Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-10-2010) 01-02-2011, n. 3673 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 24.9.09, la corte di appello di Verona ha confermato la sentenza 24.1.08 del tribunale della stessa sede con la quale N.S. è stato condannato alla pena di 4 anni di reclusione e alle conseguenti pene accessorie, perchè ritenuto colpevole del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione e bancarotta fraudolenta documentale, L. Fall., ex art. 216, comma 1, nn. 1 e 2, art. 219 cpv., n. 1 e art. 223, comma 1, commessi in qualità di amministratore di fatto della srl "L’infisso", dichiarata fallita il (OMISSIS), pena condonata nella misura di 3 anni.

Il difensore ha presentato ricorso per violazione di legge, in riferimento all’art. 169 c.p.p., artt. 24 e 111 Cost..

Secondo il ricorrente, egli era emigrato in (OMISSIS) e aveva comunicato all’A.I.R.E. il nuovo indirizzo, ove gli veniva spedito l’invito a eleggere o dichiarare domicilio nel territorio italiano, a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno.

L’addetto alla notifica non reperiva il destinatario e il plico veniva restituito al mittente, senza che fosse depositato presso l’ufficio postale e senza avviso della sua presenza nella cassetta postale e senza notiziare in alcun modo l’instaurazione del procedimento in Italia. Il N. ne aveva notizia solo dopo comunicazione, ad opera del difensore di ufficio, della sentenza di condanna di primo grado.

La violazione delle norme sulla notifica all’imputato all’estero comporta quindi la nullità degli atti del processo e delle susseguenti sentenze: non basta l’invio della raccomandata ex art. 169 c.p.p. per presumere la conoscenza del procedimento, ma deve essere rispettata l’intera procedura della notifica a mezzo posta e nel caso in esame risulta che l’agente postale, non avendo rinvenuto il N. all’indirizzo indicato, ha rispedito il plico raccomandato senza dargli notizia della esistenza della raccomandata.

Non si rinviene agli atti la cartolina contenente l’avviso di deposito e l’invito al suo ritiro,ma solo la busta con la dizione "nao procurado".

Nè varrebbe sostenere che la normativa dello Stato estero potrebbe non contemplare una modalità di invio della raccomandata speculare a quella vigente in Italia: da un lato, questa normativa non è nota perchè non prodotta dall’accusa; dall’altro, vanno comunque rispettate le garanzie minime anche per i cittadini all’estero.

Quindi andava fatto un altro tentativo di notifica con altra modalità, ad esempio per via consolare.

Non risulta poi che il N. fosse comunque a conoscenza del procedimento, sulla base delle circostanza indicate dalla sentenza impugnata: queste, comunque, non possono sopperire all’informativa specifica contenuto nell’avviso che doveva essere inviato dalla procura.

Il ricorrente conclude con la richiesta di declaratoria di nullità della sentenza impugnata.

Il ricorso non merita accoglimento.

La corte di appello ha rilevato che l’imputato non ha provveduto a ritirare il plico la cui presenza nell’ufficio postale gli è stato comunicata (il significato della dicitura apposta il giorno 8.8.06 sulla busta non lascia dubbi in proposito: nao procurado va interpretato, secondo il significato evidente delle parole, come nessuno ha cercato la corrispondenza all’ufficio postale) e pertanto, trascorso il previsto termine, la notifica va considerata perfezionata. In caso di mancato ritiro presso l’ufficio posta dello Stato estero, non occorre lo svolgimento di nuove ricerche e la compiuta giacenza della raccomandata, inviata ex art. 169 c.p.p., equivale ad effettiva ricezione, con il conseguente perfezionamento della procedura di notificazione (sez. 3, n. 19735 dell’8.4.2010, rv.

247551).

Non risulta violata alcuna norma procedurale e l’asserita incompatibilità della procedura vigente in Brasile con i principi fondamentali del nostro ordinamento in tema di garanzie della difesa non è comprovata da alcuna documentazione, la cui produzione rientra necessariamente nei compiti della parte che eccepisce questo insanabile contrasto.

Appare inoltre del tutto immune da censure l’argomentazione della conoscenza di fatto, da parte del N., dell’inizio, dello svolgimento e dell’esito della procedura di accertamento delle sue responsabilità penali, in ordine alle sue condotte di imprenditore insolvente. Tale argomentazione, intrinsecamente corrispondente alle risultanze processuali, si fonda su una razionale valutazione della condotta del ricorrente, consapevolmente elusiva dei suoi palesi obblighi di lealtà e di tutela delle garanzie nei confronti delle legittime aspettative dei suoi creditori. Gli accertamenti, svolti nel corso del giudizio di merito, hanno consentito di rilevare che il N. – raggiunta la consapevolezza dello stato di decozione dell’impresa già prima della dichiarazione di fallimento – si era allontanato dall’Italia e aveva mantenuto questo comportamento illecito durante le inevitabili indagini sulle conseguenze penali della gestione dell’impresa fallita.

In conclusione, risulta accertata in maniera incontestabile la conoscenza legale e di fatto, da parte del N., dei giudizi di merito e delle conseguenti sentenze di condanna, pronunciate nel pieno rispetto delle sue garanzie di difesa.

Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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