Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-01-2011) 01-02-2011, n. 3598 Aggravanti comuni difesa minorata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 7.11.2003, il G.U.P. del Tribunale di Asti dichiarò S.S. responsabile dei reati di rapina aggravata dalla minorata difesa e lesioni aggravate, unificati sotto il vincolo della continuazione e – con la diminuente per il rito abbreviato – lo condannò alla pena di anni 3 di reclusione ed Euro 500,00 di multa, revocando precedente sospensione condizionale della pena.

L’imputato fu altresì condannato al risarcimento dei danni (liquidati in Euro 20.000,00) ed alla rifusione delle spese di giudizio a favore della parte civile R.V..

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame e la Corte d’appello di Torino, con sentenza in data 19.3.2010, in parziale riforma della decisione di primo grado, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti all’aggravante ed alla recidiva, dichiarò non doversi procedere in ordine al delitto di lesioni perchè estinto per prescrizione, ridusse la pena per il residuo reato ad anni 2 mesi 6 di reclusione ed Euro 400,00 di multa, pena condonata, confermò nel resto la sentenza impugnata e condannò l’imputato alla rifusione delle ulteriori spese di giudizio a favore della parte civile.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo: 1. vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità dell’imputato solo sulla base del riconoscimento ad opera della persona offesa (che pure aveva attribuito al rapinatore una età inferiore) a fronte di circostanze che provavano l’alibi del ricorrente; la persona offesa aveva visto la fotografia dell’imputato sul giornale e questo avrebbe privato di certezza il riconoscimento;

inoltre la persona offesa vide il rapinatore per pochi istanti in condizione di scarsa illuminazione; il caposquadra, la madre dell’imputato e la teste Sa.As. avevano confermato l’alibi dell’imputato, lo scontrino fiscale rinvenuto, recante l’ora solare, confortava tali risultanze favorevoli all’imputato; sarebbe arbitrario il giudizio della Corte territoriale circa la compatibilità fra gli orari risultanti dalle prove allegate e l’effettuazione della rapina per le condizioni di traffico;

2. vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante della minorata difesa, dal momento che la persona offesa era persona in piena attività, guidava l’auto, mentre l’età ed il tempo di notte non sono sufficienti ad integrare la circostanza aggravante.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, perchè propone censure attinenti al merito della decisione impugnata, congruamente giustificata.

La Corte territoriale ha ritenuto che la seconda individuazione fotografica (quella con esito positivo) era stata effettuata utilizzando fotografie selezionate in base alla descrizione del rapinatore fornita dalla persona offesa, la quale aveva potuto vedere bene il volto del rapinatore perchè illuminato da una lampada a tempo. La individuazione era poi stata confermata da una ricognizione di persona.

La Corte d’appello ha ritenuto scarsamente attendibile la deposizione della Sa., precisando le ragioni di tale valutazione e rilevando che l’ora dello scontrino risultava non attendibile per il ritardo dell’orologio, sicchè in ogni caso tali fatti sarebbero stati compatibili con la perpetrazione della rapina da parte dell’imputato.

In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda sindacabile in questa sede.

Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "I limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5^ sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).

Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di motivazione o la sua manifesta illogicità.

Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità degli enunciati che la compongono.

Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

La Corte d’appello ha ravvisato la circostanza aggravante nell’età avanzata della vittima (71 anni) e nell’essere stato il fatto perpetrato in tempo di notte.

Ai fini della ravvisabilità dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 5 non è richiesto che la difesa sia quasi o del tutto impossibile, ma è sufficiente che essa sia semplicemente ostacolata.

La debolezza fisica dovuta all’età senile, costituisce una minorazione delle capacità difensive del soggetto che impedisce il tentativo di reazione possibile a una persona giovane e di ordinaria prestanza fisica, particolarmente quando la violenza non venga esercitata con uso di arma o altro mezzo intimidatorio, ma solo con mezzo fisico manuale, e quando risulti che la vittima del reato è stata scelta dall’agente in considerazione dell’avanzata età. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1790 del 21.6.1983 dep. 1.3.1984 rv 162876).

D’altro canto, ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 5 se il tempo di notte, di per se solo, non realizza automaticamente tale aggravante, con esso possono concorrere altre condizioni che consentono, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata, non essendo necessario che tale difesa si presenti impossibile ed essendo sufficiente che essa sia stata soltanto ostacolata. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 346 del 20.5.1987 dep. 13.1.1988 rv 177396).

Tale valutazione è stata compiuta dalla Corte territoriale in modo non manifestamente illogico.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

La dichiarazione di inammissibilità comporta altresì la condanna dell’imputato alla rifusione a favore della parte civile delle spese per questo grado di giudizio liquidate in Euro 2.512,00 per onorari, come indicato nella nota spese (essendo liquidabili nel giudizio di cassazione solo gli onorari), oltre rimborso forfettario delle spese, I.V.A. e C.P.A..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende. Condanna altresì il ricorrente alla rifusione a favore della parte civile R.V. delle spese per questo grado di giudizio liquidate in Euro 2.512,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese, I.V.A. e C.P.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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