Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-10-2010) 31-01-2011, n. 3403 Associazione per delinquere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Napoli, adito ex art. 324 c.p.p., con ordinanza dell’8 aprile 2010, confermava il decreto di sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p., e D.L. n. 306 del 1992, art. 12 – sexies, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in data 11 marzo 2010, riguardante vari beni mobili e immobili di pertinenza di D.M.V., sottoposto a procedimento penale per i reati di partecipazione ad associazione di tipo mafioso (clan Gallo – Limelli – Vangone) e di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e relativi reati – fine, aggravati a norma del D.L. n. 152 del 1991, art. 7. 2. Rilevava essenzialmente il Tribunale che, pacifico essendo il fumus dei delitti presupposti dal citato art. 12 – sexies, essendo stato il D.M. raggiunto in ordine a essi da ordinanza applicativa di misura cautelare coercitiva, sussisteva una sproporzione tra i redditi riferibili all’indagato e il valore dei beni di cui egli era titolare (impresa individuale avente ad oggetto l’esercizio del Bar – Caffè denominato "Bar Sole", autovettura AUDI A3 immatricolata nel maggio del 2005, vari conti bancari), che legittimava il sequestro, in vista della futura confisca.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il D. M., a mezzo del difensore avvocato Renato Archidiacono, il quale denuncia, con un unico motivo, la violazione delle norme in materia di sequestro preventivo D.L. n. 306 del 1992, ex art. 12 – sexies, e delle norme sostanziali connesse alle imputazioni, nonchè il vizio di motivazione in punto di sussistenza dei presupposti per l’adozione del provvedimento cautelare, evidenziando:

3.1. che nulla era esposto nella ordinanza impugnata circa la sussistenza del fumus del delitto presupposto con riguardo all’arco temporale in cui si collocano le acquisizioni patrimoniali colpite dal provvedimento, posto che i reati contestati riguardano condotte commesse a partire dall’anno 2004, mentre i beni in sequestro sono stati acquisiti a partire dall’anno 1998;

3.2. che era del tutto carente la motivazione circa la sproporzione tra redditi e valore delle entità economiche, non essendosi considerato: che l’azienda relativa al bar – caffè, era stata all’inizio presa in fitto, a partire dall’anno 2000, e che successivamente, nell’anno 2002, il D.M. l’aveva acquisita in proprio con il documentato rilevante aiuto economico dei genitori, che avevano acceso un mutuo di L. 140.000.000; che il bar aveva negli anni successivi prodotto redditi apprezzabili; che l’acquisto dell’auto, peraltro in comproprietà, era compatibile con detti redditi; che i depositi bancari, sui cui flussi non era stata svolta alcuna analisi, erano di entità modesta; tutte circostanze specificamente dedotte e documentate dalla difesa.
Motivi della decisione

1. Il ricorso appare manifestamente infondato.

2. Quanto al rilievo per cui i beni sequestrati sarebbero stati acquisiti molto tempo prima delle condotte criminose contestate, va ripetuto, richiamando e condividendo le puntuali osservazioni della sentenza delle Sezioni unite n. 920, 19 gennaio 2004, Montella, che il legislatore, con la previsione del D.L. n. 306 del 1992, art. 12 – sexies, nell’individuare i reati dalla cui condanna discende la confiscabilità dei beni, "non ha presupposto la derivazione di tali beni dall’episodio criminoso singolo per cui la condanna è intervenuta, ma ha correlato la confisca proprio alla sola condanna del soggetto che di quei beni dispone, senza che necessitino ulteriori accertamenti in ordine all’attitudine criminale"; con "il corollario che, essendo la condanna e la presenza della somma dei beni di valore sproporzionato realtà attuali, la confiscabilità dei singoli beni, derivante da una situazione di pericolosità presente, non è certo esclusa per il fatto che i beni siano stati acquisiti in data anteriore o successiva al reato per cui si è proceduto". 3. Circa la denegata sproporzione tra i redditi del ricorrente e il valore delle entità economiche sequestrate, si tratta di aspetto sul quale l’ordinanza impugnata si è diffusamente e logicamente espressa, essendosi osservato, tra l’altro, che l’attivazione e la prosecuzione della gestione del bar – caffè non risultava sorretta da adeguato supporto economico, dato che il D.M. aveva redditi del tutto irrisori, neppure sufficienti a soddisfare le sue essenziali esigenze di vita; circostanza non superabile attraverso il riferimento al mutuo contratto da parenti nel 2001, destinato a essere impiegato per una ristrutturazione immobiliare.

4. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si ritiene equo determinare in Euro mille.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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