T.A.R. Campania Salerno Sez. II, Sent., 27-01-2011, n. 121 Condono

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 662008 e depositato il 472008 la sig.ra R. impugnava dinanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale il provvedimento in epigrafe specificato, con il quale il Comune di Nocera Inferiore aveva respinto la domanda relativa al condono edilizio di un sottotetto, per il cambio di destinazione d’uso a civile abitazione e per la modifica dell’altezza.

Con articolata prospettazione denunziava violazione e falsa applicazione di legge sotto molteplici profili.

Instauratosi il contraddittorio, il Comune intimato non si costituiva in giudizio.

La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 9122010.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto.

Il provvedimento in questa sede impugnato denega il rilascio del titolo edilizio in sanatoria (condono edilizio) sul presupposto della mancata ultimazione dell’opera (nella specie un sottotetto, per il quale si richiede l’assentimento alla destinazione d’uso abitativa ed alla maggiore altezza) alla data prevista dalla normativa sul condono edilizio, risultando la stessa priva di tompagni.

Osserva al riguardo:

che le sole opere strutturali non identificano superfici e volumi poiché gli stessi sono determinati dalle murature perimetrali che non necessariamente sono realizzate in corrispondenza della gabbia strutturale ma possono posizionarsi diversamente sui piani orizzontali;

che la legge regionale n. 10 dell’8112004, come emendata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 49 del 622006, all’art. 3, comma 2, precisa che "non possono formare oggetto di sanatoria le opere abusive rientranti tra le tipologie di cui al decreto legge 269/03, allegato 1, se le stesse sono state ultimate dopo il 3132003. Si considerano ultimate le opere edilizie completate al rustico comprensive di mura perimetrali e di copertura e concretamente utilizzabili per l’uso cui sono destinate";

che l’abuso di cui trattasi non è suscettibile di sanatoria in quanto l’opera da condonare risultando priva di compagni al 3132003 rientra nel disposto del comma 2 b dell’art. 3 l. reg. n. 10/2004 (opere incomplete).

Ciò premesso, la determinazione negativa del Comune appare al Tribunale legittima e, per l’effetto, non suscettibile di annullamento.

Non è in primo luogo condivisibile la censura riportata al n. 2 B) e D) dell’atto introduttivo del giudizio, con la quale viene lamentata la errata interpretazione ed applicazione di legge, rilevandosi sostanzialmente la non necessità delle tompagnature al fine di ritenere integrato il presupposto normativo della "ultimazione" dell’opera.

Basti al riguardo richiamare il disposto della legge regionale, citato nel provvedimento impugnato, in base al quale si considerano ultimate le opere edilizie completate al rustico e comprensive di mura perimetrali e di copertura.

Va, poi,evidenziato che la ritenuta necessità, ai fini della "ultimazione" della definizione perimetrale del manufatto edilizio non si pone assolutamente in contrasto con la norma nazionale contenuta nell’articolo 31 della legge n. 47/1985, valendo in proposito il costante orientamento giurisprudenziale formatosi sul punto in base al quale " in materia edilizia, al fine dell’applicazione del cd. condono edilizio, l’art. 31 l. n. 47/1985 stabilisce che si considerano ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura; l’esecuzione del cd. rustico è riferita al completamento di tutte le strutture essenziali, tra le quali vanno annoverate le tamponature esterne, che determinano l’isolamento dell’immobile dalle intemperie e configurano l’opera nella sua fondamentale volumetria (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, 2102000, n. 5216).

Dunque, sotto, tale profilo, l’impugnato diniego non solo costituisce applicazione della norma regionale, ma risulta, altresì, conforme ai principi espressi dal giudice amministrativo in tema di interpretazione del concetto di "ultimazione" espresso dalla legislazione statale in materia.

Né assume rilievo – a confutazione delle sopra esposte argomentazioni – la circostanza che nella specie vi fosse in origine autorizzazione comunale alla realizzazione di un manufatto (sottotetto con copertura inclinata a due falde), dalla quale comunque poter desumere la consistenza volumetrica dell’opera.

Va, invero, evidenziato che l’opera per la quale viene richiesto il condono edilizio è rispetto alla prima sostanzialmente diversa, in quanto mansarda abitabile, di altezza maggiore rispetto al sottotetto autorizzato e costituente, per tali caratteristiche volume edilizio rilevante a tutti gli effetti e non mero volume tecnico.

Non meritevole di accoglimento è pure il motivo di gravame articolato sub 2 A), laddove si afferma l’impossibilità della realizzazione della tompagnatura nel termine del 3132003, attesa la sottoposizione a sequestro penale dell’immobile già in data 982001 ed il suo dissequestro solo il 782003.

Pur non essendovi espressa menzione in proposito nel citato motivo di ricorso, il privato intende evidentemente operare riferimento alla disposizione contenuta nell’articolo 43, comma 5 della legge n. 47/1985, a mente del quale "Possono ottenere la sanatoria le opere non ultimate per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali limitatamente alle strutture realizzate e ai lavori che siano strettamente necessari alla loro funzionalità".

Ritiene il Collegio che la richiamata disposizione non risulta applicabile alla fattispecie oggetto del presente giudizio, non configurandosi in concreto il presupposto di applicabilità della norma.

Il giudice amministrativo (cfr., da ultimo, Cons. Stato, V, 3062005, n. 3542) ha affermato che la suddetta disposizione stabilisce una deroga al principio per il quale la concessione in sanatoria non può essere rilasciata in caso di omessa ultimazione dei lavori entro il termine stabilito; essa, pertanto, si verifica nel caso in cui le opere non siano state ultimate per effetto di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali, ma non consente l’integrazione delle opere con interventi edilizi che diano luogo a nuove strutture.

Può, dunque, essere applicata agli edifici che, anche se non ultimati, abbiano acquistato una fisionomia che ne renda riconoscibile il disegno progettuale e la destinazione e debba essere solo completato ai fini della sua funzionalità; con la conseguenza che la sanatoria non può essere concessa nel caso in cui i lavori si siano arrestati alla prima fase e non siano riconoscibili oggettivamente né la funzione né la configurazione generale del costruendo edificio (cfr. Cons.Stato, II, 1431990, n. 669).

Ciò posto, rileva il Collegio che la sanatoria edilizia di cui trattasi è relativa, come risulta dal provvedimento impugnato, al "condono edilizio del sottotetto, per il cambio di destinazione d’uso a civile abitazione e per la modifica dell’altezza".

Orbene, le opere edilizie esistenti all’atto del sequestro, consistenti nella sola pilastratura e copertura del locale sottotetto, mancanti di tompagnatura esterna e di opere interne, non rendono assolutamente riconoscibile la tipologia di manufatto per il quale è stato richiesto il condono, tanto sotto il profilo delle reali dimensioni (mancando la tompagnatura perimetrale) quanto sotto quello della destinazione d’uso del bene, atteso che il condono edilizio viene richiesto per un manufatto con destinazione residenziale, uso quest’ultimo in alcun modo oggettivamente evincibile delle opere realizzate al momento del sequestro.

Quanto sopra trova conferma nella stessa sentenza del giudice penale, richiamata da parte ricorrente ad altri fini, nella cui motivazione si legge della mancanza di opere che resero abitabile il sottotetto.

Infondato è, pure il motivo di ricorso articolato sub 2) e 2 e), con le quali si assume sostanzialmente l’irrilevanza della contestata difformità del sottotetto, in relazione alla differenza tra altezza originariamente assentita ed altezza rilevata.

Le censure non meritano accoglimento, considerato che nella specie vertesi in tema di rigetto di condono edilizio richiesto anche per il mutamento di destinazione d’uso del locale, provvedimento fondato sulla ritenuta inesistenza del presupposto normativo della ultimazione dei lavori richiesto dalla legge.

La affermata sostanziale conformità del realizzato a quanto autorizzato è argomento che nulla ha a che vedere con il condono edilizio, evidenziandosi che tale situazione, anziché condurre ad un accoglimento della domanda di sanatoria, dovrebbe al contrario renderla inutilmente proposta, atteso che la situazione di fatto che postula il condono edilizio è proprio una vicenda di illecito edilizio, che nei richiamati motivi si assume invece non sussistere.

Infine, è da respingere il motivo sub 1) del ricorso, con il quale viene dedotta la nullità del provvedimento impugnato, risultando esso carente della indicazione dell’autorità dinanzi alla quale è possibile proporre impugnativa e del relativo termine.

Invero, tale omissione configura – per consolidato orientamento giurisprudenziale – una mera irregolarità non invalidante, la quale non incide sulla legittimità dell’atto.

Il ricorso in conclusione deve essere rigettato.

Nulla è dovuto per le spese, attesa la mancata costituzione in giudizio del Comune di Nocera Inferiore.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *