testo del "vecchio" art. 30, che neppure qualificava tale destinazione come meramente residuale o accessoria.

Si noti, inoltre, che le destinazioni non prettamente residenziali previste dal pregresso art. 30 (come ad esempio l’attività di uffici, banche, istituti assicurativi, sedi professionali, alberghi, ristoranti), appaiono incompatibili con una destinazione produttiva in senso stretto, ma al contrario compatibili con la destinazione residenziale.

Peraltro, l’esame della disciplina urbanistica succedutasi nel Comune di Galbiate a partire dagli anni "70 del secolo scorso, dimostra come l’area oggi interessata al P. non abbia mai avuto una destinazione esclusivamente produttiva, con divieto di destinazione residenziale; anzi nei dintorni del sito dell’impresa Casartelli furono spesso previste funzioni residenziali o a standard pubblico, aventi spesso un ruolo di salvaguardia ambientale (si vedano le pagine da 4 a 9 della memoria del Consorzio del 6.8.2010, non oggetto di alcuna specifica contestazione da parte della ricorrente).

In conclusione, deve rigettarsi l’ottavo mezzo di gravame.

9. Con il nono motivo (denominato in ricorso "B2"), si denuncia la presunta contrarietà del vigente art. 30 delle NTA con il PTCP di Lecco, approvato con deliberazione provinciale n. 76 del 15.9.2003.

Il mezzo ricalca il motivo n. 3 del ricorso, nel quale l’esponente lamentava il contrasto fra lo stesso PTCP e la deliberazione di approvazione del piano attuativo di cui è causa (PL n. 17).

Tuttavia, se si tiene conto che il Collegio ha già escluso ogni difformità del PL con il PTCP, come indicato al punto 4 della presente narrativa in diritto, è giocoforza ritenere anche la piena compatibilità dell’art. 30 delle NTA con la pianificazione provinciale, visto che il PL di cui è causa è stato adottato in esecuzione del citato art. 30.

Sulla questione, ci si permette di rinviare, per ragioni di economia espositiva, al menzionato punto 4 della parte in "Diritto" della presente pronuncia.

In conclusione, anche il motivo n. 9 deve rigettarsi.

10. Con il decimo ed ultimo motivo (indicato in ricorso quale motivo 1 sotto la lettera "C"), proposto anch’esso in via cautelativa, è denunciata la presunta illegittimità dell’art. 12 delle NTA, adottato ed approvato dal Comune di Galbiate rispettivamente con le deliberazioni consiliari n. 112 e n. 136 del 2001.

A detta dell’esponente, l’art. 12 violerebbe gli articoli da 6 a 9 della legge regionale 1/2001, per quanto riguarda il calcolo della capacità insediativa teorica nelle zone residenziali di espansione, fissata dal citato articolo delle NTA in 150 metri cubi per abitante, in luogo della precedente misura di 100 metri cubi per abitante (cfr. il testo dell’art. 12, doc. 9 della ricorrente).

L’aumento da 100 a 150 metri cubi venne disposto dal Comune in attuazione della LR 1/2001; tuttavia, secondo la ricorrente, tale adeguamento sarebbe illegittimo, in quanto attuato dall’Amministrazione senza rispettare le condizioni previste dalla menzionata legge regionale 1/2001.

Sul punto, ai fini della piena comprensione della censura, occorre premettere che tale ultima legge regionale, entrata in vigore il 20.1.2001, all’art. 6 sostituì interamente il testo dell’art. 19 della legge regionale 51/1975, prevedendo, per gli insediamenti residenziali, una capacità insediativa calcolata tenendo conto di 150 metri cubi per abitante e non più di 100 metri cubi.

Il successivo art. 9 della LR 1/2001 consentiva l’adeguamento degli strumenti urbanistici generali alla disciplina del titolo III della legge o mediante una revisione generale degli stessi oppure attraverso una variante parziale, avente i contenuti degli articoli 17, 19 e 22 della legge regionale 22/1975, come modificati dalla legge regionale 1/2001.

Orbene, secondo la ricorrente, la modifica delle NTA per adeguarle ai nuovi criteri di computo della capacità insediativa (150 metri cubi per abitante, ex art. 19 LR 51/1975 coma modificato dall’art. 6 della LR 1/2001), sarebbe dovuta avvenire contestualmente all’introduzione della nuova disciplina dei centri storici (art. 17 della LR 51/1975, come modificato dall’art. 5 della LR 1/2001) ed all’approvazione del Piano dei servizi (art. 22 della LR 51/1975, come modificato dall’art. 7 della LR 1/2001).

La tesi interpretativa dell’esponente non può trovare accoglimento.

In primo luogo, non si comprende perché l’introduzione dei nuovi criteri di calcolo della capacità insediativa per le zone residenziali di espansione (art. 6 LR 1/2001), dovrebbe essere contestuale all’adeguamento della regolazione urbanistica dei centri storici (art. 5 LR 1/2001), tenuto conto che le aree di espansione si collocano normalmente al di fuori dei centri storici (del resto lo stesso DM 1444/1968 classifica diversamente i centri storici dalle zone di espansione) e visto anche che il P. risulta certamente sito al di fuori del centro storico di Galbiate.

Con riferimento alla questione dell’approvazione contestuale del Piano dei servizi di cui all’art. 7 della LR 1/2001, non si rinvengono indici normativi né ragioni logiche per subordinare l’adeguamento della capacità insediativa al suddetto Piano.

L’art. 7 della LR 1/2001 non richiama il pregresso art. 6, né quest’ultimo subordina il nuovo computo della capacità insediativa all’adozione del Piano dei servizi, anzi lo stesso art. 7 citato (in pratica quindi l’art. 22 LR 51/1975 nel testo modificato), configura il Piano dei servizi (da non confondersi, giova segnalarlo, con quello di cui alla vigente LR 12/2005), come un semplice elaborato allegato al PRG, volto a documentare lo stato ed il livello degli standard esistenti e ad illustrare le politiche di sviluppo di questi ultimi, quindi un documento di carattere essenzialmente programmatico (cfr. art. 22 comma 2° LR 51/1975).

L’art. 22 comma 5° della LR 51/1975 disciplina la dotazione degli standard per gli insediamenti residenziali anche prescindendo dal Piano dei servizi (cfr. la lettera "a" del citato comma), mentre il richiamo al Piano dei servizi è previsto nel comma 5° solo per le sole ipotesi nelle quali il Comune vuole dimostrare la sufficienza di standard inferiori alla misura di legge (cfr. la lettera "b" e la lettera "c" del comma 5°).

Per il PL di cui è causa, inoltre, è stata provata dall’Amministrazione la sufficienza della dotazione di standard, come sopra indicato, per cui l’omessa approvazione del Piano dei servizi di cui alla LR 1/2001 risulta irrilevante.

Ciò premesso, deve respingersi anche l’ultimo motivo di ricorso.

11. Per quanto riguarda l’apparente domanda risarcitoria formulata dal Comune nella memoria di replica del 23.12.2010 (pagg. 5 e 6), reputa il Collegio che tale istanza debba considerarsi palesemente inammissibile, sia perché non notificata alla società ricorrente – in aperta violazione dell’art. 42, comma 5°, del D.Lgs. 104/2010 – sia perché proposta nella memoria di replica, destinata ad accogliere le contestazioni agli atti di controparte, ma non certo idonea a formulare una domanda totalmente nuova, come quella di risarcimento del danno.

12. La rilevante complessità delle questioni trattate induce il Tribunale a compensare interamente fra le parti le spese di causa.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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