Cassazione Civile III – n. 5063 del 03/03/2009 Pedoni, striscie, attraversamento, Circolazione stradale (2009-05-22)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Gli eredi di V.A. deceduto a seguito di incidente stradale del (OMISSIS), hanno proposto ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte di Appello di Milano del 9 marzo-2 aprile 2006 che aveva confermato la sentenza del locale Tribunale del 9 gennaio 2002, la quale aveva ritenuto la esclusiva responsabilità del pedone V.A. nella causazione dell’incidente.

I giudici di appello hanno premesso che la prova liberatoria per il conducente di un autoveicolo può risultare anche indirettamente dall’accertamento che il comportamento della vittima sia stato causa esclusiva dell’evento dannoso, comunque non evitabile dal conducente.

Nel caso di specie, dalla risultanze processuali era emerso che il pedone aveva attraversato la strada improvvisamente, in un punto in cui non vi era passaggio pedonale.

Egli avrebbe dovuto quindi dare la precedenza ai veicoli.

Il L. procedeva a velocità non elevata, adeguata alle circostanze di tempo e di luogo, come dimostravano le tracce di frenata ed il punto d’urto. Aveva tentato di frenare per evitare l’urto non appena avvedutosi del fatto che il V. iniziava l’attraversamento della strada.

Avverso tale decisione gli eredi di V. hanno proposto ricorso per cassazione, illustrato da memoria.

La compagnia di assicurazione Z. resiste con controricorso.

Il conducente ed il proprietario dell’autoveicolo, L.D. e L. non hanno svolto difese in questa sede.

Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per il rigetto del ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con cinque motivi gli eredi del V., deceduto a cinque giorni di distanza dall’incidente, denunciano vizi di violazione di norme di legge e vizi della motivazione.

I giudici di appello, ad avviso dei tre ricorrenti, non avrebbero verificato se il conducente del veicolo assicurato con la Z. avesse effettivamente compiuto tutte le manovre atte ad evitare l’incidente (primo motivo).

Non vi era alcuna prova del fatto che il pedone fosse stata la causa esclusiva dell’incidente.

La velocità del veicolo condotto dal L. non poteva dirsi particolarmente moderatali conducente del veicolo avrebbe dovuto arrestarsi per consentire al pedone l’attraversamento (anche se fuori dalle strisce).

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Spetta in via esclusiva al giudice di merito, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge.

Con motivazione logica che sfugge a qualsiasi censura la Corte milanese ha preso in esame tutte le risultanze istruttorie ed ha concluso che l’evento mortale si era verificato per esclusiva colpa della vittima, che ebbe ad attraversare improvvisamente la strada, proseguendo l’attraversamento dopo aver lasciato scorrere il veicolo dinanzi a sè.

La rottura dell’indicatore luminoso direzionale destro, sistemato tra montante anteriore e parafango, dimostrava che era stato il V. ad urtare la vettura, quando questa era già in parte passata dinanzi a lui.

Tutto ciò dimostrava, ha concluso la Corte, che il pedone non aveva ispezionato con attenzione la carreggiata e non si era arrestato quando l’auto lo aveva già parzialmente superato.

A carico del conducente del veicolo sarebbe stato possibile ipotizzare una qualche responsabilità solo nel caso in cui fosse risultato che lo stesso avesse tenuto una velocità non adeguata alle condizioni di tempo e di luogo.

Nulla di tutto ciò era invece emerso nel giudizio civile ed in quello penale, conclusosi con l’assoluzione del L. con formula ampia.

Il conducente dell’autoveicolo, L.D., ha riconosciuto la Corte territoriale, non ebbe a violare alcuna noma, nè di legge nè di prudenza, ma fece tutto il possibile per evitare il danno, tentando di porre in essere una manovra di emergenza (frenando la marcia del veicolo ed arrestandosi subito dopo l’urto).

Del pari infondato è il secondo motivo con il quale (attraverso la denuncia di violazione degli artt. 2054 e 1227 c.c., omesso esame di documento decisivo e vizio di motivazione) i ricorrenti hanno riproposto il tema della concorrente responsabilità del conducente, L.D., il quale – secondo quanto dichiarato alla Polizia Municipale in sede di interrogatorio delegato – aveva avvistato il pedone ad un metro dal marciapiede, con le spalle rivolte verso la strada e quindi era tenuto a diminuire la velocità, in modo da essere in grado di arrestare la marcia per il caso di attraversamento improvviso da parte del pedone.

Tali dichiarazioni, in realtà, non escludono affatto la ricostruzione delle modalità dell’incidente operata dal giudice di appello ed anzi riducono lo spazio ed i tempi di attraversamento della strada da parte del pedone, confermando, da una parte, il carattere improvviso di tale scelta, dall’altra, la impossibilità del L. di fare ricorso a qualche manovra di emergenza.

Vanno disattese anche le censure articolate con il terzo motivo (violazione degli articoli 141 e 191 codice della strada, artt. 2054 e 1227 c.c., vizio di motivazione), con le quali si contesta nuovamente il carattere imprevedibile dell’attraversamento e si ripropone la questione della colpa concorrente del L., per non avere uniformato la propria condotta di guida alle prescrizioni di cui all’art. 141 C.d.S.. Vanno, al riguardo, richiamate le considerazioni già svolte in ordine alla esclusione delle dedotte violazioni di legge ed alla sufficienza e congruità della motivazione.

Ritenuto che ad analoghe conclusioni si deve pervenire in ordine al quarto (vizio di motivazione violazione degli artt. 99, 112, 163 e 342 c.p.c.) ed al quinto motivo (vizio di motivazione in relazione all’art. 2054 c.c. e art. 141 C.d.S.) con i quali i ricorrenti hanno in particolare ribadito che il pedone venne investito dalla parte anteriore destra del veicolo e non già dalla fiancata laterale destra sicchè il punto di impatto portava logicamente ad escludere che l’auto fosse in fase avanzata di sorpasso e che l’evento fosse quindi addebitabile esclusivamente al pedone; che – a prescindere dal rilievo che il primo punto di impatto è stato correttamente individuato nella parte anteriore destra, all’altezza della ruota, alla stregua delle complessive indagini svolte in sede penale – trattasi in ogni caso di questioni attinenti alla ricostruzione delle modalità dell’incidente e, dunque, a questioni di merito, in ordine alle quali il giudice di appello ha fornito sufficiente e congrua motivazione.

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.

Sussistono, tuttavia, ad avviso del Collegio, giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese tra le parti costituite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa le spese di questo giudizio.

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