Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 27-10-2010) 01-02-2011, n. 3671

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

erale in persona del Dott. IZZO Gioacchino che ha concluso per l’inammissibilità.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 2.10.09 la corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza 5.3.09, emessa ex art. 442 c.p.p., dal tribunale della stessa sede, ha ridotto a mesi 10 di reclusione la pena inflitta a M.B., in ordine a più reati, uniti dal vincolo della continuazione, di cui all’art. 495 c.p., comma 2, n. 2 e art. 61 c.p., n. 11 bis.

Il difensore ha presentato ricorso per vizio di motivazione: la sentenza non ha tenuto conto che la falsità delle dichiarazioni rilasciate dall’imputato costituisce un fatto solo verosimilmente accaduto, supposto o intuito e non accertato come realmente verificato. Ha invece tenuto conto delle dichiarazioni dell’imputato concernenti diverse generalità, nonchè dell’assenza di un documento di identità che possono condurre solo a un sospetto sulla veridicità delle medesime.

Non appaiono condivisibili inoltre le argomentazioni svolte dalla corte di appello, in ordine all’asserito onere di allegazione gravante sull’imputato finalizzato all’identificazione delle proprie generalità, in quanto viene così prospettata un’inversione dell’onere della prova.

Altro vizio della motivazione riguarda la mancata concessione delle attenuanti genetiche. A tale censura della motivazionale va aggiunta la censura per violazione di legge, in riferimento all’art. 62 bis c.p.. La sentenza ha dato rilievo, quale indice della capacità a delinquere del M., ai precedenti penali, ma non ha tenuto conto del modesto allarme sociale derivante dalla condotta dell’imputato, della giovane età, del comportamento processuale e della funzione educativa della pena.

I motivi del ricorso sono manifestamente infondati, in quanti contengono generiche critiche alle vantazioni fattuali delle sentenze dei giudici di merito, improntate a completa ed esaustiva analisi delle risultanze processuali ed a una loro razionale interpretazione.

Quanto al trattamento sanzionatorio, si rileva che le critiche mosse dal ricorrente si pongono – senza proporre alcun convincente argomento critico- in contrasto con il consolidato e condivisibile orientamento interpretativo,secondo cui la concessione o il diniego delle attenuanti generiche e in genere la determinazione della pena rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito e quindi non richiedono un’analitica valutazione di tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, indicati dalle parti o desunti dalle risultanze processuali, essendo sufficiente l’indicazione degli elementi ritenuti decisivi e rilevanti. (sez. 1, 21.9.1999, n. 12496, in Cass Pen. 2000, n. 1078, p. 1949).

Nel caso in esame,non è quindi censurabile la motivazione della sentenza impugnata, laddove fa riferimento alla spiccata capacità a delinquere, dimostrata, ex art. 133 c.p., comma 2, n. 2, dai precedenti penali dell’imputato, nè risulta che siano state trascurate deduzioni specificamente esposte nei motivi di gravame, meritevoli di analitica valutazione critica.

Va comunque rilevato che il reato continuato, in ordine al quale è stata riconosciuta la responsabilità dell’imputato, risulta essere aggravato in base a una norma (ex art. 61 c.p., n. 11 bis) di cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale, con recente sentenza del giudice delle leggi (n. 249 del 2010).

Limitatamente a questo punto la sentenza va quindi annullata, con conseguente riduzione della pena a nove mesi di reclusione (pena base un anno, aumentata per la recidiva a mesi 13 e 15 gg di reclusione, diminuita di un terzo per il rito).
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente all’aggravante ex art. 61 c.p., n. 11 bis, che elimina. Rigetta il ricorso nel resto e ridetermina la pena in nove mesi di reclusione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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