Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-10-2010) 31-01-2011, n. 3404 Impugnazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Napoli, adito ex art. 309 c.p.p., con ordinanza del 10 febbraio 2010, confermava l’ordinanza in data 30 novembre 2009 con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere a carico di D.M.V., D.B.B. e V. G., sottoposti a procedimento penale per i reati di partecipazione ad associazione di tipo mafioso (clan Gallo – Limelli – Vangone) e di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e relativi reati-fine, aggravati a norma del D.L. n. 152 del 1991, art. 7. Quanto al V., la misura veniva confermata anche con riferimento al contestato reato di detenzione e porto d’arma.

2. Riassuntivamente, rilevava il Tribunale che, gli indizi di colpevolezza a carico degli indagati si basavano sui risultati delle conversazioni ambientali captate tra gli indagati, sui sequestri di documenti, di armi e di sostanze stupefacenti, su attività di osservazione e monitoraggio, eseguiti anche mediante videoriprese, e sulle dichiarazioni dei collaboratori T.S. e M. A., fonti dalle quali risultava inequivocabilmente la esistenza e l’attività del gruppo di stampo camorristico Gallo – Limelli – Vangone operante nella zona di Boscotrecase e del coinvolgimento in esso e nelle conseguenti attività criminali degli indagati, attivi nella zona del (OMISSIS), in una cellula dell’organizzazione collegata al gruppo principale.

Il Tribunale dava partitamente conto, per ogni imputazione e per ogni indagato, degli specifici elementi investigativi a sostegno di essa.

3. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli indagati.

4. Gli avvocati Renato Archidiacono e Alberto Tortolano, difensori del D.M., denunciano, con riferimento a vari punti, la violazione della legge penale e processuale e il vizio di motivazione.

4.1. Quanto alla identificazione dell’indagato, nessun elemento certo permette di stabilire la identità del colloquiante nelle intercettazioni ambientali, costituente la base indiziaria esclusiva su cui si fonda il provvedimento cautelare, posto che la individuazione del D.M. è stata fatta sulla base dell’incerto dato costituito dal timbro della voce.

4.2. Circa la partecipazione dell’indagato al clan Gallo – Limelli – Vangone, nessun obiettivo elemento indica che egli facesse parte della cellula del Basso – Lazio collegata al gruppo principale.

4.3. Circa la partecipazione all’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, l’ordinanza impugnata fa leva solo su due intercettazioni ambientali, che, a prescindere dal problema della individuazione dei colloquianti, non evidenziano alcun concreto coinvolgimento dell’indagato in un gruppo organizzato dedito a un simile traffico.

4.4. Quanto all’aggravante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 80, i dati quantitativi, in assenza anche di un riferimento alla specifica tipologia degli stupefacenti, appaiono meramente congetturali; e sul punto la motivazione del Tribunale è apodittica.

4.5. Analoghi vizi attengono alla contestata aggravante D.L. n. 152 di 1991, ex art. 7. Nessun dato obiettivo indica una finalità di agevolazione di un’organizzazione di tipo mafioso.

4.6. Quanto alle esigenze cautelari, il riferimento fatto dal Tribunale alla disposizione dell’art. 275 c.p.p., comma 3, è fatto indifferenziatamente per tutti gli imputati, senza analizzare, con specifico riferimento alla posizione del ricorrente, e considerato anche il tempo trascorso dai fatti, il limitato periodo temporale in cui il D.M. avrebbe operato nell’associazione e la sua condizione di incensurato, se le esigenze di cautela fossero ancora sussistenti.

5. Gli avvocati Renato Archidiacono e Luigi Iannettone, difensori del D.B., denunciano:

4.1. La violazione dell’art. 273 c.p.p., e il vizio di motivazione su vari punti.

4.1.1. Quanto alla contestazione di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, la posizione del ricorrente, basata esclusivamente sul contenuto di due intercettazioni ambientali, appare limitata al più alla commissione di singoli reati-fine relativi allo spaccio di stupefacenti. Nessun elemento è indicativo che egli operasse nella cellula del Basso – Lazio in collegamento con il clan Gallo – Limeli – Vangone, i cui esponenti del resto avevano soggiornato in tale area territoriale solo per breve tempo.

4.1.2. Sulla ritenuta aggravante D.L. n. 152 di 1991, ex art. 7, si muovono critiche analoghe a quelle svolte nel corrispondente motivo di ricorso del D.M..

4.1.3. Quanto ai delitti in materia di stupefacenti, le fonti indiziarie, tratte dal contenuto di conversazioni intercettate, non consentono che interpretazioni congetturali, in mancanza di riferimenti espliciti a traffici di droga. In ogni caso nessun elemento depone per la esistenza di un gruppo organizzato rivolto a tale traffico e tanto meno è ricavabile il ruolo che il D.B. avrebbe avuto nella supposta organizzazione.

4.2. Violazione delle norme processuali e vizio di motivazione in punto di esigenze cautelari, per considerazioni simili a quelle svolte nel ricorso del D.M. (in specie, per la limitatezza dell’arco temporale in cui viene collocata la condotta criminosa, compresa tra il settembre 2004 e il gennaio 2005).

5. Gli avvocati Ettore Stravino e Alfredo D’Onofrio, difensori del V., denunciano, formalmente con unico motivo, la nullità del giudizio di riesame, in quanto, l’indagato era stato sentito su sua richiesta dal Magistrato di sorveglianza del luogo ove era detenuto (Larino), a norma dell’art. 127 c.p.p., comma 3, senza che di tale incombente fosse dato previo avviso al difensore, con conseguente lesione del diritto di difesa, comportante una nullità generale a regime intermedio prontamente eccepita davanti al Tribunale del riesame.

Si deduce inoltre la nullità di tutti gli atti investigativi (tra cui le intercettazioni telefoniche e ambientali) espletati prima della iscrizione del nominativo del V. nel registro delle notizie di reato.
Motivi della decisione

1. I ricorsi del D.M. e del D.B., al limite dell’ammissibilità, appaiono infondati.

2. Il Tribunale ha puntualmente e logicamente dato conto delle specifiche basi indiziarie su cui si fonda l’ordinanza cautelare, facendo riferimento all’inequivoco contenuto di conversazioni intercettate, agli esiti di operazioni di p.g. (osservazioni, monitoraggio, videoriprese), alle dichiarazioni dei collaboratori T.S. e M.A., da cui risulta inequivocabilmente non solo la esistenza e l’attività del gruppo di stampo camorristico Gallo – Limelli – Vangone operante nella zona di Boscotrecase ma anche il coinvolgimento in esso e nelle conseguenti attività criminali degli indagati, attivi nella zona del (OMISSIS), in una cellula dell’organizzazione collegata al gruppo principale.

L identificazione dei due non deriva solo dal riconoscimento vocale da parte della p.g., ma anche da dati obiettivi, scaturenti dalla intestazione delle utenze intercettate, dall’uso di basi logistiche e dai pedinamenti comprovanti i rapporti con gli altri appartenenti al gruppo criminale.

Secondo l’apprezzamento ineccepibile dei giudici di merito, il sodalizio operava sia nel settore del traffico di stupefacenti, come ricavabile dal contenuto delle intercettazioni, sia agendo quale struttura di tipo mafioso, come in particolare riferito dai collaboratori di giustizia. Il collegamento degli indagati con i capi – clan G. e G.A. è stato correttamente desunto dai continui contatti, desunti dalle riferite fonti indiziarie, intrattenuti nel periodo in cui i G. erano agli arresti domiciliari in località (OMISSIS).

L’aggravante della ingente quantità delle sostanze stupefacenti è stata ragionevolmente desunta dal riferimento ai cospicui guadagni (centinaia di migliaia di Euro) e al considerevole numero dei "pacchi" trattati; quella D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7, è stata altrettanto ragionevolmente desunta dall’osmosi tra i due distinti sodalizi criminali, in un contesto in cui il traffico di stupefacenti era una delle principali attività del clan Limelli – Vangone – Gallo.

3. Quanto alle esigenze cautelari, esse sono state esaurientemente evidenziate con riferimento alla particolare gravità dell’attività criminale svolta in forma associata, nel quadro normativo dell’art. 275 c.p.p., comma 3. 4. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna del D.M. e del D.B. al pagamento delle spese del procedimento.

La Cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

5. Il ricorso del V., nella parte in cui lamenta il mancato avviso al difensore della sua audizione davanti al Magistrato di sorveglianza, è fondato (mentre appare manifestamente infondata, in quanto priva di base normativa, l’eccezione di inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti prima della iscrizione del suo nominativo nel registro delle notizie di reato).

Va precisato che risulta documentato che il V. venne su sua richiesta sentito dal Magistrato di sorveglianza del luogo ove era ristretto. Egli ha inoltre tempestivamente lamentato il mancato avviso al difensore in sede di richiesta di riesame.

Ora, in conformità alla di gran lunga prevalente giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi che qualora l’imputato detenuto in luogo fuori della circoscrizione del tribunale del riesame sia sentito, su sua richiesta, dal magistrato di sorveglianza, in assenza del difensore e senza che a quest’ultimo sia stato dato il relativo avviso, si determina una nullità a regime intermedio, per lesione del diritto di difesa, che qualora venga, come nella specie, tempestivamente eccepita, inficia la validità del giudizio di riesame (v., tra le altre, Cass., sez. 1^, n. 4161, 30 settembre 1994, Guidotto; Id., n. 1265, 24 marzo 1993, Muto; Cass., sez. 6^, n. 3221, 18 settembre 1992, Sanfilippo; contra, a quel che consta isolatamente, Cass., sez. 6^, n. 19297, 4 aprile 2006, Cura).

6. Ne deriva che l’ordinanza impugnata va annullata nei confronti del V., con rinvio al Tribunale di Napoli per nuova deliberazione.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di V.G. e rinvia al Tribunale di Napoli per nuova deliberazione.

Rigetta i ricorsi di D.M.V. e D.B.B., che condanna al pagamento delle spese del procedimento.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *