Cons. Stato Sez. IV, Sent., 28-01-2011, n. 683 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 674 del 2010, il Comune di Parma propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna, sezione staccata di Parma, sezione prima, n. 792 del 26 novembre 2009 con la quale è stato accolto il ricorso proposto da Q. S.r.l. ed altri, per l’annullamento, quanto all’atto introduttivo della lite, del provvedimento in data 18 marzo 2008, prot.gen. n. 51393 fascicolo n. 571/2008 (con cui il Direttore del Settore Pianificazione territoriale del Comune di Parma, ai sensi dell’art. 4 del d.P.R. n. 447 del 1998, ha rilasciato al legale rappresentante dell’Associazione "Comunità Islamica di Parma e Provincia" l’autorizzazione unica per l’intervento di "cambio destinazione d’uso da "produttivo" a "sede comunità islamica"" da eseguirsi in via Campanini n. 6), di ogni altro atto preordinato o comunque connesso e, in particolare, della deliberazione consiliare n. 21/6 in data 11 marzo 2008 (recante l’autorizzazione alla deroga alle prescrizioni urbanistiche); quanto all’atto di ricorso per motivi aggiunti depositato in data 11 dicembre 2008, del verbale del 24 luglio 2008 (con cui l’Amministrazione comunale ha accertato l’ottemperanza all’ordinanza n. 92177 del 2008), del certificato di conformità edilizia e agibilità (prot. gen. n. 309/2008 del 14 ottobre 2008), di ogni altro atto pregresso e preordinato, ancorché non cognito, di accoglimento dell’istanza dell’arch. Garaffa del 19 giugno 2008 (concernente i rapporti di areazione) e, per quanto occorrer possa, della nota comunale del 29 luglio 2008 (con cui l’Amministrazione ha informato dell’avvenuta ottemperanza all’ordinanza n. 92177 del 2008); quanto al ricorso per motivi aggiunti depositato in data 17 aprile 2009, della d.i.a. n. 2393/2008 del 5 agosto 2008, prot. n. 141868, e del silenzio dell’Amministrazione formatosi su di essa, relativi all’intervento edilizio di manutenzione straordinaria volto all’aumento della ricettività dell’immobile, nonché di ogni altro atto pregresso e preordinato o comunque connesso, e in particolare del parere favorevole sulla richiesta di conformità antincendio rilasciato dal Dipartimento dei Vigili del Fuoco (Comando prov.le di Parma) in data 3 novembre 2008.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, i ricorrenti avevano premesso che con d.i.a. in data 31 ottobre 2007, relativamente ad un capannone industriale sito in area classificata come "zona produttiva di completamento – ZP3", l’Associazione "Comunità Islamica di Parma e Provincia" conseguiva il mutamento di destinazione d’uso dell’immobile da "Ucc" (attività artigianali del settore secondario di tipo non laboratoriale) a "Uib3" (associazioni a scopo religioso, politico, sociale e ricreativo per la diffusione della cultura e dello sport) per il 30% della s.l.u. realizzabile, in conformità del disposto dell’art. 44 del r.u.e. Successivamente, con istanza presentata il 3 marzo 2008, la medesima associazione richiedeva il rilascio di un permesso di costruire in deroga, ai sensi dell’art. 15 della legge reg. n. 31 del 2002, al fine di estendere la nuova destinazione d’uso alla totalità dell’immobile, ovvero per il restante 70% della s.l.u. realizzabile; l’Amministrazione comunale, da parte sua, valutato sussistente l’interesse pubblico alla deroga all’art. 44 del r.u.e. (che fissa il tetto del 30% della s.l.u. consentita), disponeva di autorizzare l’intervento per l’intero immobile e con riferimento all’uso "Ud" (usi per attività direzionali e pubblica amministrazione), in particolare all’uso "Uda6" (sedi delle istituzioni secolari della chiesa cattolica (vescovado) o di altre organizzazioni religiose), in quanto sede dell’Associazione "Comunità Islamica di Parma e Provincia", e disponeva altresì la sospensione della riscossione del contributo di costruzione e del reperimento degli standards dovuti (v. delib. cons. n. 21/6 in data 11 marzo 2008), per poi rilasciare, ai sensi dell’art. 4 del d.P.R. n. 447 del 1998, l’autorizzazione unica per l’intervento di "cambio destinazione d’uso da "produttivo" a "sede comunità islamica"" da eseguirsi in via Campanini n. 6 (v. provvedimento in data 18 marzo 2008, prot.gen. n. 51393 fascicolo n. 571/2008, a firma del Direttore del Settore Pianificazione territoriale).

Avverso i suindicati atti hanno proposto impugnativa gli originari ricorrenti, in quanto proprietari o utilizzatori in locazione finanziaria di immobili ubicati nei pressi dell’edificio oggetto delle relative determinazioni, e dichiaratisi interessati ad evitare che vengano pregiudicati i valori urbanistici della zona artigianale di appartenenza. Imputano all’Amministrazione comunale di non avere considerato che l’art. 44 del r.u.e. non include in "zona produttiva di completamento – ZP3" la destinazione tipica degli edifici adibiti a luogo di culto (uso "Uie", edifici e attrezzature per il culto), a tale categoria dovendosi oggettivamente ascrivere l’impiego che dell’immobile l’associazione vuole fare; lamentano che non si sia in ogni caso valutato l’impatto dell’aumento di carico urbanistico derivante dalla variazione della destinazione d’uso, giacché il passaggio da uso "Ucc" a uso "Uda6" avrebbe comportato il reperimento di 325 mq di parcheggi pubblici, mentre la deliberazione consiliare non ha fornito alcuna concreta giustificazione circa la decisione di prescinderne; censurano l’omessa comunicazione di avvio del procedimento alle ditte che avevano a suo tempo rappresentato all’Amministrazione comunale dubbi e perplessità a proposito del ventilato intervento edilizio. Di qui la richiesta di annullamento degli atti impugnati.

Costituitisi il Comune di Parma e l’Associazione Comunità islamica di Parma e provincia, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le doglianze, evidenziando l’incompatibilità dell’uso concesso rispetto alla destinazione di zona.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia la correttezza del proprio operato, contestando la ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal T.A.R..

Nel giudizio di appello, si costituivano i ricorrenti di primo grado, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 2 marzo 2010, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 982/2010.

Alla pubblica udienza del 30 novembre 2010, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.
Motivi della decisione

1. – L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.

2. – Con il primo motivo di diritto, il Comune si duole del fatto che il progetto assentito, contrariamente a quanto sostenuto nella sentenza gravata, non integri un luogo di culto in senso stretto, ma un’istituzione di un’organizzazione di religione non cattolica.

A sostegno di tale assunto, viene evidenziato come il progetto in esame coinvolga una serie di attività che vengono svolte in moschea, come pure altre ulteriori finalizzate all’integrazione ed alla pacifica convivenza tra le diverse comunità. In particolare, la sentenza gravata non tiene conto del fatto che la grande sala multifunzionale destinata alle attività religiose viene impiegata esclusivamente al culto solo per due ore la settimana, mentre per il restante tempo viene impiegata per scopi diversi, quali biblioteca, consultorio, ecc..

Da tale considerazione, emergerebbe l’erroneità della valutazione operata dal giudice di prime cure.

2.1. – La doglianza è infondata e va respinta.

Il giudice di prime cure, con una disamina accurata del progetto, ha correttamente evidenziato come l’inquadramento dell’intervento edilizio che comporti una variazione di destinazione d’uso possa avvenire solo dopo un completo esame di quanto riportato negli elaborati tecnici. Partendo da questo condivisibile presupposto, ha notato che il progetto comprende "un locale pari alla metà della superficie totale disponibile ed espressamente destinato a "sala riunioni" dedicata ai fedeli – oltre tutto ospitando il mihrab orientato verso la Mecca". Non pare quindi contestabile la conclusione che la destinazione principale dell’edificio sia quello di luogo di culto islamico.

Tale considerazione viene inoltre avvalorata dall’indicazione delle altre destinazione dei locali accessori, atteso che, mentre la citata sala assembleare multifunzionale si estende per mq. 516, gli altri vani -"ufficio di consulenza (mq. 27)", "sala Biblioteca (mq. 111)" e "sala ricreativa (mq. 145)"- assorbono una parte molto meno consistente dello spazio disponibile.

La detta suddivisione rende palese, in termini quantitativi, la reale funzione svolta da quell’edificio, per cui non è sostenibile che la destinazione ad esercizio del culto rivesta un ruolo meramente secondario e non incida sulla principale destinazione dell’immobile. Del pari, anche la destinazione temporalmente limitata, peraltro allegata e non provata, non appare dirimente, atteso che il dato quantitativo non appare sconfessabile, stante la sua oggettiva rilevanza.

3. – Con il secondo motivo di diritto, viene sostenuta la legittimità, quand’anche si affermasse la principale funzione di dedizione al culto dell’immobile, del permesso di costruire in deroga rilasciato.

Viene, infatti, affermato che, in quanto edificio destinato al culto e qualificabile come opera di urbanizzazione secondaria, questo sarebbe sempre ammissibile tramite lo strumento del permesso edilizio in deroga.

3.1. – La censura non può essere condivisa.

La norma applicabile alla fattispecie de qua è l’art. 15 della legge regionale 25 novembre 2002 n. 31 "Disciplina generale dell’edilizia" che espressamente prevede:

"Il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici è rilasciato esclusivamente per edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico, previa deliberazione del Consiglio comunale".

"La deroga, nel rispetto delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza e dei limiti inderogabili stabiliti dalle disposizioni statali e regionali, può riguardare esclusivamente le destinazioni d’uso ammissibili, la densità edilizia, l’altezza e la distanza tra i fabbricati e dai confini, stabilite dalle norme di attuazione del P.O.C. e del P.U.A. ovvero previste dal P.R.G. e dai relativi strumenti attuativi".

Non appare pertanto sostenibile l’interpretazione ampia data implicitamente alla norma dalla difesa appellante, atteso che lo stesso legislatore regionale ha introdotto limiti espressi alla possibilità del rilascio di un permesso di costruire in deroga.

In dettaglio, emerge come le deroghe al piano regolatore comunale non possano essere di tale entità da elidere le esigenze di ordine urbanistico sottese al piano e, in particolare, non possano legittimare eccezioni alle destinazioni di zona, sulle quali si fonda la struttura concettuale stessa del piano regolatore generale nelle scelte fondanti sull’uso del territorio.

Appare quindi corretto affermare che anche i permessi in deroga debbano osservare tali principi e sono quindi legittimi nella misura in cui si allineano alle destinazioni d’uso ammesse dal piano regolatore all’interno delle singole zone.

Nel caso in esame, quindi, il permesso di costruire in deroga non poteva assolutamente costituire titolo abilitativo per una destinazione d’uso ("Uie") non compresa in quelle indicate dalla normativa di piano nella "zona produttiva di completamento – ZP3", ai sensi dell’art. 44 del r.u.e.

4. – L’appello va quindi respinto. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla novità della questione decisa.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Respinge l’appello n. 674 del 2010;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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