Cass. civ. Sez. I, Sent., 10-03-2011, n. 5758 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto emesso il 19 dicembre 2007 la Corte d’appello di Catanzaro accertava la violazione del termine ragionevole triennale del processo promosso da C.M.R., con ricorso depositato in data 18 maggio 1961, dinanzi alla Corte dei conti avverso il provvedimento del Ministero del Tesoro che le aveva negato il trattamento pensionistico di guerra, in assenza del presupposto della sua inabilità al lavoro, per il decesso del fratello C. G. avvenuto nel corso della prima guerra mondiale: giudizio, dichiarato estinto con sentenza 27 dicembre 2005.

Per l’effetto, valutato in anni 28 il ritardo irragionevole, detratto il periodo di stasi processuale imputabile agli eredi della Curuli, per omessa dichiarazione dell’evento interruttivo e per la riassunzione del processo, liquidava il pregiudizio da essi subito, nella predetta qualità, nella somma complessiva di Euro 17.500,00 da ripartire pro quota hereditaria.

Avverso il provvedimento proponeva ricorso per cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze, deducendo l’erroneità dell’accertamento del ritardo: fatto decorrere all’edictio actionis nel 1961, anzichè dall’1 agosto 1973, data in cui lo Stato italiano aveva accettato la clausola per il riconoscimento della competenza della Commissione europea – più tardi, Corte europea dei diritti dell’uomo – cui era subordinato l’accesso individuale da parte dei cittadini.

Gli intimati non svolgevano attività difensiva.

All’udienza del 24 gennaio 2011 il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, approvata il 4 novembre 1950, è stata ratificata dallo Stato italiano in data 26 ottobre 1955. Essa, peraltro, non ha dato ingresso immediato all’azione di riparazione per violazione del termine ragionevole del processo ivi prevista all’art. 6, par. 1, che restava condizionata all’accettazione di una clausola opzionale consistente nel riconoscimento da parte dello Stato contraente della competenza della Commissione (più tardi, Corte europea dei diritti dell’uomo) in tale materia: dichiarazione, sopravvenuta, per l’Italia, l’1 Agosto 1973.

Ne consegue che solo da tale ultima data si è introdotta una tutela internazionale; recepita, poi, con effetto retroattivo, dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, che ha prestato in favore della vittima di un ritardo processuale la tutela interna individuale (Cass., sez. 1, 20 Giugno 2006, n. 14286).

Ne consegue che la violazione del termine ragionevole, nel caso in esame, non è di 28 anni, bensì di 16: restando ferme le ulteriori valutazioni del comportamento tenuto dalle parti.

Il decreto impugnato deve essere quindi cassato in parte qua.

In assenza della necessità di ulteriori accertamenti di fatto, si può procedere alla decisione nel merito ( art. 384 cod. proc. civ.), sulla base della determinazione in Euro 625,00 dell’indennizzo unitario annuale posto dalla Corte d’appello di Roma a base del calcolo e non oggetto di impugnazione. Per l’effetto, si deve quindi determinare l’equa riparazione in complessivi Euro 10.000,00, con gli interessi legali dalla domanda; fermo il riparto proporzionale interno, tra i coeredi, operato dalla corte territoriale.

In considerazione dell’esito complessivo della causa, le spese del primo grado di giudizio devono essere riliquidate in relazione al minor valore della causa ritenuto in sentenza; mentre, vanno compensate quelle della fase di legittimità.
P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato nei limiti di cui in motivazione e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento, in favore dei resistenti della somma di Euro 10.000,00, con gli interessi legali dalla domanda;

Condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze alla rifusione delle spese del primo grado di giudizio, liquidate in complessivi Euro 900,00, di cui Euro 100,00 per spese ed Euro 300,00 per diritti, oltre le spese generali e gli accessori di legge;

Compensa tra le parti le spese della fase di legittimità.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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