Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-12-2010) 04-02-2011, n. 4214 Concorso di circostanze

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Brescia escluse la continuazione interna, rideterminò la pena e confermò nel resto la sentenza 12.2.2009 del Gup del tribunale di Brescia, che aveva dichiarato V.A.E. colpevole del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, ritenuta l’attenuante equivalente alla recidiva, con la riduzione per il rito e in continuazione con una precedente di patteggiamento per analogo reato.

L’imputato propone ricorso per Cassazione deducendo:

1) inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 99, 69 e 113 c.p.; manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta rilevanza della recidiva. Ricorda che la recidiva era stata esclusa dalla precedente sentenza passata in giudicato che pure aveva ad oggetto un reato compiuto successivamente a quello di cui al presente giudizio. La Corte ha quindi errato nell’applicare la recidiva fondando la decisione esclusivamente su un reato successivo a quello che stava giudicando. La sentenza è anche manifestamente illogica laddove ha fatto riferimento al fatto che l’imputato aveva riferito che l’anno precedente era stato denunciato per detenzione di hashish, e cioè ad una circostanza irrilevante.

2) inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 81, 133 e 99 c.p.; mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla determinazione del reato più grave, che è stato erroneamente individuato in quello oggetto del presente giudizio. La Corte avrebbe dovuto individuare il reato più grave in concreto, che era quello già giudicato perchè relativo ad una maggiore quantità della stessa sostanza stupefacente. Inoltre, per valutare quale fosse il reato più grave dovevano essere presi in considerazione soltanto i criteri di cui all’art. 133 c.p., comma 1. Erroneamente poi è stata derivata la maggiore gravità del reato anche dalla recidiva, che costituisce una circostanza inerente alla persona del colpevole.
Motivi della decisione

Entrambi i motivi di ricorso sono fondati.

Quanto al primo motivo, deve ricordarsi che con la prima sentenza dell’11.10.2008 (irrevocabile il 12.11.2008) l’imputato fu condannato per fatti commessi il (OMISSIS), ossia successivamente a quelli per i quali è stato condannato nel presente processo, commessi il (OMISSIS). Con l’atto di appello l’imputato aveva chiesto che fosse esclusa la rilevanza della contestata recidiva, deducendo, tra le altre considerazioni, che la citata sentenza dell’11.10.2008 aveva appunto escluso la rilevanza della recidiva in ragione della "non specificità e risalenza nel tempo dei precedenti penali". Lamenta ora che lo stesso Procuratore generale in appello aveva chiesto di escludere la rilevanza della recidiva così come aveva fatto il pubblico ministero in primo grado, prestando il consenso al patteggiamento. Ricorda anche che il Gip aveva rigettato la richiesta di applicazione di misure cautelari in considerazione della modesta gravità del fatto, dell’assenza di precedenti condanne per stupefacenti e del fatto che l’ultimo reato (contravvenzione) era stato commesso nel (OMISSIS).

Ora, come esattamente rileva il ricorrente, la Corte d’appello avrebbe dovuto applicare i principi fissati in materia dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui "il giudice può applicare l’aumento di pena (fisso o variabile) previsto, se reputa che il nuovo delitto, quello che fonda lo status di recidivo (semplice, aggravato, pluriaggravato o reiterato) sia in concreto (quindi, in rapporto alla natura del precedente delitto doloso ed al tempus del medesimo e, in genere, avuto riguardo ai parametri di commisurazione di cui all’art. 133 c.p.) espressione di una più marcata pericolosità del reo, ovvero costituisca indice della sua maggiore colpevolezza" (Sez. 4, 24.9.2008, n. 41031, Ottone, non massimata); e secondo cui "in presenza di contestazione della recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell’art. 99 c.p., è compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali" (Sez. Un., 27.5.2010, n. 35738, Calibe, m. 247838), nonchè dalla Corte costituzionale, secondo cui "è possibile sostenere che il giudice debba procedere al giudizio di bilanciamento – soggetto alla disciplina limitativa di cui all’art. 69 c.p., comma 4, – unicamente quando ritenga la recidiva reiterata effettivamente idonea a determinare, di per sè, un aumento di pena per il fatto per cui si procede: il che avviene – alla stregua dei criteri di corrente adozione in tema di recidiva facoltativa – solo allorchè il nuovo episodio delittuoso appaia concretamente significativo, in rapporto alla natura ed al tempo di commissione dei precedenti, sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo" (sent. n. 257 del 2008).

La Corte d’appello di Brescia ha rigettato la richiesta di esclusione della recidiva ritenendo che in questa sede non potessero valere le ragioni che avevano indotto il tribunale di Brescia ad escludere la rilevanza della recidiva con la sentenza 11.10.2008, e ciò in quanto nel caso di specie la personalità dell’imputato emergeva con connotati ben più allarmanti perchè solo dopo 11 giorni dal fatto per cui si procede egli fu arrestato per fatto analogo e perchè nell’udienza di convalida nel presente procedimento l’imputato aveva ammesso di essere stato denunziato per detenzione di hashish l’anno precedente.

Sono evidenti l’errore di diritto e la manifesta illogicità di motivazione in cui è caduta la sentenza impugnata. Infatti la Corte d’appello ha ritenuto la rilevanza della recidiva non sulla base di precedenti penali gravanti a carico dell’imputato, bensì esclusivamente sulla base del giudicato di cui alla sentenza 11.10.2008, relativa ad un reato commesso successivamente a quello per cui si procede, mentre, ai sensi dell’art. 99 c.p., comma 1, la recidiva può essere applicata a "chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro". La Corte d’appello inoltre ha ritenuto rilevante la recidiva per il fatto che l’imputato aveva ammesso che l’anno precedente era stato semplicemente denunciato per detenzione di hashish, ossia per una circostanza del tutto irrilevante (oltre che priva di alcun riscontro) ed assolutamente inidonea di per sè a giustificare una maggiore capacità a delinquere.

Il rigetto della richiesta di esclusione della rilevanza della recidiva è quindi sostanzialmente privo di idonea motivazione.

Quanto al secondo motivo, si osserva che il reato per cui ora si procede è stato commesso il (OMISSIS), mentre quello giudicato con la sentenza 11.10,2008 è stato commesso il (OMISSIS). I reati sono omogenei, trattandosi in entrambi i casi di violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 e 1 bis, ed essendo stati entrambi i fatti ritenuti di lieve entità con applicazione della attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.

La giurisprudenza di questa Corte ritiene che "ai fini della determinazione della pena per il reato continuato deve aversi riguardo alla violazione più grave considerata in astratto e non in concreto" (Sez. 6, 26.11.2007, n. 15, Varnelli, m. 209485); che "ai fini dell’applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato in sede esecutiva, l’individuazione della violazione più grave è affidata al criterio concreto della pena più grave inflitta, che si differenzia da quello applicato in sede di cognizione, dove si ha riguardo alla gravità in astratto sulla base della valutazione del titolo di reato e dei limiti edittali di pena" (Sez. 1, 5.11.2008, n. 44860, Picara, m. 242198); che "In tema di continuazione, la violazione più grave va individuata, in astratto, in base alla pena edittale, e avendo riguardo al reato così come ritenuto in sentenza, tenendo conto delle circostanze riconosciute esistenti e dell’eventuale giudizio di comparazione fra di esse" (Sez. 1, 15.6.2010, n. 24838, Di Benedetto, m. 248047).

Il ricorrente sostiene che, trattandosi di reati omogenei per entrambi i quali è stata riconosciuta l’attenuante del fatto lieve, per determinare la violazione più grave occorre far riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p., comma 1 ed in particolare al diverso quantitativo di sostanza stupefacente detenuto ai fini di spaccio in occasione degli episodi contestati, con la conseguenza che più grave sarebbe il reato del (OMISSIS), avente ad oggetto la detenzione di circa nove grammi di sostanza stupefacente del tipo eroina, e quindi un quantitativo quasi doppio rispetto a quello contestato nel presente procedimento.

La Corte d’appello ha invece ritenuto che, nonostante il minor quantitativo di eroina detenuto in relazione al fatto oggetto del presente processo, "utilizzando tutti i parametri di valutazione di cui all’art. 133 c.p. il fatto per cui si procede va in concreto ritenuto più grave di quello giudicato con la sentenza 11.10.2008, giustificandosi così pienamente la ritenuta rilevanza della recidiva". Si tratta di una frase di non facile comprensione. Se la Corte d’appello ha voluto intendere che il reato più grave va individuato in quello ritenuto in concreto più grave, allora il criterio di valutazione è erroneo perchè, come dianzi indicato, in sede di cognizione deve aversi riguardo alla gravità in astratto sulla base della valutazione del titolo di reato e dei limiti edittali di pena. In ogni caso, non si comprende perchè la maggiore gravità del fatto per cui si procede giustificherebbe pienamente la ritenuta rilevanza della recidiva. Non sono stati poi specificati i parametri di valutazione di cui all’art. 133 c.p. ai quali la Corte d’appello ha fatto riferimento. Infine, se, al di là delle parole usate, la Corte d’appello avesse voluto dire che il fatto di cui al presente processo dovrebbe ritenersi più grave perchè in questa sede è stata riconosciuta la rilevanza della recidiva che invece è stata esclusa dalla sentenza 11.10.2008, allora, a parte ogni altra considerazione, è sufficiente evidenziare che il giudizio sulla esclusione della recidiva è stato annullato con la presente sentenza. Ne deriva che la sentenza impugnata deve essere annullata anche in ordine alla individuazione del reato più grave su cui operare l’aumento per la continuazione.

In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Brescia.

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