Cons. Stato Sez. IV, Sent., 27-01-2011, n. 619 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con il presente gravame la SOCIETÀ C. a.r.l.. in liquidazione, impugna la sentenza del TAR Piemonte con cui, previo annullamento del diniego del 28.6.2010 era stata ordinata — alla S.I.T.A.D.F.- S. (società a capitale misto pubblicoprivato concessionaria dell’ANAS per il traforo del Frejus e l’Autostrada A32 TorinoBardonecchia) — l’esibizione dei documenti richiesti dalla società O.- I.&.E. S.P.A., la quale in qualità di subappaltatrice della odierna appellante D. Scarl, aveva eseguito alcune opere in acciaio, relative ad alcuni viadotti della quarta corsia dell’autostrada A32 nel tratto SavoulxBardonecchia.

In particolare, anche con la seconda domanda di accesso del 28 maggio 2010 l’O. aveva richiesto gli atti attestanti le quantità di acciaio impiegate nell’esecuzione dell’appalto pubblico, così come accertate dal direttore dei lavori e documentate dall’appaltatrice D. alla Concessionaria appaltante S., al fine di ottenere il riconoscimento della "compensazione" per il maggior costo sopportato per l’acquisto dell’acciaio fornito ed utilizzato per la realizzazione delle opere oggetto del subappalto, secondo quanto previsto dall’art.1 comma 550 della L. n. 311/2004 (oggi trasfuso nell’art.133 IV co. del Codice dei Contratti).

La concessionaria S. si è costituta in giudizio ad adjuvandum, e con la propria memoria per la discussione ha rilevato, in linea preliminare, l’inammissibilità del ricorso di primo grado per intervenuta decadenza dall’impugnazione e, nel merito, l’infondatezza del gravame per l’assunta estraneità della richiesta al pubblico interesse ad una funzione pubblica.

L’Appellata O., con la memoria di costituzione, ha replicato alle affermazioni di cui all’appello sottolineando a sua volta le proprie argomentazioni a sostegno della decisione gravata.

Con decreto cautelare presidenziale n. 5604 del 09/12/2010, è stata sospesa l’esecuzione della sentenza sul rilievo che i motivi di appello avrebbero dovuto essere approfonditi nella competente sede collegiale.

Alla Camera di Consiglio, uditi i patrocinatori delle parti il ricorso è stato ritenuto in decisione sia dell’istanza cautelare che del merito della causa

In conseguenza, con ord. cautelare n. 43/2011, la Sezione ha confermato "fino alla pubblicazione della sentenza di merito" il predetto decreto cautelare.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si censura il capo della sentenza che ha respinto l’eccezione preliminare di inammissibilità formulata in primo grado. Il ricorso sarebbe inammissibile per la sussistenza di un precedente diniego, la cui impugnazione si era conclusa con la declaratoria di inammissibilità dello stesso (sentenza TAR Piemonte n.2089/2010 in data 28.4.2010) per mancata notifica alla controinteressata D. Scarl. Per l’appellante, erroneamente il Giudice di prime cure ha ritenuto che il diniego impugnato sarebbe stato assunto a seguito di una rinnovata istruttoria.

La giurisprudenza consolidata (cfr. Adunanza plenaria nn. 6 e 7 del 19.4.) avrebbe definitivamente chiarito che la mancata impugnazione del diniego nel termine, cui dovrebbe essere necessariamente parificata la situazione di proposizione di ricorso inammissibile, renderebbe inoppugnabile il diniego e non consentirebbe la reiterabilità dell’istanza a meno che non vi siano fatti nuovi.

L’assunto va disatteso.

Del tutto arbitraria appare infatti l’equiparazione, prospettata dall’appellante, della situazione di chi negligentemente non ha provveduto ad adire nel termine decadenziale il presidente diniego, con quella del soggetto che ha tempestivamente impugnato l’atto negativo e poi puntualmente appellato anche la successiva sentenza declaratoria dell’inammissibilità.

La giurisprudenza ricordata dall’appellante non era certo diretta a frapporre artificiosi ostacoli processuali all’esercizio del diritto di difesa, ma ha voluto evitare, da un lato, l’aggiramento della cogenza del termine legislativamente imposto per l’esercizio dell’accesso e dall’altro, la strumentale continua reiterazione di istanze d’accesso, a fini esclusivamente defatigatori, dilatori o emulativi dell’attività amministrativa.

Nulla di ciò nel caso in esame: la O. appellata aveva tempestivamente impugnato il precedente diniego, e anche la successiva pronuncia di inammissibilità.

Pertanto non può dirsi che l’O. sia stata poco diligente e quindi sia incorsa nella decadenza.

L’assunto per cui il TAR avrebbe dovuto rilevare che O. aveva reiterato la medesima istanza di accesso, per le identiche motivazioni e sulla base del medesimo interesse giuridico, è inconferente perché la stessa non era incorsa in alcuna decadenza.

Esattamente la sentenza appellata ha dunque concluso che il secondo diniego oggetto della sentenza gravata era un atto autonomamente adottato dalla Concessionaria appaltante, in esito ad un rinnovato procedimento instaurato in seguito della nuova istanza.

Con l’attivazione spontanea ed autonoma di un nuovo procedimento sulla seconda domanda, la Concessionaria dei lavori non l’ha giudicata inammissibile, ma ha ritenuto di dover seguire l’indicazione della motivazione della prima sentenza n.2089/2010 del TAR Piemonte per cui, se la ricorrente avesse reiterato l’istanza di accesso, la Società concessionaria autostradale avrebbe dovuto comunicare l’avviso di avvio del procedimento d’accesso alla D. S.c.a.r.l., onde consentirle di tutelare il suo diritto alla riservatezza.

Il nuovo procedimento era differente proprio perché ha coinvolto, per la prima volta, il soggetto controinteressato; per questo il diniego successivamente assunto dall’amministrazione appaltante non può essere considerato "meramente confermativo" del primo atto negativo.

L’eccezione di decadenza, e quindi il primo motivo di gravame, sono infondati.

– 2. Con il secondo capo di doglianza si chiede l’annullamento della sentenza impugnata assumendo l’erroneità del capo che, in violazione dell’art.22, comma 1°, L. n.241/1990 e s.m.i., ha ritenuto che i documenti richiesti fossero suscettibili di accesso mentre invece sarebbero stati attinenti alla sfera negoziale intercorrente tra S. e s.c.a.r.l., e quindi non qualificabili come "documenti amministrativi" seppure afferenti alla costruzione di un’opera pubblica.

Per l’appellante dunque, a norma dell’art. 10, comma 1, lett. b), L. n. 69/2009, (che ha modificato l’art. 29 della L. n. 241/1990 e s.m.i.) e dell’art. 2 del D.p.R. 12.4., n. 184 i documenti richiesti da O. concernenti il c.d. "caro acciaio" non concernerebbero l’ "attività di pubblico interesse" ma atterrebbero al riconoscimento tra le parti di un adeguamento del prezzo del ferro: i rapporti creditori sarebbero del tutto estranei ai compiti istituzionali (cfr. C.d.S. 22.4.2002, n.186).

L’assunto va respinto.

Secondo univoca giurisprudenza, il diritto di accesso previsto dagli art. 22 e 23 l. n. 241 del 1990 relativo ai soggetti di diritto privato, che svolgono attività di pubblico interesse, riguarda non soltanto l’attività di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest’ultima da un nesso di diretta strumentalità (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 02 ottobre 2009, n. 5987; Consiglio Stato, sez. VI, 30 luglio 2010, n. 5062).

L’esercizio dell’"actio ad exhibendum" nei confronti di chi svolga un pubblico servizio concerne dunque anche l’ostensibilità degli atti di natura privatistica teleologicamente collegati, anche in via indiretta, alla gestione del servizio e alla cura dell’interesse pubblico (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 12 marzo 2010, n. 1470).

Nel caso di specie, la funzione di stazione appaltante per la realizzazione di un lavoro pubblico affidato alla società concessionaria caratterizza la S., sul versante soggettivo, per la intensa conformazione pubblicistica; è dunque evidente che tutti gli atti della Direzioni ed i relativi documenti contabili, concernenti l’esecuzione di un appalto di rilievo comunitario, finanziato con il pubblico danaro, concernevano direttamente ed immediatamente proprio l’attività istituzionale espressamente demandata al concessionario.

L’attività privatistica del concessionario è quella che attiene ad attività strumentali (come poteva essere ad es. l’acquisto di un autoveicolo) ovvero del tutto estranee al munus pubblico ricevuto.

In conclusione ha ragione il TAR quando afferma che, nel caso di specie, ricorressero sia la natura pubblica sia del concessionario, sia la legittimazione della ricorrente che la natura amministrativa della documentazione richiesta.

Il motivo va dunque respinto.

– 3. Per l’appellante la società O. non avrebbe avuto alcun interesse diretto, concreto ed attuale e giuridicamente tutelato, in quanto il Tribunale Civile di Tortona, disattendendo tutte le richieste istruttorie, ha rigettato sia la domanda di riconoscimento delle somme, sia la subordinata richiesta di riconoscimento all’arricchimento senza causa in violazione dei principi di buona fede e dell’inserzione automatica delle clausole legali di cui all’art.1375 c.c. e 1339 c.c.; ne discenderebbe il venir meno del carattere "necessario" della richiesta di accesso richiesta dall’art. 27 settimo co. della L. n.241/1990.

Inoltre,il carattere di non indispensabilità sarebbe dimostrato dalla possibilità della O. di richiedere alla Corte d’Appello di Torino, presso cui è stata gravata la sentenza del Tribunale di Tortona, di acquisire d’ufficio alla P.A. ai sensi dell’art. 213 c.p.c..

Infine, si tratterebbe di informazioni riservate pertinenti esclusivamente ai rapporti tra S. e SCARL, il cui desiderio di conoscenza troverebbe una garanzia e un limite nella necessità di tutela della riservatezza.

L’assunto è privo di pregio.

Quanto alla legittimazione soggettiva della richiedente l’accesso, esattamente l’appellata rivendicava, nei confronti della odierna appellante, il diritto alla conoscenza in diretto ed immediato collegamento con la titolarità di un diritto di credito connesso con l’esecuzione di un appalto pubblico e con l’applicazione di una norma di legge sopravvenuta rispetto al contratto di subappalto.

Quanto all’attualità ed alla concretezza dell’interesse, a prescindere dal fatto che comunque l’O. ha gravato d’appello la predetta decisione, deve ricordarsi che il diritto di accesso non costituisce una pretesa meramente strumentale alla difesa in giudizio della situazione sottostante, essendo in realtà diretto al conseguimento di un autonomo bene della vita.

In conseguenza, la domanda giudiziale tesa ad ottenere l’accesso ai documenti è indipendente non solo dalla sorte del processo principale nel quale venga fatta valere l’anzidetta situazione, ma anche dall’eventuale infondatezza od inammissibilità della domanda giudiziale.

Il diritto di accesso non è ostacolato dalla pendenza di un giudizio civile o amministrativo nel corso del quale gli stessi documenti potrebbero essere richiesti, e l’accesso ai documenti va consentito anche quando la relativa istanza è preordinata alla loro utilizzazione in un giudizio, senza che sia possibile operare alcun apprezzamento in ordine alla ammissibilità ovvero alla fondatezza della domanda o della censura che sia stata proposta o che si intenda proporre, la cui valutazione spetta soltanto al giudice chiamato a decidere (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 28 settembre 2010, n. 7183).

Ne deriva il pieno diritto dell’O. all’accesso alla documentazione richiesta e la infondatezza del secondo motivo.

– 4. In conclusione l’appello è infondato e deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

– 1. Respinge l’appello di cui in epigrafe.

– 2. Condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio che vengono liquidate in Euro 1.500,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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