Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 10-03-2011, n. 5715 Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 22/11/05, depositata il 21/12/05, il Tribunale di Firenze in grado d’appello accolse l’opposizione proposta da L.S. e dalla società Spa Answers, svolgente attività di call-center, avverso l’ordinanza-ingiunzione n. 466 del 20/11/02 emessa dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Firenze per il pagamento della somma di Euro 205.498,80 a titolo di sanzioni amministrative dovute alla mancata regolarizzazione lavorativa dei rapporti di lavoro intercorsi con 114 dipendenti e, per l’effetto, annullò l’ordinanza-ingiunzione opposta e condannò l’appellata alle spese del grado.

In particolare, le infrazioni che avevano originato l’emissione dell’ordinanza annullata erano state quelle inerenti l’assunzione di pretesi dipendenti sprovvisti del libretto di lavoro, l’omessa consegna agli stessi del prospetto paga all’atto della corresponsione delle retribuzioni, la mancata comunicazione al competente ufficio della loro assunzione nel termine di legge, la mancata consegna, all’atto dell’assunzione, della dichiarazione contenente i dati della loro registrazione nel libro matricola e la mancata comunicazione al competente ufficio della cessazione dei rapporti di lavoro.

Nell’accogliere la predetta opposizione il Tribunale osservò che le prove documentali e testimoniali avevano confermato l’assunto degli opponenti in ordine alla insussistenza di un rapporto di lavoro subordinato coi lavoratori operanti nello svolgimento dei propri servizi informativi, data la stipulazione coi medesimi di un apposito contratto di collaborazione di natura autonoma sulla base di un modello-tipo concordato con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, mentre non potevano avere valore probatorio le sole dichiarazioni rese agli ispettori dai lavoratori nella fase degli accertamenti amministrativi. Per la cassazione della sentenza propone ricorso la Direzione Provinciale del Lavoro di Firenze con un unico articolato motivo di censura.

Resistono con controricorso L.S. e la S.p.A. Answers che depositano anche memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione

Con l’unico motivo di impugnazione la Direzione Provinciale del lavoro di Firenze lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2700 c.c., L. n. 689 del 1981, art. 23, commi 6 e art. 12, art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 nonchè l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

In particolare, la ricorrente si duole del disconoscimento, da parte della Corte d’appello, del valore probatorio delle dichiarazioni rese dai lavoratori agli ispettori del lavoro nel procedimento amministrativo di accertamento delle infrazioni fatte oggetto di ordinanza-ingiunzione nei confronti della presunta datrice di lavoro, dichiarazioni dalle quali erano chiaramente evincibili, secondo la tesi difensiva dell’odierna Direzione, gli indici rilevatori della contestata subordinazione. Nel contempo la Direzione ricorrente lamenta il vizio della contraddittorietà della motivazione della sentenza che, da un lato, ha fondato il convincimento in ordine alla natura autonoma dei rapporti di cui trattasi sulla base delle testimonianze rese da due lavoratrici, e, dall’altro, ha negato ingresso alla prova orale richiesta con memoria del 28/9/04 all’esito delle discordanze emerse tra tali dichiarazioni e quelle rilasciate dalle medesime lavoratrici in sede ispettiva; ulteriore contraddittorietà sarebbe derivata dal fatto che erano state ritenute ammissibili e probanti le dichiarazioni rese dalla predette lavoratrici in sede giudiziale ed inammissibili, per ritenuta inattendibilità, quelle dalle medesime rese in sede amministrativa.

Il motivo è infondato.

Invero, la sentenza impugnata non merita affatto le censure di contraddittorietà e di erroneità circa la valutazione del materiale probatorio, valutazione sulla scorta del quale fu accertata la natura collaborativa e non subordinata delle prestazioni lavorative oggetto dell’indagine ispettiva che approdò all’emissione dell’ordinanza- ingiunzione opposta e poi annullata, nè quelle di violazione dei canoni ermeneutici in materia di prove.

Infatti, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, il giudice d’appello ha basato il proprio convincimento sia sugli elementi documentali acquisiti al processo, cioè i contratti di collaborazione il cui modello era stato concordato con le stesse organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, sia sulle prove testimoniali ritenute con giudizio insindacabile attendibili, prove il cui esito complessivo aveva dato ragione alla tesi delle ricorrenti in merito alla dedotta insussistenza dei rapporti di lavoro subordinato come accertati dagli ispettori dell’Inps.

A quest’ultimo riguardo non può non evidenziarsi un chiaro profilo di inammissibilità del motivo che, in spregio al principio dell’autosufficienza posto a presidio del giudizio di legittimità, non è supportato dalla produzione dei verbali ispettivi riportanti quelle dichiarazioni che a dire dell’odierna ricorrente avrebbero evidenziato aspetti di contradditorietà tra le deposizioni delle testi e le loro dichiarazioni rilasciate nella sede degli accertamenti ispettivi. E’, infatti, opportuno ricordare che "in tema di ricorso per cassazione, il soddisfacimento del requisito di cui all’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 6, postula che nel detto ricorso sia specificatamente indicato l’atto su cui esso si fonda, precisandosi al riguardo che incombe sul ricorrente l’onere di indicare nel ricorso non solo il contenuto di tale atto, trascrivendolo o riassumendolo, ma anche in quale sede processuale lo stesso risulta prodotto. L’inammissibilità prevista dalla richiamata norma, in caso di violazione di tale duplice onere, non può ritenersi superabile qualora le predette indicazioni siano contenute in altri atti, posto che la previsione di tale sanzione esclude che possa utilizzarsi il principio, applicabile alla sanzione della nullità, del cosiddetto raggiungimento dello scopo, sicchè solo il ricorso può assolvere alla funzione prevista dalla suddetta norma ed il suo contenuto necessario è preordinato a tutelare la garanzia dello svolgimento della difesa dell’intimato, che proprio con il ricorso è posto in condizione di sapere cosa e dove è stato prodotto in sede di legittimità". (Cass. sez. 3, Ord. n. 15628 del 3/7/2009).

Nè merita censura alcuna la decisione del giudice d’appello di non annettere valore probatorio alle dichiarazioni rese dalle predette lavoratrici in sede ispettiva, in quanto tale decisione è stata logicamente e congruamente spiegata sia col dato di fatto che le stesse non erano state rese in giudizio con la garanzia del contraddittorio, sia con la considerazione che esse provenivano da soggetti che potevano avere un interesse concreto atto a legittimare la loro partecipazione allo stesso giudizio al fine di rivendicare una eventuale regolarizzazione del loro rapporto di lavoro:

trattandosi di argomentazioni immuni da rilievi di carattere logico- giuridico, le stesse si sottraggono, pertanto, alle predette denunzie di illegittimità.

Inoltre, per quel che concerne più in particolare la generica deduzione del difetto di motivazione, nel senso di sua insufficienza, legittimante la prospettazione con il ricorso per cassazione del motivo previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5), vi è da osservare che un tale difetto è configurabile soltanto quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza stessa impugnata emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già, invece, quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati, poichè, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito che tenderebbe all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione, (v. ad es. ex plurimis Cass. sez. lav. n. 2272 del 2/2/2007). Infine, non coglie nel segno la parte della censura attraverso la quale si denunzia la violazione dell’art. 2700 c.c. per non essere stato correttamente attribuito il giusto valore probatorio ad un atto proveniente da pubblico ufficiale con riferimento al verbale degli ispettori dell’Inps contenente le dichiarazioni dei lavoratori ascoltati in quella sede amministrativa.

Infatti, i verbali redatti dal pubblico ufficiale incaricato di ispezioni circa l’adempimento degli obblighi contributivi, mentre fanno piena prova, fino a querela di falso, dei fatti che egli attesti essere avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti, non hanno alcun valore probatorio precostituito – neanche di presunzione semplice – riguardo alle altre circostanze in esse contenuti, e quindi il materiale raccolto dal verbalizzante deve passare al vaglio del giudice, il quale, nel suo libero apprezzamento, può valutarne l’importanza e determinare quale sia il conto da farne ai fini probatori, dovendo procedere alla valutazione complessiva di tutte le risultanze probatorie, il cui contenuto può anche rivelarsi in contrasto con quanto indicato nell’accertamento ispettivo (v. ex plurimis Cass. sez. lav. n. 6110/98, n. 9438/99, n. 2275/00, n. 17555/02). Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio nella misura di Euro 78,00 per esborsi e di Euro 4500,00 per onorario, oltre spese generali, IVA e CPA ai sensi di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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