T.A.R. Puglia Lecce Sez. II, Sent., 26-01-2011, n. 117 Atti amministrativi; Concessione per nuove costruzioni; Interesse a ricorrere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ditta M. s.r.l. ha avviato i lavori per la costruzione di un impianto di distribuzione di gas per autotrazione sul fondo adiacente a quello del ricorrente (p.lla 83), riportato in catasto al foglio 16, p.lla 84 del Comune di Muro Leccese.

Con il ricorso in epigrafe, pertanto, il sig. P., sul rilievo che la realizzazione dell’impianto de quo determinerebbe un vulnus alla sua proprietà (in quanto imporrebbe sul suo fondo una fascia di rispetto delle distanze di sicurezza previste dal D.M. del 24.5.2002, tali da inibire o limitare l’eventuale edificazione), lamenta l’illegittimità degli atti impugnati per violazione dell’art. 97 Cost. e dell’art. 7 della legge n. 241/1990, per violazione dei principi in tema di partecipazione procedimentale, giusto procedimento e trasparenza dell’azione amministrativa, per eccesso di potere e difetto di istruttoria; lamenta, altresì, la violazione dell’art. 42 Cost., dell’art. 890 c.c. e del D.M. 24.5.2002, nonché l’eccesso di potere per errore sui presupposti e travisamento dei fatti.

Il ricorrente chiede, inoltre, il ristoro dei danni subiti.

Con atto depositato in data 3 marzo 2010, si è costituito in giudizio il Comune di Muro Leccese, che asserisce l’infondatezza del proposto ricorso sostenendo, in particolare, che il ricorrente non riceverebbe alcun pregiudizio dalla costruzione dell’impianto, atteso che il fondo di sua proprietà subisce delle limitazioni ab origine alla possibilità di edificare, per i vincoli imposti dalla normativa edilizia, in quanto trattasi di un fondo sito nella zona agricola del Comune di Muro Leccese.

Con atto depositato il 7 aprile 2010 si è costituita in giudizio la società M. che, con memoria del 9 aprile 2010, controdeducendo alle censure avverse, insiste nel chiedere la reiezione del ricorso.

Dopo aver presentato istanza di accesso agli atti al Comune resistente, il ricorrente ha proposto motivi aggiunti depositati il 5 giugno 2010, con cui lamenta, in particolare, l’illegittimità dei titoli edilizi rilasciati alla società M. sotto distinti profili.

Il Comune di Muro Leccese, nel replicare ai motivi aggiunti, ne eccepisce in via preliminare l’intempestività, sul rilievo che il ricorrente avrebbe conosciuto gli atti con essi impugnati già a seguito del primo accesso (avvenuto solo per presa visione senza estrazione di copia) e quindi detti atti avrebbero dovuto essere impugnati con il ricorso introduttivo.

Anche la società M., nel controdedurre ai motivi aggiunti, oltre a ribadirne l’intempestività, ne eccepisce comunque l’infondatezza.

Alla pubblica udienza del 4 novembre 2010 la causa, su istanza delle parti, è stata introitata per la decisione.
Motivi della decisione

I – Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione delle regole procedimentali da parte del Comune, atteso che il procedimento volto al rilascio dei titoli edilizi nei confronti della M. s.r.l. si sarebbe concluso senza la sua partecipazione; al sig. P., invero, non sarebbe stato comunicato l’avvio del procedimento ex art. 7 della legge n. 241/1990, così da non consentirgli di prendervi parte ed offrire il suo apporto, che sarebbe stato utile a valutare diversamente le posizioni contrapposte in sede di adozione del provvedimento finale. L’obbligo di comunicazione ex art. 7 cit. sussisterebbe, ad avviso del ricorrente, proprio in considerazione della posizione di soggetto facilmente individuabile rivestita dal P. (proprietario confinante), nei cui confronti gli atti adottati sarebbero idonei ad arrecare un pregiudizio.

La censura non può essere accolta.

Non vi è dubbio, infatti, che il proprietario di un immobile confinante con quello per il quale è stato rilasciato il permesso di costruire ha sia la possibilità di intervenire nel procedimento amministrativo volto al rilascio del titolo medesimo ex art. 9 della legge n. 241/1990, sia la legittimazione a ricorrere avverso gli atti adottati in tale sede che possano arrecargli pregiudizio; ciò non vuol dire, tuttavia, che vi sia l’obbligo dell’Amministrazione di comunicare al medesimo l’inizio dell’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge citata (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 06 luglio 2009, n. 4300), atteso che ciò comporterebbe un aggravio dello stesso procedimento, contrariamente ai principi di economicità e di efficienza dell’azione amministrativa.

In proposito la giurisprudenza ha più volte ribadito che "il vicino controinteressato non è un soggetto contemplato tra quelli a cui va inviata la comunicazione di avvio del procedimento per il rilascio di un titolo edilizio, ai sensi dell’art. 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241" (T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 12 aprile 2010, n. 1918), "poiché l’invocata estensione ad essi – rectius "ad esso" – della predetta comunicazione comporterebbe un aggravio procedimentale in contrasto con i principi di economicità e di efficienza dell’attività amministrativa. Ciò anche quando si tratti di soggetti in precedenza oppostisi all’attività edilizia del proprietario confinante" (T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 10 luglio 2009, n. 1736; conforme: Consiglio Stato, sez. IV, 31 luglio 2009, n. 4847).

II – con il secondo motivo di ricorso si censura la violazione delle prescrizioni dettate dalla normativa di settore in materia di distanze di sicurezza e che tale inosservanza da parte di colui che costruisce si risolverebbe in una sorta di vincolo espropriativo o in un’imposizione di una servitù negativa inibitoria dell’edificazione a carico del ricorrente, quale terzo proprietario del terreno confinante. In particolare, posta l’applicabilità, al caso in esame, della disciplina contenuta nel D.M. del 24.5.2002 (il cui allegato 1, al titolo III prevede che le distanze di sicurezza esterna di mt 20 possono essere ridotte del 50% qualora siano realizzate idonee schermature di tipo continuo con muri in calcestruzzo armato aventi spessore minimo di 15 cm ed altezza non inferiore a 2,5 m), il ricorrente asserisce che, anche a voler considerare la distanza ridotta di 10 mt per l’esistenza del muro perimetrale, essa andrebbe comunque a ricadere nell’area di sua proprietà, imponendo sul suo fondo una limitazione allo ius aedificandi per un fascia di 270 mq (cfr. memoria depositata il 14.4.2010).

Anche tale censura è infondata.

Ed invero, dagli elaborati grafici versati in atti, emerge che il punto dell’impianto più vicino al confine con il fondo di proprietà del ricorrente è quello che nella legenda viene indicato con il n. 16, cioè la cabina di misura, sita in adiacenza al vano compressori, a sua volta indicato con il n. 15.

Sul confine è prevista la realizzazione di un muro tagliafuoco in calcestruzzo armato con spessore di 15 cm ed altezza di mt 2,5.

Ebbene, è da tale punto più vicino che va calcolata la distanza di sicurezza esterna prevista dal D.M. sopra citato (pari a 10 mt per la presenza del muro perimetrale), al fine di valutare se, in concreto, la fascia di rispetto che si viene a determinare sul suolo di proprietà del P. sia tale da limitare le potenzialità edificatorie del suolo medesimo.

A tal fine, non può non tenersi conto di quanto stabilito dalla normativa edilizia vigente nel Comune di Muro Leccese, dove le N.T.A. al Piano di Fabbricazione, al punto 3 dell’art. 14 (recante prescrizioni per le zone "E2", qual è quella in questione), stabiliscono che "la distanza tra gli edifici non potrà essere inferiore a mt 10,00 e quella dai confini di proprietà non inferiore a mt 5,00, qualora gli edifici non sorgano in confine o in aderenza con altri preesistenti".

Ciò posto, qualora il ricorrente intenda costruire un fabbricato rurale sul suo fondo, dovrebbe comunque farlo nel rispetto della distanza di 5 metri dal confine, con la conseguenza che, se il punto più vicino dell’impianto dista a sua volta almeno 5 metri dal confine, la distanza di sicurezza esterna di 10 metri di cui al D.M. del 24.5.2002 deve intendersi rispettata.

Nel caso in esame, sempre dalla documentazione grafica versata in atti, consistente in n. 2 elaborati progettuali, risulta che il punto dell’impianto più vicino al fondo di proprietà del P. (cabina di misura e vano compressori) è posto ad una distanza di 5 mt dal confine (nella seconda delle due tavole addirittura si indica la maggiore distanza di 6,10 mt), il che, da un lato, lascia al ricorrente impregiudicata l’eventuale potestà edificatoria, atteso che lo stesso è costretto a sua volta ad osservare la distanza di 5 metri dal confine in base a quanto previsto dalla normativa edilizia vigente nel Comune di Muro Leccese, dall’altro, non contravviene a quanto stabilito dal D.M. del 24.5.2002 in merito alle prescritte distanze di sicurezza esterne.

Quest’ultimo, infatti, per le cabine di misura prevede sempre una distanza di sicurezza esterna di mt 10 e, per i locali compressori, una distanza di sicurezza esterna di mt 20 che "può essere ridotta del 50% qualora (…) tra le aperture del locale compressori e le costruzioni esterne all’ impianto siano realizzate idonee schermature di tipo continuo con muri in calcestruzzo armato aventi spessore minimo di 15 cm ed altezza non inferiore a 2,5 m, tali da assicurare il contenimento di eventuali schegge proiettate verso le costruzioni esterne", condizioni, che nel caso di specie, sono evidentemente sussistenti.

Per le considerazioni che precedono, quindi, il ricorso introduttivo è infondato e va respinto.

III – Venendo alla trattazione dei motivi aggiunti, il Collegio, prescindendo da ogni profilo relativo alla presunta tardività dell’impugnazione, ritiene di dover affrontare l’esame nel merito del proposto ricorso, partendo innanzitutto dalle censure contenute nel primo motivo di ricorso, con cui il ricorrente lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 10, 12 e 20 del DPR n. 380/2001, atteso che l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto valutare l’istanza volta ad ottenere il titolo edilizio da parte della società M. applicando la normativa edilizia vigente al momento della sua presentazione (6.2.2007) e non tener conto della sopravvenuta delibera comunale n. 6 del 30.1.2009, sul cui presupposto il titolo edilizio è stato rilasciato.

Le doglianze sono infondate.

Come è noto, infatti, costituisce principio pacifico che l’istanza di permesso di costruire va esaminata con riguardo alla normativa edilizia vigente al momento del rilascio del provvedimento conclusivo e non a quella vigente al momento della presentazione dell’istanza medesima. Ed invero "sulle istanze dei privati in materia edilizia, è sempre applicabile la normativa edilizia sopravvenuta, nei soli limiti in cui non intervenga una sentenza di annullamento del diniego dell’istanza e dal momento in cui tale sentenza sia stata notificata all’amministrazione comunale, nel qual caso quest’ultima ha il poteredovere di rivedere "in parte qua" il piano vigente, al fine di contemperare l’interesse del privato alla realizzazione dell’opera illegittimamente denegata con l’interesse pubblico al nuovo assetto del territorio" (T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 09 settembre 2010, n. 17364).

II – Quanto alle censure contenute nei punti IV e V in cui si lamenta l’illegittimità della delibera n. 6/2009 adottata dal Comune di Muro Leccese in data 30.01.2009 sotto distinti profili, esse possono essere trattate congiuntamente.

a. In primo luogo, il ricorrente sostiene che la delibera sopra citata non avrebbe i contenuti di un piano carburanti come previsto dall’art. 2 del d.lgs. n. 32/1998, ma piuttosto celerebbe una variante allo strumento urbanistico vigente nel Comune di Muro Leccese (preordinata, peraltro, alla localizzazione del singolo impianto, quello della società M.) che, come tale, avrebbe dovuto essere sottoposta all’approvazione regionale.

La censura non convince.

Il problema è infatti quello di chiarire la natura della delibera comunale n. 6/2009, se cioè trattasi di una delibera contenente l’approvazione di un piano carburanti o se invece essa rappresenti una variante allo strumento urbanistico.

Il ricorrente, nel tentativo di avvalorare la tesi secondo cui detto provvedimento costituisce un’ipotesi di variante allo strumento urbanistico, cita la sentenza del Consiglio di Stato n. 7377 del 13.12.2006 che, a suo dire, avrebbe definito un caso analogo nel senso dallo stesso prospettato.

In realtà, da un’attenta lettura della pronuncia menzionata, emerge che il Supremo Consesso Amministrativo, chiamato a decidere se l’introduzione, da parte dell’Amministrazione comunale, di un divieto assoluto di localizzazione degli impianti di distribuzione di carburanti in area destinata a verde attrezzato possa costituire mero adeguamento allo strumento urbanistico vigente o debba qualificarsi come variante al medesimo, ha preliminarmente fornito una interpretazione dell’art. 2, commi 1 ed 1 bis, del d.lgs. n. 32/1998 (pacificamente applicabili al caso in questione), ritenendo che tale norma non può essere interpretata nel senso che "i Comuni possono stabilire un divieto assoluto di installare gli impianti de quibus nelle zone del territorio comunale ove tale installazione sia compatibile col vigente strumento urbanistico. Il significato della norma, invece, è quello secondo cui è in facoltà degli enti locali consentire, in sede di pianificazione della rete, la localizzazione dei nuovi impianti anche nelle zone del p.r.g. soggette a diversa destinazione, purchè non sottoposte a particolari vincoli" (Cons. Stato, sez. V, 13.12.2006, n. 7377).

Di tale facoltà, ad avviso del Collegio, si è avvalso il Comune di Muro Leccese attraverso l’adozione della delibera n. 6/2009, con cui non si fa altro che individuare una nuova zona di localizzazione degli impianti con una previsione di carattere generale, il cui contenuto normativo è sostanzialmente assimilabile a quello di un piano carburanti formalmente inteso.

A ciò aggiungasi che l’Amministrazione regionale, con nota prot. 3501 dell’1.4.2009, ha preso atto, senza riserve, dell’adottata delibera comunale n. 6/2009 in sede di controllo dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune.

b. Né può essere condiviso l’assunto del ricorrente secondo cui, in alternativa al procedimento ordinario di variazione dello strumento urbanistico, l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto attivare la procedura semplificata di cui all’art. 5 del DPR n. 447/1998. Detto assunto, infatti, poggiando sul presupposto di considerare l’assenza di un piano carburanti nel Comune di Muro Leccese e la non assimilabilità ad esso delle norme contenute nella delibera n. 6/2009, può essere agevolmente superato tenuto conto delle medesime conclusioni cui il Collegio è giunto nel precedente punto a.

IV – Rimane, a questo punto, da chiarire se la zona nella quale è stata consentita la realizzazione dell’impianto della società M. sia sottoposta o meno a "particolari vincoli".

La trattazione di questo aspetto non può prescindere dall’esame contestuale delle censure contenute nel II, III e VI motivo di ricorso, con cui si contesta che l’intervento della società M. non ricadrebbe nell’ambito territoriale "C" del PUTT/P (valore distinguibile), come attestato dall’Amministrazione e dal tecnico progettista, bensì nell’ambito territoriale "B" (valore rilevante), i cui indirizzi di tutela prevedono la valorizzazione ed il mantenimento dell’assetto geomorfologico attuale, vietando una serie di interventi o subordinandoli ad un previo studio di impatto ambientale. Il lotto in questione, peraltro, ricadrebbe nella c.d. area annessa boschiva, una zona di rispetto nella quale le prescrizioni del PUTT escludono l’autorizzazione di piani e/o progetti comportanti nuovi insediamenti residenziali e produttivi.

Le censure non possono essere accolte alla luce di quanto emerso dagli elaborati grafici e dalla documentazione versata in atti.

Ed invero, l’assunto del ricorrente poggia su di un errore di fondo, di cui dà atto la stessa difesa dell’Amministrazione comunale: vi è, cioè, una incongruenza tra le perimetrazioni indicate nella tavola cartografica n. 1.1 (carta degli ambiti territoriali estesi) e quelle indicate nella tavola n. 2.1. (carta della geomorfologia e dei boschi). Nelle prime (quelle tenute presenti dal ricorrente), a causa di un errore grafico, la particella n. 84 del foglio 16, oggetto dell’intervento da parte della società M., ricade totalmente in ambito esteso di tipo "B"; nelle seconde, invece, viene riportata la rappresentazione grafica corretta, da cui si evince che detta particella solo parzialmente, ossia al lato nord, ricade nella zona di rispetto boschiva. Tale circostanza è stata confermata dal tecnico incaricato dal Comune di Muro Leccese di predisporre gli elaborati tecnici relativi ai primi adempimenti per l’attuazione del Piano Urbanistico Territoriale Tematico (PUTT) della Regione Puglia, il quale, con nota del 21.6.2010, precisa che "non esistono nell’area considerata altri ambiti distinti che possano giustificare la costituzione di un ambito esteso di tipo "B" sull’intera particella 84, ad eccezione della fascia di rispetto del bosco denominato "Fraganite" e, di conseguenza, conferma che "le delimitazioni delle aree di maggior pregio da sottoporre alla tutela prevista dal PUTT/P della Regione Puglia per gli ambiti estesi di tipo "B" siano quelle indicate dalle tavole "primi adempimenti per l’attuazione del PUTT – carta della geomorfologia e dei boschi". Le affermazioni del tecnico sono suffragate da quanto riportato nel certificato di destinazione urbanistica n. 1840 del 25.2.2008, in cui, nella parte relativa ai "vincoli specifici", si legge che la particella n. 84 "nelle previsioni del PUTT ricade parte nell’ambito territoriale "C" – valore distinguibile – e parte nell’ambito territoriale "B" – valore rilevante".

Ciò posto, dalla sovrapposizione delle tavole 2.1 (carta della geomorfologia e dei boschi), quella prodotta dal ricorrente in data 23.9.2010 e quella prodotta dalla società M. il 23.6.2010 (all. 8), meglio definita come stralcio aerofotogrammetrico, sembra potersi ricavare, da un lato, che vi è un’esatta corrispondenza dei rispettivi perimetri delle diverse aree e, dall’altro, che la localizzazione dell’impianto in questione avviene in un punto della particella n. 84 che rimane fuori dalla fascia di rispetto boschiva, ancorchè ad essa adiacente. Pertanto, sulla base della documentazione esibita e delle dichiarazioni fornite dai tecnici responsabili, appare, allo stato, corretta la posizione assunta dall’Amministrazione comunale che, nel rilasciare i titoli edilizi richiesti, ha accertato che l’impianto ricade in un ATE classificato "C" dal PUTT vigente e quindi non soggetto a particolari vincoli. Di qui la legittimità, anche sotto tale profilo, della delibera n. 6/2009, con la quale il Comune di Muro Leccese ha posto in essere un mero adeguamento dello strumento urbanistico vigente, in base a quanto disposto dall’art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. n. 32/1998, nonché, conseguentemente, del permesso di costruire rilasciato alla società M. per la realizzazione dell’impianto de quo.

V – Con l’ultimo motivo il ricorrente lamenta, altresì, la violazione del Codice della Strada e del relativo Regolamento di attuazione, nonché del D.M. n. 1404 dell’1.4.1968, nella parte in cui prevedono che la distanza che l’impianto avrebbe dovuto mantenere dalla strada locale di tipo "F", denominata "Caruttata", sarebbe quella di mt 20 e non di 1010,40, come indicato nella planimetria del progetto.

La censura non può essere accolta.

Ed invero, l’art. 26 del DPR n. 495/1992, nel prevedere le distanze dal confine stradale da rispettare nelle nuove costruzioni, ha stabilito che detta distanza deve essere "di 20 mt per le strade di tipo "F", ad eccezione delle "strade vicinali" come definite dall’ articolo 3, comma 1, n. 52 del codice"; per queste ultime, infatti, la suddetta distanza è fissata dal legislatore in 10 mt. Il DPR n. 495/1992 ricalca, in buona sostanza, le distanze già fissate dall’art. 4 del D.M. n. 1404 dell’1.4.1968, con l’aggiunta di un elemento specificante, ossia la previsione della distanza minore di 10 mt per le strade "vicinali" rispetto a quella di 20 mt genericamente prevista per le strade di interesse comunale. Pertanto, è il citato DPR n. 495/1992 che trova applicazione nel caso in questione, poiché la strada denominata "Caruttata" distante 1010,40 mt dall’impianto è stata classificata dal Comune come strada "vicinale" (cfr. nota del Responsabile dell’U.T.C. del 20.9.2010).

Alla luce delle considerazioni che precedono, anche il ricorso per motivi aggiunti è infondato e va respinto.

Conseguentemente, non può trovare accoglimento neppure la domanda risarcitoria avanzata dal ricorrente.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre tra le parti l’integrale compensazione delle spese di giudizio, attesa la complessità e la parziale novità delle questioni trattate, desumibili, tra l’altro, dall’attività difensiva svolta dalle parti costituite.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui motivi aggiunti, li respinge.

Respinge, altresì, la domanda risarcitoria avanzata dal ricorrente.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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