Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 10-03-2011, n. 5716

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 27/4/06 la Corte d’Appello di Brescia rigettò l’appello proposto da M.G., promotore finanziario e supervisore per la Bipop Carire (poi Fineco spa ed ora Finecobank spa), avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Brescia del 24/4 – 25/7/06 con la quale gli era stata respinta la domanda del 21/6/02 diretta a far accertare l’illegittimità della risoluzione del contratto di agenzia intercorso con la Bipop Carire agenzia di Brescia e a sentir condannare quest’ultima al pagamento dell’indennità di mancato preavviso, dell’indennità di risoluzione del contratto, dell’indennità suppletiva di clientela, dell’indennità accessoria e dei ratei del FIRR non ancora versati, unitamente agli accessori di legge.

La Corte territoriale addivenne a tale decisione sulla scorta delle seguenti motivazioni: era legittima la revoca al M. del mandato accessorio di supervisore, determinata dal grave inadempimento debitamente contestatogli della omessa convocazione delle riunioni settimanali di coordinamento; ai sensi del comma 4 dell’allegato 5 del contratto intercorso tra le parti la revoca del mandato accessorio determinava il diritto alla risoluzione de contratto di agenzia e, pertanto, non gli spettavano l’indennità sostitutiva di preavviso, nè quelle di scioglimento del contratto e suppletiva di clientela, mentre l’indennità accessoria non gli competeva perchè difettava una delle condizioni previste dall’accordo, vale a dire la durata almeno decennale del rapporto.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso il M., affidando l’impugnazione a tre motivi di censura. Resistono con controricorso la Capitalia spa – Gruppo Bancario Capitalia e la FinecoBank spa appartenente al Gruppo Bancario Capitalia.

Il ricorrente deposita, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

1. Col primo motivo il ricorrente denunzia i vizi di violazione e falsa applicazione di norme di diritto e di principi generali dell’ordinamento ( art. 360 c.p.c., n. 3), in relazione agli artt. 1175 – 1375 – 1455 e 1746 c.c.: sia in ordine al contestatogli inadempimento agli obblighi di buona fede e correttezza circa l’esecuzione del rapporto di agenzia, sia in merito alla ricorrenza dei presupposti legittimanti il recesso esercitato in suo danno.

In particolare il M. chiede la riforma della sentenza per la parte in cui è stata ritenuta provata la giusta causa di recesso riconducibile al fatto che egli si sarebbe reso inadempiente nell’espletamento dell’incarico accessorio affidatogli di supervisore, omettendo di convocare ogni lunedì i promotori sottoposti alla sua supervisione ed intrattenendo rapporti con una società concorrente. A sostegno di tale richiesta il medesimo adduce che gli obblighi previsti a suo carico dal contratto di agenzia erano diversi da quelli oggetto della contestazione e che si era sempre attenuto alle disposizioni di comportamento contrattualmente previste, per cui non poteva esservi stata alcuna frattura del rapporto fiduciario. Quindi, secondo la tesi del ricorrente il recesso della FinecoBank spa, avente ad oggetto il contratto collegato accessorio di supervisore e di conseguenza quello principale di agenzia, era sprovvisto della giusta causa che in astratto avrebbe consentito al preponente di non riconoscere all’agente l’indennità suppletiva di clientela, l’indennità sostitutiva del preavviso e quella di cui all’art. 1751 c.c..

Al termine del motivo il ricorrente pone il seguente quesito di diritto: "Se violi gli artt. 1175, 1375 e 1746 c.c. la sentenza impugnata sia nella parte in cui abbia ritenuto esistente l’inadempimento del ricorrente sulla base della semplice mancata organizzazione di riunioni settimanali alle quali avrebbero dovuto partecipare i promotori finanziari soggetti alla sua supervisione, sia nella parte in cui abbia omesso di considerare come il recesso esercitato, nella specie, dalla società preponente, non sia stato adeguatamente motivato." Il motivo è infondato.

Invero, la Corte territoriale ha motivato adeguatamente in merito alla gravità della specifica violazione contestata della omessa convocazione settimanale delle riunioni di coordinamento degli agenti promotori finanziari, rilevando che dalle deposizioni testimoniali era risultata chiaramente provata la sporadicità di tali riunioni (una ogni due mesi ed a volte semplicemente coincidente con le riunioni convocate dalla stessa preponente), oltre il fatto che il diretto superiore del M., vale a dire il responsabile dell’area manager della Lombardia sig. M.F., gli aveva costantemente contestato ad ogni incontro una tale inadempienza, senza contare che l’obbligo in questione era espressamente contemplato dal contratto ed insito nel tipo di incarico conferito al ricorrente. Questi aveva, infatti, l’incarico di organizzare il suo gruppo secondo un preciso programma aziendale con lo scopo di controllare preventivamente, a scadenza ravvicinata e prestabilita, l’attività svolta da ogni singolo promotore nei confronti dei clienti e gli investimenti proposti. Inoltre, era risultato provato che tutta l’organizzazione della Fineco partecipava alle riunioni settimanali convocate dai rispettivi supervisori. Nè poteva trascurarsi, ai fini della valutazione dell’importanza dell’inadempienza, la circostanza che, una volta accertata l’inefficienza del supervisore M., era dovuto intervenire di persona il capo-manager regionale M. a proporgli di rimanere ancora come agente almeno per il tempo necessario a supervisionare il suo gruppo prima di riconsegnarglielo. Pertanto, correttamente il giudice d’appello ha tratto dall’entità della provata inadempienza il convincimento della sua gravità, posto che il mancato controllo dei promotori finanziari non consentiva nemmeno di correggere eventuali scelte errate, esponendo, in tal modo, la preponente ai rischi connessi alla responsabilità che per legge fa capo alle società di intermediazione per i danni che i suoi promotori possano cagionare ai clienti.

In sostanza l’iter argomentativo seguito dalla Corte di merito nell’addivenire al convincimento della gravità dell’inadempienza contestata, a sua volta posta a base del provvedimento di recesso, è assolutamente congruo e ben motivato e non presenta vizi di carattere logico-giuridico nella valutazione dei criteri di correttezza e buona fede contrattuale che avrebbero dovuto animare costantemente il comportamento dell’agente commerciale.

2. Col secondo motivo il ricorrente si duole della insufficiente e, in parte, contraddittoria motivazione circa la liceità di un fatto controverso e decisivo per il giudizio ( art. 360 c.p.c., n. 5): la liceità della pattuizione contenuta nell’art. 3, comma 4, del contratto di agenzia, secondo il quale "la società si riserva la facoltà, in qualsiasi momento, di revocare l’incarico accessorio precedentemente conferito; in quest’ultimo caso, si applica quanto previsto dall’allegato 5", che a sua volta, al comma 4, dispone che "la revoca del mandato accessorio, di cui ai paragrafi 1 e 2, o la rinuncia ad esso da parte del promotore determinano di diritto la risoluzione del contratto di agenzia".

Il passaggio motivazionale della sentenza impugnata fatto oggetto di censura con tale motivo è in pratica quello col quale si è dato rilievo al fatto che la previsione espressa dell’allegato 5 del contratto, nel far riferimento all’indennità accessoria, stabiliva anche che alla revoca dell’incarico accessorio di supervisore conseguisse di diritto la risoluzione del contratto di agenzia e che entrambe le parti avevano concordato sul fatto che si trattava di revoca automatica che non necessitava di ulteriore giusta causa, giusta causa che rilevava solo al fine di verificare il diritto o meno all’indennità di preavviso e a quella di cessazione del rapporto. L’odierno ricorrente contesta che le parti avessero concordato sul fatto che si trattava di una revoca automatica che non necessitava di ulteriore giusta causa e nel contempo sostiene che l’arbitraria previsione contrattuale, ad opera della Bipop Carire spa, della disciplina delle indennità di preavviso e di cessazione del rapporto, concerneva, tutt’al più, l’accessorio incarico di supervisore e giammai quello di promotore finanziario.

Inoltre, il medesimo ritiene che la clausola contrattuale per la quale la preponente avrebbe potuto revocare in qualsiasi momento l’incarico accessorio di supervisione, senza necessità di addurre una giusta causa e senza necessità di riconoscere al supervisore il preavviso o la relativa indennità sostitutiva prevista dall’art. 18 del contratto di agenzia, doveva essere limitata solo all’incarico accessorio e non poteva essere estesa all’intero contratto e, cioè, anche all’incarico principale di promotore finanziario. Diversamente, sostiene il M., non avrebbe avuto senso la clausola contrattuale di cui all’art. 18 che prevedeva determinati periodi di preavviso in relazione alla durata del rapporto nel caso di recesso della società. Aggiunge il ricorrente che l’obbligo di osservare il termine di preavviso di cui all’art. 18 veniva meno, per effetto della previsione di cui all’art. 17 dello stesso contratto, nei casi di mancato rispetto, da parte del promotore, di uno degli obblighi previsti a suo carico dall’art. 8 o, commi 2, 3, 4, 5, 6, 9, 11, 12, 13, da parte della società, di uno degli obblighi posti a suo carico dall’art. 10, commi 1, 3, 5, 8, ma che nessuna delle situazioni descritte dai citati commi dell’art. 8, che concerneva, comunque, l’attività di promotore finanziario e non anche quella di supervisore, poteva dirsi riferibile al suo operato, nè tanto meno gli era stata contestata.

Il quesito di diritto che il M. pone al riguardo è il seguente: "Se violi gli artt. 1175, 1362, 1363, 1366, 1368, 1370, 1372, 1374 e 1375 c.c., la sentenza impugnata, secondo cui la pattuizione contenuta nell’art. 3, comma 4 del contratto di agenzia, secondo la quale "la società si riserva la facoltà, in qualsiasi momento, di revocare l’incarico accessorio precedentemente conferito;

in quest’ultimo caso, si applica quanto previsto dall’allegato 5", che a sua volta, al comma 4, dispone che "la revoca del mandato accessorio, di cui ai paragrafi 1 e 2, o la rinuncia ad esso da parte del promotore determinano di diritto la risoluzione del contratto di agenzia" sarebbe applicabile solo all’incarico accessorio di supervisore, ovvero se solo nella revoca dell’incarico accessorio non necessiti una giusta causa e non sia necessaria la concessione di un periodo di preavviso o la relativa indennità sostitutiva.

Conseguentemente, dica la Corte se per la revoca dell’intero contratto di agenzia e, pertanto, anche dell’incarico principale di promotore finanziario, sia, comunque, applicabile quanto previsto e pattuito nell’art. 18, n. 1 e 4 e nell’art. 17, n. 2 del contratto per cui è causa.

"Anche tale motivo è infondato.

Anzitutto, il tentativo del ricorrente di circoscrivere al solo ambito dell’incarico accessorio di supervisore la previsione contrattuale di cui all’allegato 5 – comma 4, che contempla, invece, l’estensione automatica degli effetti della revoca dell’incarico accessorio al contratto di agenzia, avente come oggetto principale l’incarico di promotore finanziario, urta inesorabilmente contro il dato letterale dell’espressa ed univoca norma contrattuale, così come correttamente interpretata dalla Corte di merito, la cui valutazione al riguardo non merita, perciò, le censure innanzi elencate.

Inoltre, l’argomentazione per la quale sia la previsione contrattuale della mancanza dell’obbligo del preavviso o di corresponsione della relativa indennità sostitutiva di cui all’art. 18, sia quella della mancanza d’obbligo di giustificazione del recesso avrebbero dovuto essere intese come riferite al solo incarico accessorio di supervisore, senza alcun riflesso sull’incarico principale di promotore finanziario, non tiene conto della circostanza che è lo stesso art. 17 del contratto d’agenzia, così come riportato dal ricorrente, a prevedere espressamente che la mancata osservanza di uno degli obblighi posti a carico del promotore di cui all’art. 8, commi 2, 3, 4, 5, 6, 9, 11, 12, 13, rappresenta per la controparte motivo giustificato e sufficiente per recedere dal contratto senza obbligo di rispettare il termine di preavviso di cui all’art. 18.

Quindi, per poter provare quanto asserito, cioè che l’obbligo violato e contestato non rientrava tra quelli di cui al citato art. 8 per i quali è previsto il recesso senza obbligo di preavviso, il ricorrente avrebbe dovuto farsi carico di produrre il contratto di agenzia, onde consentire, in virtù del principio di autosufficienza che governa il giudizio di legittimità, di appurare la fondatezza o meno del rilievo svolto.

Invero, non può ritenersi, a tal fine, sufficiente il generico richiamo, in calce al presente ricorso, ai fascicoli di parte dei precedenti gradi del giudizio ove sarebbero contenuti gli atti ed i documenti cui si fa semplicemente riferimento nel ricorso stesso.

Infatti, a tal proposito si è già avuto modo di statuire (Cass. sez. 3 Ord. n. 15628 del 3/7/2009) che "in tema di ricorso per cassazione, il soddisfacimento del requisito di cui all’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 6, postula che nel detto ricorso sia specificatamente indicato l’atto su cui esso si fonda, precisandosi al riguardo che incombe sul ricorrente l’onere di indicare nel ricorso non solo il contenuto di tale atto, trascrivendolo o riassumendolo, ma anche in quale sede processuale lo stesso risulta prodotto. L’inammissibilità prevista dalla richiamata norma, in caso di violazione di tale duplice onere, non può ritenersi superabile qualora le predette indicazioni siano contenute in altri atti, posto che la previsione di tale sanzione esclude che possa utilizzarsi il principio, applicabile alla sanzione della nullità, del cosiddetto raggiungimento dello scopo, sicchè solo il ricorso può assolvere alla funzione prevista dalla suddetta norma ed il suo contenuto necessario è preordinato a tutelare la garanzia dello svolgimento della difesa dell’intimato, che proprio con il ricorso è posto in condizione di sapere cosa e dove è stato prodotto in sede di legittimità." 3. Con l’ultimo motivo il ricorrente denunzia la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto e di principi generali dell’ordinamento ( art. 360 c.p.c., n. 3), in relazione agli artt. 1175 – 1362 – 1363 – 1366 – 1368 – 1370 – 1372 – 1374 – 1375 – 1419 – 1750 – 1751 c.c., e agli A.E.C., in ordine al rifiuto del riconoscimento in capo al ricorrente sig. M.G. delle indennità di cessazione del rapporto di agenzia, di mancato preavviso e suppletiva di clientela.

Al riguardo viene posto il seguente quesito di diritto: "Dica la Corte se costituisca violazione degli artt. 1175 – 1362 – 1363 – 1366 – 1368 – 1370 – 1372 – 1374 – 1375 – 1419 – 7750 – 1751 c.c., e agli A.E.C., con riferimento all’Accordo Economico Collettivo per la disciplina del rapporto di agenzia e rappresentanza commerciale del settore del commercio stipulato in data 9 giugno 1988, modificato con il verbale di accordo del 27/11/1992 e al D.Lgs. 15 febbraio 1999, n. 65, il mancato riconoscimento in capo al sig. M.G. delle indennità di scioglimento del contratto di agenzia ex art. 1751 c.c., dell’indennità di mancato preavviso ex art. 1750 c.c. e dell’indennità suppletiva di clientela prevista dagli A.E.C., peraltro richiamati dall’art. 1, comma 2 e 24, del contratto di agenzia per cui è causa. "Orbene, non può trascurarsi, anzitutto, di rilevare che il presente motivo denota evidenti profili di improcedibilità e di inammissibilità connessi, rispettivamente, alla mancata produzione dell’accordo collettivo, rispetto al quale si invoca la denunziata violazione di cui sopra, e del contratto d’agenzia, della cui mancanza si è già argomentato in occasione della disamina del secondo motivo di censura. Questa Corte ha, infatti, chiarito (Cass. sez. lav. n. 15495 del 2/7/2009) che "l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi su cui il ricorso si fonda-imposto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, nella nuova formulazione di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – non può dirsi soddisfatto con la trascrizione nel ricorso delle sole disposizioni della cui violazione il ricorrente si duole attraverso le censure alla sentenza impugnata, dovendosi ritenere che la produzione parziale di un documento sia non solamente incompatibile con i principi generali dell’ordinamento e con i criteri di fondo dell’intervento legislativo di cui al citato D.Lgs. n. 40 del 2006, intesi a potenziare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, ma contrasti con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dagli artt. 1362 cod. civ. e seguenti e, in ispecie, con la regola prevista dall’art. 1363 cod. civ., atteso che la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l’interpretazione esaustiva della questione che interessa".

In effetti, la produzione dell’accordo collettivo di riferimento avrebbe consentito, nella fattispecie, di verificare quanto affermato dal giudice d’appello in merito al fatto che al M. non competeva l’indennità suppletiva di clientela per effetto della revoca per giusta causa dell’incarico, ipotesi, questa, contemplata dagli A.E.C., di settore, così come accertato dallo stesso giudicante. In ogni caso il motivo è anche infondato per la ragione che si è già avuto modo di statuire che "nell’ambito del rapporto di agenzia, all’autonomia delle parti è dato di derogare convenzionalmente alla disciplina legale del recesso, anche riguardo al preavviso, come può avvenire in generale per i rapporti contrattuali a durata indeterminata (escluso il rapporto di lavoro subordinato, ex art. 2118 c.c.); pertanto può anche essere contrattualmente ridotta la durata del preavviso fino, al limite, ad escluderne la necessità." (Cass., sez. lav., 06-11-2000, n. 14436).

Quanto all’indennità di scioglimento del contratto è corretta ed immune da censure di carattere logico-giuridico la decisione del giudice d’appello in ordine al fatto che, una volta provata, come nella fattispecie, la sussistenza della giusta causa di risoluzione del rapporto, non vi è dubbio che all’agente non spetti, non solo l’indennità sostitutiva del preavviso, ma nemmeno quella in esame che in base all’art. 1751 c.c., compete solo se lo scioglimento non sia motivato da inadempimento attribuibile all’agente. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 59,00 per esborsi e di Euro 4000,00 per onorario, oltre spese generali, IVA e CPA ai sensi di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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