Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-01-2011) 04-02-2011, n. 4182 Competenza per territorio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 29 marzo 2010, la Corte di appello di Napoli, confermava la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, Sezione Distaccata di Gragnano, in data 20/3/2008, che aveva condannato M.D. alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa per i reati di appropriazione indebita aggravata e falso con riferimento ad un assegno di L. 1.500,00 emesso in favore di C.A..

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di incompetenza territoriale e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ed equa la pena inflitta.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando cinque motivi di gravame con il quali deduce:

1) Violazione di legge e vizio della motivazione per mancata applicazione dell’art. 9 c.p.p. con riferimento al mancato accoglimento dell’eccezione di incompetenza territoriale;

2) Violazione di legge e vizio della motivazione per inosservanza dell’art. 192 c.p.p. In proposito deduce il malgoverno delle regole che presidiano la formazione della prova, eccependo che l’asserita appropriazione del titolo risulta una mera congettura, priva di qualsiasi riscontro probatorio;

3) Violazione di legge e vizio della motivazione per erronea applicazione dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11. Al riguardo si duole che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto provato un fatto (..pacifica attività di mediazione) che in realtà non ha mai avuto concreto riscontro probatorio;

4) Violazione di legge e vizio della motivazione per inosservanza degli artt. 120 e 124 c.p., dolendosi del mancato proscioglimento dell’imputato per difetto di querela. Al riguardo eccepisce che la persona offesa del reato di appropriazione indebita è il traente dell’assegno, L.L., e non il beneficiario, C. A., la cui querela sarebbe comunque tardiva;

5) Violazione di legge e vizio della motivazione per inosservanza con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.

Per quanto riguarda l’eccezione di incompetenza territoriale nessuna censura può essere mossa alla sentenza impugnata in quanto: "Il delitto di appropriazione indebita si consuma nel momento e nel luogo in cui l’agente tiene consapevolmente un comportamento oggettivamente eccedente la sfera delle facoltà ricomprese nel titolo del suo possesso ed incompatibile con il diritto del proprietario, in quanto significativo dell’immutazione del mero possesso in dominio, come ad esempio l’atto di disposizione del bene riservato al proprietario o l’esplicito rifiuto di restituzione della cosa posseduta" (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 26440 del 02/07/2002 Cc. (dep. 11/07/2002) Rv.

222657). Nel caso di specie, pertanto, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto l’evento dell’appropriazione coincidente con la negoziazione del titolo che risulta incassato in Sant’Antonio Abate.

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, le censure sono inammissibili. Invero il ricorrente, pur avendo formalmente denunciato il vizio di violazione di legge e difetto di motivazione ha, tuttavia, nella sostanza, svolto ragioni che costituiscono una critica del logico apprezzamento delle prove fatto dal giudice di appello con la finalità di ottenere una nuova valutazione delle prove stesse; e ciò non è consentito in questa sede. In particolare le censure mosse in ordine all’apprezzamento delle prove sono generiche ed il ricorrente non indica motivi specifici da cui si possa desumere l’inattendibilità delle convergenti deposizioni rese dai testi nel dibattimento. è il caso di aggiungere che la sentenza impugnata va necessariamente integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, di primo grado, derivandone che i giudici di merito hanno spiegato in maniera adeguata e logica, le risultanze confluenti nella certezza della responsabilità dell’imputato per i reati a lui contestati.

Per quanto riguarda il terzo motivo in punto di sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11, le censure sollevate dal ricorrente attengono all’accertamento del fatto, vale a dire la sussistenza o meno di una pacifica attività di mediazione posta in essere dal prevenuto, rispetto al quale non sarebbe ammissibile un intervento di questa Corte in sovrapposizione argomentativa rispetto alle conclusioni legittimamente assunte dai giudici di merito.

La sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 – come già rilevato dalla Corte territoriale – determinando la procedibilità d’ufficio, assorbe ogni altra contestazione in ordine alla validità e tempestività della querela in atti. Ciò rende inammissibile, per aspecificità, il quarto motivo.

Parimenti inammissibile è il quinto motivo concernente le non concesse attenuanti generiche e la misura della pena giacchè la motivazione della impugnata sentenza, pure su tali punti conforme a quella del primo giudice, si sottrae ad ogni sindacato per avere adeguatamente richiamato i precedenti penali ed il comportamento dell’imputato – anche successivo al reato – elementi sicuramente rilevanti ex artt. 133 e 62-bis c.p.p..

Nè il ricorrente indica elementi non considerati in positivo decisivi ai fini di una diversa valutazione.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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