Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-03-2011, n. 5746 Possesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

a.= L.C., assumendo di essere proprietaria di un fabbricato sito in (OMISSIS), confinante con proprietà di G.D., che nel 1995 aveva chiesto e ottenuto autorizzazione a recintare detta proprietà e il relativo spazio antistante, che da circa due mesi dalla presentazione del ricorso, G.D. aveva realizzato a confine con la proprietà della L. un vano contatore, che G. aveva installato sulla terrazza della propria abitazione un’antenna parabolica a distanza non regolamentare dalla finestra della ricorrente, che tali situazioni arrecavano pregiudizio e molestie al possesso pacifico e ininterrotto esercitato dalla ricorrente, chiedeva la reintegra nel possesso e nel godimento del suo diritto mediante ordine al resistente di rimuovere tutte le opere abusivamente installate. Si costituiva G.D., il quale deduceva che il contatore era stato installato nel muro di sua esclusiva proprietà, che il terreno antistante era di proprietà del resistente sia per successione sia per acquisto dei diritti vantati dagli altri germani coeredi, che l’apertura laterale rispetto al fabbricato dell’esponente rispettava la distanza prescritta dall’art. 907 cod. civ. Il Giudice istruttore con ordinanza rigettava la domanda possessoria e disponeva il passaggio alla fase di merito. Il Tribunale di S. Angelo dei Lombardi, espletata l’istruttoria con sentenza n. 367/03, dichiarava l’improponibilità della domanda proposta dalla L. e cessata la materia del contendere, relativamente alla di lei domanda relativa all’antenna parabolica. b) Proponeva appello davanti alla Corte di Appello di Napoli, L.C., che chiedeva la riforma della sentenza del Tribunale. Si costituiva G.D. che rilevava l’infondatezza dell’appello e ne chiedeva il rigetto. La Corte di Appello di Napoli osservava che le risultanze istruttorie della fase sommaria e della prova testimoniale impedivano di poter trarre convincenti elementi di prova in ordine all’assunto della L. sulla sussistenza del possesso esclusivo dello spiazzo de quo da parte sua e dello spoglio o della molestia posto in essere da G.D.. Veniva giudicata infondata anche la richiesta di rimozione del vano contatore dal muro di proprietà dello stesso appellato, perchè l’apertura del vano contatore nel proprio muro costituiva legittimo esercizio di un diritto del proprietario del muro nè quell’apertura di per se sola integrava gli estremi di uno spoglio o molestia del possesso dello spiazzo in questione. In considerazione di quanto osservato, la Corte di Appello, con sentenza n. 231/2005, rigettava l’appello e condannava l’appellante al pagamento delle spese del giudizio in favore dell’appellato G. D.. c) Per la cassazione di questa sentenza ricorre L.C. per due motivi consegnati ad un atto di ricorso notificato il 26 agosto 2005.

Resiste G.D. con controricorso notificato il 3 ottobre 2005.
Motivi della decisione

1.= Con il primo motivo L.C. lamenta – come da rubrica – Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5). Avrebbe errato la Corte di Appello di Napoli,secondo la ricorrente, per non aver esaminato e valutato correttamente la prova. E’ contraddittoria la Corte, quando asserisce che laddove fosse restata univocamente provata la tesi della permanenza della catena, anche alta solo poche decine centimetri, ciò non varrebbe a dimostrare il possesso esclusivo della L. sull’area circoscritta, atteso che detta catena sarebbe stata posta al solo scopo di evitare la sosta di autoveicoli estranei. Vero è invece, che l’apposizione di una catena è simbolo di esclusiva proprietà ed in ogni caso, come nel nostro, di esclusivo possesso. Nessun pedone aveva titolo di trafficare sullo spiazzo e la catena veniva apposta come simbolo materiale (ed anche quindi come deterrente fisico per le auto) di possesso esclusivo e di divieto per ognuno sia esso pedone od automobilista.

1.1.= La censura non merita di essere accolta, non solo perchè non riporta nè indica sufficientemente le prove che la ricorrente ritiene siano state trascurate o erroneamente valutate, ma, soprattutto, perchè la sentenza della Corte di Appello di Napoli non presenta il vizio denunciato, anzi, contiene una motivazione logica e ponderata, essendo sostenuta da una valutazione delle risultanze istruttorie acquisite nella fase sommaria e nella fase di merito. La conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale, cioè, l’esclusione della sussistenza del possesso esclusivo dello spiazzo de quo da parte della ricorrente, è contrassegnata da un iter logico rigoroso perchè, da un verso ha acclarato – con valutazione priva di contraddizioni – che le risultanze probatorie, erano contraddittorie ed equivoche, mentre, le considerazioni dell’appellante odierna ricorrente – in ordine all’asserita inattendibilità dei testi P. e N. (i quali hanno escluso che la catena impedisse al G. di passare nello spazio di cui la L. vanta il possesso esclusivo) restavano del tutto soggettive e non condivisibili. Per altro, con argomento ad abundantiam, la Corte territoriale ha evidenziato che, pur l’adeguata prova circa la permanenza della catena non varrebbe, certo, a dimostrare il possesso esclusivo della L. sull’area così circoscritta perchè come riferito dai testi prodotti dalla stessa L. – la catena de qua, era stata, apposta al solo scopo di evitare la sosta degli autoveicoli di estranei davanti all’ingresso del locale e non era, invece, in alcun modo finalizzata ad impedire l’ingresso ai pedoni.

1.2.a.=Quanto qui detto, per altro, risponde all’orientamento di questa Corte, espresso in varie occasioni, secondo il quale, il vizio di omessa od insufficiente motivazione, denunciabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 sussiste solo quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile un’obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio i convincimento, mentre il vizio di contraddittoria motivazione presuppone che le ragioni poste a fondamento della decisione risultano sostanzialmente contrastanti, in guisa, da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della "ratio decidendi", e cioè l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata. Questi vizi non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (sent. 6064 del 06/03/2008).

2 = Con il secondo motivo, L.C., lamenta – come da rubrica – Violazione e falsa applicazione dell’art. 832 c.c. e segg. degli artt. 843, 877, 1140, 1031 c.c. ( artt. 360 c.p.c., n. 3) 1163 – 1170 c.c. Erroneamente, la Corte opina – ritiene la ricorrente – quando esclude che l’apertura di qualche vano di per se sola possa integrare spoglio o molestia del possesso dello spiazzo in questione, dato che l’apertura del vano contatore nel proprio muro costituisce legittimo esercizio di un diritto del proprietario del muro. Tale ragionamento è errato perchè le facoltà del proprietario di un muro subiscono dei limiti e, ciò, proprio quando un muro è sul confine. Non si possono creare spioventi o colatoi, non vi si possono installare impianti (come il contatore ENEL in un vano con sportello), che richiedono una manutenzione ed interventi che impongono il passaggio di personale attraverso il fondo limitrofo di proprietà altrui o su spiazzo di altrui possesso esclusivo e, quindi, l’uso stesso dello spiazzo altrui per accedervi (operai tecnici letturisti), con conseguente inevitabile spoglio del vicino nel suo possesso.

2.1.= Questo motivo rimane assorbito dal disconoscimento di un possesso esclusivo della attuale ricorrente in ordine allo spiazzo de quo.

2.2.= Va osservato che la Corte di Appello di Napoli ha chiarito, con argomentazione ponderata, che l’apertura di un vano per la sistemazione del contatore ENEL su un muro posto al confine con uno spiazzo, di per sè non integra gli estremi di uno spoglio o di una molestia del possesso dello spiazzo in questione. La collocazione del contatore è in sè un’opera finita e per se stessa diviene pertinenza dell’immobile cui accede, come tale non viola: a) nè l’art. 1140 cod. civ. perchè in sè non arreca alcuna molestia al possessore i dello spiazzo antistante il muro b) nè l’art. 1031 cod. civ. perchè non integra gli estremi di una costituzione di servitù.

Lo spoglio (o la molestia) del I possesso dello spiazzo, e sotto altro aspetto, un’eventuale costituzione di servitù, potrà essere determinato da un attraversamento dello spiazzo necessario per visionare o mantenere in efficienza il contatore, nel caso, nei caso, dell’energia elettrica. Epperò, la Corte di Appello di Napoli ha escluso, con la motivazione di cui si è già detto che sia risultato provato il possesso esclusivo in capo alla L. dello spiazzo antistante il muro, sul quale insiste il vano contatore ENEL. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 1.500,00 di cui Euro 200,00 per spese oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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