Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-12-2010) 01-02-2011, n. 3652 Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con ordinanza in data 29.3.2010 il G.E. del Tribunale di Napoli, sez.dist. di Ischia, rigettava l’istanza di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione emesso, con sentenza irrevocabile, nei confronti di D.M.T., dante causa di M.V., M.G., M.M., M.A..

Ricorrono per Cassazione i predetti M., denunciando la violazione di legge in relazione alla L. n. 47 del 1985, art. 38 e D.L. n. 269 del 2003, art. 32, convertito nella L. n. 326 del 2003, per essere stata ritenuta irrilevante la pendenza di istanza di condono edilizio.

Denunciano, inoltre, la violazione di legge in relazione alla L. n. 47 del 1985, art. 31, avendo il G.E. ignorato che, ai fini della condonabilità delle opere, è sufficiente la mera ultimazione al rustico dell’edificio.

2) Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1) Le opere abusive eseguite in aree sottoposte a vincolo ambientale, paesistico, idrogeologico possono ottenere la sanatoria ai sensi della L. n. 326 del 2003, art. 32 solo per gli interventi di minore rilevanza (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria).

Questa Corte ha costantemente affermato che "in tema di abusi edilizi commessi in aree sottoposte a vincolo paesaggistico, la disciplina dettata dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32 (conv. con modif. in L. 24 novembre 2003, n. 326) esclude del tutto l’applicazione del condono edilizio per gli abusi edilizi maggiori (nuove costruzioni o ristrutturazioni edilizie), mentre, per gli abusi edilizi minori (interventi di restauro, risanamento conservativo o manutenzione straordinaria) lo consente a condizione che questi ultimi siano conformi alla norme urbanistiche ovvero alla prescrizioni degli strumenti urbanistici" (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n. 35222 dell’11.4.2007). Nella fattispecie in esame si verte in ipotesi di opere abusive non suscettibili quindi di sanatoria D.L. n. 269 del 2003, ex art. 32, trattandosi di nuova costruzione realizzata in assenza del titolo abilitativo edilizio, in area assoggettata a vincolo imposto a tutela degli interessi paesistici (ipotesi esclusa dal condono dal comma 26, lett. a); (giurisprudenza pacifica di questa Corte; cfr. tra le decisioni più recenti Cass. pen. sez. 3 n. 16741 del 17.2.2010 che richiama in motivazione la sentenza n. 6431 del 12.1.2007 nella quale vi è ampia confutazione delle divergenti posizioni dottrinarie).

Già questa Corte (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 14990 del 5.12.2007) aveva ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalità della predetta norma, rilevando che "..non esiste alcuna disparità di trattamento fra situazioni identiche (nella quale si risolverebbe la denunciata antinomia) ed appare tutt’altro che irragionevole che il legislatore abbia previsto la condonabilità condizionata di piccoli abusi pur se commessi in zone sottoposte a vincolo, escludendola invece nei casi di abusi di rilevanti dimensioni…"; conf. Cass. sez. 3 n. 15946 del 5.4.2006).

La Corte Costituzionale, con ordinanza n. 150 del 4.5.2009, dopo aver, comunque, rilevato che "può restare in disparte sia il rilievo per cui l’interpretazione tracciata dalla Corte di cassazione, nelle molteplici sentenze in materia (e non solo nella sentenza considerata), appare del tutto conforme alla lettera della disposizione impugnata..", ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, comma 26, lett. a), convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2003, n. 326, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 42 e 61 Cost., art. 117 Cost., comma 2, lett. a), e) ed i) e comma 3 e art. 119 Cost..

2.2) Stante la non condonabilità dell’opera per i motivi assorbenti sopra indicati, è irrilevante stabilire se essa fosse stata o meno completata nei termini richiesti.

2.3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della Cassa delle ammende della somma che pare congruo determinare in Euro 1.000,00 ciascuno ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla Cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00 ciascuno.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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