Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-12-2010) 03-02-2011, n. 3882

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Arezzo, sezione distaccata di San Sepolcro, con sentenza del 12/12/08, dichiarava L.C. colpevole del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3, perchè, in qualità di legale rappresentante della Lucos s.r.l., realizzava una discarica non autorizzata e segnatamente, su area di proprietà della stessa ditta e di proprietà dapprima del consorzio idraulico di terza categoria "Fiume Tevere" e quindi della Provincia di Arezzo, concessa alla predetta Lucos in sanatoria, depositava, a più riprese ed in tempi diversi, numerosi materiali, nella specie attrezzature e macchinari obsoleti e dimessi, quadri elettrici, ferrame vario rugginoso, tralicci in ferro, travi in legno deteriorato, colonnina- pompa gasolio in disuso, tralicci di nastri trasportatori, pneumatici esauriti, una betoniera e un silos di decantazione, omettendo di smantellare o mettere in sicurezza attrezzature varie dismesse, materiali tutti in quantitativo pari a 79.000 chilogrammi, così costituendo una discarica e creando una situazione di evidente degrado generale di circa 1.706 metri quadrati; condannava l’imputato alla pena di mesi 6 di arresto ed Euro 6.000,00 di ammenda, con la sospensione condizionale.

La Corte di Appello di Firenze, chiamata a pronunciarsi sull’appello avanzato nell’interesse del prevenuto, con sentenza del 30/11/09, ha confermato il decisum di prime cure. Propone ricorso per cassazione la difesa del L., con i seguenti motivi:

-la motivazione adottata dalla Corte di Appello a sostegno della affermata responsabilità dell’imputato in ordine al reato ascritto è illogica e si fonda su una errata valutazione delle emergenze istruttorie, visto che dalle prove acquisite nel processo non si evince che la Lucos abbia depositato rifiuti, mentre è rilevabile che detti rifiuti siano stati depositati, antecedentemente al 1999, dalla ditta L.P., poi fallita;

-il decidente ha errato, altresì, nel considerare quale una ammissione di colpevolezza la effettuata rimozione dei rifiuti da parte del L. nel corso del processo di primo grado, senza che quest’ultimo coinvolgesse la società fallita predetta, quando di contro, risulta che lo smaltimento di essi era stato concordato con il curatore fallimentare della citata società.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile, per la manifesta infondatezza dei motivi in esso formulati.

Il discorso giustificativo, adottato dal giudice di merito, si rivela del tutto logico e corretto.

Il giudice di merito ha evidenziato che:

-la realizzazione della discarica di rifiuti in questione è stata constatata, a seguito degli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza, all’interno di area recintata in proprietà alla Lucos s.r.l., della quale l’imputato è legale rappresentante;

-le emergenze istruttorie hanno consentito di rilevare la presenza in detto luogo di accumuli di notevoli quantitativi di rifiuti di varia tipologia, in evidente stato di abbandono; dallo stato di conservazione dei rifiuti è facilmente desumibile che gli stessi siano stati abbandonati da molti anni ed accumulati in maniera continuativa nel tempo;

-la Lucos s.r.l. è stata dichiarata fallita anteriormente al 1998 e l’accertamento che ha dato origine all’azione penale è stato eseguito nell’agosto 2006, per cui la tesi, sostenuta dalla difesa dell’imputato, secondo la quale i rifiuti de quibus sarebbero stati abbandonati dalla predetta società, non è stata ritenuta sostenibile perchè in contrasto con le risultanze processuali.

Orbene si osserva che le censure si palesano in fatto, proponendo una rivisitazione delle emergenze istruttorie, con contestuale critica alla valutazione della piattaforma probatoria svolta dal giudice di merito, su cui al giudice di legittimità è precluso ogni riesame estimativo.

Esula, infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata, in via esclusiva, al giudice di merito, senza che possa quindi integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali.

In una tale prospettiva il giudice di legittimità non può sovrapporre la propria valutazione a quella del giudice di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova raccolte, essenso, invece, compito della Corte di Cassazione stabilire se il decidente di merito abbia esaminato tutti gli elementi a sua disposizione, se abbia fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbia esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta delle conclusioni raggiunte (ex plurimis – Cass. 23/1/03, Cozzi).

In conferente, appare, di poi, il secondo motivo di ricorso in ordine alla volontaria rimozione dei rifiuti da parte del prevenuto, con o senza il preventivo accordo con la curatela del fallimento " L. P.".

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il L. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, va, a norma dell’art. 616 c.p.p., altresì, condannato al versamento di una somma, a favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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