Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-10-2010) 01-02-2011, n. 3580

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 11 febbraio 2008 la Corte di appello di Ancona confermava la sentenza emessa in data 17 luglio 2001 dal Tribunale di Ancona, sezione distaccata di Fabriano, con la quale T. M. era stato dichiarato colpevole del reato di ricettazione di un’autovettura, commesso in (OMISSIS), ed era stato condannato, con le circostanze attenuanti generiche, alla pena condizionalmente sospesa di anni uno, mesi sei di reclusione e L. 2.000.000 di multa.

Secondo la tesi accusatoria, ritenuta fondata dal giudice di merito, il T. avrebbe ricevuto da Ti.Re. un’autovettura gravemente danneggiata da riparare e gli aveva restituito un’autovettura della stessa marca e modello, ma di provenienza illecita.

Avverso la predetta sentenza il T. ha proposto, personalmente, ricorso per cassazione.

Con il ricorso si deduce la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), d) ed e) in relazione al mancato espletamento da parte del giudice di merito di una ricognizione personale, volta ad accertare che il T. fosse effettivamente la persona cui il Ti. aveva consegnato la propria autovettura danneggiata, considerato anche che l’imputato svolgeva l’attività di soccorritore stradale e non di carrozziere per cui era verosimile che il Ti. lo avesse confuso con altra persona.

Il ricorso è inammissibile perchè tende a sottoporre al giudizio di legittimità, in maniera peraltro del tutto generica, aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito.

Nel caso in esame il giudice di merito ha ineccepibilmente osservato che la prova della responsabilità dell’imputato si desumeva, oltre che dalle dichiarazioni del Ti. il quale aveva riferito in termini di assoluta certezza di aver consegnato la propria autovettura da riparare al T., anche dalle dichiarazioni della teste A.D.D. che, avendo accompagnato il Ti. presso la carrozzeria di Pescara in cui il veicolo era in riparazione, aveva personalmente assistito alle rimostranze del suo amico che aveva constatato la diversità di alcune componenti del veicolo rispetto a quelli originali. Le conclusioni circa la responsabilità del ricorrente risultano quindi adeguatamente giustificate dal giudice di merito attraverso una puntuale valutazione delle prove, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze logiche e da contraddizioni senza lasciare spazio a dubbi sull’identificazione nel T. della persona entrata in contatto con il Ti. per l’effettuazione delle riparazioni e autrice della sostituzione dell’autovettura con altra, della stessa marca, di recente provenienza delittuosa. Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile. Del resto, quanto alla doglianza relativa alla mancata riapertura dell’istruzione dibattimentale per procedere a ricognizione di persona, la Corte osserva che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (Cass. sez. 3, 7 aprile 2010 n. 24294, D.S.B.; sez. 6, 21 maggio 2009 n. 40496, Messina; sez. 6, 18 dicembre 2006 n. 5782, Gagliano; sez. 5, 16 maggio 2000 n. 8891, Callegari), il giudice d’appello ha l’obbligo di motivare espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento solo nel caso di suo accoglimento, laddove, ove ritenga di respingerla, può anche motivarne implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o negare la responsabilità del reo. Nel caso in esame la struttura argomentativa posta a base della pronuncia impugnata evidenzia -in maniera esauriente, coerente e logica- la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in senso positivo sulla responsabilità del T., con la conseguente mancanza di necessità di procedere alla riapertura dell’istruzione dibattimentale.

Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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