CGA, SEZ. GIURISDIZIONALE – sentenza 14 settembre 2009 n. 762 Impianti pubblicitari – Regolamento adottato da un Comune – Previsione della necessità di indire una gara per la concessione degli spazi destinati ad impianti pubblicitari – Illegittimità

F A T T O
1.1. L’attuale appellante – operante da molti anni nel settore degli impianti pubblicitari, e già titolare di numerose autorizzazioni amministrative per la installazione di cartelli pubblicitari sull’intero territorio del Comune di Messina – ha impugnato, davanti alla Sezione staccata di Catania del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, il Regolamento per l’applicazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissione, a norma dell’art. 52 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 e del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, adottato con deliberazione consiliare n. 116/C del 28 dicembre 2006, per la parte in cui ha disposto, a far data dell’1 gennaio 2007, la revoca delle autorizzazioni in essere, senza alcuna forma di adeguamento compensativo e di ubicazione alternativa, ed ha previsto altresì (all’art. 24) l’eventualità di concedere, previa convenzione, a soggetti privati, la possibilità di collocare sul territorio comunale, appositi impianti pubblicitari, mediante concessioni da rilasciare sulla base di svolgimento di apposita procedura ad evidenza pubblica; con il medesimo ricorso sono stati altresì impugnati, occorrendo e per quanto di ragione, la delibera di G.M. n. 942 del 24 ottobre 2006, di approvazione della bozza dell’impugnato regolamento, nonché il Piano Generale degli Impianti, approvato con delibera di C.C. n. 110/C del 12 dicembre 2006.
Con quattro separati motivi, erano denunciati profili vari di violazione di legge ed eccesso di potere, così intitolati:
1°- violazione di legge (art. 23 D.Lgs. n. 285/1992); eccesso di potere;
2°- violazione di legge (L. reg. n. 48/91, L. n. 142/90, D.Lgs. n. 267/2000, art. 7); violazione e/o falsa applicazione dello statuto comunale (art. 68); violazione e/o falsa applicazione del regolamento comunale sul decentramento (art. 129); violazione e/o falsa applicazione della legge sul procedimento amministrativo;
3°- violazione di legge (D.Lgs. 507/1993 art. 3); illogicità manifesta – contraddittorietà;
4° – violazione di legge (L. n. 241/90 e s.m.); eccesso di potere; carenza di motivazione.
Deduceva l’interessata che l’introduzione di un regime concessorio, con la previsione di assegnazione con pubblica gara della possibilità di esercitare, nel territorio della città di Messina, l’attività di gestione degli impianti pubblicitari – in luogo del regime autorizzatorio contemplato dal codice della strada in tema di collocazione di cartelli ed altri mezzi pubblicitari, oltre a porsi in palese contrasto con l’art. 23 del decreto legislativo n. 285 del 1992, comporterebbe una illegittima compressione della libera iniziativa economica, non prevista dall’ordinamento e non riconducibile ai poteri dell’Ente locale (I motivo);
A parte ciò, l’intero procedimento risulterebbero viziato, per mancata acquisizione dei pareri obbligatori dei Consigli circoscrizionali, (II motivo); per l’interversione dell’ordine di adozione (approvazione del Piano Generale degli impianti, prima del Regolamento per l’applicazione dell’imposta comunale sulla pubblicità) che avrebbe condotto alla adozione del Piano in assenza delle linee guida che il regolamento, invece, sarebbe stato deputato a fissare (III motivo); per l’immotivato ed illegittimo azzeramento di tutte le concessione in precedenza rilasciate, senza considerazione delle posizioni sacrificate e senza ponderazione alcuna dei sacrifici imposti o compensazione di alcun genere (IV motivo).
Nel corso del giudizio, con successive tornate di motivi aggiunti, sono stati impugnati i seguenti ulteriori atti e provvedimenti sopravvenuti:
I- (con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 20 settembre 2007) la determinazione a contrarre del dirigente del dipartimento n. 24 del 22/6/07; il bando di gara d’appalto per la concessione d’uso del suolo per la posa degli impianti pubblicitari ed il relativo disciplinare di gara, con particolare riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 9, 12 e 16;
II- (con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 11/12 ottobre 2007, a seguito della esclusione dalla gara della ricorrente che, malgrado l’impugnazione proposta ha, comunque, chiesto di partecipare alla gara) il verbale in data 18 settembre 2007, della commissione di gara contenente l’esclusione della ricorrente dalla partecipazione per i lotti 4 e 5; l’art. 8 del disciplinare di gara e capitolato d’oneri ove è prevista quale causa d’esclusione l’ipotesi in cui la polizza fidejussoria contenga clausole ulteriori rispetto a quelle prefissate, che risultino limitative, condizionanti o contrastanti anche parzialmente con il capitolato; l’art. 9 del disciplinare di gara e capitolato d’oneri contenenti modalità di presentazione dell’offerta;
III- (con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 1/4 dicembre 2007) il verbale di gara del 6 novembre 2007, nella parte in cui è stata disposta l’aggiudicazione in via provvisoria del lotto n. 1 all’ATI SIPA ASP PUBBLISERVICE; del lotto n. 2 alla società SIMETO DOCKS s.r.l.; del lotto n. 3 alla società PUBLIEMME s.r.l., del lotto n. 4 all’ATI ALCE PUBBLICITA’- GB PUBBLICITA’- GRECO; del lotto n. 5 alla società ALESSI s.p.a.; la determinazione dirigenziale n. 46 del 14 novembre 2007 di approvazione dei verbali di gara e di aggiudicazione definitiva dei cinque lotti richiamati; il provvedimento prot. n. 106587 del 22 novembre 2007 con cui il Municipio di Messina ha rammentato ai proprietari di impianti pubblicitari esistenti sul territorio comunale di dover rimuovere gli stessi entro 90 giorni dall’aggiudicazione; ed, inoltre, tutti gli atti connessi concernenti l’aggiudicazione della gara.
Con il primo gruppo di motivi aggiunti, inoltre, è stata proposta azione di accertamento e condanna al risarcimento del danno.
Tutti gli atti impugnati con motivi aggiunti subirebbero gli effetti riflessi della illegittimità degli atti impugnati con il ricorso introduttivo.
In particolare, poi:
a) quanto gli atti impugnati con il primo gruppo di motivi aggiunti, essi sarebbero ulteriormente viziati, per i profili di seguito evidenziati:
– nella parte in cui prevedono una revoca generalizzata delle precedenti autorizzazioni e la rimozione degli impianti autorizzati (violazione degli artt. 3, 7, 10 e 21 quinques L. n. 241 del 1990; violazione dell’art. 24 del regolamento comunale sulla pubblicità; eccesso di potere);
– inciderebbero su posizioni giuridiche consolidate senza alcuna previsione di contemperamento di interessi e violando il principio di proporzionalità degli interessi, pubblico e privato, in gioco (violazione del principio di proporzionalità e degli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione; difetto di istruttoria; irragionevolezza; contraddittorietà; ingiustizia manifesta);
– sono volti a dare attuazione al contestato sistema dell’appalto che determinerebbe la possibilità di dividere il territorio comunale in zone da assegnare ai pochi che vincono la gara, in funzione dello svolgimento dell’attività di pubblica affissione, in contrasto con lo stesso regolamento comunale, che prevede la concessione del solo suolo pubblico, ai privati, per la allocazione di impianti pubblicitari e non l’assegnazione dell’attività pubblicitaria in sé (violazione dell’art. 24 del regolamento comunale sulla pubblicità; irragionevolezza; contraddittorietà);
– la posa di impianti pubblicitari costituisce attività economica libera soggetta a mera autorizzazione, mentre gli atti impugnati introducono un regime contrastante con tale natura (violazione dell’art. 23 del codice della strada – violazione degli artt. 51 e 53 del relativo regolamento di attuazione – sviamento di potere);
– sarebbero in contrasto con le regole della concorrenza garantite dall’ordinamento comunitario, in quanto idonee a costituire un regime monopolistico dell’aggiudicatario sulle aree assegnate (violazione dell’art. 3 e dell’art. 41 costituzione – violazione delle regole di concorrenza comunitarie di cui all’art. 81 del trattato CE; abuso di potere);
– sussisterebbero, in ogni caso, incompleta istruttoria propedeutica all’adozione del bando al fine del censimento esatto e dell’ubica-zione degli impianti, non esatta individuazione di ciò che comprende il canone concessorio e di ciò che ne resta fuori; contraddittorietà tra la prevista durata del rapporto fissata nel capitolato in sei anni, mentre nel regolamento in tre anni; assenza di prefissati criteri per l’asse-gnazione dell’unico lotto che può essere attribuito a ciascun partecipante, a fronte della possibilità assicurata di partecipare alla gara per più lotti; indeterminatezza dei progetti da presentare in forma esecutiva entro 45 giorni dalla stipula del contratto; illegittima attribuzione, all’Amministrazione, del potere di integrare a proprio piacimento i criteri di valutazione previsti dal bando di gara (eccesso di potere sotto il profilo della illogicità e dell’irragionevolezza; difetto di istruttoria; indeterminatezza della prestazione; impossibilità di effettuare il calcolo di convenienza per la formulazione dell’offerta economica; violazione dell’art 25 c. 5 regolamento; sviamento di potere; violazione dell’art. 53 del D.P.R. n. 495 del 1992; illegittimità del capitolato d’oneri in relazione all’art. 12 e all’art. 16);
b) quanto agli atti impugnati con il secondo gruppo di motivi aggiunti (afferenti alla esclusione dalla gara dell’interessata), essi sarebbero viziati da "violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 9 del disciplinare di gara e del capitolato d’oneri; erroneità dei presupposti di diritto; difetto di istruttoria. violazione dei principi di massima partecipazione alla gara; illegittimità della esclusione adottata in assenza di espressa previsione di bando e non rispondente ad un rilevante interesse della p.a.; eccesso di potere sotto il profilo della irragionevolezza, dell’incongruità, dell’eccessiva onerosità rispetto allo scopo perseguito; violazione della L. n. 241 del 1990 e del D.P.R. n. 163 del 2006; mancato esercizio del potere di chiedere chiarimenti circa l’effettiva portata delle garanzie; eccesso di potere", in quanto, la specificazione che la polizza fideiussoria dovrà espressamente prevedere "la rinuncia, in deroga all’art. 1945 c.c. alla facoltà per il fideiussore di opporre al Comune ogni e qualsiasi eccezione che spetta al debitore principale …" – disposta dal disciplinare e la cui mancanza è stata posta dalla stazione appaltante a fondamento della esclusione dalla gara della ricorrente – non sarebbe richiesta dal capitolato a pena di esclusione, mentre, sotto differente profilo viene fatto rilevare che, sul piano sostanziale, l’apposizione della clausola "a semplice richiesta" escluderebbe, di per sé la facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale; una interpretazione formalistica delle clausole del bando che dovesse giustificare la comminata esclusione sarebbe incongrua e sproporzionata alle finalità perseguite ed agli interessi della P.A.; in ogni caso, ove fossero residuati dubbi sulla effettiva interpretazione della polizza fideiussoria prodotta e della sua conformità al bando, l’Amministrazione avrebbe potuto e dovuto richiedere chiarimenti integrativi;
c) infine, il terzo gruppo di motivi aggiunti (avverso il verbale di gara del 6 novembre 2007, l’aggiudicazione dei vari lotti alle imprese controinteressate e l’approvazione di verbali di gara con delibera dirigenziale n. 46 del 14/11/07 e la nota prot. n. 106587 del 22/11/07 con cui il Municipio di Messina ha rammentato che i proprietari degli impianti pubblicitari esistenti sul territorio comunale che devono rimuovere gli stessi entro il termine di 90 giorni dall’aggiudicazione), denuncia l’illegittimità derivata dalla invalidità di tutti i superiori atti denunciati con il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti in precedenza notificati.
Il Comune intimato e i controinteressati evocati con il terzo ricorso per motivi aggiunti si costituivano in giudizio e, resistendo alle impugnazioni di tutti i superiori atti, ne hanno chiesto il rigetto.
1.2. La Sezione seconda interna del giudice adito, con l’epigra-fata sentenza n. 872/2008, ha respinto il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti ad esso collegati.
2.1. Avverso l’anzidetta sentenza propone appello la ricorrente in primo grado, che, previamente riprodotto e reiterato il contenuto delle censure dedotte con il ricorso introduttivo del primo grado ed i motivi aggiunti, avverso il complesso dei provvedimenti impugnati, deduce l’erroneità in fatto ed in diritto della sentenza impugnata, con riferimento analitico ai seguenti capi, tenuti distinti nella impostazione sistematica dei motivi di appello:
I) motivazione da pag. 15 a pag. 17;
II) motivazione a pag. 18;
III) motivazione a pag. 19;
IV) motivazione alle pagg.19/20;
V) motivazione alla pag. 21;
VI) omessa motivazione relativa alla domanda di indennizzo;
VII) motivazione alle pagine 21 e 23;
VIII) motivazione alle pagine dalla 22 alla 25;
IX) omessa motivazione in ordine al secondo motivo per motivi aggiunti;
X) riflessi vizi della motivazione con riferimento al provvedimento di aggiudicazione ed agli ulteriori atti impugnati con l’ultimo gruppo di motivi aggiunti.
Al punto I, l’impianto impugnatorio investe l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di primo grado nel sottovalutare le illegittimità derivanti dalla interversione illegittima del regime autorizzatorio in regime concessorio
Per le parti della sentenza che investono il procedimento seguito nella approvazione del regolamento e del piano impugnati, illegittimamente sarebbe stato baipassato l’onere della prova, incombente sul Comune intimato, della acquisizione di tutti i pareri obbligatori dei Consigli circoscrizionali (punto II), il giudice di primo grado ha confuso la data di approvazione della bozza di regolamento da parte della Giunta, con quella della deliberazione di adozione ed approvazione con emendamenti del regolamento, da parte del Consiglio comunale (punto III); ha rinvenuto, nella anzidetta interversione del regime giuridico dell’attività economica di titolarità della ricorrente, l’esercizio di una potestà amministrativa "facoltativa" e "discrezionale", che, al contrario, non spetterebbe all’Ente locale, in quanto da nessuna norma attribuito (punto IV); la sentenza non si sarebbe, di fatto, pronunciata sui motivi di impugnazione dedotti avverso il primo gruppo di motivi aggiunti ed, in particolare: sull’immotivato e grave vulnus alla iniziativa privata (in violazione, fra l’altro di garanzie costituzionali); con riferimento alla mancanza di ogni e qualsiasi bilanciamento degli interessi degli operatori economici sacrificati; al contrasto con il regolamento che non conterrebbe la previsione di concedere a pochi operatori il suolo comunale sul quale installare i mezzi pubblicitari; con riferimento al regime monopolistico sostanzialmente instaurato dal comune con la previsione della gara per l’assegnazione del suolo pubblico per le finalità commerciali delle quali si tratta (punto V).
Oggetto di impugnazione specifica sono poi l’omessa o, in ogni caso, erronea e viziata pronuncia:
– sulla domanda subordinata di indennizzo monetario ex art. 21 quinques L. n. 241 del 1990, spiegata con il secondo gruppo di motivi aggiunti (VI motivo di appello);
– sull’impossibilità di effettuare il calcolo di convenienza economica ai fini della formulazione dell’offerta in relazione alla indeterminatezza della prestazione, e della mancata fissazione di requisiti tecnici (punto VII);
– sui motivi di impugnazione specificamente rivolti avverso la motivazione dell’esclusione dalla gara, con riferimento alla garanzia fideiussoria offerta dalla interessata (punto VIII);
– sulla irragionevolezza del disciplinare di gara ed i vizi ulteriori dedotti con il II motivo del secondo gruppo di motivi aggiunti (punto IX);
– in via derivata, sulle ragioni che hanno condotto alla reiezione del terzo gruppo di motivi aggiunti al cui accoglimento l’interessato conserverebbe interesse anche indipendentemente dalla sua esclusione dalla gara.
2.2. In giudizio si sono costituite le società Alessi s.p.a., Alce Pubblicità s.a.s., Pubbliemme s.r.l. resistendo all’appello di cui chiedono la reiezione; ha spiegato intervento adesivo la Damir s.r.l., è invece rimasto assente il Comune di Messina.
2.3. Con ordinanza n. 688/2998 del 17 luglio 2008, il Consiglio ha accolto la domanda incidentale di sospensione e, successivamente, chiamata la causa all’udienza fissata del 15 ottobre 2008, l’ha trattenuta in decisione.
D I R I T T O
1. Preliminarmente, deve essere disattesa l’eccezione della resistente soc. Pubbliemme, secondo cui l’appello in esame sarebbe inammissibile per mancanza di specificità dei relativi motivi.
L’esposizione che precede, sufficientemente analitica nel riprodurre (ancorché sinteticamente) il contenuto dell’appello, evidenzia come parte appellante non si sia affatto limitata a riproporre i motivi di impugnazione dedotti in primo grado (e dei quali richiede il riesame) ma abbia, analiticamente e per singoli punti, specificato le ragioni del riesame chiesto a questo giudice di appello.
L’eccezione è, dunque, priva di fondamento in fatto.
2. Parimenti, deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum, spiegato in appello dalla soc. DAMIR.
Nei limiti delle censure dedotte dall’appellante – dal cui accoglimento l’interveniente si propone di trarre soltanto indiretta utilità sostanziale, in pendenza di un differente giudizio dalla stessa instaurato avverso la sua esclusione dalla gara promossa dal Comune (e per la quale pende separato giudizio) – la soc. Damir, estranea al primo grado del presente giudizio, porta in questa sede un interesse di mero fatto all’accoglimento dell’appello.
In questi limiti, l’intervento in appello può ritenersi ammissibile.
3.1. Chiarito quanto sopra, rilievo centrale assume, nella controversia in esame, il complesso delle censure dedotte con il ricorso introduttivo, avverso la decisione dell’Ente locale di attribuire in concessione, tramite pubblica gara, gli spazi destinati ad impianti pubblicitari e di condizionare alla aggiudicazione ed alla relativa convenzione il rilascio dell’autorizzazione alla attività commerciale tipica alla cui disciplina si rivolge il Regolamento oggetto della presente controversia, in cui l’attuale appellante ha rinvenuto, con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, una illegittima modificazione del regime autorizzatorio, previsto dalla normativa statale (codice della strada e relativo regolamento), con compressione della libera iniziativa economica. In ciò anche indotto dalla disposizione regolamentare che prevede, nell’ambito delle norme transitorie e finali (art. 58) che: "Con l’entrata in vigore del presente regolamento tutte le preesistenti autorizzazioni di impianti pubblicitari, da qualunque soggetto dell’Amministrazione rilasciate, s’intendono revocate (comma 9)", "I proprietari di impianti pubblicitari, esistenti sul territorio comunale, devono rimuovere gli stessi entro il termine di 90 giorni dall’aggiu-dicazione delle gare per le nuove concessioni di cui all’art. 24 del presente regolamento (comma 10)", "Relativamente agli impianti risultanti ancora esistenti, dopo il termine di cui al precedente comma, il Comune dispone la rimozione degli stessi, facendone menzione su apposito verbale. In caso di inottemperanza, entro il termine di 10 giorni, entro il quale l’interessato può provvedervi direttamente, il Comune provvederà d’ufficio, addebitando agli interessati le spese sostenute. Dell’avvenuta rimozione verrà redatto verbale da notificare all’interessato. In caso di installazione su suolo privato, l’ordinanza verrà indirizzata al titolare dell’impianto ed al proprietario del suolo (comma 11)", "Nel caso in cui l’aggiudicatario di una concessione risultasse proprietario di impianti pubblicitari preesistenti nel lotto interessato, l’eventuale mantenimento di detti impianti è vincolato al rispetto delle norme del Piano Generale degli Impianti pubblicitari (comma 12)".
Il problema, posto dall’attuale appellante con il primo ed il quarto dei motivi di impugnazione del ricorso introduttivo del primo grado del giudizio (che, ad avviso di questo giudice di appello meritano di essere esaminati congiuntamente), è stato risolto nella sentenza impugnata (per ciò che riguarda le censure rivolte con il primo motivo all’art. 24 del Regolamento impugnato), con la proposizione "nessuna invadenza e limitazione della sfera economica privata si attua mediante l’utilizzazione dello strumento della gara pubblica per l’asse-gnazione delle aree, ma al contrario, si realizza un corretto criterio di utilizzazione del suolo pubblico nel rispetto della esigenza privata di collocare impianti pubblicitari nelle aree pubbliche all’uopo individuate, e nell’interesse pubblico di effettuare una corretta utilizzazione del territorio ricavandone i relativi diritti concessori" e (in relazione l’art. 58 – commi 9 e seguenti – oggetto del quarto motivo) con l’affermazione ulteriore secondo cui "La previsione del regolamento qui contestata corrisponde all’esigenza di dare allo stesso completa attuazione; sarebbe incongruo mantenere la validità di vecchie autorizzazioni rilasciate fuori delle nuove previsioni attinenti alla loro ubicazione e alla nuova regolamentazione del relativo canone e sarebbe contrario ai principi generali dare prevalenza all’interesse privato del singolo titolare di vecchia autorizzazione rispetto a quello pubblico di razionalizzazione delle risorse del territorio".
Il riferito impianto motivazionale – sottoposto al vaglio di questo giudice con il primo e con il quarto dei motivi di appello (con argomenti sviluppati rispettivamente alle pagg. 42/48 e 51/53) – non è convincente e non può essere totalmente condiviso, ove si considerino le norme regolamentari impugnate, nel loro logico collegamento, che finisce con l’implicare una totale e generalizzata lottizzazione dei siti di titolarità comunale, disponibili per la pubblicità commerciale, fra l’altro, totalmente disattendendo interessi di non poco momento della imprenditoria impegnata già da tempo nel territorio in attività di installazione e gestione di impianti pubblicitari debitamente autorizzati e fruenti della occupazione di suolo pubblico.
In materia di installazione e gestione degli impianti pubblicitari, dopo l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 15 novembre 1993 n. 507, che all’art. 3 contempla i regolamenti comunali sulle modalità di effettuazione della pubblicità ed un piano generale degli impianti, la Corte Costituzionale (con sentenza n. 355 del 17 luglio 2002) ha avuto modo di chiarire quale sia la natura dei poteri conferiti ai comuni.
In tema di pubblicità stradale, si è espressa la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. V, n. 44 del 10 gennaio 2007) escludendo che la convenzione fra amministrazione locale e privato, per l’occupazione di suolo pubblico necessario alla installazione ed alla gestione della pubblicità stradale, implichi la necessità di fare ricorso ad una selezione ad evidenza pubblica, in quanto il mero conferimento del suolo pubblico non configura l’attività in questione alla stregua di un servizio reso, dal titolare dell’attività, all’Ente.
L’art. 53 del regolamento di attuazione del codice della strada (D.P.R. n. 495/1992) – con riferimento all’art. 23 dello stesso codice la cui violazione è denunciata con il primo motivo di impugnazione del ricorso originario – contiene sufficienti elementi per ritenere che l’autorizzazione richiesta dall’art. 23 sopra richiamato debba anche includere l’occupazione del suolo pubblico su cui il richiedente intende installare l’impianto pubblicitario.
Il doppio sistema di tassazione, che prescrive la corresponsione (in ogni caso) dell’imposta sulla pubblicità e quella del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), che affianca la prima soltanto ove siano impegnati, con la pubblicità, pubblici spazi, è volto a procurare un’entrata al Comune in funzione della titolarità dell’area il cui è collocato il mezzo pubblicitario.
Avuto riguardo, dunque, alla normativa statale (nel cui ambito devono essere ricercati condizioni e limiti all’esercizio di una libera attività economica), la sottoposizione al doppio limite della previa concessione (a seguito di gara) – con riferimento a tutti gli spazi di pertinenza dell’Ente, ivi compresi quelli del demanio stradale e comunque riconducibili alla disciplina di cui al citato art. 23 – in forma generalizzata, in aggiunta all’autorizzazione, per l’esercizio dell’atti-vità, viene a porsi in contrasto con gli obiettivi stessi della normativa di riferimento, che sembra voler favorire, piuttosto che comprimere (sia pure nei limiti in cui la si assoggetta ad autorizzazione comunale, a garanzia della sicurezza nella circolazione e della viabilità, oltre che dei valori estetici e delle caratteristiche abitative e ambientali), la libera attività economica della quale si tratta.
L’art. 24 del Regolamento del Comune di Messina, nella sua stesura definitiva (ovvero, nel testo approvato dal Consiglio Comunale, nella seduta del 28 dicembre 2006) così recita:
"1 Il Comune, qualora lo ritenga economicamente valido, può concedere, previa convenzione, a soggetti privati, la possibilità di collocare sul territorio comunale, su beni di proprietà comunale o dati in godimento dal Comune, o appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile comunale, appositi impianti pubblicitari, anche con valenza di pubblica utilità, nonché può concedere l’utilizzo di impianti pubblicitari di proprietà comunale, ovvero lo sfruttamento ai fini pubblicitari di spazi risultanti dal Piano Generale degli Impianti pubbli-citari.
2 Le convenzioni regolamentano le concessioni che vengono rilasciate mediante lo svolgimento di apposita procedura ad evidenza pubblica o in altro modo consentito dalla legge.
3 Se si intende procedere all’assegnazione per lotti, la loro composizione verrà stabilita in base a criteri di omogeneità territoriale e di funzionalità.
4 Per evitare possibilità di concentrazioni delle concessioni, non è consentito che il medesimo soggetto superi il limite di una concessione.
5 La concessione comporta oltre al pagamento del canone di concessione o di affitto, anche la corresponsione dell’imposta sulla pubblicità e della COSAP.
6 La concessione è disciplinata da una apposita convenzione, nella quale dovranno essere precisati il numero e l’ubicazione degli impianti da installare, la durata della concessione ed il relativo canone annuo dovuto al Comune, nonché tutte le altre condizioni necessarie per un corretto rapporto, come le spese, le modalità e i tempi di installazione, la manutenzione, le responsabilità per eventuali danni, il rinnovo o la revoca della concessione, la cauzione e simili".
In tale letterale formulazione, la norma non rileva, ad una prima lettura, invero, nella sua interezza, una portata lesiva.
Del tutto innocua sembra essere, per tale profilo, la formula del 1° comma, ed apparentemente anodina, quella del secondo.
Essa contempla, è vero, la possibilità che "le concessioni" vengano rilasciate "mediante lo svolgimento di apposita procedura ad evidenza pubblica", ma non esclude che possa farsi ricorso a differente forma, dal momento che è dalla stessa fonte contemplato che alla concessione si possa fare luogo in altro modo consentito dalla legge.
Il complesso delle disposizioni contenute nell’articolo in esame tuttavia offre un quadro che non chiarisce quali possibilità, in concreto, restino all’operatore di conseguire l’autorizzazione all’eser-cizio dell’attività con occupazione di spazi pubblici, indipendentemente dalla partecipazione alla pubblica gara.
Teoricamente, la disposizione consente che l’intero territorio comunale ed i siti previsti per l’installazione di mezzi pubblicitari possa essere lottizzato per formare oggetto di assegnazione per pubblica gara, così sostanzialmente precludendo iniziative ulteriori.
La disciplina transitoria contenuta nell’art. 58 del regolamento avvalora il convincimento che sia sostanzialmente questo l’obiettivo perseguito dall’Ente.
In questo senso, e per la parte in cui non pone congrui limiti alla possibilità, per il Comune, di procedere alle assegnazioni, mediante pubblica gara, dei siti di titolarità dell’Ente – escludendo quelli riconducibili alla disciplina dell’art. 23 del codice della strada – l’articolo impugnato è illegittimo, per violazione del citato art. 23 del decreto legislativo n. 285 del 1992 e per eccesso di potere, in quanto spetta al legislatore statale e non al Comune, con lo strumento del Regolamento, di definire i limiti di una libera attività economica.
Il Comune, introducendo surrettiziamente limitazioni non previste dal codice della strada (e dal suo regolamento), sub specie di scelte volte ad incrementare le economie dell’Ente, anche con riguardo al demanio stradale, stravolge la previsione codicistica.
3.2. Le norme regolamentari non si sottraggono alle censure del ricorrente neppure nella parte in cui (art. 58) dispongono che, "con l’entrata in vigore del presente regolamento tutte le preesistenti autorizzazioni di impianti pubblicitari, da qualunque soggetto dell’Ammi-nistrazione rilasciate, s’intendono revocate" (comma 9), con obbligo di rimozione degli impianti "entro il termine di 90 giorni dall’aggiudi-cazione delle gare per le nuove concessioni di cui all’art. 24 del presente regolamento".
Come denunciato nel quarto motivo di appello, la sentenza impugnata, nel convincimento della coerenza del potere espresso nella norma impugnata con il mutamento della regolamentazione, omette, del tutto, di considerare la portata ed il contenuto della denunciata violazione degli artt. 21 quinques e 21 nonies della legge n. 241 del 1990 e del mancato contemperamento dei contrapposti interessi.
Orbene (escluso che trovi applicazione l’invocato art. 21 nonies), il caso in esame è riconducibile alla previsione dell’art. 21 quinquies, della citata legge 241 del 1990 che, pur facendo salvo il generale potere di revoca dell’Amministrazione, con riferimento a provvedimenti amministrativi di efficacia durevole, conferisce tuttavia dignità di norma all’esigenza, più volte avvertita, che il sacrificio imposto ricevesse congruo ristoro, fissando anche i criteri per la liquidazione dell’indennizzo.
Sul punto la sentenza impugnata sfugge, del tutto, la prospettazione del ricorrente e deve essere riformata.
Anche il vizio formale, del difetto della motivazione non può essere sottovalutato, ove come nel caso in esame, si colori della sostanziale mancanza del preventivo accertamento di un sostanziale ed insanabile conflitto fra la pregressa e la nuova regolamentazione eventualmente componibile con l’intervento degli operatori interessati.
4.1. Radicalmente, poi, il regolamento non si sottrae alle censure dedotte con gli altri due motivi di impugnazione (il II e III del ricorso introduttivo) che denunciano vizi del procedimento, erroneamente sottovalutati dal giudice di primo grado.
4.2. Da nessuna parte della deliberazione di approvazione della proposta di Regolamento Comunale risulta che siano stati raccolti i pareri, obbligatori, ancorché non vincolanti dei Consigli circoscrizionali.
Il giudice di primo grado afferma che, in assenza, nel provvedimento, di una formula che attesti l’acquisizione dei suddetti pareri, essi debbano essere considerarsi presuntivamente acquisiti, ma anche conformi alle decisioni assunte dall’Autorità tenuta a promuovere l’attività consultiva.
L’appellante contrasta questa tesi denunciando l’illegittima inversione dell’onere della prova.
La censura è fondata.
Allorché la norma prescrive che ai fini della adozione di un provvedimento debba essere previamente sentito il parere di un organo consultivo, formule del tipo, "Visto il parere" o "sentito …", non seguita da alcuna specificazione, giustificano la presunzione di conformità del provvedimento al parere, di cui – in caso di contestazione – deve essere fornita la prova contraria.
Ove, al contrario, nessuna indicazione sia contenuta nell’atto, la censura con la quale è contestata la mancata acquisizione, non può essere superata da alcuna presunzione, in mancanza anche di un minimo indizio della regolarità del procedimento, cosicché spetta all’Amministrazione di fornire la prova della regolare acquisizione.
Ne consegue che, nel caso in esame, ed in assenza di prova contraria, il fatto negativo su cui si basa la censura deve ritenersi provato e, conseguentemente viziato il provvedimento per violazione del regolamento sulle autonomie, del Comune di Messina, che richiede obbligatoriamente, in caso di regolamenti comunali, che siano sentiti i consigli circoscrizionali.
4.3. Con il III motivo di appello è denunciato che, altrettanto erroneamente, il giudice di primo grado ha respinto la censura (contenuta nel 3° motivo del ricorso introduttivo), volta a contestare la legittimità del piano, per essere intervenuta, la sua approvazione, prima della adozione del nuovo regolamento (e, d’altra parte, senza relazionarsi alla pregressa regolamentazione).
La tesi del ricorrente, che imputa ad un evidente errore di fatto, del giudice di primo grado, la reiezione della censura, è provata per tabulas.
Infatti, nella sentenza impugnata si attribuisce alla Giunta la deliberazione del 12 dicembre 2006 che è invece la deliberazione del Consiglio comunale con la quale è stato approvato il piano generale degli impianti, e che, con ogni evidenza precede l’approvazione del regolamento, avvenuta invece, nella seduta del 28 dicembre 2006.
La discrasia non è di scarso interesse.
In linea di principio, è anche possibile che due atti, costituenti l’uno presupposto dell’altro, siano approvati in unico contesto, in quanto deve presumersi che il consenso raggiunto sulla proposta dell’atto presupposto abbia poi costituito la base per l’approvazione dell’altro.
Non è, invece, compatibile, con il contenuto assegnato dall’ordinamento al regolamento ed al piano di cui si tratta, che l’approvazione preceda, cronologicamente, quella del regolamento che del secondo deve fissare le linee ed i criteri fondamentali.
Quanto si è verificato, in concreto, nel caso in esame, costituisce una anomalia sanabile soltanto per effetto di una successiva ratificazione dell’atto; in difetto la deliberazione di approvazione del piano deve ritenersi viziata, per mancanza dell’atto presupposto.
Siffatta evenienza si connota di particolare gravità nel caso in esame, che vede il regolamento approvato con significativi emendamenti rispetto allo schema proposto dalla Giunta.
Il vizio della deliberazione di approvazione del piano, invalida lo strumento di pianificazione, come denunciato dall’attuale ricorrente nel primo grado del giudizio.
5. Nella situazione che precede, lo stesso bando di gara deve ritenersi viziato, essendo travolto, unitamente ai successivi atti impugnati con i motivi aggiunti, sulla base dei profili di illegittimità derivata, di volta in volta puntualmente e ritualmente dedotti dall’attuale appellante nel giudizio di primo grado.
L’appello, pertanto, deve essere accolto, con assorbimento del complesso degli ulteriori motivi di appello e delle altre censure dedotte in primo grado.
Conseguentemente, in riforma della sentenza appellata, deve essere accolto il ricorso proposto in primo grado e, con esso i motivi aggiunti nella parte in cui denunciano l’illegittimità derivata, restando assorbite le ulteriori censure, e, per l’effetto devono essere annullati tutti gli atti impugnati.
In considerazione, tuttavia, della complessità e novità delle questioni, devono essere interamente compensate fra le parti le spese del giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello, come da motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado ed i motivi aggiunti per quanto di ragione, ed annulla gli atti impugnati.
Compensa interamente le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, il 15 ottobre 2008, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l’intervento dei Signori: Pier Giorgio Trovato, Presidente, Chiarenza Millemaggi Cogliani, estensore, Ermanno de Francisco, Filippo Salvia, Pietro Ciani, Componenti.
F.to: Pier Giorgio Trovato, Presidente
F.to: Chiarenza Millemaggi Cogliani, Estensore
F.to: Loredana Lopez, Segretario
Depositata in segreteria il 14 settembre 2009.

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