Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27-01-2011, n. 625 Competenza e giurisdizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 2836 del 2005, M.B. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione quarta, n. 2750 del 5 marzo 2004 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro la Presidenza del Consiglio dei ministri ed il Ministero della giustizia per l’annullamento della nota prot. n. AGP/1/1/1217/98/BG/2.3364 del 9.11.1998, con la quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha rigettato l’istanza di riesame della posizione giuridica del ricorrente, e del provvedimento n.2.3395 del 22.11.2001 (impugnato con motivi aggiunti), con il quale lo stesso è stato inquadrato nella posizione corrispondente alla categoria degli operai specializzati dello Stato.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso di essere stato dipendente della N.A.T.O. e che, a seguito del licenziamento comunicato con nota del 2.3.1996, presentava alla Presidenza del Consiglio dei Ministri istanza di inquadramento nei ruoli del personale della Amministrazione statale, ai sensi della legge 9.3.1971, n.98.

Con deliberazione della competente Commissione, prevista dall’art.2 della citata legge, egli veniva inquadrato nella categoria degli operai qualificati ed assunto alle dipendenze del Ministero di Grazia e Giustizia in virtù di contratto individuale di lavoro a tempo indeterminato, con l’attribuzione della III qualifica funzionale, categoria degli operai qualificati non di ruolo, profilo professionale n.210, quale addetto alle lavorazioni.

Ritenendo di avere diritto ad essere inquadrato nella qualifica superiore, produceva istanza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che, tuttavia, con nota del 9 novembre 1998, veniva esitata negativamente.

Avverso la summenzionata nota proponeva il ricorso in trattazione, deducendo i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.

Successivamente, con delibera del 22 novembre 2001, la Presidenza del Consiglio dei Ministri inquadrava il ricorrente nella posizione corrispondente alla categoria degli operai specializzati dello Stato.

Anche tale provvedimento veniva impugnato davanti a questo Tribunale Amministrativo Regionale, mediante la proposizione di motivi aggiunti, notificati in data 1 aprile 2003 e depositati il successivo 11 aprile.

Alla pubblica udienza del 11 febbraio 2004, la causa è stata trattenuta per la decisione, come da verbale.

Costituitisi la Presidenza del Consiglio dei ministri ed il Ministero della giustizia, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le doglianze, evidenziando l’inammissibilità del ricorso in relazione ad entrambi i provvedimenti gravati, il primo perché atto meramente confermativo, il secondo in quanto intervenuto quando la giurisdizione sul rapporto era già stata sottratta al giudice amministrativo.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’erroneità della sentenza, sottolineando come il primo atto impugnato non si fosse attenuto alle nuove risultanze procedimentali, mentre il secondo, collegato al primo, non poteva essere considerato inerente una vicenda attribuita alla giurisdizione ordinaria.

Nel giudizio di appello, si costituiva l’Avvocatura dello Stato per la Presidenza del Consiglio dei ministri ed il Ministero della giustizia, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Alla pubblica udienza del 5 novembre 2010, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.
Motivi della decisione

1. – L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

2. – Con il primo motivo di diritto, relativo all’impugnazione per l’annullamento della nota prot. n. AGP/1/1/1217/98/BG/2.3364 del 9.11.1998, con la quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha rigettato l’istanza di riesame della posizione giuridica del ricorrente, viene dedotto error in iudicando per violazione e falsa applicazione degli art. 21 e ss della legge T.A.R.; violazione dell’art. 113 della Costituzione; violazione degli art. 3 e 10 della legge sul procedimento; motivazione erronea.

Lamenta il ricorrente che l’amministrazione, di fronte alla produzione di nuovi elementi procedimentali, non avrebbe potuto procedere unicamente all’emissione di un atto meramente confermativo, per cui, nel caso in specie, era cogente un obbligo di nuovo esame della fattispecie. Ne deriva quindi che l’impugnazione era ammissibile, attesa l’illegittimità dell’atto in questione per mancata presa in considerazione delle nuove risultanze.

2.1. – La doglianza non ha pregio.

Come già evidenziato dal giudice di prime cure, la nota con la quale l’amministrazione ha riscontrato l’istanza di riesame dell’inquadramento del 9 luglio 1996, provvedimento consolidatosi per mancata impugnativa, si è limitata a richiamare il precedente provvedimento. Si tratta pertanto di un atto privo di contenuto ed efficacia provvedimentali, ma di natura meramente confermativa. È da condividere allora l’osservazione per cui il ricorrente, pur formulando il ricorso in termini di domanda di annullamento, ha di fatto proposto un’inammissibile domanda di accertamento, dopo aver fatto inutilmente decorrere il termine decadenziale d’impugnazione dell’originario provvedimento d’inquadramento, a suo tempo non gravato (cfr., per tutte, Consiglio di Stato, VI Sezione, 17 marzo 1999, n.312).

Non giova peraltro il richiamo a nuove emergenze procedimentali, atteso che i fatti di cui si vanta la sopravvenienza sono unicamente relazioni relative al periodo di svolgimento del rapporto di lavoro, ossia elementi di fatto pregressi ed attinenti il tipo di mansioni svolte. Si tratta allora di elementi che ben avrebbero dovuto essere introdotti con la domanda iniziale di riconoscimento oppure eventualmente fatti valere in sede di impugnazione del provvedimento di diniego.

Deve quindi essere condivisa la ricostruzione operata dal giudice di prime cure sulla natura meramente confermativa del provvedimento gravato e quindi dell’inammissibilità della sua impugnazione.

3. – Con il secondo motivo di diritto, relativo al provvedimento n.2.3395 del 22.11.2001, gravato con motivi aggiunti, il ricorrente lamenta error in iudicando per violazione e falsa applicazione degli art. 21 e ss della legge T.A.R.; violazione degli art. 63 e 69 comma 7 del D.Lgs. 165/2001; violazione dell’art. 45 comma 17 del D.Lgs 80 del 1998; violazione dell’art. 5 del c.p.c..

In dettaglio, il ricorrente sostiene che la giurisdizione spetterebbe al giudice amministrativo, in quanto si tratta di una vicenda relativa ad un segmento temporale in cui era questo il giudice del rapporto, a nulla rilevando il fatto che la domanda, proposta con motivi aggiunti, sia avvenuta successivamente, quando la giurisdizione era stata trasferita alla magistratura ordinaria.

3.1. – Il motivo non può essere condiviso.

Va innanzi tutto precisato che il ricorso, sebbene introdotto con atto per motivi aggiunti, non può essere considerato tale. Infatti, lL’art.21, comma 1, della L. 6 dicembre 1971, n.1034, come sostituito dall’art.1 della L. 21 luglio 2000, n.205, ed allora vigente, consentiva l’impugnazione mediante motivi aggiunti dei provvedimenti adottati in pendenza di ricorso tra le stesse parti, connessi all’oggetto del gravame stesso e si fondava sul presupposto che la domanda e l’oggetto nuovi fossero anch’essi ricompresi nella giurisdizione del giudice amministrativo, pena un’inammissibile estensione della giurisdizione al di fuori dei parametri normativamente fissati.

Tuttavia, ai sensi del combinato disposto degli artt. 63 e 69, comma 7, del D. L.vo 30 marzo 2001, n.165 le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore al 30 giugno 1998 restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000. Infatti, è ben vero che le controversie inerenti all’accertamento di una questione di avanzamento in carriera e di progressione retributiva con riferimento a situazioni antecedenti al 1998 rientrano tendenzialmente nella cognizione del giudice amministrativo, a norma dell’art. 45 comma 17, d.lg. n. 80 del 1998 (le cui disposizioni sono ora contenute nell’art. 69, T.U., approvato con d.lg. 30 marzo 2001 n. 165), in quanto il discrimine temporale di cui sopra con riferimento non alla fase di instaurazione della controversia o, ancora, all’adozione degli atti consequenziali alla medesima, ma in correlazione al dato storico, costituito dall’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze poste a base della pretesa avanzata. Tuttavia è del pari vero che la suddetta normativa, nel trasferire al giudice ordinario le questioni di pubblico impiego privatizzato, ha individuato comunque la necessità che la domanda debba essere proposta non oltre il 15 settembre 2000 davanti al giudice amministrativo, pena la sua decadenza (da ultimo Consiglio di Stato, sez. VI, 8 luglio 2010, n. 4448).

Nel caso di specie, poiché i motivi aggiunti sono stati depositati in data 11 aprile 2003, la controversia è devoluta al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro.

4. – Stante l’infondatezza dell’appello in relazione alle ragioni processuali sostenute in sentenza, le ragioni sostanziali riproposte possono non essere esaminate.

5. – L’appello va quindi respinto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisa al momento dell’instaurazione del giudizio di primo grado.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Respinge l’appello n. 2836 del 2005;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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