Cons. Stato Sez. IV, Sent., 28-01-2011, n. 670 Fusione, concentrazione ed incorporazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La sentenza impugnata ha riunito i ricorsi nn.1077/97,1078/97, e 638/2002.

Ha dichiarato inammissibili per sopravvenuto difetto di interesse i primi due ed accolto in parte il terzo.

Di quest’ultimo gravame, è" stata dichiarata, invero, l’inammissibilità per difetto di giurisdizione del G.A. adito, nella parte contenente la domanda risarcitoria per danni da illegittima espropriazione ed occupazione d’urgenza relativa ai lavori di realizzazione di una variante lungo la S.S.80 nel tratto fra Teramo e Giulianova.

Gli anzidetti distinti ricorsi sono stati proposti dalle società che nel tempo hanno avuto la proprietà dei terreni interessati dai menzionati lavori, riportati in catasto al foglio 46, particelle 454, 524,525,529,515, e 526 per complessivi mq.6500 circa.

In particolare, in ordine di precedenza, la Società Cappa ha proposto il ricorso n. 1077/97, la Società Cama ha proposto il ricorso n. 1078/97, la Società D.C. ha proposto il ricorso n.638/2002; quest’ultima è subentrata nelle posizioni e nei rapporti giuridici e processuali facenti capo alle prime due società anzidette, dapprima fusesi tra di loro in unico soggetto (la Società Cappa), successivamente incorporato mediante fusione nella medesima D.C..

I lavori interessati dall’anzidetta variante, con l’incarico di procedere agli incombenti connessi all’espropriazione e all’occupazione d’urgenza dei terreni, sono stati affidati, prima, alla C., e successivamente, essendo stata quest’ultima dichiarata fallita, all’a.t.i. M.C. S.r.l. – D.S. S.p.A.

Il gravame all’esame concerne unicamente la parte della decisione di primo grado in epigrafe riguardante la dichiarazione inammissibilità per sopravvenuto difetto d’interesse dei ricorsi n.1077/97 e 1078/97.

Sostiene, al riguardo, la società D.C. di aver interesse alla decisione di merito in ordine a quest’ultimi due ricorsi, essendo stati con essi impugnati atti anteriori e diversi da quelli impugnati con il ricorso n.638/2002, e come tali fonte di autonoma lesione dei suoi diritti domenicali di cui intende ottenere nella separata sede risarcitoria pieno ristoro per i tutti i danni e pregiudizi subiti.

Avrebbe dunque errato il primo giudice a dichiarare la sopravvenuta carenza d’interesse della società D.C. alla decisione dei primi due ricorsi, a ciò essendo pervenuto in base all’inconferente presupposto della proposizione dell’ulteriore ed autonomo ricorso rivolto a contestare la legittimità degli atti dell’anzidetta procedura espropriativa e d’occupazione d’urgenza.

Le parti appellate si sono costituite in giudizio per resistere depositando un mero atto di forma.

Parte appellante ha depositato memoria.

All’udienza del 30 novembre 2010 il ricorso è stato chiamato e trattenuto n decisione dal Collegio.

L’appello è inammissibile.

In tale prospettiva, deve essere immediatamente rilevata la parziale inesattezza, in punto di fatto, della premessa da cui nuove il ricorso della società appellante laddove assume che il ricorso di primo grado n.638/2002, non ha alcun collegamento con i due ricorsi che l’hanno preceduto, nn.1077/97e 1078/97, riguardanti la stessa vicenda espropriativa connessa con la realizzare di una variante alla S.S. 80 Teramo -Giulianova, in base a progetto dell’A.Compartimento dell’L’Aquila e che interessa i terreni di sua proprietà.

Al riguardo occorre porre in evidenza che il primo giudice ha correttamente sottolineato che la società appellante, quando aveva già proposto in via autonoma il ricorso n.638/2002, "ha depositato due memorie (in data 18.11.2004), rispetto ai già indicati ricorsi (1077/97 e 1078/97), con le quali rappresenta che con rogito di fusione in data 19.12.2001 ha incorporato la Soc. Cappa che aveva a sua volta incorporato la Soc. Cama con rogito di fusione 31.12.1999.".

Dalla decisione di primo grado in esame, però, si ricava anche che intervenendo in quest’ultimi due giudizi la società appellante ha chiesto anche la riunione di tutti i ricorsi anzidetti "con accoglimento del primo ed annullamento degli impugnati provvedimenti " (pagg.8 e 11).

Merita,allora, condivisione in punto di diritto, alla luce di quanto precede, l’assunto di parte appellante ove si consideri che ai sensi dell’art. 2504 bis comma 1 Cod. civ. nella sua nuova formulazione, applicabile nella fattispecie ratione temporis,la fusione tra società, prevista dagli artt. 2501 e segg. Cod. civ., non determina, nel caso di fusione per incorporazione, l’estinzione della società incorporata, né crea un nuovo soggetto di diritto nel caso di fusione paritaria, quale sembra essere quella in causa, bensì attua l’unificazione per integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione che determina una mera modifica che lascia sopravvivere tutte le società partecipanti alla fusione, sia pure con un nuovo assetto organizzativo reciprocamente modificato, senza però alcun effetto successorio ed estintivo.

In tal contesto, appare quindi errata la sentenza impugnata nella parte in cui addiviene alla dichiarazione d’inammissibilità dei ricorsi n.1077(97 e n.1078/98, giacchè fondata essenzialmente sull’errato presupposto della distinzione tra società Cappa e società Cama da un lato e Società D.C. dall’altro, con conseguente inesistenza, ai fini in discorso, dell’assunto presupposto implicito della "sostituzione" soggettiva di quest’ultima alle prime, avuto riguardo alla tutela giurisdizionale per cui è processo.

Tanto più ciò, se si considera che la D.C. intervenendo, come visto, in detti ricorsi ha fatto proprie le richieste conclusive con essi avanzate e concernenti atti e provvedimenti la cui efficacia espropriativa ed occupativa è stata soltanto prorogata da quelli impugnati con il ricorso n.638/2002.

Nonostante ciò, il Collegio ritiene che all’inammissibilità per carenza d’interesse debba giungersi per altra via e con riferimento all’appello in esame.

Tanto, ponendo in evidenza, come del resto già anticipato, che la sentenza di primo grado non è stata assoggettata ad impugnazione nella parte in cui ha dichiarato anche, pur avendo accolto l ricorso n.638/2002, l’inammissibilità della domanda risarcitoria avendo ravvisato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Infatti, con il gravame all’esame la società appellante si è limitata a richiedere l’accoglimento delle censure che hanno sorretto i due ricorsi di primo grado (n.1077/97;n.1078/97) la cui dichiarazione d’inammissibilità per carenza sopravvenuta d’interesse, contenuta nella sentenza in tali limiti impugnata, viene contestata.

In quest’ambito, è altresì rilevante osservare che la D.C. ha specificato che il gravame da essa proposto per l’annullamento degli atti impugnati con i predetti ricorsi del 1997 è orientato esplicitamente "al fine di ottenere in separata sede pieno ristoro dei danni e dei pregiudizi subiti in conseguenza dell’azione ablativa illegittimamente iniziata, ed illegittimamente proseguita, mai portata a termine" e che ha, quindi, determinato in via di fatto l’irreversibile trasformazione dei terreni di sua proprietà per un’estensione di circa 6.500,00 mq.

Rileva, allora, il collegio, che tale "separata sede" non può che essere rappresentata che dal giudizio dinanzi al giudice ordinario, al quale, in realtà, tutta la vicenda, del resto sostanzialmente unitaria ed inscindibile in relazione all’avvenuta irreversibile trasformazione sine titulo dei terreni, connessa all’attività espropriativa e d’occupazione d’urgenza occorrente per la realizzazioni della variante stradale in questione, è stata "traslata" con la sentenza di primo grado a seguito della pronuncia declinatoria della giurisdizione.

E’ la stessa società appellante, d’altronde, a riconoscere (v.memoria del 12 novembre 2010) che per effetto dell’annullamento degli atti impugnati con il ricorso n.638/2002, tutto il procedimento espropriativo e d’occupazione d’urgenza in argomento è stato caducato sin dall’origine.

Ora, alla stregua di quanto sopra, si deve aggiungere che il giudice ordinario, è, com’è noto (SS.UU. n.26732 – 19 dicembre 2007), da sempre orientato a ritenere ammissibile la domanda autonoma di risarcimento per equivalente proposta per danni da "acquisizione appropriativa", ben potendo, a tal fine, limitarsi l’interessato a far che accertare in via incidentale, senza cioè che occorra il loro previo annullamento da parte del giudice amministrativo, l’illegittimità degli atti del procedimento espropriativo e d’occupazione d’urgenza.

Ben si comprende, allora, alla luce del giudicato formatosi in punto di giurisdizione e dell’interesse sostanziale che s’intende tutelare, che nella presente controversia non sussiste in ogni caso alcun interesse della Società appellante a richiedere a questo giudice anche l’annullamento dei provvedimenti e degli atti impugnati con i ricorsi n.1097/97 e n.1098/97, dovendo e potendo la tutela richiesta trovare ingresso presso il giudice ordinario.

L’appello deve in conclusione essere dichiarato inammissibile per carenza d’interesse

A fronte di tale esito parte appellante va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio nei confronti dell’a.t.i. appellata, mentre sussistono motivi per la loro compensazione nei riguardi nei riguardi dell’A. s.p.a. e del Prefetto di Teramo, avendo quest’ultimi limitato la loro attività processuale all’atto di costituzione in giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per carenza d’interesse.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese del presente grado in favore dell’a.t.i. appellata che si liquidano in complessivi euro 2.500,00.

Spese compensate nei riguardi delle altre parti costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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