Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 19-01-2011) 03-02-2011, n. 4125 Imputabilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza di primo grado che aveva ritenuto C.T. responsabile del reato di cui all’art. 89 C.d.S., comma 7, per avere omesso di prestare assistenza al conducente di altro veicolo da lui tamponato, procurandogli trauma cranico con amnesia e distorsione rachide cervicale, giudicati guaribili in gg. 12.

Il giudicante riteneva provata la colpevolezza dell’imputato, che, dopo la collisione, riconducibile alla sua condotta di guida colposa, era fuggito, abbandonando l’auto a circa un chilometro di distanza dal luogo del sinistro, omettendo di prestare soccorso alla persona ferita.

La Corte di merito escludeva il difetto di imputabilità,sostenuto dal difensore, sul rilievo che la situazione di stress emotivo e di confusione, eventualmente ingeneratasi nel C. a seguito dell’incidente, non era tuttavia idonea ad abolire la percezione e comprensione delle possibili conseguenze della condotta e a privare l’agente della facoltà di autodeterminarsi, come dimostrato dal fatto che egli aveva proseguito la marcia, abbandonando il veicolo poco più avanti.

Avverso la predetta decisione propone ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore, articolando un unico motivo con il quale lamenta la violazione degli artt. 85 ed 88 c.p., laddove la Corte di merito aveva escluso il difetto di imputabilità del C. pur in presenza di elementi che deponevano per la sussistenza di una patologia che affliggeva l’imputato in un momento critico, quale l’incidente stradale, tale da avergli reso impossibile il comportamento alternativo corretto. In particolare il riferimento è alla deposizione resa dal medico psichiatra della ASL, che aveva in cura il C. al momento del sinistro, che, come emerge dalla deposizione dibattimentale resa al giudice di primo grado, aveva affermato che l’imputato era afflitto da una patologia che gli consentiva di autodeterminarsi in una situazione di ordinaria normalità, ma che in una situazione critica lo stesso non era in condizione di discernere e di comportarsi di conseguenza, precisando altresì che tale effetto era una conseguenza della situazione patologica in atto.

Il ricorso è manifestamente infondato.

E’ vero che, in linea con quanto affermato dalle Sezioni unite con la sentenza 25 gennaio 2005, Raso, ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente ( art. 88 e 89 c.p.), anche ai disturbi della personalità transeunti, come quelli da nevrosi e psicopatie, pur non rientranti nel più ristretto novero delle "malattie mentali", può essere attribuita un’attitudine a proporsi come causa idonea ad escludere od a grandemente scemare la capacità di intendere e di volere del soggetto. A tal fine, però, occorre che ci si trovi in presenza di un disturbo di consistenza, rilevanza e gravità tali da concretamente incidere sulla capacità di intendere e di volere; ed è altresì necessario che tra tale disturbo mentale ed il fatto-reato sussista un nesso eziologico, che consenta di ritenere il secondo causalmente determinato dal primo.

Ciò premesso, la censura dedotta in relazione alla ritenuta esclusione del difetto di imputabilità, attiene sostanzialmente a valutazioni probatorie ed apprezzamenti di merito. In proposito, si osserva che le doglianze relative ad asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della motivazione afferenti sia la valutazione della deposizione testimoniale resa dal medico psichiatra che aveva in cura l’imputato sia la ricostruzione della condotta dello stesso immediatamente dopo il sinistro, si limitano sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio al fine di dimostrare l’incapacità del C. di autodeterminarsi in un momento critico, quale quello che viene a determinarsi solitamente dopo il verificarsi di un incidente. Le argomentazioni, svolte dal ricorrente, in chiave di puro merito, non valgono a scalfire la motivazione fornita dai giudici di merito, sopra sinteticamente ricordata, laddove escludono il difetto di imputabilità, facendo riferimento, oltre alla incontestata percezione da parte del C. delle lesioni personali procurate alla parte offesa, alla condotta dallo stesso tenuta, immediatamente dopo il sinistro, proseguendo la marcia ed abbandonando il veicolo poco più innanzi, per poi raggiungere la propria abitazione in treno.

Trattasi di deduzioni logiche tutte univocamente riconducenti alla sicura consapevolezza da parte dell’imputato non solo di aver determinato un incidente, nel corso del quale procurava lesioni, ma anche di avere violato l’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza alla persona ferita. L’apparato motivazionale della sentenza, quindi, risulta avere dato satisfattiva contezza, tra l’altro, anche dell’elemento soggettivo doloso, investente non solo l’evento dell’incidente, comunque ricollegabile al proprio comportamento, ma anche il danno alle persone derivazione.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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