T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, Sent., 27-01-2011, n. 115 Contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Parte ricorrente ha adito l’intestato Tar deducendo di essere concessionaria in esclusiva del pubblico servizio di distribuzione del gas nel Comune di Varallo Pombia, in virtù di atto di concessione in data 30.8.1984, con scadenza originaria prevista sino al 31.12.2014, poi prorogata con atto integrativo del 1992 sino al 31.12.2020.

Con prima deliberazione, impugnata con separato ricorso e successivamente annullata in autotutela, l’amministrazione aveva stabilito che la concessione fosse soggetta, in virtù della normativa sopravvenuta, a scadenza anticipata in data 31.12.2005.

Con successiva deliberazione n. 41/2009 l’amministrazione ha rideterminato la scadenza della concessione, fissandola al 31.12.2009, contestualmente indicendo gara per la nuova concessione; tale deliberazione viene qui posta in contestazione per i seguenti motivi:

1)Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 co. 9 del d.lgs. 164/2000, anche in relazione ai principi generali dell’ordinamento in materia di gare; eccesso di potere per inesistenza assoluta del presupposto e della motivazione, travisamento e illogicità manifesta. La censura è stata mossa anche avverso la lettera di invito con l’atto di ricorso per motivi aggiunti depositato in data 23.2.2010. Il motivo è stato espressamente rinunciato con memoria in data 30.11.2010, p. 3940.

2) Eccesso di potere per perplessità ed indeterminatezza – violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 – carenza assoluta della motivazione e di istruttoria- violazione del TUEL sotto molteplici profili – illogicità manifesta – violazione del principio del buon andamento della P.A. e dell’art. 87 della Costituzione – eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e diritto; violazione della convenzione in data 30.8.1984; violazione del principio di affidamento – illogicità manifesta. La censura è stata riproposta in relazione alla lettera di invito con l’atto di ricorso per motivi aggiunti depositato in data 23.2.2010 e viene sviluppata anche lamentando una violazione degli artt. 41, 42, 43 della Costituzione e del diritto di proprietà. Contesta nella sostanza parte ricorrente che l’amministrazione avrebbe errato nella determinazione della stima di valore residuo degli impianti che, in caso di aggiudicazione a diverso concorrente, devono essere consegnati dalla M. s.p.a., al momento gestore e titolare dei medesimi, all’aggiudicataria subentrante. Oltre che l’intrinseca inadeguatezza del valore di stima la ricorrente articola la censura evidenziando diverse irregolarità procedurali connesse alla determinazione e contabilizzazione di tale valore.

3) Violazione e falsa applicazione della delibera dell’AEEG n. 159/2008 – Indeterminatezza degli atti di gara – Eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione – Illogicità manifesta.

La censura viene riproposta anche avverso la lettera di invito con ricorso per motivi aggiunti depositato il 23.2.2010. Il bando, al fine di definire i ricavi riconosciuti all’aggiudicatario, avrebbe utilizzato i criteri vigenti sino al 31.12.2008, non più esistenti dall’1.1.2009, mentre l’AEEG, allo stato, deve ancora stabilire i nuovi criteri per individuare quali sono i ricavi che potranno e dovranno essere riconosciuti al gestore nel futuro.

Mancano pertanto in radice i parametri per la formulazione di un’offerta.

4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 co. 8 e dell’art. 15 co. 5 del "decreto Letta" sotto ulteriore profilo. Violazione dell’art. 35 della Costituzione. Contesta parte ricorrente l’illegittimità del bando di gara nella parte in cui non ha previsto l’inserimento della cosiddetta "clausola sociale", che impone al gestore entrante di farsi carico del personale che già opera presso l’impianto ed è in forza presso l’attuale gestore.

La censura è mossa anche in via derivata avverso la lettera di invito impugnata con motivi aggiunti, depositati il 23.2.2010

5) Violazione dei principi in materia di giusto procedimento e di trasparenza dell’azione amministrativa – violazione dell’art. 97 della Costituzione con riferimento ai principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa – contraddittorietà fra più atti – eccesso di potere per carenza di istruttoria – difetto assoluto di motivazione- erroneità dei presupposti di fatto e di diritto – sviamento della causa – illogicità manifesta. La censura è stata riproposta avverso la lettera di invito con il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 23.2.2010.

Il motivo è stato oggetto di espressa rinuncia con la memoria in data 30.11.2010, p. 51.

6) Violazione dei principi in materia di giusto procedimento e di trasparenza dell’azione amministrativa- violazione dell’art. 97 della Costituzione con riferimento ai principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa- Eccesso di potere per carenza di istruttoria – difetto assoluto di motivazione – erroneità dei presupposti di fatto e di diritto – sviamento della causa tipica illogicità manifesta. Identica censura in via derivata è stata mossa avverso la lettera di invito con il ricorso per motivi aggiunti depositati in data 23.2.2010.

Lamenta parte ricorrente una sproporzione del punteggio attribuito alla componente economica dell’offerta rispetto a quello attribuito alla componente tecnica.

7) Indeterminatezza del bando di gara sotto ulteriore profilo – Impossibilità di formulare un’offerta ponderata. La censura è stata riproposta in via derivata avverso la lettera di invito. Il motivo è stato espressamente rinunciato nella memoria depositata in data 30.11.2010, p. 53.

8) Invalidità derivata per illegittimità costituzionale dell’art. 15 del "decreto Letta" per eccesso di delega; violazione dell’art. 76 della Costituzione in connessione con l’art. 41 della l. n. 144/1999 nella parte in cui ha imposto la scadenza anticipata delle concessioni in essere.

La censura è stata riproposta in via derivata con il ricorso per motivi aggiunti avverso la lettera di invito depositato il 23.2.2010.

Con il suddetto ricorso per motivi aggiunti parte ricorrente ha, come già evidenziato, riproposto in via derivata le censure già mosse avverso la deliberazione n. 41/2009, aggiungendo il seguente ed ulteriore motivo di censura:

9) Indeterminatezza del bando di gara sotto ulteriore profilo – violazione dell’art. 83 del d.lgs. 163/2006. Contesta parte ricorrente che il bando, in relazione alla valutazione del "piano di investimenti" ha indicato una serie di voci quali parametri di valutazione abbinate ad un punteggio massimo, senza specificare ulteriori criteri di ponderazione. L’elenco dei parametri non viene ritenuto idoneo a far comprendere a quali voci verranno ascritti i vari investimenti; la formulazione del bando non pare quindi sul punto idonea alla predisposizione dell’offerta. La legge di gara inoltre demanda alla Commissione di attribuire un valore "a stima" delle offerte, al fine poi di attribuire loro i corrispondenti punteggi; anche sul punto si evidenzierebbe l’arbitrio della commissione.

Con ricorso per motivi aggiunti/motivi ulteriori depositato in data 10.3.2010 la ricorrente ha censurato la lettera di invito anche per il seguente motivo:

1) Eccesso di potere per indeterminatezza e contraddittorietà degli atti di gara – Eccesso di potere per carenza di istruttoria – Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 89, 133 del d.lgs. 163/06 – Violazione dei principi di imparzialità, di buon andamento dell’amministrazione e di tutela della concorrente – Illogicità manifesta.

Lamenta parte ricorrente che la lettera di invito imponeva di indicare l’offerta percentuale di ribasso per eventuali opere in relazione ad un "elenco prezzi" privo di riscontri che ne confortassero l’attendibilità.

Con ulteriore ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 25.6.2010, parte ricorrente ha censurato l’aggiudicazione definitiva a favore di E.R.G. s.p.a., deducendo avverso tale atto e quelli presupposti i seguenti motivi di ricorso:

1) Errata e falsa applicazione della lex specialis sotto molteplici profili- Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto – Illogicità manifesta – Eccesso di potere per sviamento. Censura la ricorrente l’offerta della controinteressata perché non ha previsto la realizzazione di una cabina Re.MI prima di 5 anni, circostanza che avrebbe dovuto comportare l’immediata esclusione dall’aggiudicataria.

2) Violazione dell’art. 86 comma 2 del d.lgs. n. 163/2006 – Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto – Manifesta carenza di istruttoria per mancata considerazione dell’art. 15 co. 5 del d.lgs. n. 164/2000, dell’art. 23 del d.l. n. 173/2005, convertito in legge n. 51/2006, dell’art. 46bis del d.l. 159/07 sotto ulteriore profilo – Illogicità manifesta – Eccesso di potere – Sviamento. Contesta parte ricorrente che il Comune è incorso in macroscopico errore nel valutare le giustificazioni di congruità dell’offerta rese dall’aggiudicataria là dove quest’ultima ha affermato di poter sostenere il ribasso offerto grazie alle eccezionali economie di scala che le deriverebbero dall’essere titolare di ulteriori 39 concessioni nell’area. La giustificazione sarebbe strutturalmente inadeguata a valere per i 12 anni di durata dell’affidamento poiché fisiologicamente le concessioni oggi in essere sono per lo più frutto di affidamenti destinati a cessare ex lege al più al 31.12.2012.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 84 del d.lgs. 163/2006. Violazione dei principi in materia di costituzione e funzionamento delle commissioni per le aggiudicazioni delle pubbliche gare – Violazione dei principi in materia di giusto procedimento e di trasparenza dell’azione amministrativa – Carenza assoluta di istruttoria e difetto di motivazione – Violazione dell’art. 97 della Costituzione con riferimento ai principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa – Eccesso di potere per contraddittorietà – Illogicità manifesta. Lamenta parte ricorrente che, in violazione di legge, i componenti individuati per comporre la commissione tecnica non fossero tecnici esperti del settore.

4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 84 del d.lgs. 163/2006 – Violazione del principio di perfetta collegialità della commissione di gara – Violazione dei principi in materia di funzionamento della commissione di gara – Violazione dei principi in materia di giusto procedimento e di trasparenza dell’azione amministrativa – Carenza assoluta di istruttoria e difetto di motivazione – Violazione dell’art. 97 della Costituzione con riferimento ai principi di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per contraddittorietà – Illogicità manifesta – Sviamento. Lamenta parte ricorrente che durante le operazioni della commissione era illegittimamente presente tale ingegner Marfurt, che avrebbe partecipato alle operazioni della stessa inquinandone l’operato.

5) Indeterminatezza – Violazione dell’art. 83 del d.lgs. n. 163/2006 – Sviamento di potere – Carenza e difetto di motivazione. Lamenta parte ricorrente che la commissione avrebbe arbitrariamente stralciato alcuni elementi della sua offerta, in particolare ritenendoli non obiettivamente utili.

In tal modo sarebbero stati surrettiziamente introdotti, a buste aperte, nuovi criteri di valutazione.

6) Illegittimità della procedura sotto ulteriore profilo – Violazione dell’art. 83 del d.lgs. 163/2006 – Sviamento – Violazione dell’art. 14 del d.lgs. 164/2000.

Infine con il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 2530.6.2010 la ricorrente ha riproposto in via derivata le svariate pregresse censure già prima elencate.

La causa è stata discussa e decisa nel merito all’udienza del 18.12.2010.
Motivi della decisione

L’analisi dei motivi di ricorso tenta di seguire la pur "alluvionale" cronologia dei motivi, partendo dal ricorso principale per proseguire con i motivi aggiunti, accorpando i motivi identici riproposti avverso diversi atti e/o in via derivata, salvo prescindere dalle singole censure di cui si è indicata l’espressa rinuncia nella esposizione in fatto.

Giova ulteriormente premettere che la ricorrente ha instaurato in buona parte un contenzioso "preventivo" poiché numerose delle censure mosse con il ricorso introduttivo direttamente avverso il bando di gara si sono appuntate avverso aspetti della lex specialis che la giurisprudenza ritiene pacificamente non tali da necessitare immediata censura, poiché non idonei ad impedire la partecipazione ovvero la formulazione dell’offerta. Tuttavia, con i vari ricorsi per motivi aggiunti, le censure sono state riproposte in via derivata avverso i successivi atti procedimentali sino all’aggiudicazione definitiva nelle more intervenuta. La resistente ha eccepito sia l’inammissibilità di talune delle censure originarie in relazione alla loro "anticipata" introduzione sia la tardività di alcune ovvero l’inammissibilità di taluni motivi aggiunti in relazione alla loro reiterazione ovvero ai termini di proposizione del ricorso per motivi aggiunti stesso. Si ritiene, in considerazione della ritenuta infondatezza nel merito delle censure infra analizzate, di prescindere da una analitica disamina delle singole questioni di inammissibilità/tardività delle censure esposte nelle difese delle parti resistente e controinteressata.

Con il secondo motivo di ricorso principale parte ricorrente nella sostanza ha contestato la stima fatta dall’amministrazione del valore residuo dell’impianto oggi gestito dalla M. s.p.a. e proposta ai fini del riscatto (ciò sia sotto il profilo di merito, quanto all’importo stimato, che sotto plurimi profili procedurali, concernenti le modalità di determinazione e contabilizzazione di detto importo).

Risulta per tabulas dal bando che l’amministrazione si è avvalsa della facoltà, esplicitata dalla legge di gara, (cfr. bando di gara p. 13 sub. doc. 7 di parte resistente) di accollarsi gli oneri di riscatto degli impianti previsti dall’art. 14 co. 8 del d.lgs. n. 164/2000.

La soluzione è ritenuta legittima da pacifica giurisprudenza. Recita, ex pluris, C. Stato sez. V n. 370/2009: "La scelta del comune di assumere in proprio gli oneri disciplinati dall’art. 14 comma 8 del d. lgs. 164/2000, non ostacolata dal dato normativo, è giustificata sia dalla ricaduta positiva sul margine di profitto dei concorrenti che favorisce la più ampia partecipazione, sia, soprattutto, dalla cogente esigenza di attivare tempestivamente le procedure ad evidenza pubblica per l’individuazione dei nuovi aggiudicatari, procedure altrimenti paralizzate, con chiara violazione del disposto normativo al riguardo, dal contenzioso insorto con i gestori uscenti e dalla conseguente impossibilità di accollare ai vincitori delle gare un onere economico non definito."

Puntualmente, nel caso di specie, si è verificato che, con l’assunzione di tali oneri, l’amministrazione ha inteso definitivamente scindere il contenzioso in essere sulla stima degli impianti dall’indizione della gara; sussiste infatti sul punto tra la M. s.p.a. e il Comune un contenzioso devoluto a giudizio arbitrale. L’amministrazione, proprio per evitare che tale contenzioso diventasse ostacolo allo svolgimento della gara e quindi all’avvicendarsi dei gestori ed alla concorrenza, ha previsto di farsi carico del valore di riscatto delle strutture. Tutte le contestazioni sulla determinazione di tale valore (comprese quelle che paventano danni erariali in seno all’amministrazione per sottostima del valore degli impianti, nonché vizi di contabilizzazione degli importi dovuti alla M. s.p.a.) non hanno quindi alcun rilievo ai fini della legittimità della gara che resta "sterilizzata" dai contrasti sul punto.

Il motivo di ricorso è pertanto palesemente infondato.

Con il terzo motivo di ricorso principale si ritiene di inferire l’illegittimità dell’intera procedura dalla mancanza, al momento di indizione della gara, di vigenti parametri di determinazione dei ricavi da riconoscere ai gestori, determinazione di competenza dell’AEEG. La tesi, oltre ad essere contraddetta dall’intervenuta presentazione di offerte (che, seguendo a rigore la tesi di parte ricorrente, sarebbero state semplicemente insuscettibili di determinazione ed invece sono state regolarmente presentate in gara e sono anche oggetto di contestazione, sempre da parte della ricorrente, in punto sostenibilità economica), trascura l’esistenza di regimi transitori che hanno autorizzato gli operatori, nell’attesa della determinazione delle nuove tariffe, ad applicare le vecchie.

La censura prova ex se troppo. Seguendo rigorosamente l’impostazione di parte ricorrente si perverrebbe al seguente assurdo risultato: in un mercato in cui è previsto un sistema di tariffazione amministrata soggetta a revisione periodica e demandata ad una autorità terza, la quale a sua volta individua anche i margini di ricavo dei gestori, ogniqualvolta suddetta autorità, per qualsivoglia ragione, ritardi nella determinazione delle tariffe si determinerebbe automaticamente a carico dei concedenti la paralisi di qualsiasi possibilità di indire gare, e conseguentemente anche la paralisi del mercato. La situazione appare ancor più paradossale se si considera che a sua volta l’Autorità necessita dei dati provenienti dai gestori per determinare le tariffe e che, come ricorda la stessa ricorrente, con la deliberazione n. 197 del 2009, l’AEEG ha evidenziato la lentezza nell’acquisizione dei dati, cossichè proprio i gestori interessati sarebbero in grado indirettamente, rallentando la trasmissione dei dati, di congelare gli affidamenti a loro favore.

La censura non può pertanto trovare accoglimento.

Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente censura il mancato inserimento nel bando della cosiddetta "clausola sociale", che oneri il gestore subentrante di assumere i lavoratori in forza presso il gestore uscente per la gestione dell’impianto.

Cita parte ricorrente giurisprudenza a suffragio della tesi secondo cui legittimamente un bando di gara può imporre al nuovo gestore di assumere i lavoratori in forza presso l’impianto in cui deve subentrare in seguito all’aggiudicazione. E’ ovvio tuttavia che la indubbia legittimità della scelta dell’amministrazione di "imporre" nella legge di gara al concorrente di assumersi tale onere in caso di aggiudicazione non implica ex se l’illegittimità dell’opposta soluzione di non imporglielo.

La giurisprudenza, infatti, esclude che in simili fattispecie ricorra una cessione di ramo d’azienda con onere legale di assunzione dei lavoratori in forza (in senso negativo C. Stato, sez. V, n. 370/2009).

La censura pare poi nel caso di specie anche afflitta da un profilo di inammissibilità per difetto di legittimazione attiva sul punto da parte della ricorrente. Il presunto obbligo di assumere da parte del nuovo gestore i lavoratori in forza presso l’impianto, anche dandolo per assunto, può trovare fonte legale o contrattuale; esso pertanto si dovrebbe imporre o ex lege (al limite con eterointegrazione del bando) a tutti gli operatori di settore ovvero ex contractu a tutti gli aderenti alle organizzazioni di categoria che hanno sottoscritto il pertinente contratto collettivo. In entrambe i casi i soggetti avvantaggiati/danneggiati dal rispetto o dalla violazione di tale obbligo saranno esclusivamente i lavoratori o ancora le organizzazioni sindacali firmatarie di contratti di categoria che detto obbligo impongono.

Rispetto ai concorrenti alla gara, quale la ricorrente, il dato del bando è neutro poiché, o trattasi di vincolo legale incombente ugualmente su tutti i concorrenti a prescindere dal bando, o trattasi di vicolo contrattuale che, ove il concorrente aderisca alla contrattazione di categoria pertinente, graverà sul medesimo a prescindere dalla legge di gara, con sua connessa responsabilità contrattuale; ove per contro questi sia estraneo alla contrattazione di categoria di pertinenza, ed in assenza di specificazione nella legge di gara, semplicemente il vincolo contrattuale non sarà opponibile ad alcun concorrente, salva eventuale responsabilità in capo all’amministrazione per vincoli sulla medesima gravanti. Infatti la circostanza che, come puntualizzato nell’ultimo ricorso per motivi aggiunti, il Comune fosse vincolato ad imporre il mantenimento dei lavoratori in forze in ragione di accordo sindacale dal medesimo sottoscritto comporta al limite un possibile inadempimento contrattuale dell’amministrazione rispetto ad un contratto a cui i concorrenti sono estranei e della cui violazione non hanno appunto titolo alcuno a dolersi.

La legittimazione alla censura, così come impostata, volta a colpire direttamente la legge di gara e non la singola offerta di altro concorrente per asserita non conformità a legge (si legge espressamente a p. 42 dell’ultimo ricorso per motivi aggiunti, proposto avverso l’aggiudicazione definitiva, che la censura viene riproposta avverso l’aggiudicazione definitiva in via derivata a "al fine di non vedere dichiarata la carenza di interesse dei motivi di cui al ricorso introduttivo"; nel riformulare la censura poi, a p. 43 del medesimo atto, la ricorrente puntualizza nuovamente che l’effetto della censura è "l’illegittimità delle legge di gara"), potrebbe al limite ravvisarsi in capo alla sigle sindacali intervenienti. Tuttavia se è vero che queste ultime, nel presente giudizio, hanno spiegato intervento ad adiuvandum esso come noto, nel giudizio amministrativo, consente solo di portare sostegno alle ragioni tempestivamente ed ammissibilmente esposte dal ricorrente e non può diventare veicolo per l’introduzione tardiva o la sanatoria di autonome ragioni di impugnativa che non sono state validamente introdotte dal ricorrente. Per di più, come evidenziato dalla difesa dell’amministrazione, le stesse OO.SS. intervenienti nulla allegano a suffragio della propria legittimazione attiva, considerato che neppure individuano il contratto collettivo o l’accordo aziendale, dalle medesime sottoscritti, che imporrebbe l’assunto onere in capo all’amministrazione.

La censura appare quindi inammissibile, ancor prima che infondata, sotto il profilo della carenza di legittimazione attiva.

Con il sesto motivo di ricorso la ricorrente censura la legge di gara in quanto il criterio di aggiudicazione, pur formalmente dichiarato secondo il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sarebbe stato sostanzialmente snaturato in favore del solo parametro economico. Ciò in ragione della sproporzione dei punti complessivamente assegnati per l’offerta economica (57) rispetto a quelli assegnati all’offerta tecnica; il punteggio economico arriverebbe in realtà a 65, considerando che anche alcune delle voci relative all’offerta tecnica sono in realtà valutate in applicazione di parametri economici.

La censura, per non sconfinare nel merito, dovrebbe evidenziare una palese irrazionalità; tanto non si verifica nel caso di specie.

Quanto alle rispettive proporzioni tra valore economico e valore tecnico dell’offerta, al fine di ritenere rispettato un meccanismo di "offerta economicamente più vantaggiosa", si evidenzia che, ex multis, il giudice d’appello ha ritenuto legittimo un bando che attribuiva all’aspetto economico il 70% del punteggio; la pronuncia del TAR Venezia, ampiamente citata da parte ricorrete a suffragio della propria tesi, è stata riformata proprio sullo specifico punto dalla sentenza C. Stato, sez. V, n. 3890/2010 ritenendo congrua l’attribuzione di 34 punti all’aspetto tecnico dell’offerta, evidenziando anche che non si poteva ignorare che l’amministrazione, proprio come nella gara per cui è oggi causa, si era fatta carico del riscatto degli impianti dal gestore uscente.

In tal senso recentemente anche C. Stato, sez. V, 4.1.2011, n. 2.

Per altro neppure è condivisibile il ragionamento attraverso il quale la ricorrente perviene a sostenere che l’amministrazione avrebbe attribuito agli aspetti economici un peso di 65 punti perché, sempre a detta della ricorrente, alcune voci dell’offerta tecnica rappresentano per il gestore un "costo" e andrebbero quindi considerate come voci di offerta economica. Come è ovvio non tutto ciò che per il gestore è costo per l’amministrazione è entrata economica, poiché ogni miglioria tecnica o ampliamento di rete è certamente un costo per il gestore ma è un investimento tecnico per l’amministrazione.

Proprio nell’ambito di questo tipo di gare si ritiene inoltre pacificamente legittimo individuare criteri qualiquantitavi da utilizzare come "metro di valutazione" per le migliorie tecniche; il dato, oggettivo, del loro valore economico, non snatura l’appartenenza della voce valutata all’offerta tecnica.

La censura è quindi infondata.

Con l’ottavo motivo di ricorso parte ricorrente prospetta di ritenere rilevante e non manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale per eccesso di delega con riferimento all’art. 15 del d.lgs. 164/2000, nella parte in cui ha introdotto un regime transitorio che impone una scadenza anticipata agli affidamenti diretti in corso. La censura non è per contro rilevante ai fini del giudizio, avendo la ricorrente, nei successivi atti, rinunciato agli specifici motivi di ricorso concernenti la disposta scadenza anticipata della concessione in essere; per di più, con l’ultimo ricorso per motivi aggiunti, la ricorrente ha censurato di anomalia l’offerta dell’aggiudicataria evidenziando come sostanziale unica e specifica inadeguatezza delle giustificazioni dalla medesima addotte proprio l’incompatibilità delle stesse con la necessaria scadenza legale anticipata delle concessioni affidate in via diretta; da un eventuale accoglimento della questione di costituzionalità deriverebbe quindi il rigetto di una delle fondamentali censure di parte ricorrente, mentre nessun ausilio ne avrebbe la stessa, alla luce delle sopravvenute rinunce ad alcuni dei motivi originariamente proposti. Ad abundantiam aggiungasi che chiare indicazioni esattamente contrarie alla posizione di parte ricorrente, ossia di incompatibilità con il diritto comunitario della concorrenza dei regimi di "proroga" e non certo di quelli di "interruzione" anticipata delle gestioni dirette del servizio, sono pervenute dal giudice comunitario sin dalla pronuncia del 17.7.2008 in causa C347/06.

Con l’ottavo ed autonomo motivo di ricorso per motivi aggiunti, proposto con atto depositato in data 23.2.2010, la ricorrente lamenta l’inidoneità dei criteri dettati dalla legge di gara per la valutazione delle offerte tecniche, in particolare quanto alla voce "piano investimenti per lo sviluppo e il potenziamento rete", cui erano attribuiti 36 punti scorporati in 7 voci.

Sull’eccezione preliminare di inammissibilità mossa da parte resistente si rinvia alla premessa in diritto.

Quanto al merito la mera lettura del criterio contestato, abbinato a ben 7 subcriteri, con conseguente scomposizione del punteggio sin dalla legge di gara, evidenzia l’analiticità dei medesimi. Sostiene la ricorrente la curiosa tesi per cui i concorrenti, ovviamente tutte imprese specializzate del settore, non sarebbero stati messi in grado di comprendere se gli investimenti da loro offerti dovessero ascriversi, alla luce dei subcriteri, ad esempio tra le "estensioni di rete" oppure tra la "manutenzione cabine e gruppi di riduzione".

L’assunto è privo di pregio essendo i subcriteri analitici oltre che necessariamente destinati a operatori del settore tant’è che per altro la stessa ricorrente non indica alcun concreto "errore" o "pregiudizio" in capo alla medesima derivante dalla presunta incomprensibilità delle categorie.

Prosegue la censura contestando la circostanza che il bando prevedeva, ai fini dell’attribuzione del punteggio, la stima economica del valore degli investimenti. La questione della legittimità di un meccanismo qualiquantitativo di valutazione dell’offerta tecnica è già stata affrontata in relazione all’analisi del sesto motivo di ricorso principale.

Anche questo di ricorso per motivi aggiunti appare quindi infondato.

Con l’unico motivo del ricorso per motivi aggiunti depositato in data 10.3.2010 la ricorrente lamenta che l’elenco prezzi individuato dall’amministrazione come parametro di valutazione dei ribassi offerti per eventuali opere di miglioria è privo di attendibilità. Argomenta la ricorrente lungamente sulla scorta degli artt. 89 e 113 del d.lgs. 163/2006 che tuttavia pacificamente non si applicano alle gara in contestazione, che afferisce un settore speciale e concerne la concessione di un servizio e non la realizzazione di un’opera; né suddette norme divengono applicabili perché la legge di gara esordisce richiamando genericamente e nel suo complesso (e quindi anche nella parte in cui limita la norme applicabili ai settori speciali) il d.lgs. 163/2006.

Tanto premesso la censura è infondata là dove invoca la diretta applicazione di norme non pertinenti mentre è del tutto generica nella parte in cui argomenta che "l’elenco prezzi del Comune prevede valori unitari significativamente inferiori rispetto a quelli indicati nel prezziario regionale aggiornato al 2009". A fronte di tale generica formulazione non è neppure possibile comprendere quali sarebbero le voci contestate e di quanto sarebbero "significativamente" inferiori.

Per tale profilo la censura è quindi inammissibile.

Con il primo motivo di ricorso per motivi aggiunti depositato in data 2530.6.2010 e proposto avverso l’aggiudicazione definitiva la ricorrente contesta la radicale inidoneità dell’offerta dell’aggiudicataria, e comunque la sua natura parziale o limitata, per avere l’aggiudicataria previsto la realizzazione di una cabina Re.Mi esclusivamente a partire dal quinto anno di affidamento; sostiene parte ricorrente che l’immediata realizzazione di una cabina Re.Mi, come previsto dalle altre due concorrenti in gara, era una componente tecnicostrutturale dell’offerta imprescindibile e tale quindi da comportare l’inammissibilità dell’offerta. Sullo specifico punto della imprescindibilità o meno della predisposizione di una autonoma cabina Re.Mi da parte dell’aggiudicatario di questo tipo di concessioni si è pronunciato il giudice d’appello nella decisione C. Stato, sez. V, n. 6745/2008. Replicando al motivo d’appello che affermava l’imprescindibilità della realizzazione di una cabina Re.Mi per rendere autonomo l’impianto dato in gestione ha statuito il Consiglio di Stato: "La sezione condivide le osservazioni svolte dalla sentenza appellata a tenore delle quali nelle piccole realtà abitative non sia raro rintracciare una "cabina di primo salto" posta al servizio di un’intera rete interconnessa, rispetto alla quale l’uso promiscuo da parte di più Comuni è reso possibile con l’applicazione di idonei accorgimenti tecnici. Siffatta soluzione è vieppiù imposta, oltre che da esigenze di razionalità e buona organizzazione, anche da specifiche disposizioni della stessa AEEG, la quale, nella deliberazione n. 138 del 29/7/2004, statuisce, al punto 2.2, che: "Qualora più imprese di distribuzione esercitino il servizio in impianti di distribuzione interconnessi, esse, entro e non oltre 6 (sei) mesi dall’entrata in vigore del presente provvedimento, definiscono accordi di gestione funzionali all’utilizzo di cui al precedente comma 2.1. Tali accordi sono trasmessi all’Autorità nei 15 (quindici) giorni successivi alla loro conclusione", mentre al punto 2.3 dispone che "Qualora più imprese di distribuzione esercitino il servizio su diverse porzioni del medesimo impianto, esse, entro e non oltre 3 (tre) mesi dall’entrata in vigore del presente provvedimento, definiscono mediante accordi le procedure operative e gli scambi di informazioni necessari all’ottimizzazione della gestione dell’impianto. Tali accordi sono trasmessi all’Autorità nei 15 (quindici) giorni successivi alla loro conclusione".

La censura deve pertanto essere respinta, non ravvisandosi nella scelta strutturale dell’aggiudicataria un vizio tecnico che rende l’offerta inadeguata o parziale.

Con il secondo motivo aggiunto di ricorso depositato in data 2530.6.2010 la ricorrente contesta la palese erroneità della valutazione di "non anomalia" dell’offerta dell’aggiudicataria formulata dal Comune.

Ai fini dell’approfondimento della censura non può prescindersi dalle coordinate che pacificamente caratterizzano il sindacato giudiziario della valutazione di anomalia.

Secondo pacifica giurisprudenza "il giudizio di verifica della congruità di un’offerta anomala ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell’offerta nel suo insieme e costituisce espressione di un potere tecnicodiscrezionale dell’amministrazione di per sé insindacabile in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui le valutazioni siano manifestamente illogiche o fondate su insufficiente motivazione o affette da errori di fatto" (ex pluris C Stato sez. V n. 3890/2010; sez. IV, n. 2348/2008; Sez..V, n. 5589/2009; Sez. VI, n. 4933/2007). Inoltre il giudizio di positiva attendibilità sull’offerta non richiede una analitica motivazione e può essere anche avvalorato per relationem con riferimento alle giustificazioni presentate dall’interessato che, si ripete, rilevano nel loro complesso, poiché l’attendibilità è questione complessiva e l’inattendibilità non discende ex se dall’errore in una singola argomentazione.

Al fine di evitare una arbitraria e pressocchè inevitabile rinnovazione del giudizio di anomalia in sede giudiziaria ogni volta che l’offerta sia stata positivamente valutata dalla stazione appaltante ritiene il collegio che debbano essere quantomeno rispettate le seguenti coordinate: come legittimo l’amministrazione normalmente non si confronta con singole e isolate giustificazioni se, sinteticamente, valutandole nel complesso le ritiene idonee. La parte ricorrente che intenda censurare tale sintetico giudizio non può allora limitarsi a dedurre che una delle giustificazioni addotte è verosimilmente errata ma dovrà quantomeno allegare che proprio quell’elemento di giustificazione posto in contestazione è tale da inficiare nel complesso l’offerta e soprattutto che è tale da renderla certamente insostenibile, cioè inidonea a generare un utile complessivo. Là dove infatti l’amministrazione non ha ritenuto di approfondire il sindacato sul singolo argomento addotto non pare al collegio che possa essere automaticamente sovrapposta una nuova valutazione tecnica, senza invadere il merito amministrativo, a meno che, in maniera puntuale, la parte interessata rappresenti, anche con l’eventuale conforto di ausili tecnici di parte nella rappresentazione della censura, quantomeno quale sarebbe a suo dire il "minimo" complessivamente sostenibile non rispettato dall’aggiudicatario e quanto concretamente e specificatamente (e non certo ipoteticamente) incida l’inidoneità della singola ragione di giustificazione posta in contestazione sulla "complessiva attendibilità dell’offerta." E’ evidente infatti che ben potrebbe verificarsi che la totale o parziale inidoneità di una singola ragione di giustificazione sia "assorbibile" (come spesso si verifica nei casi in cui l’amministrazione instaura il contraddittorio sulla anomalia) sul margine di utile complessivo e sia quindi non idonea a comportare una appunto "complessiva" inattendibilità dell’offerta.

Nel caso di specie dal verbale della Commissione del 16.4.2010 (in atti sub. doc. 28 di parte ricorrente) si evince che, nel valutare la congruità dell’offerta dell’aggiudicataria, la commissione ha articolatamente analizzato le giustificazioni rese da Enel Rete gas, evidenziando come l’azienda avesse indicato: di essere organizzata in dipartimenti territoriali che consentono di ottimizzare la logistica e di assicurare la tempestività del servizio; di essere supportata da sistemi informativi che consentono di ottimizzare i processi aziendali; di gestire nella provincia di Novara già 39 concessioni e impianti di distribuzione gas pari a oltre 40.000 clienti finali; di disporre quindi sul territorio d strutture esistenti il cui maggior impiego avrebbe generato maggiori utili senza oneri; di ritenere di poter successivamente "spendere" presso altri contraenti l’acquisizione della concessione per ottenere condizioni di miglior favore dai fornitori; di avvalersi, per la gestione della concessione, di una unità operativa già presente in zona.

Ha attestato infine la commissione che, dalla lettura dell’elaborato del piano economico finanziario, si evincevano i dati che confermavano la redditività dell’affidamento per tutta la sua durata (12 anni).

A fronte di tale valutazione (si ribadisce complessiva) la ricorrente stigmatizza un’unica circostanza, ossia il fatto che l’amministrazione avrebbe errato nel ritenere valida giustificazione la circostanza che l’aggiudicataria avesse, al momento delle giustificazioni, 39 concessioni in essere nell’area; ciò in quanto la vigente normativa impone la cessazione ex lege al più tardi nel 2012 delle concessioni in essere frutto di affidamenti diretti e, sulla base di dati statistici, tali verosimilmente sono la gran parte delle concessioni gestite dall’aggiudicataria. Premesso che la censura si appunta su un solo elemento, ignorando le restanti giustificazioni, e che non viene articolata in termini specifici (soglia minima di sostenibilità dell’offerta, incidenza ritenuta della singola ragione posta in contestazione) si osserva: non è contestato che l’aggiudicataria avesse in essere 39 concessioni; la validità della giustificazione deve, come ovvio, essere vagliata alla luce del momento in cui è stata resa; anche seguendo il ragionamento della ricorrente, l’aggiudicataria avrebbe potuto beneficiare delle addotte "eccezionali economie di scala" quantomeno per i primi anni di gestione; questo, come ovvio, comporta anche una sua iniziale favorevole posizione di mercato per partecipare ad ulteriori gare, come dalla medesima pure sostenuto e in una fase in cui fisiologicamente molte gestioni vanno in gara. E’ infatti evidente che, come l’aggiudicataria non poteva e probabilmente non intendeva neppure sostenere che avrebbe mantenuto le stesse 39 concessioni per tutti i 12 anni della gestione, neppure la ricorrente può ragionevolmente escludere che l’aggiudicataria otterrà in sede di gara ulteriori (coincidenti o diversi) affidamenti in zona che le consentiranno di continuare a sfruttare la presenza di preesistenti strutture; l’addotta "preesistenza delle strutture" è poi dato di fatto pacifico che prescinde dalla persistenza degli affidamenti. Se è infatti pur vero che l’esistenza delle strutture è più o meno vantaggiosa a seconda del numero di clienti serviti è altrettanto ovvio che un conto è appoggiarsi (con maggiore o minor profitto) su realtà già precedentemente create e "ammortizzate" e un conto è doversi attrezzare ex novo per servire un’area in cui non si è per nulla presenti. Né ciò implica, come paventato dalla ricorrente, "abuso si posizione dominante"; esso, oltre ad essere concetto normativamente e diversamente definito per questa tipologia di attività, per quanto in specifico concerne i benefici concorrenziali competitivi derivanti da affidamenti diretti in essere si può persino ritenere normativamente escluso per questo settore. Il legislatore infatti, in termini generali, proprio per "sterilizzare" le gare dagli effetti distorsivi della concorrenza potenzialmente indotti da affidamenti diretti in capo ai concorrenti ha generalmente posto il divieto di partecipazione alle gare per soggetti che vertono in tali condizioni, contestualmente esentando da questa disciplina proprio il settore del gas, ove evidentemente ha ritenuto di non "sanzionare" il vantaggio competitivo dato da affidamenti diretti che erano la fisiologia del preesistente sistema.

L’amministrazione infine ha dato atto di avere valutato il "piano economico" finanziario da cui afferma testualmente "dalla lettura dell’elaborato riportante il Piano economicofinanziario per i dodici anni della concessione, si rileva che sono stati indicati tutti i dati necessari, dai quali si desume la redditività dell’affidamento".

Pare al collegio che la censura come strutturata, priva di supporto tecnico, incentrata su un’unica questione che attiene più a scelte strategiche di sviluppo aziendale che non a dati "economicofinanziarie", e senza individuazione della ritenuta effettiva incidenza dal vizio dedotto non sia sufficiente ad indurre una complessiva rivalutazione di anomalia in sede giudiziaria.

Tanto più, infine, che, come già più volte sottolineato, nella presente gara l’amministrazione ha scelto di farsi carico del costo di riscatto dell’impianto che, anche alla luce degli importi rivendicati per il suo riscatto dalla ricorrente, appare avere consistente valore; la circostanza, per pacifica giurisprudenza oltre che per logica, ha il fisiologico effetto di indurre una più elevata competizione concorrenziale sulla rinuncia a parte del margine di utile, proprio perché esonera il concessionario a monte da una parte sostanziale degli investimenti indispensabili per l’inizio della gestione.

Si ritiene pertanto di non dare corso alla richiesta verifica tecnica di congruità, non apparendo la censura idonea all’uopo.

Con il terzo motivo di ricorso per motivi aggiunti depositato in data 2530.6.2010 la ricorrente censura la composizione della commissione tecnica asserendo che i suoi componenti non erano idonei in quanto non comprovati esperti del settore. La ratio dell’invocata disposizione dalla sua origine è stata innanzitutto quella di garantire una valutazione effettivamente "tecnica" delle offerte e all’uopo consapevole; essa trae origine dall’espressa scelta legislativa di evitare che tali valutazioni venissero demandate a soggetti politici. Contemporaneamente il legislatore esprime anche un favor per l’individuazione di membri interni all’amministrazione. Il bilanciamento delle due esigenze non può allora portare ad imporre ad ogni amministrazione (soprattutto nelle piccole realtà) la secca alternativa o di disporre di specifici esperti di ognuno dei numerosissimi settori di cui per definizione un ente a fini generali si occupa, oppure di ricorrere necessariamente e inevitabilmente a consulenti esterni che, sempre sull’assunto che debba trattarsi di particolari specialisti di settori ad elevata complessità, finirebbero per ridursi a ben pochi soggetti per area, anche in contrasto con il tendenziale favor per l’individuazione dei componenti la commissione all’interno dell’amministrazione. La ratio complessiva della normativa pare allora nel caso di specie rispettata là dove i componenti sono certamente dei tecnici e certamente i soggetti che, nell’ente ed in uno viciniore, si occupano l’uno dell’"area tecnico ambientale", area di riferimento del servizio pubblico di distribuzione del gas metano sul territorio comunale" e l’altro un geometra. Il terzo componente è portatore di competenza tecnicoamministrativa per la gestione di procedure di gare, anch’essa coerente con le esigenze della procedura.

La censura non pare meritevole di accoglimento.

Con il quarto motivo di ricorso per motivi aggiunti la ricorrente censura l’operato della commissione di gara in quanto alle operazioni della stessa avrebbe illegittimamente partecipato l’ing. Marfurt, che non ne era componente ed avrebbe partecipato alle valutazioni. Dal verbale delle riunioni della commissione tecnica (che pacificamente costituisce atto pubblico) la contestata presenza dell’ing. Marfurt non si evince in alcun modo. Né ovviamente potrebbe rilevare in sé la presenza fisica dell’ing. Marfurt, pacificamente consulente del Comune, presso il Comune stesso in contemporanea alle operazioni della commissione, che hanno per altro anche avuto una fase pubblica. La censura ha rilievo solo se si intende nel senso che l’ing. Marfurt avrebbe illegittimamente partecipato alle valutazioni dell’offerta espresse dalla commissione e solo a quest’ultima competenti; diversamente infatti in giurisprudenza è persino ammesso che la commissione si avvalga di un consulente esterno per una analisi accurata delle offerte, ferma sempre l’estraneità di quest’ultimo alla fase del giudizio.

Parte ricorrente sostiene quindi che l’ing. Marfurt avrebbe impropriamente partecipato a tale giudizio e che la circostanza della sua illegittima partecipazione alle valutazioni della commissione potrebbe essere agevolmente provata per testi.

Ritiene il collegio che l’unica prova ammissibile sul punto sarebbe la proposizione della querela di falso; il verbale redatto dalla commissione è infatti atto assistito da fede pubblica certamente quanto al materiale svolgimento delle operazioni ed ai profili che ne sono determinanti; certamente è determinante l’elencazione dei soggetti che hanno partecipato alla valutazione, poiché circostanza essenziale della legittimità delle operazioni della commissione è proprio che a tali operazioni partecipino tutti i suoi componenti e solo quelli.

Contesta vivacemente la ricorrente che, nel caso di specie, non vi sarebbe alcun falso materiale, poiché pacificamente non viene lamentata una alterazione del verbale, e neppure un falso ideologico, perché mancherebbe l’attestazione positiva di un dato ideologicamente falso; non può però trascurarsi che esiste anche il falso ideologico per omissione che "si configura nel caso in cui il P.U. ometta di esporre un fatto la cui menzione attribuirebbe al tenore dell’atto un significato opposto, di guisa che l’enunciato descrittivo venga ad assumere un significato nel suo complesso contrario al vero" Cass pen., sez. V, 18 giugno 2008, n. 41131. E’ ovvio ed evidente come la presenza di tutta la commissione, del’esatta commissione e della sola commissione al momento valutativo è il dato rilevante di cui il verbale deve in primis dare atto nel descrivere le operazioni di gara, mentre l’eventuale omessa indicazione di un "valutatore" estraneo induce esattamente l’effetto di far apparire una circostanza (dirimente) contraria al vero, cioè la valutazione come effettuata dall’unico soggetto competente (la commissione), mentre in realtà sarebbe stata effettuata da un terzo estraneo (la cui determinante indicazione sarebbe quindi stata falsamente omessa).

La censura non può pertanto trovare accoglimento in mancanza di proposizione di querela di falso.

5) Con il quinto motivo del ricorso per motivi aggiunti depositato in data 2530.6.2010 la ricorrente lamenta la surrettizia introduzione di un nuovo criterio di giudizio avvenuta a buste aperte. In particolare la commissione, ai fini della valutazione dell’offerta tecnica, avrebbe stralciato alcuni degli investimenti proposti ritenuti non utili nè idonei, così alterando i parametri di giudizio dopo aver conosciuto il contenuto dell’offerta.

Ritiene il collegio che la censura si appunti non avverso un presunto nuovo criterio di giudizio bensì avverso l’analitica motivazione fornita dall’amministrazione (per altro in modo omogeneo per ogni concorrente) circa l’applicazione di un criterio già palesato nella legge di gara. Recita l’art. 12 della lettera di invito "non verranno considerati "investimenti", ai fini del calcolo dei punteggi, sia gli interventi relativi all’installazione di allacciamenti o contatori d’utenza, o a quant’altro facente parte degli obblighi contrattuali durante il periodo di affidamento, sia quelli che obiettivamente non appaiono utili per l’ente affidante ai fini del servizio oggetto di gara".

La legge di gara prevedeva quindi la possibilità di stralciare investimenti "obiettivamente non utili"; il criterio non pare né irrazionale né incomprensibile, non avendo alcuna logica valorizzare investimenti che non hanno valore per l’amministrazione. Si legge nel verbale di gara 4.3.2010 (cfr. doc. 27 di parte ricorrente) che, in applicazione del suddetto criterio dettato dalla legge di gara, la commissione non ha valorizzato le estensioni di rete non funzionali allo sviluppo urbanistico previsto dal vigente strumento urbanistico, ovvero previsti in aree per le quali il medesimo prevede nell’area strumenti esecutivi in cui le opere di urbanizzazione primaria sono destinate a restare a carico degli attuatori, e quindi per le quali non vi è interesse dell’amministrazione a realizzarle a proprio carico.

Ritiene il collegio che non si tratti di una nuovo criterio bensì di una analitica motivazione espressa in relazione all’applicazione di un criterio della legge di gara; la scelta non risulta essere stata applicata (la ricorrente neppure lo deduce) in maniera differente per i vari concorrenti e si àncora ad un fatto obiettivo, il vigente strumento urbanistico. Ritenuto che si tratti di motivazione e non di "surrettizia" introduzione di nuovo criterio, la censura non sarebbe quindi, come sostiene la ricorrente, idonea ad indurre la riedizione della gara ma al limite a sindacare il punteggio attribuito. Sul punto tuttavia neppure la ricorrente contesta che la censura non superi la prova di resistenza, avendo la M. conseguito il massimo punteggio per quella voce della legge di gara; analogo ragionamento riguarda le contestazioni relative alla paritetica valutazione delle Carte di servizi, ininfluente ai fini dell’esito del giudizio, ed al tempo impiegato per la valutazione tecnica, che tuttavia non si abbina ad ammissibili censure di irrazionalità della valutazione.

La censura deve quindi essere respinta.

Con il sesto motivo di ricorso per motivi aggiunti depositato il 2530.6.2010 la ricorrente sostanzialmente ripropone le censure relative alla presunta inidoneità della legge di gara ai fini della formulazione dell’offerta, in relazione all’incomprensibile previsione del raggruppamento degli investimenti nonché all’arbitrio che sarebbe derivato in capo alla commissione in relazione alla prevista valorizzazione economica di alcune componenti tecniche dell’offerta, previa individuazione di cespiti. Per la disanima delle questioni si rinvia a quanto già supra chiarito in relazione al sesto motivo di ricorso principale. Anche in tal caso infatti il bando prevedeva un sistema pressocchè meccanico e la valorizzazione economica dell’offerta tecnica non ne ha snaturato il significato.

Anche tale ultima censura deve pertanto essere respinta.

Il ricorso non può quindi trovare accoglimento.

Sussistono motivi per compensare le spese di lite stante l’estrema complessità della vertenza.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

respinge il ricorso.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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