Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-11-2010) 02-02-2011, n. 3839 Diritti d’autore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Salerno, con sentenza del 26.11.2009, in parziale riforma della sentenza 8.7.2005 del Tribunale di Salerno – Sezione distaccata di Eboli:

a) ribadiva l’affermazione della responsabilità penale di K. G. in ordine al reato di cui:

– alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1 – lett. c), per avere abusivamente posto in commercio CD musicali e cinematografici illecitamente riprodotti (acc. in (OMISSIS));

e, con le riconosciute circostanze attenuanti generiche, determinava la pena principale in mesi quattro di reclusione ed Euro 500,00 di multa, confermando la pena accessoria di legge e la concessione del beneficio della sospensione condizionale;

b) assolveva il K.G., "perchè il fatto non costituisce reato", dalla imputazione di cui:

– alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1 – lett. d), per avere abusivamente posto in commercio gli anzidetti CD musicali e cinematografici non contrassegnati dalla S.I.A.E..

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, il quale ha eccepito: – inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in quanto la Corte di appello avrebbe dovuto proscioglierlo da tutte le contestazioni alla stregua di quanto enunciato dalla sentenza resa della Corte di Giustizia europea l’8/11/2007, nel procedimento C- 20/05, Schwibbert;

– mancanza di prova in ordine al contenuto dei supporti sequestrati.
Motivi della decisione

Il ricorso deve essere rigettato, perchè infondato.

1. Questa Sezione – con le sentenze 12/2/2008 n. 13816, Valentino e 12/2/2008 n. 13818, Ndiaye, alle cui articolate motivazioni si rimanda e che, in questa sede, devono intendersi integralmente recepite – ha fissato, in relazione ai fatti di reato previsti con riferimento alla utilizzazione di supporti privi del contrassegno S.I.A.E, alcuni fondamentali principi interpretativi delle disposizioni incriminatrici della L. n. 633 del 1941.

In particolare è stato evidenziato che la Corte di Giustizia europea l con sentenza resa ai sensi dell’art. 234 del Trattato CEE, emessa l’8/11/2007 nel procedimento C-20/05, Schwibbert – ha stabilito che l’obbligo di apporre sui dischi compatti, contenenti opere d’arte figurativa, il contrassegno S.I.A.E. in vista della loro commercializzazione nello Stato membro interessato, rientra nel novero delle "regole tecniche" che, ai sensi delle direttive europee 83/189/CEE e 98/34/CEE, devono essere notificate dallo Stato alla Commissione della Comunità Europea. Con la conseguenza che, qualora tali regole tecniche non siano state notificate alla Commissione, non possono essere fatte valete nei confronti dei privati e devono essere disapplicate dal giudice nazionale.

La sentenza Schwibbert, pur riferendosi specificamente ai contrassegni relativi ai CD contenenti opere d’arte figurativa, ha stabilito un principio generale, secondo il quale la violazione dell’obbligo di comunicare alla Commissione ogni istituzione di contrassegno S.I.A.E. successiva alla direttiva 83/189/CEE per supporti di qualsiasi genere (cartaceo, magnetico, plastico etc.) e di qualsiasi contenuto (musicale, letterario, figurativo etc.) rende inapplicabile l’obbligo del contrassegno stesso nei confronti dei privati e le relative disposizioni interne debbono essere disapplicate dal giudice.

1. Da ciò deriva che:

a) l’obbligo di comunicare alla Commissione le "regole tecniche" introdotte nell’ordinamento italiano vale per tutte le regole istituite dopo l’entrata in vigore della citata direttiva 83/189/CEE, ossia dopo il 31 marzo 1983;

b) devono essere dichiarati non sussistenti i fatti di reato previsti dalla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. d), (nel testo modificato dalla L. 18 agosto 2000, n. 248), che punisce appunto chiunque detiene per la vendita supporti musicali, audiovisivi, cinematografici etc. privi del contrassegno S.I.A.E., risultando accertato che, fino alla data di emanazione della sentenza Schwibbert, lo Stato italiano era rimasto inadempiente all’obbligo di notificazione delle regole tecniche. Eventuali sentenze di condanna debbono, pertanto, essere annullate senza rinvio;

c) nessun effetto viene prodotto dalla citata sentenza Schwibbert sui fatti di reato previsti dalla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. c), (nel testo modificato dalla L. 18 agosto 2000, n. 248), sicchè restano in sè punibili le condotte di chiunque detiene a fini commerciali e di commercio di supporti illecitamente duplicati o riprodotti, pur non avendo concorso alla duplicazione o riproduzione.

In questi casi la mancanza del contrassegno può essere semmai valutata come mero indizio della illecita duplicazione o riproduzione, ma non assurge al ruolo costitutivo della condotta.

2.1 L’obbligo di apposizione del contrassegno – come si è detto – doveva essere previamente notificato alla Commissione Europea.

Tale notifica deve ritenersi effettuata successivamente dallo Stato italiano, attraverso un iter avviato con la comunicazione del 24 aprile 2008, che ha avuto il suo epilogo con l’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23/2/2009, n. 31, recante "Regolamento di disciplina del contrassegno da apporre sui supporti, ai sensi della L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 181 bis".

Detto decreto, entrato in vigore in data 21/4/2009, costituisce il testo definitivo della regola tecnica; ciò comporta la "ripenalizzazione" delle condotte ricollegabili alla mera carenza del contrassegno SI.A.E. poste in essere a decorrere dal 21/4/2009, ma non può rendere penalmente illecite condotte nel frattempo "scriminate" dalla non opponibilità ai privati del contrassegno mancante.

3. Nella vicenda che ci occupa, l’imputato è stato assolto in relazione alla semplice assenza del contrassegno SI.AE. sui supporti sequestrati ed è stato correttamente condannato per avere posto in commercio supporti frutto di abusiva duplicazione del loro contenuto.

Tale condotta è contemplata dalla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. c), e – come si è detto dianzi – nessun effetto viene prodotto dalla citata sentenza Schwibbert sui fatti di reato aventi ad oggetto l’utilizzazione di supporti abusivamente riprodotti, come previsti della L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. c).

4. Quanto al secondo motivo di ricorso, deve rilevarsi che i giudici del merito hanno adeguatamente valutato, anche sotto il profilo soggettivo, gli elementi costituivi della fattispecie delittuosa per cui è intervenuta condanna e la struttura razionale della decisione è sorretta da logico e coerente apparato argomentativo.

A fronte dell’effettuato accertamento, il ricorrente, con doglianza non ammissibile, ha soltanto ipotizzato che potrebbero essere stati abusivamente riprodotti supporti riproducenti opere non inserite nel pubblico registro previsto dalla L. n. 633 del 1941, art. 103. 5. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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