Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 03-03-2011, n. 5134 Infortunio sul lavoro; Infortuni sul lavoro e malattie professionali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. L’INAIL chiede l’annullamento della sentenza dalla Corte d’Appello di Cagliari, pubblicata il 12 febbraio 2007, che ha respinto il gravame svolto dall’INAIL contro la decisione con la quale il Tribunale di Nuoro aveva dichiarato inammissibile, per decorso del termine triennale di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112, la domanda di regresso proposta nei confronti della Sima s.n.c. per l’infortunio subito da un dipendente della predetta società. 2. Per la Corte territoriale, pacifico che non era stato aperto alcun procedimento penale, il termine per l’esercizio dell’azione di regresso nei confronti del soggetto assicurato e ritenuto responsabile, iniziava a decorrere dal momento della richiesta di pagamento al datore di lavoro, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, occorrendo identificare un momento certo dal quale far decorrere il termine per esercitare l’azione, come la diffida ad adempiere, momento dal quale l’istituto era in grado di sapere che non era stata esercitata l’azione penale e di attivare la domanda in giudizio, in difetto di spontaneo adempimento.

3. Il ricorso è articolato con unico motivo ed illustrato con memoria difensiva ex art. 378 c.p.c.. L’intimato si è difeso con controricorso.
Motivi della decisione

4. Il motivo denunzia la violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10, 11 e 112 e dell’art. 2947 c.c.. Si assume che il termine triennale di estinzione dell’azione di regresso dell’INAIL, nell’ipotesi in cui non sia stato iniziato alcun procedimento penale nei confronti del datore di lavoro per non essere mai stato investito il giudice penale della cognizione dell’infortunio, decorre dalla data della prescrizione o di altra causa estintiva del reato, sul presupposto che il D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 112, comma 5, la cui formulazione originaria non poteva che disciplinare l’unica ipotesi all’epoca possibile per promuovere l’azione di regresso quando era vincolata all’esistenza di un giudizio penale, deve essere letto in combinazione con l’art. 2947 c.c.. La Corte di Appello, ad avviso del ricorrente, non avrebbe potuto dichiarare inammissibile l’azione di regresso, ma avrebbe dovuto deciderla nel merito.

L’illustrazione del motivo si conclude con il quesito di diritto con il quale si chiede alla Corte di dire se il termine triennale di prescrizione dell’azione di regresso dell’Inail nei confronti del datore di lavoro, nell’ipotesi in cui non sia stata iniziata l’azione penale, decorra dalla data di prescrizione o di altra causa estintiva del reato.

5. Il motivo è infondato. La soluzione data al thema decidendum dalla sentenza impugnata – decorrenza del termine decadenziale dalla richiesta di pagamento dell’INAIL al datore di lavoro – pur nel solco di Cass. 10950/2000, non è condivisa dal Collegio poichè affida la decorrenza della prescrizione all’iniziativa del creditore, onerato dalla prescrizione, così rendendo il credito sostanzialmente imprescrittibile.

6. Nè il Collegio ritiene di dare seguito a Cass. 968/2004 che ancora la decorrenza della prescrizione alla data della prescrizione del reato o all’avverarsi di una causa estintiva del reato (così, fra le meno recenti, Cass. 502/1985), sul presupposto che dopo tale momento non sarebbe più possibile l’instaurazione del processo penale, tale soluzione, invero, striderebbe con Formai pacifica autonomia del sistema civilistico della rivalsa rispetto al sistema penale della responsabilità del datore di lavoro.

7. Anche la tesi sostenuta da autorevole dottrina, secondo cui la decorrenza in questione coinciderebbe con la quantificazione del debito dell’Istituto verso l’infortunato, non persuade appalesandosi priva di base normativa cui correlare l’opzione ermeneutica e, in definitiva, arbitraria.

8. Ritiene il Collegio che l’INAIL, con l’azione di regresso prevista dal D.P.R. n. 1124, artt. 10 ed 11 cit., agendo contro il datore di lavoro dell’assicurato infortunato, fa valere in giudizio un diritto proprio, nascente direttamente dal rapporto assicurativo (v., ex multis, Cass. 4015/1992, Cass. 8467/1994), spiegando un’azione nei confronti del datore di lavoro, che ha violato la normativa sulla sicurezza sul lavoro, in qualche misura assimilabile ad un’azione di risarcimento danni promossa dall’infortunato, tanto che il diritto viene esercitato entro i limiti del complessivo danno civilistico ed è funzionalizzato a sanzionare il datore di lavoro, consentendo contestualmente all’Istituto assicuratore di recuperare quanto corrisposto al danneggiato (v. Cass. 13598/2009).

9. Il diritto dell’INAIL al recupero di quanto erogato al danneggiato deve allora agganciarsi, per la certezza dei rapporti giuridici, alla liquidazione dell’indennizzo assicurativo costituente il fatto certo e costitutivo del diritto a svolgere, nel termine normativamente prescritto, l’azione di regresso.

10. Così corretta la motivazione della Corte territoriale e fissata la decorrenza del termine al momento del pagamento all’assicurato dell’indennità assicurativa, il ricorso va rigettato.

11. Tenuto conto della peculiarità della fattispecie sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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