Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-12-2010) 01-02-2011, n. 3573

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 9.6.2010 la Corte di Appello di Roma, in parziale riforma di quella emessa il 25.9.2006 dal Tribunale di Roma in composizione monocratica, valutava con criterio di prevalenza sulla contestata aggravante le concesse circostanze attenuanti generiche, rideterminando la pena inflitta a C.G. in mesi cinque di reclusione.

Il C. era stato riconosciuto colpevole, con addebito di colpa nella misura del 20%, del delitto di cui all’art. 589 c.p., commi 1 e 2 per aver cagionato, per colpa consistita in imprudenza, negligenza e violazione dell’art. 142 C.d.S., commi 1 e 5, la morte di A.R.I.M.; in particolare, essendo alla guida dell’autovettura Fiat Tipo targata (OMISSIS) sulla pubblica via (OMISSIS), procedendo a velocità eccessiva e comunque in violazione del limite previsto di 50 Km/h, giunto all’intersezione semaforica con via (OMISSIS), non si avvedeva del sopraggiungere dalla sua sinistra della moto targata (OMISSIS) condotta da A.R.I.M. tanto da non riuscire ad evitarne l’impatto e dal quale, successivamente, quest’ultimo riportava lesioni mortali (commesso il (OMISSIS)). Avverso tale sentenza ricorre per cassazione il difensore di fiducia di C.G. deducendo il vizio motivazionale e il travisamento delle risultanze processuali.

Contesta le argomentazioni addotte dalla Corte territoriale che aveva fondato il suo convincimento su una prova inattendibile, nulla replicando a quanto addotto con l’atto d’appello.

Richiama le argomentazioni dei consulenti di parte in risposta a quanto riferito dal perito del Tribunale (ing. P.) che aveva determinato la velocità del motociclo ante-sinistro ma solo in relazione "all’arrivo all’urto" per affermare che la velocità della moto era notevolmente superiore ai 38 km/h in prossimità dell’intersezione anche in relazione alla velocità tenuta dall’autovettura e che l’evento era inevitabile e non, come affermato dalla Corte territoriale, che il sinistro sarebbe stato evitabile se la velocità fosse stata inferiore.

Rappresenta, tra l’altro, ai fini dell’esclusiva imputabilità al motociclista dell’evento, che il medesimo era sfornito del casco regolamentare di protezione.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse aspecifiche e di puro fatto.

Invero, è palese la sostanziale aspecificità dei motivi di ricorso che si sono limitati a riproporre in questa sede pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice considerate e disattese con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile.

Ed è stato affermato che "è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591, comma 1, lett. c), all’inammissibilità" (Cass. pen. Sez. 4, 29.3.2000, n. 5191 Rv.

216473 e successive conformi, quale: Sez. 2, 15.5.2008 n. 19951, Rv.

240109). Peraltro, il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo", non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il novum normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto "travisamento della prova", finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no "veicolato", senza travisamenti, all’interno della decisione. Ma ciò, comunque, sempre che la contraddittorietà della motivazione rispetto ai dedotti atti rilevanti sia percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, senza che siano apprezzabili le minime incongruenze (Sez. 4, 28.4.2006, n. 20245, Rv. 234099 ed altre).

Tanto, peraltro, contestualmente al rispetto della regola della cosiddetta "autosufficienza" del ricorso costantemente affermata, in relazione al disposto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dalla giurisprudenza civile, ma che trova applicazione anche nell’ambito penale, con la conseguenza che, quando si lamenti la omessa valutazione o il travisamento del contenuto di specifici atti del processo penale, è onere del ricorrente suffragare (cosa che non è avvenuta nel caso di specie) la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi (elaborati peritali, deposizioni testimoniali) in modo da rendere possibile il completo apprezzamento del vizio dedotto (cfr. Cass. pen. Sez. 4, 26.6.2008 n. 37982 Rv. 241023; Sez. 1, 22.1.2009, n. 6112, Rv. 24322).

Del resto, le argomentazioni di cui alle censure addotte, appaiono di puro fatto tendendo alla rappresentazione di una ricostruzione della vicenda diversa da quella operata dal giudice di merito. Laddove, va ricordato che, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente – è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (ex pluribus: Sez. 4, 1.7.2009, n. 37838, Rv. 245294). E la Corte territoriale risulta aver supportato con adeguata e congrua motivazione, scevra da vizi logici o giuridici, la ricostruzione del sinistro, fondandosi, del resto, su emergenze tratte dai rilievi del perito d’ufficio, rivalutative del merito, e sulle stesse ragioni esposte dai difensori circa il grave grado d’imprudenza della vittima che, in una all’avvenuto risarcimento del danno, ha giustificato il più benevolo trattamento sanzionatorio.

Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, della ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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