T.A.R. Puglia Lecce Sez. I, Sent., 26-01-2011, n. 135 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 30 marzo 2007 la società ricorrente presentava istanza alla Regione Puglia per la realizzazione, nel Comune di Lecce, di un impianto eolico composto da 12 aerogeneratori da 2 MW ciascuno.

Si attivava di conseguenza, in parallelo con l’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003, la procedura relativa alla valutazione di impatto ambientale e, in particolare, la verifica di assoggettabilità a VIA (c.d. screening).

In esito a quest’ultima venivano esclusi dalla VIA due aerogeneratori ed ammessi invece alla predetta valutazione ambientale gli altri dieci.

La suddetta decisione si basava essenzialmente sulle seguenti considerazioni:

a) sussistono possibili effetti negativi, come peraltro evidenziato nello studio di impatto ambientale prodotto dalla società interessata, su flora, fauna ed ecosistemi. Ciò, in particolare, a causa delle operazioni di sbancamento, rimozione (di muretti a secco), spietramento e sradicamento (di ulivi secolari), con conseguenze tra l’altro per la pseudo steppa ed il microclima (i muretti a secco svolgerebbero infatti funzione non solo di difesa delle essenze ma anche di condensatori di rugiada nei mesi estivi).Lo studio sull’avifauna sarebbe stato poi condotto con riferimento ad un ambiente del tutto diverso (Subappenino Dauno);

b) alcune masserie presenti sul territorio interessato dall’intervento non sarebbero state prese in considerazione ai fini dell’impatto acustico. Inoltre lo studio effettuato dalla società sarebbe insufficiente nella parte in cui ha considerato alla stregua di ruderi (dunque di costruzioni non abitabili) alcuni fabbricati, sulla base dei soli rilievi fotografici e non anche mediante analisi puntuale dello "stato abitativo potenziale";

c) in termini di sicurezza (analisi della gittata in caso di rottura accidentale delle pale), la distanza di un aerogeneratore (T2) da una particolare linea elettrica (Lecce – Mare) sarebbe inferiore a 150 mt, dunque insufficiente ai fini di cui sopra;

d) un altro aerogeneratore (T6) sarebbe prossimo ad una dolina, da intendersi quale emergenza geomorfologica.

Il provvedimento concludeva poi affermando che i due aerogeneratori da non sottoporre a VIA fossero comunque esonerati dalla specifica disciplina, prevista dal regolamento regionale n. 16 del 2006, del c.d. "parametro di controllo".

Tale provvedimento di assoggettabilità veniva impugnato in sintesi per i seguenti motivi:

1) eccesso di potere (sotto il profilo del difetto di istruttoria e del travisamento dei fatti) nonché violazione di legge, dato che: a) la amministrazione regionale non avrebbe tenuto adeguatamente conto delle misure di mitigazione proposte dalla società stessa; b) non sarebbero stati richiesti opportuni chiarimenti sui singoli aspetti di criticità evidenziati, né sarebbe stato garantito, in sede di verifica di assoggettabilità a VIA, il principio del contraddittorio procedimentale espressamente contemplato dall’art. 16, comma 6, della legge regionale n. 11 del 2001; c) non sarebbe stato considerato che dalla documentazione fotografica sarebbe evidente la natura di ruderi delle masserie evidenziate dalla Regione; d) non sussisterebbe una distanza minima, stabilita per legge, tra i suddetti impianti di energia eolica e le linee elettriche di alta tensione; e) la regione avrebbe erroneamente considerato la presenza di una dolina nell’area circostante;

2) violazione dell’art. 10bis della legge n. 241 del 1990, dato che non sarebbe stato dato avviso alla società ricorrente circa gli esiti della verifica di assoggettabilità;

3) illegittimità del regolamento regionale n. 16 del 2006 nella parte in cui verrebbero previste, nella sostanza, misure di contingentamento relative agli impianti in questione (c.d. parametro di controllo), e ciò in dispregio dei principi cui si ispira la disciplina della valutazione di impatto ambientale.

Si costituiva in giudizio la Regione Puglia per chiedere il rigetto del gravame, mediante diffuse argomentazioni che formeranno in seguito oggetto di più ampia trattazione.

Alla pubblica udienza del 3 novembre 2010 le parti rassegnavano le proprie rispettive conclusioni ed il ricorso veniva infine trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Va innanzitutto rigettato il motivo concernente la violazione dell’art. 10bis della legge n. 241 del 1990.

Ciò in quanto la disposizione appena richiamata si riferisce al preavviso di rigetto delle istanze presentate dai privati, ossia alla indicazione delle ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza di parte.

Per quanto attiene al provvedimento di assoggettabilità a VIA, invece, non si ci si trova dinanzi ad un provvedimento di rigetto dell’istanza presentata quanto, piuttosto, alla decisione di sottoporre il progetto stesso alla successiva fase di VIA, qualora il medesimo possa avere "possibili effetti negativi apprezzabili sull’ambiente" (cfr. art. 20, comma 4, d.lgs. n. 152 del 2006).

Si tratta dunque di un provvedimento, quello di assoggettabilità, tutto sommato interlocutorio, il quale non si esprime in senso positivo né negativo sul progetto presentato, mentre è la ulteriore fase della VIA vera e propria, la quale si conclude nel senso di accogliere o meno l’istanza ed al cui interno potrà essere effettuata una più ampia istruttoria in ragione della rilevanza delle questioni sottese, che va unicamente considerata ai fini della eventuale applicazione del richiamato art. 10bis.

Va inoltre evidenziato che il provvedimento di assoggettabilità non concreta il rigetto, trattandosi piuttosto di una valutazione della PA ispirata al principio di massima precauzione di matrice comunitaria (cfr. art. 174, par. 2, del Trattato CE, a cui rinvia anche l’art. 301 del codice dell’ambiente). Sul punto si veda anche quanto affermato dalla giurisprudenza amministrativa (TAR Sicilia Palermo, sez. I, 20 agosto 2007, n. 1959).

Per i motivi suddetti la specifica censura deve dunque essere rigettata.

2. Quanto al motivo di ricorso sinteticamente riportato al punto sub 1) della parte in fatto, si rammenta in via preliminare che, ai sensi dell’art. 20 del codice dell’ambiente ( decreto legislativo n. 152 del 2006), la verifica di assoggettabilità a VIA valuta se il progetto preliminare esaminato sia potenzialmente lesivo dell’ambiente e debba perciò essere sottoposto a VIA.

2.1. In particolare:

a) il comma 4 del citato art. 20 prevede che "l’autorità competente… verifica se il progetto abbia possibili effetti negativi e significativi sull’ambiente";

b) il successivo comma 6 stabilisce che "se il progetto ha possibili impatti negativi e significativi sull’ambiente si applicano le disposizioni degli articoli da 21 a 28", ossia la procedura VIA;

c) dal canto suo, il comma 5 dello stesso articolo 20 prevede che "se il progetto non ha impatti negativi e significativi sull’ambiente, l’autorità competente dispone l’esclusione dalla procedura di valutazione ambientale".

2.2. Alla luce di quanto appena detto si può ricavare che, mentre l’esclusione dalla VIA è adottata in base ad un giudizio di certezza (l’assenza di impatti negativi sull’ambiente deve infatti essere ictu oculi evidente), alla decisione di sottoporre un intervento a VIA si perviene mediante un diverso giudizio di possibilità o di probabilità (in ossequio al richiamato principio di massima precauzione basta infatti anche la possibilità che vi siano effetti nocivi sull’ambiente per attivare la più articolata procedura di VIA).

Entrambi i giudizi, in quanto frutto di discrezionalità tecnica, sono sindacabili soltanto in caso di manifesta illogicità e incongruenza, nonché per macroscopici difetti di motivazione o di istruttoria (c.d. sindacato di tipo "debole").

2.3. In questa direzione non sono necessari, all’interno della predetta verifica di assoggettabilità a VIA, particolari approfondimenti istruttori (come del resto riconosciuto dalla stessa società alla pag. 19 del ricorso introduttivo), e ciò anche in considerazione del fatto che una più ampia valutazione di taluni elementi postula, in sé, la presenza di quei "possibili impatti significativi" sull’ambiente che costituiscono, a loro volta, presupposti fondamentali per l’attivazione della procedura di VIA.

In altre parole, qualora a seguito di una valutazione preliminare (da condurre ai sensi del citato art. 20 e della corrispondente normativa regionale applicabile) l’intervento richiesto presenti possibili effetti negativi sull’ambiente, i conseguenti e doverosi approfondimenti istruttori, necessari per una più compiuta valutazione di compatibilità ambientale, debbono essere condotti non all’interno dello stesso segmento procedimentale ma nell’ambito di una diversa procedura, ossia la VIA, che è la sede propria e naturale per operare siffatte valutazioni.

Altrimenti, si assisterebbe ad una sostanziale duplicazione del procedimento VIA e dunque ad un inutile aggravio procedimentale, contrario, nei termini di cui si è appena detto, ai principi che regolano l’azione amministrativa.

In questo senso la generale deduzione di carenza istruttoria sollevata in sede di gravame – si anticipa sin da ora – è infondata proprio in quanto i necessari approfondimenti istruttori, per come ritenuti tali dalla stessa società ricorrente, non dovevano essere condotti all’interno della ridetta fase di verifica di assoggettabilità a VIA.

Del resto, la circostanza che la società ricorrente abbia proposto, in sede di studio di impatto ambientale, alcune misure di mitigazione relative ad altrettanti fattori di criticità ambientale (cfr. tra l’altro, prelievo esemplari avifauna e ripristino muretti a secco), denota se non proprio una conferma circa la particolare sensibilità ambientale del sito interessato quantomeno la sussistenza di plurimi e ben evidenti sintomi da riconnettere alla potenziale lesività dell’intervento proposto sulle principali matrici ambientali dell’area stessa.

2.4. Tanto premesso, nella specie il provvedimento impugnato risulta nel complesso immune dai vizi di legittimità sopra sinteticamente illustrati sia perché sufficientemente dettagliato ed articolato nella individuazione delle singole criticità ambientali, sia perché diretto ad evidenziare talune carenze progettuali quali, ad esempio, lo studio sull’avifauna (che si riferisce a specie presenti in aree diverse, il Subappenino Dauno, da quella interessata, laddove lo studio di impatto ambientale deve riportare dati e caratteristiche proprie del sito specifico, a nulla rilevando la assenza di studi scientifici al riguardo).

2.5. Più in particolare: da un lato si osserva che non sono state sollevate, su alcuni dei punti sui quali si fonda il provvedimento impugnato (es. studio avifauna, muretti a secco, spietramento e desertificazione) particolari doglianze dirette ad evidenziare profili di macroscopica illogicità ed incongruità del giudizio reso oppure la carenza di motivazione e di istruttoria; dall’altro lato si evidenzia invece che:

a) non sussiste il difetto di istruttoria per la mancata considerazione delle misure di mitigazione e di riqualificazione ambientale, dato che, come già detto in precedenza, una siffatta analisi implica di per sé un approfondimento istruttorio che è proprio della valutazione di impatto ambientale e non della preventiva verifica di assoggettabilità;

b) non sussiste la violazione del principio di contraddittorio di cui all’art. 16, comma 6, della legge regionale n. 11 del 2001, dal momento che tale garanzia procedimentale, da assicurarsi secondo il principio di libertà delle forme, è stata comunque osservata mediante la nota regionale in data 18 settembre 2009 con cui, rilevata l’insufficienza delle analisi relative all’assetto florofaunistico ed ecosistemico nonché alle masserie ed ai fabbricati prossimi agli aerogeneratori, la società ricorrente è stata invitata a fornire al riguardo apposita relazione integrativa. La suddetta richiesta si è soffermata in altre parole su alcuni fattori di criticità (flora, fauna, ecosistema e sicurezza) che sono stati in seguito posti a fondamento, non a caso, del provvedimento impugnato: così operando, l’amministrazione regionale ha dunque messo la società medesima nelle condizioni di interloquire – ed eventualmente anche di contraddire – in ordine ad aspetti poi risultati decisivi ai fini della adozione del provvedimento di assoggettabilità;

c) quanto invece alla mancata considerazione, evidenziata dalla amministrazione regionale ai fini della valutazione su rumori e vibrazioni, delle masserie collocate ad una distanza variabile tra i 120 mt ed i 260 mt da alcuni aerogeneratori, la difesa di parte ricorrente si è limitata a rilevare che lo stato di abbandono di tali fabbricati sarebbe rilevabile dalla documentazione fotografica, laddove la stessa amministrazione regionale ha chiarito che si debba tener conto dello stato abitativo potenziale, desumibile anche dalla gestione o dalla proprietà dei fabbricati stessi, che tuttavia non sono mai stati forniti da parte ricorrente elementi in proposito nè in sede procedimentale, né nella presente fase processuale. La censura, in questi termini, risulta dunque genericamente formulata in quanto non individua alcun profilo di illegittimità relativo all’esigenza, indicata dalla Regione, di ottenere un diverso tipo di analisi che evidenzi lo stato di abbandono anche potenziale delle costruzioni in esame (es. dichiarazioni o attestazioni dei proprietari delle masserie);

d) in ordine alla sicurezza, la stessa ricorrente afferma che la gittata massima delle pale, in caso di rottura accidentale ed in determinate condizioni (seppure eccezionali), può comunque arrivare a 108 mt. Pertanto, la presenza di una linea elettrica ad alta tensione che si trova a 130 mt. di distanza da uno degli aerogeneratori senz’altro costituisce, in sé, idoneo fattore di criticità e, in particolare, di possibile effetto lesivo che non potrebbe non formare oggetto di più ampia riflessione – per le ragioni più volte illustrate – nella sede propria della procedura VIA. E ciò tenuto anche conto che, in ordine alle strade (dunque per un altro tipo di infrastruttura per la quale sussistono analoghe esigenze di sicurezza), le linee guida di cui al DM 10 settembre 2010 fissano una distanza minima pari a 150 mt. (par. 7.2. all. 4);

e) in merito alla presenza o meno di una dolina, anche a voler ammettere la fondatezza della tesi di parte ricorrente ciò non sarebbe tuttavia sufficiente, in ogni caso, a superare tutte le altre ragioni che hanno concretamente indotto la PA ad assoggettare il progetto a VIA, sede questa nella quale potrà essere adeguatamente valutato anche tale particolare aspetto.

2.6. Per tutti le ragioni sopra indicate il complessivo motivo di censura deve dunque essere rigettato.

3. Non sussiste infine l’interesse a gravare le disposizioni regionali concernenti il parametro di controllo (regolamento regionale n. 16 del 2006), e ciò sia perché gli aerogeneratori esclusi dalla VIA non hanno subito l’applicazione di tale criterio, sia perché quelli sottoposti alla VIA non potranno essere ulteriormente soggetti alla sua disciplina, in esito alla ridetta procedura, per effetto della declaratoria di incostituzionalità del regolamento regionale citato (o meglio della legge regionale n. 40 del 2007 che lo recepiva integralmente) stabilita dalla sentenza della Corte costituzionale n. 344 del 2010.

4. In conclusione il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Data la complessità delle questioni affrontate sussistono in ogni caso giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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