T.A.R. Molise Campobasso Sez. I, Sent., 26-01-2011, n. 15 Guardie particolari e istituti di vigilanza privata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Una questione analoga a quella odierna è già stata sottoposta a questo Tribunale, che l’ha decisa con sentenza n.625 del 2006, benché tra parti non perfettamente coincidenti con quelle del presente giudizio (la sentenza n.625/2006 è stata resa tra il Comune e l’odierna ricorrente, in relazione ad precedente e analoga gara).

Più in particolare, con lettera di invito datata 5.5.2005, il Comune di Isernia ha inviato alcune Ditte operanti nel settore della vigilanza nell’ambito territoriale della Provincia di Isernia, tra cui anche l’odierna ricorrente, a partecipare ad un pubblica selezione per l’aggiudicazione del servizio di vigilanza e di sicurezza interna al Palazzo di Giustizia di Isernia.

La ricorrente ha risposto all’invito, indicando il costo del servizio dalla stessa proposto.

L’Amministrazione civica ha quindi chiesto di descrivere dettagliatamente "il costo orario del servizio offerto, con riferimento in particolare alle tariffe di legalità adottate dalla Prefettura di Isernia con decreto n. 2448/17 Sett. 2° del 26.11.2001".

L’odierna istante ha riscontrato la suddetta nota, evidenziato la tariffa oraria proposta, sulla base della tariffa di legalità prefettizia e del massimo ribasso consentito del 10%.

Già in quell’occasione, la Prefettura ha sostenuto che la tariffa così proposta non sarebbe conforme alle tariffe di legalità, sol perchè inferiore alla tariffa minima di Euro 17,04, anch’essa espressamente prevista dalla medesima Prefettura.

Nonostante le repliche della ricorrente, sia la Prefettura sia l’Amministrazione comunale non hanno mutato il loro orientamento, e quest’ultima ha quindi escluso da quella gara l’Istituto di Vigilanza ricorrente, con atto annullato, appunto, con la sentenza n.625 del 2006, nel ricorso n. 4215 del 2005.

Tutto ciò premesso, con il provvedimento oggi impugnato, la Prefettura continua a ritenere presuntivamente illegittime, e quindi da verificare, le tariffe proposte dalla ricorrente, in relazione ad una successiva gara, indetta dal medesimo Comune, per il medesimo servizio.

Il ricorso è fondato.

Il Collegio ritiene infatti di condividere quanto statuito nella sentenza n.625 del 2006.

Il Prefetto, anche sensi della circolare dell’8.11.1999 del Ministero dell’Interno, non ha il potere di stabilire, per il servizio di vigilanza, puntuali e precise tariffe minime inderogabili, ma fissa, per ciascuna tipologia, le cd. tariffe di legalità, con un’oscillazione consentita, rispetto ad esse, del 10% o del 30%, a seconda del tipo di servizio.

Ovviamente, tali tariffe non sono iuris et de iure inderogabili, ma rappresentato meri canoni di congruità dei prezzi praticati dagli istituti ai diversi fini del controllo sulla serietà e affidabilità dell’impresa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 18 agosto 2010, n. 5823).

Più in particolare, la giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, sentenza n. 2367 del 2002) ha precisato che, dal raffronto tra gli articoli 134 e 135 del t.u.l.p.s. n. 773 del 1931, si ricava che il potere di fissare la tariffa delle prestazioni è circoscritto agli istituti investigativi e non è stato esteso anche a quelli di vigilanza e che l’intento del legislatore è stato chiarissimo, diretto esclusivamente a fissare i valori "massimi" della remunerazione delle prestazioni degli investigatori privati.

Ciò deriva dalla constatazione che l’articolo 135 detta disposizioni nei (soli) confronti dei direttori degli uffici di informazioni, investigazioni o ricerche (…), i quali sono tenuti ad esporre in modo visibile nei loro uffici la tabella delle operazioni alle quali attendono, con la tariffa delle relative mercedi (quarto comma), che deve essere vidimata dal Prefetto (sesto comma); gli stessi soggetti inoltre, sempre in virtù del medesimo articolo (quinto comma), non possono compiere operazioni diverse da quelle indicate nella tabella o ricevere mercedi "maggiori" di quelle indicate nella tariffa.

A ciò va aggiunto che è solo con la norma regolamentare (art. 257 del r.d. n. 635 del 1940) che "l’approvazione delle tariffe" da parte del Prefetto (ma sempre e solo con riferimento al limite massimo) è stata estesa anche agli istituti di vigilanza privata attraverso il richiamo generale (contenuto nel primo comma della norma regolamentare citata) alla domanda per ottenere la licenza prescritta dall’articolo 134 della legge.

Ne deriva, ad avviso della ricordata giurisprudenza (Consiglio di Stato, sentenza n. 2367 del 2002), che al tariffario per le prestazioni dei servizi di vigilanza privata non può essere riconosciuto carattere vincolante o inderogabile, ma mero valore indicativo di "canone di congruità" dei prezzi praticati dagli istituti, ai diversi fini del controllo amministrativo sulla serietà ed affidabilità dell’impresa (Cons. di Stato, sentenza n. 4816 del 2005; e n. 4586 del 2008).

In ogni caso, le determinazioni prefettizie impugnate appaiono illegittime, atteso che, comunque, dagli atti di causa, risulta che la ricorrente si è mantenuta nell’ambito della fascia di oscillazione consentita rispetto alle diverse tariffe di legalità.

Le spese seguono il criterio della soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

lo accoglie.

Condanna la p.a. resistente al pagamento, in favore della ricorrente, di complessivi euro 1000/00, a titolo di spese processuali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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