Cons. Stato Sez. IV, Sent., 28-01-2011, n. 672 Esercizi pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con i provvedimenti impugnati in primo grado (nn. 3539,3540,3541 nonché 3542, tutti del 3 febbraio 2005), alla società E.G. a r.l. -quale produttore dei videogiochi denominati "Belzebù" e "Belzebù Desk" (secondo la prospettazione provvisti delle debite misure tecniche "antimanomissione")- veniva negata dall’Amministrazione appellata (A.A.M.S.) la messa in esercizio di 260 apparecchi e comunicato l’avvio del procedimento di revoca del nulla osta di distribuzione rilasciato per numero 2495 impianti.

Il citato ritiro dei precedenti atti favorevoli era conseguenza delle verifiche effettuate dall’Amministrazione presso taluni pubblici esercizi e delle prove di funzionamento eseguite, dalle quali era emerso che il congegno in argomento, oltre a riprodurre le regole del gioco del poker, funzionava ad alea programmata in base a predefinite percentuali di vincita, risultando così insignificante o nulla l’abilità del giocatore e, quindi, la sua "non conformità" alle prescrizioni per il gioco lecito di cui all’articolo 110, comma 7, lettera c) del T.U.L.P.S. ( R.D. 18 giugno 1931, n. 773, con le successive modificazioni ed integrazioni).

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con la sentenza gravata, ha accolto il ricorso proposto dalla società interessata, quanto alla domanda di annullamento, per insufficiente istruttoria (rilevando come le verifiche contrastassero con il primo accertamento condotto dall’amministrazione ai fini del rilascio del nulla osta di distribuzione e stante il fatto che i campioni presi in esame siano stati circoscritti a pochi esercizi della stessa città senza considerare la possibilità che si trattasse di esemplari contraffatti) nonché per difetto di contraddittorio (osservando come la ricorrente, che avrebbe potuto apportare il proprio utile contributo al procedimento amministrativo, non sia stata messa in condizione di dimostrare l’eventuale manomissione della scheda interna degli apparecchi da parte del gestore, né di avere contezza delle ragioni per le quali è stato ritenuto prevalente il risultato della verifica negativa rispetto al primo accertamento eseguito ai fini del nulla osta di distribuzione), mentre lo ha respinto relativamente alla domanda risarcitoria (essendo l’annullamento degli atti impugnati disposto per vizi formali).

2.- La società ricorrente, con l’appello in esame ulteriormente illustrato dalla memoria depositata il 26 febbraio 2010, ha chiesto che il ricorso di primo grado sia accolto anche relativamente alla misura risarcitoria di Euro 4.196.718,08, deducendo la contraddittorietà e l’erroneità della sentenza censurata in quanto A.A.M.S.: non ha ripristinato la situazione anteriore dopo l’ordinanza cautelare del TAR (n.1388 del 14.6.2005), di accoglimento della domanda di sospensione degli atti impugnati e sua conferma da parte del Consiglio di Stato (n. 5912 del 6.12.2005); non ha depennato l’apparecchio in discorso dall’elenco delle schede di gioco non autorizzate, neppure a seguito della diffida, così rendendo irreparabilmente non commercializzabile tale schedagioco; ha punito il danneggiato (produttore) e non il danneggiatore (barista); ha invitato a controdedurre, ma nel fascicolo non vi era alcun verbale di contestazione o di accertamento; non ha mai fornito prova del collegamento tra la regolare scheda prodotta e quella manomessa utilizzata negli esercizi controllati.

L’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio per resistere e, con la memoria depositata il 23 febbraio 2010, ha innanzitutto negato che il modello di apparecchio sia conforme alle prescrizioni normative, come emerso in sede di sopralluogo e di accertamento tecnico in particolare quanto al requisito della immodificabilità; ha inoltre eccepito che il nulla osta alla distribuzione fosse stato rilasciato in relazione a verifiche cartolari sulla base dell’autocertificazione prodotta ed i dinieghi all’esercizio giustificati dalla pericolosità sociale degli apparecchi, non tipizzabili come apparati per il gioco lecito; ha ancora rilevato come, a seguito delle ordinanze cautelari succitate, A.A.M.S. avesse solo l’obbligo di riprendere il procedimento amministrativo, alla stregua del diritto vigente (sopravvenuto decreto interdirettoriale recante "regole tecniche di produzione e le metodologie di verifica tecnica" in G.U. n. 262 del 10 novembre 2005 come da finanziaria del 2005 che ha modificato l’art. 38, comma 3, della legge n. 388 del 2000); ha infine osservato che i nulla osta alla distribuzione rilasciati siano comunque decaduti per non avere l’appellante presentato il modello alla verifica tecnica come da tale normativa, nonostante che con nota prot. n. 42733/2006 A.A.M.S. abbia rammentato la necessità di presentare il relativo esemplare, al fine di ottenere la relativa certificazione alla produzione o importazione.

3.- Con la decisione interlocutoria n. 3540, assunta nella Camera di Consiglio del 9 marzo 2010, la Sezione ha disposto incombenti istruttori, ritualmente ed in modo puntuale adempiuti dall’Amministrazione appellata che ne è stata onerata.

Le parti non hanno prodotto ulteriori difese scritte, essendosi la società appellante limitata a produrre ulteriore documentazione a sostegno del pregiudizio economico asseritamente subito.

All’udienza del 9 novembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

4.- Come da ricostruzione innanzi esposta e nell’assenza di appello incidentale da parte dell’Amministrazione resistente, la controversia viene in decisione limitatamente alla pretesa risarcitoria avanzata dalla società appellante per gli asseriti danni subiti in ragione della prospettata illegittima attività provvedi mentale ed omissiva da parte di A.A.M.S.

Le acquisizioni istruttorie hanno permesso di appurare la vera realtà dei fatti che consentono di affermare, da un lato, la inconsistenza dei rilievi formulati dai primi giudici, e, dall’altro, la totale infondatezza dell’appello in esame.

La società ricorrente, infatti, nell’atto di appello muove dal presupposto di essere stata ingiustamente punita, senza contraddittorio e prova circa la propria responsabilità, quando all’opposto era da considerarsi la danneggiata effettiva per il comportamento altrui di manomissione della regolare scheda prodotta ma alterata negli esercizi controllati: essa,però, pretermette la circostanza autocertificata ai fini del rilascio dell’autorizzazione all’esercizio che il dispositivo in questione "non è riprogrammabile e non è reperibile sul mercato…Il software è stato scritto in modo tale da impedire la modifica delle caratteristiche tecniche dell’apparecchio e delle modalità di funzionamento. Inoltre vengono identificate le manomissioni della memoria di programma (quelle che contiene le funzioni del gioco) e delle memorie dei contatori dei dati…".

Consegue da qui, stante per stessa ammissione l’immodificabilità dell’apparato, come il congegno in argomento non possa che essere stato impostato sin dall’origine ad "alea programmata e ciò sta a significare che l’esito del gioco è sostanzialmente determinato dal software e non dal giocatore, tanto che la sua abilità risulta essere insignificante o nulla. Infatti la possibilità di vincita è di fatto subordinata al rapporto tra incassi e pagamenti della macchina: quando il rapporto è sbilanciato verso i pagamenti il sogtware ridurrà la possibilità di realizzare combinazioni vincenti, e questo avviene senza che il giocatore ne sia a conoscenza e senza che la sua abilità possa interferire, nemmeno cambiando i simboli" (cfr. verbale della Polizia Giudiziaria e dell’ ausiliario dott. Luca Fantasia).

Da quanto sopra precisato deriva, per un verso, l’impossibilità della dedotta manomissione del gioco da parte di terzi e, per altro verso, che in vicenda il reale oggetto del contendere non è rappresentato da tali ventilate alterazioni della scheda di gioco, non riscontrate dalla polizia giudiziaria e non contestate dall’Amministrazione, bensì unicamente dalla intrinseca natura illecita del relativo apparato, in violazione del ricordato art. 110 del T.U.L.P.S.

Del resto, quanto agli aspetti formali delle doglianze con riguardo all’affermato mancato contraddittorio, va osservato che la società appellante, a seguito delle formali contestazioni di A.A.M.S., ben poteva chiedere di accedere ai presupposti verbali di sequestro degli apparecchi ed agli atti della verifica tecnica di funzionamento degli stessi; d’altro canto, l’odierna ricorrente neppure ha minimamente contrastato nei fatti le risultanze istruttorie ovvero provato il contrario circa la regolarità del congegno ed in ordine al danno imputato a terzi e all’Amministrazione, che trova viceversa fonte genetica nella propria condotta antigiuridica di produttore di giochi illeciti.

Si può quindi finire sul punto con la conclusione dirimente che la società appellante "non può ora venire contro un fatto proprio".

5.- Per completezza espositiva, vanno altresì rigettate le ulteriori rimostranze relative all’omesso depennamento dell’apparecchio in discorso dall’elenco delle schede di gioco non autorizzate ed al mancato ripristino della situazione anteriore dopo l’ordinanza cautelare del TAR di accoglimento della domanda di sospensione degli atti impugnati e sua conferma da parte del Consiglio di Stato. Al proposito, anche se la prospettazione risarcitoria sia focalizzata su questo periodo intertemporale per gli asseriti perduranti effetti (negativi) prodotti dai provvedimenti originari quando sarebbe potuta ancora avvenire la vendita di detti congegni (illegali) ove l’Amministrazione si fosse tempestivamente adeguata all’ordine cautelare, la domanda è da apprezzarsi ugualmente infondata per le seguenti ulteriori ragioni.

Merita considerare, infatti, che non è configurabile un interesse procedimentale scisso da quello sostanziale e come, nella fattispecie, non sia neanche ipotizzabile una lesione ad un proprio interesse legittimo o per colpevole ritardo da parte dell’Amministrazione, entrambi insussistenti perché, alla data di emanazione dell’ordinanza cautelare di questo Consiglio (6 dicembre 2005) era già sopravvenuta la nuova disciplina di settore dapprima citata (10 novembre 2005), non più incentrata su verifiche cartolari autodichiarate, bensì su metodologie di accertamento sostanziale della rispondenza a legge del congegno di gioco prodotto e commercializzato.

Ebbene, pur essendo sua facoltà e nonostante i chiarimenti dati dall’Amministrazione in ordine alla intervenuta modifica normativa (prot. n. 42733 del 25.12.2006), la società appellante si è ben guardata dal sottoporre a verifica il modello dell’apparecchiatura in argomento al fine di ottenere la relativa certificazione di conformità alle regole tecniche di produzione e di funzionamento, insistendo viceversa per la messa in esercizio dei 260 apparati con riguardo alla pregressa favorevole ordinanza confermativa di questo Consiglio.

Pertanto, da qualsiasi parte si riguardi la vicenda, l’invocato "affidamento" non trova nessun collegamento con alcun comportamento che possa essere stato ingenerato dall’Amministrazione per il rilascio di nullaosta dopo l’esame cartolare dei requisiti tecnici autocertificati, rivelatisi però insussistenti alla verifica concreta degli stessi, rientrando nei poteri dell’Amministrazione accertarne in ogni tempo, non solo la veridicità, ma soprattutto il loro presupposto legale di gioco lecito.

Ne consegue la evidente ed intrinseca contrarietà a legge della complessiva pretesa introdotta.

6.- In conclusione, l’azione risarcitoria non può essere accolta e l’appello va quindi respinto siccome infondato, non essendo configurabile in via generale una pretesa risarcitoria per un comportamento dell’Amministrazione conforme ai doveri imposti dalla legge, nella specie consistenti nell’obbligo di rimuovere i giochi illeciti.

Le spese di lite relative all’odierno grado seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, respinge l’appello come in epigrafe proposto.

Condanna la società appellante al pagamento delle spese di lite relative al grado, che si liquidano in favore dell’Amministrazione appellata nella misura complessiva di Euro 5.000,00 (euro cinquemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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