Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con il ricorso in esame – notificato il 31.3.2010 e depositato il 21.4.2010 B.M., titolare della patente di guida n. -omissis- -cat."B" rilasciata dall’Ufficio Provinciale della Motorizzazione Civile di Napoli in data 20.6.2005, ha impugnato, innanzi a questo Tribunale, il decreto prot. n. 35944/PAT/AREA III^ TER dell’1.2.2010, in epigrafe, notificato il 9.2.2010, con cui la Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, visti l’art. 102 C. d S., l’art. 1 septies della legge n. 726/82 ed il decreto del Ministro dell’Interno del 23.12.91" aveva revocato la suddetta patente (ed ogni altra eventuale patente), il certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli ed il certificato di idoneità alla guida di ciclomotori rilasciatigli.
A sostegno del gravame l’interessato ha dedotto attraverso sette censure profili di incompetenza, violazione di legge (art. 1septies D.L. 6.9.1982, n. 629; art. 120 codice della strada; L. n. 241/1990, in particolare artt. 3, 7 e ss., 24, nonché principio di pubblicitàtrasparenza dell’azione amministrativa; artt. 4 e 24 Cost.) e di eccesso di potere (per perplessità, carenza dei presupposti, difetto assoluto di motivazione, difetto di istruttoria, arbitrarietà, manifesta erroneità, inopportunità ed inadeguatezza).
In particolare nelle prime due censure parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1septies del D.L. 6.9.1982, n. 629 conv. nella legge n. 726 del 1982, in relazione all’incompetenza (prima censura) ed all’eccesso di potere per carenza dei presupposti e difetto assoluto di motivazione (seconda censura) atteso che il rilascio ed il rinnovo, la sospensione o la revoca delle licenze autorizzazioni, concessioni e degli altri titoli menzionati prevederebbe un procedimento connotato da ampia discrezionalità implicante, dopo acquisite dagli Organi di Polizia le comunicazioni relative al coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa, una duplice valutazione autonoma e discrezionale, tanto del Prefetto quanto dell’Amministrazione attiva competente al rilascio del titolo abilitativo (nella specie la Motorizzazione Civile), mentre, nel caso di specie, mancherebbe una valutazione autonoma e motivata del Prefetto, tesa a verificare la sussistenza di particolari elementi di fatto che sarebbero tali da poter incidere sui requisiti soggettivi necessari per ottenere o mantenere il titolo abilitativo, tanto più necessaria per la conclamata circostanza di non avere riscontrato nei confronti del B. cause ostative ai sensi dell’art. 120 C.d.S.
Nella terza censura è stata dedotta ancora una volta la violazione dell’ art. 1septies del D.L. 6.9.1982, n. 629 conv. nella legge n. 726 del 1982, in relazione al difetto assoluto di motivazione e di istruttoria, attesa la mancanza di adeguata esplicitazione nell’impugnato decreto di revoca della patente delle ragioni di pubblico interesse a supporto di quest’ultimo per essersi l’Autorità Prefettizia limitata a recepire, in maniera acritica ed automatica, unicamente le segnalazioni ricevute con nota n. 9 Cat. 2/09 dal Commissariato P.S. di Posillipo che sembrerebbe rappresentare l’unico indice in base al quale sarebbe stato espresso il giudizio prognostico.
Nelle successive censure parte ricorrente si duole (oltre che l’inopportunità e l’inadeguatezza dell’impugnato provvedimento, in violazione degli artt. 4 e 24 Cost.) per la violazione dei principi di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa garantiti dalla legge n. 241 del 1990 per non avergli consentito di interloquire relativamente alla nota informativa prefettizia antimafia contenente le valutazioni antimafia sfavorevoli a suo carico, né in sede di partecipazione al procedimento amministrativo, né a seguito di richiesta di accesso alla suddetta informativa prefettizia sul presupposto che "la documentazione degli atti relativi alle informazione delle forze dell’ordine è esclusa dall’accesso ai sensi dell’art. 24, comma 4, della legge 7.8.1990, n. 241, nonché dal D.M. n. 415 del 10.5.1994 e successive modifiche ed integrazioni".
Nell’ultima censura è stata dedotta direttamente la violazione dell’art. 120 del Codice della strada, per la insussistenza (peraltro riconosciuta della medesima Amministrazione procedente) dei presupposti previsti da tale normativa per disporsi la revoca dei titoli abilitativi.
L’intimata Amministrazione si è costituita in giudizio sostenendo l’infondatezza del ricorso, all’uopo rivendicando un autonomo potere prefettizio di valutazione dei requisiti soggettivi per il mantenimento del titolo abilitativo.
La Sezione con l’ordinanza n. 1062 del 20.5.2010 ha disposto incombenti istruttori.
Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2011 la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato in relazione alle prime tre censure in cui sono stati dedotte la violazione dell’art.1septies del D.L. 6 settembre 1982, n. 629, in relazione all’incompetenza (prima censura) ed all’eccesso di potere per carenza dei presupposti e difetto assoluto di motivazione e di istruttoria (seconda e terza censura).
2. L’impugnato provvedimento con cui si è disposta la revoca di tutti i titoli abilitativi alla guida in possesso del B. è stato adottato "pur non avendo riscontrato nei confronti del richiedente cause ostative ai sensi dell’art. 120 C. d. s." e "nell’ambito discrezionale attribuito al Prefetto dal citato art. 1 septies della legge n. 726/88 e alla luce delle informazioni acquisite dagli Organi di Polizia dalle quali si evince che il richiedente risulta gravato da elementi di controindicazione ai fini antimafia".
Infatti esso consegue alla comunicazione del 14.1.2010 con cui il Commissariato P.S. di Posillipo notificava, su invito della Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, all’interessato la comunicazione di avvio del relativo procedimento nella quale si rappresentava che: "a seguito di segnalazione delle Forze dell’Ordine è risultato che nei confronti del nominato in oggetto è applicabile il disposto dell’art. 1 septies della L. n. 726/82, introdotto dalla L. n. 486/88 (normativa antimafia). In relazione a quanto sopra, detti requisiti sono stati esaminati con i poteri attribuiti al Prefetto dalla normativa citata che dà la possibilità a quest’ultimo, dopo una valutazione dell’ambito della discrezionalità ammessa dalla legge, di comunicare alle Autorità competenti elementi ed altre indicazioni utili dei requisiti soggettivi richiesti per il rilascio, il rinnovo, la sospensione o la revoca dei titoli abilitativi alla conduzione di mezzi o al trasporto di persone o cose".
3. In punto di diritto ai sensi dell’art. 1septies del D.L. 6 settembre 1982, n. 629 ("Misure urgenti per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa"), convertito, con modificazioni, in legge con l’art. 1 L. 12 febbraio 1982, n. 726 (articolo inserito dall’art. 2, L. 15 novembre 1988, n. 486) " l’Alto Commissario può comunicare alle autorità competenti al rilascio di licenze, autorizzazioni, concessioni in materia di armi ed esplosivi e per lo svolgimento di attività economiche, nonché di titoli abilitativi alla conduzione di mezzi ed al trasporto di persone o cose, elementi di fatto ed altre indicazioni utili alla valutazione, nell’ambito della discrezionalità ammessa dalla legge, dei requisiti soggettivi richiesti per il rilascio, il rinnovo, la sospensione o la revoca delle licenze, autorizzazioni, concessioni e degli altri titoli menzionati ".
4. Come confermato anche nella memoria difensiva della resistente Amministrazione depositata in data 17.5.2010 l’impugnato decreto è stato adottato ai sensi dell’art. 1 septies della legge n. 726/82, norma di carattere speciale e, quindi, prevalente sul dispositivo dell’art. 120 C.d.S. da applicarsi proprio ai fini della lotta alla criminalità organizzata e della prevenzione antimafia, che dà al Prefetto la possibilità di comunicare, tra l’altro, alle autorità competenti elementi ed altre indicazioni utili alla valutazione dei requisiti soggettivi richiesti per il rilascio, il rinnovo, la sospensione ola revoca per i titoli abilitativi alla guida dei veicoli motoautomobilistici.
5. Si profila a tal punto l’infondatezza della prima censura nella quale è stata dedotta la violazione dell’art. 1septies del D.L. 6.9.1982, n. 629, sotto il profilo dell’incompetenza dell’Autorità Prefettizia ad esaurire ogni sorta di valutazione discrezionale laddove la suddetta norma configura una duplice competenza, da esercitarsi con valutazione autonoma e motivata, tanto del Prefetto, in merito agli elementi di fatto ed alle altre indicazioni utili che possano incidere sui requisiti soggettivi necessari per ottenere o mantenere i titoli abilitativi in parola, quanto dell’Amministrazione attiva competente al rilascio del titolo abilitativo (nella specie la Motorizzazione Civile) per le ulteriori determinazioni da assumere, secondo il proprio discrezionale apprezzamento.
6. La Sezione, considerato che, se è possibile sostenere la segretazione delle informazioni raccolte dall’Autorità di Pubblica Sicurezza per fini investigativi, non altrettanto può dirsi per la nota prefettizia, cioè la valutazione sfavorevole formulata dall’Autorità prefettizia a carico di un soggetto, con l’ordinanza n. 1062/2010 del 20.5.2010 disponeva un’incombente istruttorio per verificare se la nota informativa prefettizia contenente le valutazioni antimafia sfavorevoli a carico del B. contenesse un’autonoma valutazione dei requisiti soggettivi necessari per mantenere il titolo abilitativo in sua titolarità o si fosse limitata a recepire acriticamente le informazioni trasmesse dal Commissariato P.S. di Posillipo con la nota n. 9 Cat. 2/9 in data 19.12.2009, per farne derivare l’automatica revoca del suddetto titolo.
Tuttavia, all’esito dell’istruttoria non è emerso altra documentazione che la suddetta nota da cui emergono a carico del B. i seguenti elementi di fatto:
1) condanna nel 1966 per guida senza patente;
2) denuncia nel 2006 per violazione di cui all’art. 73 D.P.R. n. 309/90;
3) controllo nel luglio 2008 in compagnia di pregiudicati;
4) arresto nel giugno 2009 per concorso in tentata estorsione aggravata da finalità camorristico.
7. Orbene escluso (come evidenziato dalla medesima Autorità Prefettizia nel decreto impugnato), che la revoca possa essere stata disposta ai sensi dell’art. 120 del Codice della strada (e d’altronde il B. non risulta essere delinquente abituale, professionale o per tendenza, né essere o essere stato sottoposto a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione di cui alle leggi n. 1423 del 1956 e n. 575 del 1965, né avere subito alcuna condanna per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del D.P.R. n. 309/1990, né essere stato mai destinatario del divieto di conseguire la patente di guida di cui all’art. 75, comma 1, lettera a), D.P.R. n. 309/1990), al fine di ritenere la perdita del requisiti soggettivi alcuna rilevanza possono avere i fatti sub 1), 2), 3), mentre a risultare ostativo al mantenimento del titolo de quo restano unicamente gli elementi di fatto vagliati alla luce della finalità di lotta alla delinquenza mafiosa di cui all’art. 1septies della legge n. 726/82 e, a tal riguardo, può rilevare unicamente quanto riferito nella nota informativa del Commissariato P.S. di Posillipo relativamente all’arresto del B. nel giugno 2009 per concorso in tentata estorsione aggravata da finalità camorristica, sul punto ragguagliandosi nel senso che: "Non può escludersi che lo stesso abbia legami con clan camorristico in quanto in data 19.6.2009 venne arrestato per tentata estorsione aggravata in concorso con tale Mendozza Ciro che risulta essere stato condannato dal Tribunale di Napoli con sentenza del 23.10.2003 per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p. essendo stata riconosciuta la sua partecipazione ad una organizzazione a delinquere di stampo camorristico nota come gruppo Posillipo, facendo parte al cartello di organizzazioni camorristiche conosciuto come alleanza di Secondigliano".
Pertanto, non essendovi riferimenti a condotte di vita, a frequentazioni, a rapporti di parentela, ma solo alla pendenza di un procedimento penale in fase dibattimentale si versa in una fattispecie in cui il pericolo di infiltrazione o di condizionamento mafioso è stato attinto integralmente ed esclusivamente da una fattispecie oggetto di accertamento da parte dell’Autorità giudiziaria penale.
8. Tuttavia, nel caso del ricorrente – come documentato dalla sua difesa in giudizio – l’esito del procedimento penale che lo ha riguardato ha accertato l’estraneità dello B. all’episodio della tentata estorsione aggravata, atteso che con la sentenza n. 541/2010 del G.U.P. del Tribunale di Napoli ha accertato che, allorquando è stata formulata la richiesta estorsiva il B., non era insieme al Mendozza, ritenuto responsabile esclusivo del reato.
Se dunque al ricorrente alcuna tentata estorsione aggravata dalla finalità camorristico può essere addebitata, gli elementi individuati dal Commissariato P.S. di Posillipo e dalla Prefettura, indicanti il pericolo di collegamento tra il B. e la criminalità mafiosa, finiscono con il perdere ogni consistenza.
9. Invero – come ben rilevato dalla difesa del ricorrente – con l’informativa antimafia il Prefetto è chiamato ad esercitare un potere decisionale assai delicato, dovendo garantire l’equilibrio tra opposti interessi che fanno capo, da un lato, alla presunzione di innocenza di cui all’art. 27 Cost. ed alle libertà costituzionalmente garantire, e, dall’altro, alla efficace repressione della criminalità organizzata. Attesa l’autonomia del procedimento amministrativo rispetto a quello giurisdizionale penale, se da un lato non è necessario un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l’appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso, dall’altro, per evitare il travalicamento di uno Stato di Polizia e salvaguardare i principi di legalità e certezza del diritto, occorre che siano individuati idonei e specifici elementi di fatto, obiettivamente sintomatici e rivelatori di concrete connessioni o collegamenti con le predette associazioni (Cfr. T.A.R. Campania, Sez. III, 21 ottobre 2001, n. 4553; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 23 novembre 2000, n. 1957).
Ciò vale ancor più nei casi in cui l’informativa antimafia sia fondata esclusivamente sulla contestazione di un reato per il quale sia emessa una sentenza di assoluzione non potendo la Pubblica Amministrazione sindacare o mettere in discussione gli accertamenti fattuali o le decisioni adottate in sede penali all’esito di un’istruttoria condotta avvalendosi di strumenti di indagine probatoria che non trovano analogo riscontro in altri sedi amministrative o giurisdizionali.
Ne deriva che il fatto che abbia trovato smentita all’esito di un procedimento penale non può esser richiamato per assumere nel suo oggettivo accadimento capacità qualificatoria dal punto di vista dell’informativa antimafia (Cfr. C.di S., Sez. V, n. 491/2008 del 12 febbraio 2008; n. 2828 del 31 maggio 2007; n. 4135 del 27 giugno 2006): in tale ipotesi la valutazione preventiva e sintomatica viene a recedere a fronte del più rigoroso ed esaustivo accertamento cui sono stati sottoposti nella sede processuale gli elementi sui quali la valutazione dell’Autorità amministrativa preposta alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica ha trovato sostegno (Cfr. C. di S., Sez. VI, 3 settembre 2009, n. 5194).
Afferma ancora efficacemente il Consiglio di Stato con la decisione n. 7381/2009 che: " E’ vero che le segnalazioni antimafia si basano su elementi informativi incompleti, che non possiedono un’immediata rilevanza sul piano penale, tanto da non poter essere utilizzati al fine di formulare un’accusa da sostenere nel processo.
Peraltro, il principio appena rilevato si basa sull’attuale impossibilità di accertare adeguatamente la fondatezza degli elementi raccolti al fine dell’esercizio dell’azione penale ovvero sull’esistenza di elementi sicuramente irrilevanti sotto il profilo penale, ma comunque tali da far ipotizzare una situazione nella quale la criminalità organizzata si sia comunque avvalsa dell’opera di cittadini ad essa estranei, che quindi sono oggettivamente coinvolti e ad essa hanno fornito delle utilità.
Elementi indiziari, quindi, giustificano l’adozione dei provvedimenti di prevenzione dell’infiltrazione mafiosa.
Peraltro, tale effetto deve essere escluso laddove sia positivamente dimostrata l’infondatezza degli indizi raccolti.
Nel caso di specie, gli elementi raccolti dall’Amministrazione hanno portato alla formulazione di un’accusa, la cui fondatezza è stata esclusa al termine del processo (……….) ", concludendo nel senso che le informative di cui si tratta si basano su un presupposto dimostratosi erroneo (in termini analoghi, C. di S., Sez. VI, 23 luglio 2008, n. 3646).
10. Ancor più esplicitamente il T.A.R. Campania, Sez. I, con la sentenza n. 3917/2003 ha avuto modo di rilevare che, se le esigenze di prevenzione sono sicuramente sufficienti a sorreggere la misura interdittiva anteriormente al vaglio panprocessuale delle accuse, non altrettanto possono bastare a "vincere" la stessa assoluzione dalle accuse che sia stata pronunciata a seguito di dibattimento dal giudice penale, con formula assolutoria piena (nella specie, non aver commesso il fatto), con la conseguenza che l’informativa antimafia oggetto di impugnazione è illegittima per carenza dei presupposti e difetto di istruttoria e motivazione.
Pur negli ampi e penetranti poteri conferiti al Prefetto, quale massima Autorità di Pubblica Sicurezza e di Polizia di prevenzione nella Provincia, derivanti dalla normativa antimafia di cui al decreto legge 629 del 6 settembre 1982, convertito in L. 12 ottobre 1982, n. 726, non è sufficiente un’istruttoria che si limiti al recepimento mero delle risultanze delle indagini di polizia giudiziaria, allorquando, come nel caso in esame, le risultanze degli accertamenti penali – e quelli posti a base di una mera richiesta di misura di prevenzione, rimasta senza seguito – risultino superati e resi inutili dall’intervenuta assoluzione con formula piena, pronunciata a seguito di dibattimento, dinanzi al competente giudice penale.
In una situazione in cui le misure interdittive si basano unicamente su un accertamento penale ed in assenza di alcuna argomentazione circa il permanere di motivi per ritenere ancora sussistente il pericolo di condizionamento mafioso, pur dopo intervenuta la sentenza di assoluzione, gli atti di indagine relativi a tale procedimento inevitabile, sotto questo profilo, il difetto di motivazione (Cfr. T.A.R. Campania, Sez. III, n. 9115/2007).
11. Pertanto deve fondatamente ritenersi che, nella fattispecie, l’Amministrazione procedente, esercitando un potere di autotutela in base ad un’istruttoria inadeguata e basata su erronea valutazione dei fatti acquisiti e non rendendo edotta degli esiti della stessa l’Autorità competente – nella specie la Motorizzazione Civile – per ogni ulteriore determinazione sulla base di valutazione autonoma e motivata, ha adottato un provvedimento non assistito da sufficiente motivazione in ordine alle ragioni di interesse pubblico a sostegno della disposta revoca.
12. In definitiva, assorbita ogni altra censura, il ricorso è fondato e pertanto va accolto con il conseguente annullamento degli atti impugnati e con salvezza per le ulteriori determinazioni amministrative che l’intimata Amministrazione dovrà adottare tenendo conto che il provvedimento di revoca della patente di guida deve trovare il suo fondamento non su generiche ed indimostrate affermazioni, ma sul venir meno nell’interessato dei requisiti soggettivi per il mantenimento del titolo abilitativo sulla base di una valutazione di fatti che dimostrino, all’attualità, l’esistenza di controindicazioni ai fini della normativa di prevenzione antimafia
13. Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare fra le parti le spese giudiziali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Quinta Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 2090/2010 R.G.), proposto da B.M., lo accoglie: per l’effetto, annulla il decreto prot. n. 35944/PAT/AREA III^ TER dell’1.2.2010 e la nota n. Cat. 2/9 del 19.12.2009 del Commissariato P/S di Posillipo.
Compensa fra le parti le spese, le competenze e gli onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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