Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-12-2010) 01-02-2011, n. 3658

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale dell’Aquila, con provvedimento dell’8 luglio 2010, confermava l’ordinanza in data 1 giugno 2010 con cui il Tribunale di Lanciano sostituiva la misura dell’obbligo di dimora applicata a D. R.S. con quella della custodia in carcere.

Avverso tale provvedimento il D.R., tramite il proprio difensore, proponeva ricorso per cassazione deducendo che:

era stato violato il principio di iniziativa del Pubblico Ministero in quanto il provvedimento era stato assunto d’ufficio dal giudice del dibattimento senza il necessario, preventivo impulso del Pubblico Ministero;

il Giudice, nell’applicare l’aggravamento della misura, non aveva comunque richiesto il parere del Pubblico Ministero;

a seguito dell’aggravamento della misura non era stato effettuato l’interrogatorio dell’imputato l’ordinanza applicativa della misura mancava delle generalità complete dell’imputato, indicato soltanto con il nome ed il cognome;

erano decorsi i termini massimi di custodia cautelare.

Concludeva pertanto chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perchè basato su motivi manifestamente infondati.

Va preliminarmente rilevato che il ricorrente, nel richiedere l’annullamento dell’ordinanza impugnata, si limita ad esporre questioni già sottoposte al Tribunale e da questo analiticamente affrontate, senza provvedere ad indicare le ragioni del proprio dissenso rispetto ai contenuti del provvedimento.

In altre parole, il ricorso contiene la pedissequa riproposizione, nello stesso ordine, dello stesso testo dei motivi d’appello (ad eccezione dell’ultimo paragrafo, intitolato "eccessivo rigore cautelare") senza fornire alcun contributo di conoscenza a questa Corte in ordine ad eventuali elementi di criticità rinvenibili nei contenuti del provvedimento, avendo il Tribunale fornito puntuale risposta a tutte e doglianze sottoposte.

In particolare, i primi giudici hanno specificato le ragioni per le quali non ritenevano necessaria la previa richiesta del Pubblico Ministero per l’aggravamento della misura, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, che in tal senso si è pronunciata dando atto della natura sanzionatoria della procedura e, per le stesse ragioni, escludevano la necessità del previo parere del Pubblico Ministero.

Altrettanto adeguatamente è stata data risposta alla lamentata mancanza di interrogatorio, che peraltro le SS. UU. di questa Corte hanno espressamente escluso con riferimento all’aggravamento del regime cautelare in seguito alla trasgressione delle prescrizioni imposte (SS. UU. n. 4932, 4 febbraio 2009); alla mancata indicazione delle generalità complete del prevenuto, il quale risultava già in precedenza compiutamente identificato ed, infine, al calcolo dei termini massimi di custodia cautelare che il Tribunale evidenziava come errato indicandone le ragioni. Tali termini, infatti, non risultavano essere maturati.

Alla declaratoria di inammissibilità che, necessariamente, da ciò consegue, deriva l’onere delle spese del procedimento, nonchè quello del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1000,00, non potendosi escludere che detta inammissibilità sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost, sentenza 7-13 giugno 2000, n. 186).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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