Cass. civ. Sez. II, Sent., 08-03-2011, n. 5424 Responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione in data 25.11.93 T.A. conveniva in giudizio avanti al tribunale di Ragusa l’ing. C.G. esponendo che nel 1987 aveva conferito a quest’ultimo l’incarico di progettazione e direzione dei lavori per opere di miglioramento fondiario ex L.R. n. 13 del 1986, da eseguirsi in Ragusa contrada S. Antonio per un importo complessivo di L. 150.000.000; che il professionista non aveva espletato l’incarico con la dovuta diligenza specie con riferimento alla progettazione e realizzazione della stradella di accesso ai fabbricato, di cui aveva sbagliato la pendenza ed il livellamento, al punto da rendere difficoltoso ed anzi impedire l’accesso al fabbricato rurale di un proprietario confinante. A causa di ciò erano sorti dei contrasti proprio con quest’ultimo, B.G., sfociati in un giudizio civile conclusosi con la soccombenza di esso T.; che a seguito di tale episodio l’ing. C., anzichè porvi riparo, aveva rinunciato all’incarico mediante lettera racc., nonostante i numerosi inviti a desistere da tale decisione di talchè egli era costretto a rivolgersi ad altro tecnico per il completamento dell’opera in questione. Chiedeva pertanto l’attore la condanna del convenuto – previa dichiarazione delle sue numerose inadempienze – al risarcimento dei danni.

Si costituiva l’ing. C. contestando la domanda avversaria di cui chiedeva il rigetto, sostenendo che la stradella era stata costruita in contrasto con le direttive da lui impartite, ciò che lo aveva indotto a rinunciare all’incarico. Lo stesso professionista nel frattempo aveva ottenuto dal Presidente de tribunale di Ragusa un provvedimento monitorio di L. 15.985.718 per i pagamento delle proprie prestazioni professionali; tale decreto ingiuntivo era opposto dal T. che si riportava ai fatti già esposti nella causa da lui intentata contro il professionista per il risarcimento dei danni; riuniti i due giudizi, l’adito tribunale di Ragusa, con sentenza n. 227/2001 del 5/8.3.2001, dichiarava il C. parzialmente inadempiente alle obbligazioni dipendenti dal suo incarico professionale e lo condannava a pagare al T. la somma di L. 14.304.955 pari all’esborso relativo ai precetti intimati a quest’ultimo dal vicino B.; dichiarava peraltro il T. debitore nei confronti di controparte della minor somma di L. 7.200.00 + IVA, riducendo il corrispettivo richiesto di una certa percentuale (39%) in ragione delle inadempienze professionali a lui riconosciute ed addebitate.

La decisione veniva appellata dal C. in via principale e dal T. in via incidentale. L’adita Corte d’Appello di Catania con la decisione n. 8890/2004, rigettava la domanda di risarcimento danni avanzata dal T., che condannava al pagamento nei confronti di controparte della somma di L. 13.989.718 (oltre interessi) a titolo di pagamento delle prestazioni professionali effettuate; oltre alle spese de doppio grado.

La corte territoriale riteneva che il C. non era stato parte nei giudizi intentati dal B. contro il T. per cui non potevano porsi a suo carico le somme relative ai precetti notificati a quest’ultimo dai primo; peraltro nessuna prova era stata fornita circa la pretesa responsabilità professionale del C., per cui era del tutto ingiustificata la riduzione del 30%, operata a tale titolo dal primo giudice, sui corrispettivi da lui richiesti sulla base della parcella professionale vistata dall’ordine degli ingegneri di Enna.

Per la cassazione della suddetta decisione ricorre il T. sulla base di 4 motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.; resiste il C. con controricorso, avanzando a sua volta ricorso incidentale.
Motivi della decisione

Preliminarmente occorre riunire i ricorsi.

Con il primo motivo del ricorso principale violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2 e art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., e difetto di motivazione l’esponente deduce che la Corte d’appello ha rigettato la domanda di risarcimenti danni da inadempimento e responsabilità professionale, sull’erroneo presupposto che il T. non avesse assolto all’onere probatorio che in quanto attore su di lui incombeva. In particolare la corte di merito ha erroneamente ritenuto di non potere acquisire elementi di prova utilizzando ipotesi di responsabilità a carico del C. che erano emerse in altro processo (intercorsi tra il T. ed il B.), atteso che i relativi atti erano stati acquisiti ed allegati nel presente giudizio senza l’opposizione dello stesso C.; la corte siciliana avrebbe dovuto e potuto valutarli ma non l’ho fatto senza nulla in proposito motivare. La doglianza è infondata.

Giova precisare che in effetti, l’utilizzazione delle prove formate in altro processo rientra indubbiamente nei poteri discrezionali del giudice in tema di disponibilità e vantazione delle prove su cui fondare il proprio convincimento; non può essere censurata la sua decisione di non avvalersi di tali atti, comportando valutazioni di merito, incensurabili in questa sede di legittimità, stante l’adeguata motivazione della sentenza. Invero la corte siciliana ha ritenuto di non utilizzare gli atti di quel processo nè la sentenza conclusiva (sentenza n. 975/95) del tribunale di Ragusa, "perchè in detto giudizio il C. non fu parte e non ebbe la possibilità di controdedurre in ordine alle risultanze dell’attività istruttoria e della consulenza tecnica in esso espletate. Invero il T. avrebbe potuto chiedere di essere autorizzato a chiamare in garanzia in quel procedimento il C. per farne accertare in contraddittorio la responsabilità e ottenerne la condanna alla rivalsa. Non avendo fatto ciò a suo tempo, bene ha potuto agire a tale scopo nel presente giudizio, ma con l’onere di provare il fondamento della sua domanda nei confronti del C., sulla base di una nuova ed autonoma attività istruttoria, espletata stavolta, con il contraddittorio del predetto convenuto".

Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2 e art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., e difetto di motivazione) l’esponente deduce che ai fini della prova della responsabilità del professionista non era necessario – come ritenuto dalla Corte – la produzione in giudizio del progetto da lui redatto al fine di potere desumere la consistenza dei lavori da lui progettati, le direttive impartite e se i difetti ipotizzati fossero comunque addebitati ad errore di progettazione o a mancanza di sorveglianza nelle esecuzione delle opere stesse. In realtà nulla di tutto ciò era possibile ricavare da tale documentazione, mentre l’onere probatorio era stato da lui assolto attraverso la produzione degli atti dell’altro processo e mediante le dichiarazione dei testi assunti in questo giudizio, criticando, a tale riguardo, la diversa contraria valutazione fornita dalla corte dei testi assunti, ritenuti inattendibili o in conferenti.

Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c. e il difetto di motivazione, in relazione alla valutazione della lettera del C. del 23.9.91 di rimessione dell’incarico, che, secondo la Corte, era giustificata dal mancato rispetto della sue direttive.

Benchè la lettera era stata inviata un mese prima del ricorso possessorio dal B. intentato contro il T., non poteva essere condivisa l’opinione della corte d’appello secondo cui non si tratterebbe di un espediente per precostituirsi un esonero della sua responsabilità. In realtà l’ing. C. avrebbe dovuto provare che il T. non aveva voluto ottemperare alle sue direttive circa la costruzione della strada. La lettera poi era stata puntualmente contestata e riscontrata, mentre i testi escussi avevano confermato la tesi di esso ricorrente.

Con il 4^ motivo il ricorrente denunzia infine la violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2 e art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., e il difetto di motivazione della sentenza impugnata.

Deduce che la corte di merito aveva erroneamente ritenuto che esso T. non aveva provato le ulteriori inadempienze dell’ing. C. che gli avevano cagionato danni ed avevano giustificato la decurtazione della parcella per la percentuale di 30% (opere in violazione di norme urbanistiche e procedimenti penali subiti dal T.). Il T. anche in questo caso, aveva prodotto numerosi documenti e sui punto erano stati escussi anche dei testi.

Gli ultimi tre motivi – congiuntamente esaminati stante la loro stretta connessione – sono chiaramente infondati perchè involgono questioni di merito non denunciabili in questa sede, stante l’ampia ed esaustiva motivazione della sentenza, priva di vizi logici e giuridici.

L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni – come ha sottolineato più volte questa S.C. – nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. n. 12362 del 24/05/2006).

Conclusivamente il ricorso principale dev’essere rigettato.

Passando all’esame del ricorso incidentale, deduce il C. che la Corte siciliana non doveva annullare il provvedimento monitorio per effetto dell’opposizione perchè era perfettamente valido; ha poi errato nel ritenere che il l’ingegnere non avesse detratto la somma di L. 2.000.000 circa, perchè di questa detrazione aveva tenuto conto nel predisporre la parcella. Anche tale doglianza non è fondata. Il decreto doveva essere revocato perchè è stato accolto solo in parte; non è stato riconosciuto legittimo per tutta la somma ingiunta, con riferimento a L. 2000.000 che io stesso professionista aveva ammesso di aver ricevuto in acconto e quindi non andavano conteggiate.

Conclusivamente anche il ricorso incidentale dev’essere rigettato. La reciproca soccombenza comporta la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.

la Corte riunisce i ricorsi; e li rigetta entrambi compensando le spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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