Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 18-01-2011) 03-02-2011, n. 4122 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. A seguito di giudizio abbreviato, il Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha affermato la responsabilità di P.R. in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, in relazione alla detenzione di 98 grammi circa di hashish. La pronunzia è stata parzialmente riformata dalla Corte d’appello che ha concesso l’attenuante di cui al quinto comma del medesimo art. 73, ha ridotto la pena ed ha disposto la sospensione condizionale della pena detentiva.

2. Ricorre per cassazione l’imputata deducendo vizio della motivazione per ciò che attiene alla ritenuta destinazione allo spaccio dello stupefacente. La Corte territoriale ha ritenuto che proprio le dichiarazioni della P. giustifichino l’ipotesi accusatoria. Infatti se la donna avesse effettivamente deciso l’acquisto per uso personale a causa di una particolare contingenza, non si vede perchè avrebbe dovuto acquistarne ben tre stecche.

Secondo la ricorrente, tale argomentazione inverte l’onere della prova, ponendolo a suo carico invece che sull’accusa. La Corte, d’altra parte, si è basata solo sul dato ponderale ed ha illogicamente ritenuto che fosse priva di rilevanza la circostanza che l’imputata non avesse bisogno di spacciare appartenendo a famiglia non indigente.

Si lamenta altresì che senza ragione la pena è stata determinata in misura superiore al minimo edittale. La Corte da un lato ha ritenuto che il quantitativo detenuto fosse tenue, tanto da giustificare l’applicazione del quinto comma dell’art. 73 e dall’altro, però, ha ravvisato che non vi fossero le condizioni per irrogare il minimo edittale.

3. Il ricorso è infondato. La Corte d’appello richiama e condivide le valutazioni del primo giudice. Le due argomentazioni si integrano:

da un lato rileva il quantitativo non trascurabile di stupefacente detenuto, dall’altro è significativo che non vi fosse giustificazione alcuna per la detenzione di tanta droga, ove essa fosse stata destinata ad uso personale per far fronte ad un momento di difficoltà esistenziale dovuto ad un lutto. Una tale evenienza non spiega l’acquisto in una sola volta di tutta la sostanza illecita. Infine, si considera che il fatto di non essere indigente non giustifica la detenzione di cui si parla.

Tale argomentazione si fonda su basi oggettive ed è immune da vizi logico – giuridici. Infatti da un lato, in aderenza al criterio legale di valutazione della prova, si trae correttamente argomento anche dal dato probatorio più significativo, costituito dalla non trascurabile entità della droga, sufficiente a produrre numerose dosi; e dall’altro si considera che non esistevano speciali condizioni personali che potessero giustificare una così cospicua riserva per uso personale. Tale valutazione non inverte affatto l’onere probatorio, ma fa corretta applicazione dei più consolidati principi nella materia di cui ci si occupa. D’altra parte, correttamente si è ritenuto che la condizione economica non costituisca un elemento concludente, non potendosi effettivamente inferire la liceità della detenzione dall’assenza di una condizione di speciale difficoltà economica. Diversamente argomentando, si perverrebbe all’inaccettabile conclusione che l’illecito in questione possa essere configurato solo nei confronti di diseredati e non nei confronti di soggetti che, per qualunque umana ragione, decidano di cedere ad altri sostanza illecita ed a tal fine la detengano.

Quanto alla pena, la Corte d’appello, nel concedere l’invocata attenuante di cui al quinto comma dell’art. 73, ha rideterminato la pena base in tre anni ed otto mesi di reclusione e 4.000 Euro di multa e l’ha ridotta per effetto delle attenuanti generiche e della diminuente connessa alla scelta del rito, a due anni di reclusione e 2.000 Euro di multa. Si è considerato che il quantitativo detenuto, seppure non tale da ostare all’inquadramento della condotta nella previsione di cui al ridetto comma 5, non consente di quantificare la pena base nella misura minima sollecitata dalla difesa. Tale argomentato apprezzamento in fatto è immune da vizi logico – giuridici e non può essere sindacato nella presente sede di legittimità.

Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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