TAR LAZIO di ROMA – SENTENZA 16 novembre 2009, n.11166 Stranieri Diniego permesso di soggiorno

Sentenza scelta dal dott. Domenico CIRASOLE

Stranieri – rihiesta permesso di soggiorno – poteri della Questura – diniego qualora il presupposto per ottenre i permesso sia considerato fittizio – mancato rilascio del permesso – legittimo.

FATTO
Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale in data 20 marzo 2008 e depositato il successivo 17 aprile 2008, il sig. Zuborev, cittadino russo, impugna il provvedimento con il quale in data 15 gennaio 2008 il Consolato Generale d’Italia a San Pietroburgo gli ha negato il visto di ingresso in Italia per lavoro autonomo, adducendo che “Ella non ha comprovato di possedere i requisiti previsti dal T.U. 286/98….In particolare dalla visura camerale lei risulta essere socio della società Zuborev’s SAS e pertanto doveva presentare il certificato di iscrizione della società attiva da almeno tre anni nel registro delle imprese, la copia dell’ultimo bilancio depositato presso il registro delle imprese… o dell’ultima dichiarazione dei redditi .. dal quale risulti che l’entità dei proventi o dei redditi sia sufficiente a garantire il compenso”.
Dopo aver rappresentato la costituzione, insieme ai propri genitori, con atto a rogito notaio Virgilio Fenoglio in Sommariva del Bosco del 26 giugno 2007, della società in accomandita semplice “Zuborev’s S.a.s. di Zuboreva Zheter”, ai fini dell’annullamento del provvedimento di diniego di cui sopra deduce i seguenti motivi di impugnativa:
1. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 39, COMMA 4, D.P.R. 31 AGOSTO 1999, N. 394 E 26, COMMI 2 E 3, LEGGE 25 LUGLIO 1998, N. 286, COME MODIFICATO DALL’ARTICOLO 28, COMMA 3, LEGGE N. 189/2002. ECCESSO DI POTERE PER ERRORE NEI PRESUPPOSTI, DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE. ILLOGICITA’ MANIFESTA. DISPARITA’ DI TRATTAMENTO. Dalla formulazione del citato art. 39, comma 4, si evince che il requisito della preesistenza della società è correlato solo ed esclusivamente al caso in cui lo straniero, richiedente il visto, intenda operare in essa come socio prestatore d’opera. Ciò detto, appare evidente che il presupposto temporale in questione non è spendibile nella fattispecie che qui ci occupa, atteso che il ricorrente è socio accomandante della S.a.s. e non intende cumulare le funzioni di socio lavoratore. La dimostrazione della sufficienza dell’entità dei proventi o dei redditi a garantire il compenso non è, poi, richiesta da alcuna disposizione.
2. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 10 BIS, LEGGE 7 AGOSTO 1990, N. 241.
In ultimo, il ricorrente chiede anche la condanna dell’Amministrazione alla rifusione di tutti i danni patiti e patendi, “con riserva di provare nel prosieguo del giudizio l’ammontare dei suddetti danni”.
Con atto depositato in data 21 aprile 2008 si è costituita l’Amministrazione intimata, depositando – nel contempo – documenti.
In data 7 maggio 2008 il ricorrente ha prodotto una memoria, nell’ambito della quale ha insistito sull’illegittimità del provvedimento impugnato per i motivi di diritto già formulati.
Con ordinanza n. 2522 del 15 maggio 2008 il Tribunale ha respinto l’istanza cautelare formulata dal ricorrente.
Con memoria depositata in data 2 settembre 2009 il ricorrente ha sostanzialmente reiterato le censure sollevate, ricordando – nel contempo – che in casi analoghi “la Sezione I quater” ha condiviso l’interpretazione dell’art. 39, comma 4, del D.P.R.n. 394/1999 dallo stesso propugnata.
All’udienza pubblica del 29 ottobre 2009 il ricorso è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto nei limiti e nei termini di cui in prosieguo.
2. Per quanto attiene alla domanda di annullamento del provvedimento impugnato, il Collegio – esaminata più approfonditamente la questione – ritiene di non discostarsi dall’orientamento già assunto dalla Sezione nell’ambito delle pronunce che lo stesso ricorrente invoca (sentenze nn. 9381/2008, 9387/2008, 9624/2008, 9625/2008, 11308/2008, 11310/2008, 1451/2009 e 1452/2009).
Preso atto che l’Amministrazione ha respinto la richiesta di visto d’ingresso in quanto – come risulta dal tenore letterale dell’atto gravato – inquadra la suddetta richiesta come “domanda di visto per lavoro autonomo-socio prestatore d’opera” e, dunque, contesta la mancata presentazione del “certificato di iscrizione della società attiva da almeno tre anni nel registro delle imprese” e della “copia dell’ultimo bilancio depositato presso il registro delle imprese… o dell’ultima dichiarazione dei redditi… dal quale risulti che l’entità dei proventi o dei redditi sia sufficiente a garantire il compenso”, si ribadisce, pertanto, che la prima censura formulata, afferente la violazione degli artt. 26 d. lgs. n. 286/98 e 39 D.P.R. n. 394/99, è meritevole di condivisione per i motivi di seguito esposti.
In via preliminare, va osservato che:
– secondo l’art. 39, comma 4°, D.P.R. n. 394/99 la dichiarazione d’insussistenza di motivi ostativi alla concessione del titolo autorizzativo all’esercizio di attività economiche e l’attestazione della disponibilità delle necessarie risorse economiche, indispensabili ai fini del conseguimento del visto d’ingresso per lavoro autonomo, possono essere “rilasciate, ove richieste, a stranieri che intendano operare come soci prestatori d’opera presso società, anche cooperative, costituite da almeno tre anni”;
– la figura del “socio prestatore d’opera” presenta peculiari caratteri che la differenziano specificamente da quella degli altri soci;
– in particolare, la disciplina del rapporto con il socio d’opera è prevista – per le società di persone – dagli artt. 2263 c.c., 2286 c.c., 2295 n. 7 c.c. e – per le società a responsabilità limitata – dall’art. 2464 c.c. mentre per le società per azioni l’opera non può essere conferita dal socio ma può formare solo oggetto di prestazioni accessorie (art. 2342 ultimo comma c.c.);
– il socio d’opera, per altro, non è un lavoratore subordinato e non ha diritto al trattamento salariale e previdenziale previsto per i lavoratori subordinati (Cass. n. 5289/06; Cass. n. 16281/04) in quanto l’opera costituisce la prestazione richiesta per la partecipazione al contratto sociale il cui compenso è rappresentato dalla partecipazione ai guadagni dell’ente;
– proprio la peculiarità della prestazione conferita dal socio d’opera, strettamente correlata alla personalità della stessa, giustifica una disciplina in materia di ripartizione degli utili (art. 2263 c.c.) e d’impossibilità sopravvenuta della prestazione (art. 2286 c.c.) – nelle società di persone – e di obbligo di garanzia della prestazione, per quanto concerne le s.r.l. (2464 c.c.), per molti versi differente rispetto a quella prevista per il socio che conferisce denaro od altri beni;
– a riprova di ciò va evidenziato che la stessa difficoltà di dare una valutazione oggettiva alla prestazione d’opera, poco compatibile con l’effettiva formazione del capitale reale, è alla base del divieto di conferimento della stessa nelle società per azioni laddove analoga preclusione non sussiste, ovviamente, per il socio che conferisce denaro.
Posto che, dalla documentazione acquisita, risulta che il ricorrente è socio accomandante della “Zuborev’s S.a.s. di Zuboreva Zheter”, costituita con atto pubblico del 26 giugno 2007, ed ha partecipato alla predetta società attraverso un conferimento di denaro, diviene, pertanto, doveroso rilevare che:
– il ricorrente non si trova nella condizione di socio prestatore d’opera costituente il necessario presupposto per l’applicabilità dell’art. 39 comma 4° D.P.R. n. 394/99 e del requisito temporale ivi previsto;
– tra il socio d’opera ed il socio che conferisce il denaro sussiste una netta differenza, la quale giustifica l’inapplicabilità a quest’ultimo della disciplina specificamente prevista dall’art. 39 D.P.R. n. 394/99 comma 4° per il primo;
– nella fattispecie non risulta consentita l’estensione, in via analogica, della disciplina prevista dall’art. 39 comma 4° D.P.R. n. 394/99 ostandovi, ai sensi dell’art. 14 delle preleggi, il carattere eccezionale della stessa;
– per altro, l’integrazione della normativa vigente non può avvenire in via amministrativa attraverso circolari o atti interni emanati dall’Amministrazione in quanto gli stessi, per la loro natura e per i principi di legalità dell’azione amministrativa e gerarchia delle fonti, non possono innovare alla disciplina prevista dalla fonte legislativa in tema di requisiti necessari per l’ingresso nel nostro Paese;
– l’astratto pericolo di elusione della normativa limitativa dell’ingresso degli stranieri può, del resto, essere efficacemente contrastato in sede di rilascio, da parte della Questura competente, del nulla osta all’ingresso che può essere negato nel caso in cui l’autorità competente dimostri la fittizietà del rapporto sociale (il che nella fattispecie non è avvenuto);
– l’ipotetica lacuna normativa in materia non può essere colmata dal Giudice né dall’autorità amministrativa i quali, in tal modo, eserciterebbero un potere spettante esclusivamente agli organi che in base alla Costituzione sono forniti di potestà legislativa.
In definitiva, la prima censura del ricorso è fondata.
Tanto è sufficiente per l’accoglimento della domanda di annullamento del provvedimento impugnato, con conseguente assorbimento, per ragioni di economia processuale, delle ulteriori censure proposte.
3. Permane da valutare la domanda di risarcimento del danno.
Tale domanda non può essere accolta, atteso che il ricorrente non ha provato l’esistenza e l’entità del pregiudizio patrimoniale dedotto.
4. Per le ragioni illustrate il ricorso è fondato nei limiti sopra indicati.
La peculiarità della questione giuridica oggetto di causa giustifica, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti;
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sede di Roma, Sezione Interna I Quater, accoglie il ricorso n. 3522/2008 nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla il provvedimento in data 15 gennaio 2008, con il quale il Consolato Generale d’Italia a San Pietroburgo ha negato il visto di ingresso in Italia al ricorrente.
Compensa le spese processuali tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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