Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-03-2011, n. 5529 Espropriazione forzata di beni mobili Opposizione agli atti esecutivi Pignoramento di crediti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 14-17 aprile 1989 C.R., creditore della somma di L. 57.498.370 nei confronti di R.P.P., ha notificato alla s.r.l. Salumificio Bellucci atto di pignoramento dei crediti maturati dal R. quale agente di vendita del Salumificio.

All’udienza del 2.6.1989, fissata ai sensi dell’art. 547 cod. proc. civ., nessuno è comparso a rendere la dichiarazione relativa all’esistenza ed all’entità dei crediti.

Iniziata la causa di merito per l’accertamento in proposito, la società preponente si è costituita, dichiarando di nulla dovere, poichè il R. si era appropriato di denaro proveniente dai clienti, ad essa dovuto.

Il giudice del lavoro di Modena – dichiarato competente a decidere a seguito di regolamento di competenza – ha accertato che, alla data del 2 giugno 1989, il R. era creditore di L. 6.097,051 per provvigioni, e che in date successive aveva maturato altri crediti verso il Salumificio, anche a titolo di TFR, per complessive L. 49.409.684; che la società preponente, dal canto suo, vantava un credito verso il R. di L. 26.434.586, somma che questi aveva incassato dai clienti e che avrebbe dovuto riversare al preponente.

La sentenza di accertamento della suddetta situazione creditoria è stata confermata dalla Corte di appello di Bologna.

Riassunto dal C. il processo esecutivo, il giudice dell’esecuzione di Modena ha assegnato al creditore procedente la somma di Euro 14.754,36, operando la compensazione fra il debito del Salumificio verso il R. ed il debito di quest’ultimo verso la società.

Il C. ha proposto opposizione agli atti esecutivi davanti al Tribunale di Modena, chiedendo che gli venisse assegnata l’intera somma a credito del R., in applicazione del principio di cui all’art. 2917 cod. civ., per cui le cause di estinzione del credito pignorato successive al pignoramento non sono opponibili al creditore pignorante.

Con sentenza 17 gennaio 2006 n. 122 il Tribunale ha accolto la domanda, assegnando al C. l’intero importo accertato a credito del R., pari ad Euro 28.666,83.

Il Salumificio propone tre motivi di ricorso per cassazione.

Gli intimati non hanno depositato difese.
Motivi della decisione

1.- Con il prime motivo, denunciando nullità della sentenza e del procedimento, la società ricorrente assume che nella specie il provvedimento del GE di assegnazione del credito aveva natura sostanziale di sentenza, perchè emesso a soluzione del contrasto insorto fra le parti circa l’operatività della compensazione, che attiene all’entità della somma da assegnare.

L’ordinanza, pertanto, avrebbe dovuto essere impugnata con appello, non tramite opposizione agli atti esecutivi, opposizione proponibile solo nei casi in cui si facciano valere vizi formali o sostanziali degli atti esecutivi.

2.1.- Il motivo non è fondato.

L’impugnabilità con lo strumento dell’appello, a cui si riferisce l’orientamento giurisprudenziale invocato dal ricorrente, concerne i casi in cui il contenuto dell’ordinanza di assegnazione fuoriesca da quello ad essa proprio e decida su questioni che integrano l’oggetto tipico di un procedimento di cognizione: cioè sul diritto del creditore di procedere all’esecuzione (Cass. civ. Sez. 3^, 23 aprile 2003 n. 6432 e precedenti ivi cit.), o sull’esistenza ed entità del credito pignorato (Cass. civ. Sez. 3^, 16 maggio 2005 n. 10180).

Quando invece si facciano valere vizi o violazioni di legge, ancorchè sostanziali, attinenti all’ordinanza di assegnazione od agli atti esecutivi che l’hanno preceduta, il rimedio proponibile è l’opposizione agli atti esecutivi.

Nella specie il provvedimento di assegnazione ha risolto una controversia attinente all’applicabilità o meno dell’art. 2917 cod. civ..

A prescindere dalla fondatezza nel merito della soluzione adottata, è indubbio che il GE – nel ritenere inopponibile al creditore pignorante la compensazione eccepita dal terzo pignorato – ha richiamato ed applicato una regola tipica del processo esecutivo, pur se ciò ha richiesto la soluzione, in via pregiudiziale, di una questione di diritto, che può presentare problemi delicati e complessi.

Ma si è trattato, per l’appunto, della mera individuazione della norma di diritto applicabile al processo esecutivo; non della soluzione di una controversia avente ad oggetto la definizione, in fatto e in diritto, di questioni quali il diritto del creditore di procedere all’esecuzione, l’esistenza del credito azionato, l’esistenza ed entità del credito pignorato, ecc.: questioni tutte già definite in separata sede, con doppio grado di giurisdizione.

Correttamente quindi l’ordinanza di assegnazione è stata impugnata tramite opposizione agli atti esecutivi.

2.- Il secondo e il terzo motivo di ricorso investono la sentenza del Tribunale nella parte in cui ha ritenuto:

a) che gli effetti del pignoramento si estendano a comprendere non solo le somme già maturate in favore del debitore pignorato alla data della notifica del pignoramento medesimo, ma anche quelle maturate successivamente, nel corso del giudizio di accertamento del credito pignorato, trattandosi di crediti per provvigioni derivanti da un contratto di agenzia, soggetti ai medesimi principi applicabili al pignoramento delle retribuzioni spettanti al lavoratore dipendente, nei contratti di lavoro subordinato;

b) che ciò nonostante il Salumificio, preponente e terzo pignorato, non potesse opporre in compensazione al creditore procedente il debito del R., maturato anch’esso nelle more del giudizio di accertamento, trattandosi di debito sorto successivamente al pignoramento, perchè: accertato a seguito di sentenza emessa ai sensi dell’art. 548 cod. proc. civ..

3.- Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 492, 543, 546, 547, 548 e 553 cod. proc. civ., art. 1241 cod. civ., e segg. e art. 2917 cod. civ., sul rilievo che la sentenza impugnata avrebbe dovuto applicare al caso di specie i principi in tema di c.d. compensazione impropria, secondo cui – quando le contrapposte obbligazioni derivino dal medesimo rapporto contrattuale – il credito pignorabile andrebbe individuato nel saldo fra le diverse poste di dare ed avere, restando inapplicabile l’art. 2917 cod. civ..

Richiama i principi enunciati dalla Corte di Cassazione con sentenza 10 giugno 2005 n. 12327 la quale, proprio in tema di contratto di agenzia, ha ritenuto opponibile la compensazione, nel caso sottoposto al suo esame, perchè il controcredito del preponente era sorto prima della data del pignoramento, pur essendo stato liquidato in data ad esso successiva, mentre nel caso in oggetto sia i crediti dell’agente maturati successivamente al 2.6.1989 (data dell’udienza fissata per la dichiarazione del terzo), sia il credito del preponente, sono sorti dopo la notificazione dell’atto di pignoramento, venendo a configurare una fattispecie di compensazione impropria, sottratta all’applicazione dell’art. 2917 cod. civ..

4.- Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 112, 492, 543, 546, 547, 548 e 553 cod. proc. civ., sul rilievo che – avendo il creditore procedente chiesto che venissero assoggettate a pignoramento solo le somme dovute dal Salumificio Bellucci al R. fino al 2.6.1989 illegittimamente il Tribunale ha esteso l’efficacia del vincolo ai crediti dell’agente maturati dopo la suddetta data, accogliendo così una domanda non proposta.

5.- Il terzo motivo – il cui esame è logicamente pregiudiziale – è inammissibile, sia ai sensi dell’art. 366 cod. proc. civ., n. 6, sia per difetto di autosufficienza, sia perchè attinente a questione che non risulta essere stata tempestivamente sollevata in sede di merito.

Non sono riportati nel ricorso gli estremi dell’atto di pignoramento, per la parte che interessa in questa sede; nè si specifica se l’atto medesimo sia stato acquisito al presente giudizio, come sia contrassegnato e come sia reperibile fra gli atti di causa, come è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 n. 6 cit. (cfr.

Cass. civ. Sez. 3^, 17 luglio 2008 n. 19766; Cass. civ. S.U. 2 dicembre 2008 n. 28547).

In secondo luogo la questione in oggetto non è in alcun modo menzionata dalla sentenza impugnata e non vi è prova che la ricorrente l’abbia sollevata anche davanti al Tribunale.

Neppure risulta come le parti abbiano specificato le rispettive domande ed eccezioni, in sede di riassunzione del processo esecutivo, dopo il giudizio di accertamento della posizione creditoria del R.; se in ipotesi la domanda del C. sia stata estesa in quella sede ai crediti maturati successivamente e se la ricorrente vi abbia resistito (come non sembrerebbe, considerato che l’intero giudizio si è polarizzato sul problema della compensazione).

Com’ è noto, la parte che in sede di ricorso per cassazione lamenti la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. è tenuta a dimostrare – a pena di inammissibilità – di avere proposto la questione, nel giudizio conclusosi con la sentenza impugnata, al fine di dimostrare che essa ebbe a costituire oggetto di contraddittorio fra le parti e di specifica domanda di decisione (cfr. di recente Cass. civ. Sez. 3^, 3 marzo 2010 n. 5087).

6.- Il secondo motivo non è fondato.

6.1.- La tesi della ricorrente, secondo cui il credito pignorato ed il debito opposto in compensazione sarebbero sorti entrambi dopo la data del pignoramento non tiene conto dei principi più volte enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il pignoramento presso terzi costituisce una fattispecie complessa, che si perfeziona non con la sola notificazione dell’atto introduttivo, ma con la dichiarazione del terzo circa l’entità del credito, con la sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo di cui all’art. 549 cod. proc. civ..

Ne consegue che il credito pignorato può venire individuato e determinato nel suo preciso ammontare in data molto successiva a quella della notificazione dell’atto (Cass. civ. Sez. 3^, 9 dicembre 1992 n. 13021, Cass. civ. Sez. 3^, 27 gennaio 2009 n. 1949), senza che perciò lo si possa considerare sorto dopo il pignoramento, poichè l’indisponibilità delle somme dovute dal terzo pignorato al debitore e l’inefficacia dei fatti estintivi si producono fin dalla data della notificazione, ai sensi dell’art. 543 cod. proc. civ. (Cass. Civ. Sez. 3^, 18 gennaio 2000 n. 496; Cass. Civ. n. 1949/2009, cit.).

Ciò premesso, la ricorrente prospetta un problema che effettivamente sussiste, cioè il possibile assoggettamento delle obbligazioni derivanti da un medesimo rapporto contrattuale ad un doppio regime, per cui – per l’intero periodo necessario all’accertamento del credito (nella specie, dal 14.4.1989, data della notificazione del pignoramento, al novembre 1999, data della sentenza di accertamento del credito del R. per provvigioni e TFR) – l’una delle parti (nella specie, la società preponente) ha adempiuto alla sua prestazione, devolvendone l’oggetto al terzo pignorante, ma non può eccepire a quest’ultimo il credito che le deriva dalla mancata percezione della prestazione corrispettiva, nel corso del medesimo periodo, ove in essa si ravvisi una fattispecie di compensazione.

Richiama quindi i principi enunciati in tema di c.d. compensazione impropria, per cui – ove debiti e crediti derivino dal medesimo rapporto – l’oggetto del pignoramento e della conseguente ordinanza di assegnazione può comprendere solo il saldo fra le reciproche poste di dare ed avere, e richiama a supporto varie decisioni giurisprudenziali (Cass. civ. Sez. Lav. 23 gennaio 1999 n. 648; Cass. civ. Sez. 3^, 12 aprile 1999 n. 3564 ; 29 marzo 2004 n. 6214), fra cui in particolare Cass. civ. Sez. 3^, n. 12327/2005 cit., che ha esaminato il problema proprio con riferimento all’applicabilità dell’art. 2917 cod. civ..

Il richiamo non è in termini.

La sentenza n. 12327/2005 – con riguardo ad un caso analogo a quello in oggetto (pignoramento presso il preponente del credito dell’agente per provvigioni, ed eccezione del preponente di compensazione con il credito derivante da indebita appropriazione di somme da parte dell’agente) – ha ribadito il principio già affermato da Cass. civ. S.U. 16 novembre 1999 n. 775 (con riferimento alla L. Fall., art. 56), secondo cui può parlarsi di c.d. compensazione impropria non in tutti i casi in cui le contrapposte obbligazioni derivino dal medesimo rapporto, ma solo quando esse siano legate da un vincolo di corrispettività che ne escluda l’autonomia (con la motivazione che, se si ammettesse anche qui la reciproca elisione delle obbligazioni, si verrebbe ad incidere sull’efficacia del negozio, paralizzandone gli effetti, onde la compensazione si porrebbe in contrasto con la funzione tipica del contratto, che consiste nell’assicurare a ciascuna parte la prestazione pattuita). Ciò premesso, ha escluso che si possa ravvisare rapporto di corrispettività fra il diritto dell’agente al pagamento delle provvigioni ed il credito del preponente avente ad oggetto una prestazione risarcitoria, quale quella derivante da indebita appropriazione di somme di denaro. Ha perciò ritenuto corretta l’applicazione al caso esaminato dell’art. 2917 cod. civ..

La ricorrente non mette in questione i principi affermati dalla citata giurisprudenza, cioè la restrizione delle fattispecie di compensazione impropria alle sole obbligazioni legate da vincolo sinallagmatico (principio peraltro riconducibile, come si è detto, a Cass. civ. S.U. 16 novembre 1999 n. 775 cit. e più volte ribadito dalla giurisprudenza successiva: Cass. civ. Sez. 3^, 11 gennaio 2006 n. 260; Cass., civ. Sez. 1^, 27 gennaio 2006 n. 1758; Cass. civ. Sez. 3^, 6 luglio 2009 n. 15796); nè contesta che sia da escludere la configurabilità di un rapporto sinallagmatico fra la prestazione oggetto del contratto e una prestazione risarcitoria (come si porrebbe ipotizzare nel caso in cui l’obbligazione di risarcimento sia sostitutiva della prestazione inadempiuta).

Ma neppure deduce di avere affermato e dimostrato, nelle competenti sedi di merito, che nel caso in esame il debito del R. era parte della prestazione contrattuale a suo carico, quindi legata da vincolo sinallagmatico al diritto al pagamento delle provvigioni (perchè, in ipotesi, era stato contrattualmente attribuito all’agente anche l’incarico di riscuotere i pagamenti dai clienti, o per altra causa), sicchè la prestazione risarcitoria non era frutto di un illecito meramente occasionato dal rapporto di agenzia, ma rientrava fra i fisiologici effetti contrattuali a vantaggio e a carico delle parti.

In mancanza di tale dimostrazione, non ricorrono gli estremi per applicare al caso in esame i principi enunciati dalla giurisprudenza in tema di compensazione impropria e per escludere l’operatività dell’art. 2917 cod. civ..

7.- Le censure della ricorrente non possono che essere rigettate.

8.- Non essendosi costituiti gli intimati non vi è luogo a pronuncia sulle spese.
P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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