T.R.G.A. Trentino-Alto Adige Trento Sez. Unica, Sent., 26-01-2011, n. 9 Interpretazione dell’atto; Provvedimenti contingibili ed urgenti; Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La società R.V. S.r.l., già denominata M.Z. S.r.l., espone in fatto di essere iscritta, ai sensi dell’art. 216 del D.Lgs. 3.4.2006, n. 152, al n. 162/TN/2005 del registro delle imprese che effettuano operazioni di recupero di rifiuti in regime semplificato per l’esercizio dell’attività di recupero dei rifiuti non pericolosi, descritti dal D.M. 5.2.1998 e idonei alle operazioni di recupero ambientale della Cava M.Z., sita in località Marter nel Comune di Roncegno Terme. La citata iscrizione, valida 5 anni decorrenti dal 18.5.2005 (cfr., nota del 26.4.2007, prot. n. 1538/07/U221), da ultimo è stata aggiornata con il provvedimento del Dirigente del Settore tecnico dell’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente di Trento prot. n. 3366/07U221, datato 11.10.2007, che ha autorizzato l’aumento della quantità massima di rifiuti recuperabili (da 157.900 a 656.400 t./anno) ed elencato le tipologie di rifiuti non pericolosi (specificando provenienza, caratteristiche e quantità massima), utilizzabili nelle indicate attività di recupero esercitabili nel rispetto di dettagliate prescrizioni.

2. Richiamando nelle premesse le indagini preliminari condotte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trento nonché la perizia depositata dal consulente della Procura, con l’ordinanza n. 18 del 5 novembre 2009 il Sindaco del Comune di Roncegno Terme ha imposto alla ricorrente "di attivare le misure di messa in sicurezza del sito nei termini di legge e di comunicare al Comune preventivamente gli interventi da mettere in atto e le modalità operative adottate".

3. Con ricorso notificato in data 13 gennaio 2010 e depositato presso la Segreteria del Tribunale il successivo giorno 5 febbraio, la Società ricorrente ha impugnato detto provvedimento deducendo i seguenti motivi di diritto:

I – "omessa comunicazione di avvio del procedimento: violazione degli artt. 24, 25 e 27 della l.p. 30.11.1992, n. 23, e degli artt. 7 e 10 della l. 7.8.1990, n. 241";

II – "violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi; violazione degli artt. 23 e 97 della Costituzione e dell’art. 21 septies della l. 7.8.1990, n. 241";

III – "mancato accertamento del superamento dei valori di CSC (concentrazione soglia di contaminazione) nelle matrici ambientali; mancato accertamento della sussistenza delle condizioni di emergenza; erronea imposizione dell’ordinanza al proprietario del sito; incompetenza".

4. L’Amministrazione comunale intimata si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso perché infondato nel merito.

5. In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno presentato ulteriori memorie illustrative delle rispettive posizioni.

6. Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

2a. In punto di fatto, è doveroso ulteriormente precisare che il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo è stato adottato dopo che il sito di recupero ambientale denominato Cava di M.Z. (area agricola boschiva) era stato sottoposto a sequestro preventivo ordinato dal GIP del Tribunale di Trento in data 28.11.2008, in accoglimento della richiesta della Procura della Repubblica dello stesso Tribunale che aveva disposto l’acquisizione di una consulenza tecnica d’ufficio, eseguita dal dott. Alessandro Iacucci, per accertare: "la tipologia dei rifiuti conferiti… se i rifiuti presenti nel sito siano ammissibili al recupero ambientale e se siano presenti in situ rifiuti da qualificarsi come pericolosi; se possibile, individui i quantitativi dei rifiuti non conformi ai parametri di legge presenti nel sito".

Il documento finale di tale verifica tecnica, depositato in data 24.8.2009, fasc. RGNR 1987/08, le cui conclusioni sono state riportate nel provvedimento sindacale oggetto del presente giudizio, dà innanzitutto atto dello stato dei luoghi, delle attività tecniche effettuate in data 30 gennaio, 12 febbraio, 10, 11, 12 e 13 marzo e 24 aprile 2009, descrive i campioni prelevati e le modalità di composizione degli stessi nonché le attività tecniche svolte presso i laboratori di analisi e gli esiti delle stesse, il tutto svolto alla presenza dei periti delle altre parti. Le conclusioni dell’indagine possono essere così riassunte:

– sono state specificate le tipologie dei rifiuti scaricate negli anni dal 2001 al 2008, precisando che "dal 2007 e per tutto il 2008… alle scorie metallurgiche si aggiungono altre tipologie di rifiuto alcune delle quali non erano ammissibili nell’attività di recupero ambientale, fra cui terre provenienti dalla bonifica di siti contaminati da prodotti petroliferi quali carburanti e combustibili, fanghi contenenti stirene, fibre e fanghi provenienti dall’industria cartaria che non potevano essere utilizzati nelle condizioni di progetto";

– è stato accertato che sia i rifiuti prelevati sulla superficie laterale del recupero ambientale che quelli stoccati a quota zero, nonché le matrici campione da + 10 m. sino alla profondità di 15 m., presentavano valori (es: cromo, vanadio, zinco, bario, floruri, rame) superiori a quelli prescritti dal D.M. 5.2.1998 e quindi che erano inidonei per essere utilizzati in attività di recupero ambientale; in definitiva, su 34 campioni prelevati, solo 2 hanno dimostrato l’idoneità ad essere utilizzati nella detta attività;

– è stato così affermato che "il 98 % dei campioni prelevati, rappresentativi dell’intero spessore del ripristino, hanno restituito valori analitici di inammissibilità in recuperi ambientali". Inoltre, "dei rifiuti accettati presso il sito di M.Z. alcuni non erano ammissibili per provenienza in quanto non previsti dal D.M. 5.2.1998… tra questi i fanghi provenienti dalla depurazione dei reflui di attività industriali dedite alla produzione delle cosiddette marmo resine contaminate da stirene; rifiuti di natura inorganica contenenti elevati quantitativi di sali di calcio e magnesio e contaminati da stirene; matrici terrose provenienti dall’attività di bonifiche di siti contaminati", mentre altri rifiuti, seppur richiamati dal citato D.M., "non presentavano nella sostanza le caratteristiche chimiche per essere introdotti in recuperi ambientali, quali le scorie provenienti da vari insediamenti dediti alla metallurgia termica dei materiali ferrosi". In conclusione, "nel 2007 sono stati scaricati 90.071.750 kg. di rifiuti non idonei rispetto al totale scaricato di 108.487.530 kg. (pari all’83%); nel 2008 sono stati scaricati 249.882.350 kg. di rifiuti non idonei rispetto al totale scaricato di 311.365.313 kg. (pari all’80%)";

– infine, è stato osservato che i rifiuti ritrovati contenenti sostanze pericolose di natura organica si sarebbero dovuti smaltire in discariche dotate di barriere impermeabilizzanti di adeguato spessore, di un sistema di raccolta dei percolati e di verifica dell’eventuale trasferimento dei carichi inquinanti nelle matrici ambientali, nelle acque superficiali e profonde; che erano stati scaricati e messi a contatto rifiuti inorganici (quali le scorie di acciaierie e altro), con rifiuti organici fermentabili (quali i fanghi di cartiera, stabili solo in ambiente aerobico): il che, in ambiente anaerobico, porta alla formazione di metano, per cui necessitava "nell’immediato":

a) la "messa in sicurezza del sito attraverso idonea copertura che limiti l’infiltrazione delle acque nella massa dei rifiuti";

b) la realizzazione di "opere di captazione e di aspirazione del biogas che si sta formando nella massa dei rifiuti al fine di contenere quanto più possibile la migrazione dello stesso all’interno delle fatturazioni della roccia ed evitare accumuli dello stesso evitando possibili esplosioni".

2b. Nel mese di settembre 2009 il Comune di Roncegno ha acquisito agli atti detta perizia e, in ragione:

– dell’autorevolezza della fonte di provenienza (Autorità che aveva già chiesto e ottenuto il provvedimento di sequestro dell’area);

– dell’inequivocabilità delle risultanze in essa contenute e più sopra riportate;

– delle chiare e tassative prescrizioni che erano state impartite per l’immediato, il successivo 5 novembre ha adottato il provvedimento in questa sede impugnato.

3a. Così riassunti i prolegomeni in fatto della vicenda, il Collegio ritiene di dover preliminarmente rammentare che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal quale non vi è motivo di discostarsi, l’interpretazione degli atti amministrativi soggiace alle stesse regole dettate dall’art. 1362 e ss. c.c. per l’interpretazione dei contratti, regole tra le quali rileva non solo quella collegata all’interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, ma anche quella che ricostruisce l’intento dell’Amministrazione ed il potere che essa ha inteso esercitare in base al contenuto complessivo dell’atto e tenendo conto del rapporto tra le premesse ed il suo dispositivo (cfr., in termini, C.d.S., sez. V, 9.11.2010, n. 7966 e 16.6.2009, n. 3880).

3b. Nel merito, il Collegio reputa che debba essere definito con priorità rispetto agli altri il secondo motivo dell’atto introduttivo, con cui la ricorrente denuncia l’atipicità dell’ordinanza, che non sarebbe qualificabile in alcuna delle fattispecie previste dal citato D.Lgs. n. 152 del 2006, unica fonte normativa in essa menzionata.

Il mezzo, in conseguenza di quanto sopra esposto, è privo di pregio.

Come è noto, l’art. 32 del Testo unico delle leggi regionali sull’ordinamento dei comuni della Regione autonoma Trentino – Alto Adige, approvato con D.P.Reg. 1.2.2005, n. 3/L (cfr., art. 18 della l.r. 4.1.1993, n. 1), prevede che il Sindaco adotti "con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico… i provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di sanità ed igiene al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minaccino l’incolumità dei cittadini".

Anche l’art. 91 del Testo unico delle leggi provinciali in materia di tutela dell’ambiente dagli inquinamenti, di cui al D.P.G.P. 26.1.1987, n. 141/Legisl., affida al Sindaco, qualora "ricorrano eccezionali ed urgenti necessità di tutela della salute pubblica o dell’ambiente", il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti ordinando "speciali interventi al fine di rimuovere le situazioni di pericolo per la salute pubblica o per l’ambiente".

3c. Ne consegue, da un lato che quando il Comune di Roncegno Terme ha ricevuto la perizia con le rigorose conclusioni cui era pervenuto il perito Iacucci e con le rigide prescrizioni da porre in essere "nell’immediato" – ossia la copertura del sito per limitare l’infiltrazione di acque e l’aspirazione del biogas per contenere la sua progressiva infiltrazione nelle fenditure della roccia – ha ordinato l’esecuzione delle stesse, espressamente riportate nel terzo paragrafo della parte motiva dell’ordinanza; dall’altro che il procedimento non poteva non essere regolato dai poteri attribuiti al Sindaco dalle norme sopra ricordate.

Ciò chiarito, va certo riconosciuto che sia nell’oggetto che nella parte dispositiva dell’ordinanza il Sindaco abbia, espressamente ma impropriamente, citato solamente il D.Lgs. 3.4.2006, n. 152.

Tale citazione, a giudizio del Collegio, non inquina però la portata dispositiva dell’atto, così come non la inficia la mancata indicazione nelle norme di legge attributive del potere e delle quali è stata fatta applicazione.

L’ordinanza in esame, difatti, sostanzialmente è così strutturata:

– nelle premesse si riferisce espressamente alla menzionata perizia Iacucci, ricordando che essa aveva previsto il "rischio di inquinamento delle falde acquifere, con rischio di esplosioni ed in linea generale con diversi fattori di pericolosità per la salute pubblica e l’ambiente";

– dà poi atto che "nel caso di specie ricorrono condizioni di carattere ambientale ed igienico sanitario che obbligano a provvedere in ragione di urgenza";

– trasporta di seguito le operazioni per la messa in sicurezza del sito come testualmente suggerite dalla perizia (più sopra ricordate);

– menziona i pareri conformi sulle misure preventive da adottare espressi dai consulenti dell’Amministrazione comunale;

– nella parte dispositiva, ordina "di attivare" quelle riportate "misure di messa in sicurezza del sito" e di comunicare al Comune gli interventi posti in atto.

In proposito, osserva il Collegio che costituisce consolidato canone ermeneutico quello secondo cui in sede giurisdizionale l’interpretazione dell’atto amministrativo deve tendere ad enucleare, in base alle regole legali dettate dall’ordinamento giuridico, la volontà obiettivata nell’atto stesso.

In altri termini e in linea con giurisprudenza consolidata, il Collegio ritiene che gli atti amministrativi vadano interpretati non solo in base al loro tenore letterale quanto "piuttosto avendo riguardo al potere effettivamente esercitato dall’Amministrazione, con la conseguenza che ai fini della loro qualificazione giuridica e dei loro effetti occorre anche prescindere dal nomen iuris adottato" (cfr., ex multis, C.d.S., sez. IV, 24.12.2009, n. 8756).

Nello stesso senso si è espressa la Corte di Cassazione, sottolineando che "l’interpretazione di un atto amministrativo a contenuto non normativo, risolvendosi nell’accertamento della volontà della p.a., ovverosia di una realtà fenomenica e obiettiva, è riservata al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione adeguata e immune dalla violazione di quelle norme – in particolare, gli artt. 1362, comma 2, 1363 e 1366 c.c. – che, dettate per l’interpretazione dei contratti, sono applicabili anche agli atti amministrativi" (cfr., 23.7.2010, n. 17367).

Il secondo motivo deve essere così disatteso.

4a. Infondata è anche la parte del terzo motivo con cui si nega la sussistenza dei presupposti (il mancato accertamento delle condizioni di emergenza e l’omesso accertamento del superamento dei valori di CSC) per l’emanazione dell’avversato provvedimento extra ordinem.

Innanzitutto, occorre ricordare che "il ricorso allo strumento dell’ordinanza contingibile ed urgente è giustificato dalla necessità e dall’urgenza di prevenire un grave pericolo per la salute e l’incolumità delle persone, la cui tutela impone al Sindaco di applicare il principio della prevenzione immediata, non potendo essa essere apprestata col ricorso agli strumenti ordinari previsti dall’ordinamento" (cfr., T.R.G.A. Trento, 27.5.2010, n. 144). Invero, nella specie, il presupposto per l’adozione della vista misura è stato rettamente individuato dall’amministrazione nelle esigenze non procrastinabili di coprire il sito e di captare ed aspirare il biogas che si stava formando, quale potenziale fonte di ulteriori problematiche per la gestione della massa dei rifiuti speciali ma anche di "esplosioni".

Non giova alla difesa della ricorrente né sostenere che nessuna istruttoria venne svolta dal Comune né che il Sindaco non avrebbe potuto utilizzare a fondamento del provvedimento impugnato la relazione del consulente del Pubblico ministero, essendo essa perizia tecnica di parte.

È incontroverso, infatti, che la Pubblica amministrazione chiamata a provvedere in via d’urgenza con strumenti extra ordinem per far fronte a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibile di pericolo attuale ed imminente per l’incolumità pubblica possa avvalersi delle risultanze derivanti da atti di indagini preliminari svolte in un procedimento penale, per cui anche di una consulenza tecnica disposta dal Pubblico ministero ritualmente acquisita, che può essere pertanto liberamente valutata, quale mezzo istruttorio, come elemento idoneo a dimostrazione della necessità di quell’intervento.

4b. A nulla rileva nemmeno eccepire che l’ordinanza sia stata notificata al proprietario del sito senza ricercare il responsabile della contaminazione, posto che è pacifico, per la giurisprudenza amministrativa, che "l’ordinanza contingibile e urgente con la quale il Sindaco impone al proprietario di un’area (di bonificarla dalla situazione di degrado) non ha carattere sanzionatorio, di tal che non è dipendente dalla individuazione di responsabilità del proprietario in relazione alla situazione inquinante, ma solo ripristinatorio, per essere diretta esclusivamente alla rimozione dello stato di pericolo e prevenire danni alla salute pubblica. Ne consegue che l’ordinanza legittimamente è indirizzata al proprietario dell’area, cioè a chi si trova con questa in rapporto tale da consentirgli di eliminare la riscontrata situazione di pericolo, ancorché tale situazione non possa essergli imputata" (cfr., C.d.S., sez. V, 7.9.2007, n. 4718 e sez. IV, 12.5.2006, n. 2676).

5. Infine, i dedotti vizi di incompetenza (seconda parte del terzo motivo) e di omessa comunicazione dell’avvio del procedimento (primo motivo) sono palesemente eccentrici alla luce della corretta ricostruzione giuridica dell’atto impugnato: ordinanza contingibile ed urgente emessa dal Sindaco nella qualità di ufficiale di Governo, la quale, come effettivamente motivata e rigorosamente circostanziata circa la operazioni da porre in essere, è stata adottata in presenza di un’urgenza qualificata, legata alle viste circostanze del caso concreto che hanno giustificato l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento (cfr., in termini, C.d.S., sez. V, 9.2.2001, n. 580 e T.R.G.A. Trento, 28.1.2005, n. 21). A nulla rileva nemmeno quanto sostenuto nel primo motivo sul fatto che la situazione sarebbe stata "ben nota all’Amministrazione da alcuni mesi" prima dell’adozione dell’ordinanza sindacale impugnata, giacché questo dato non la privava del potere – dovere di intervenire al fine di prevenire il danno all’incolumità pubblica (cfr., C.d.S., sez. V, 28.3.2008, n. 1322).

6. In conclusione, il provvedimento impugnato resiste alle censure dedotte dalla ricorrente, per cui il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e devono essere accollate alla parte ricorrente nella misura liquidata come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento (Sezione Unica), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 25 del 2010, lo respinge.

Condanna la ricorrente R.V. S.r.l. al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in Euro 4.000,00 (quattromila), (di cui Euro 3.000,00 per onorari ed Euro 1.000,00 per diritti), oltre a I.V.A. e C.N.P.A. ed al 12,5% sull’importo degli onorari e dei diritti a titolo di spese generali, a favore del Comune di Roncegno Terme.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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