Cons. Stato Sez. IV, Sent., 02-02-2011, n. 751 Forze armate

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Ministero della Difesa ha impugnato la decisione con cui il TAR del Lazio ha annullato il provvedimento con la quale il Comandante del Corpo militare della CRI ha respinto la domanda della ricorrente di arruolamento nel Corpo stesso.

Il gravame è affidato ad un unico articolato capo di doglianza con cui viene denunciata l’erroneità dell’interpretazione degli artt. 1 e 5 del R.D. n. 484/36 (come modificato dalla legge n. 883/41) in combinato disposto con l’art. 1 della legge n. 226/2004 e dell’art. 1 della legge n. 380/99; nonché degli artt. 32, 33 e 34 del D.Lgvo n. 189/2006 che hanno modificato gli artt. 1, 2, 4 e 5 del D.Lgvo n. 24/2000 e della Direttiva del Consiglio europeo 9 febbraio 1976 n. 76/207/CEE e dei principi ivi contenuti della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro.

Con Ord. n.4858/2008 è stata accolta l’istanza di sospensione della decisione impugnata.

Si è costituita in giudizio l’appellata lamentando in via pregiudiziale il difetto di interesse e, nel merito, l’infondatezza dell’appello.

Chiamata all’udienza pubblica di discussione il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Deve in primo luogo esser disattesa l’eccezione preliminare di difetto di interesse del Ministero in quanto, contrariamente a quanto mostra di ritenere l’appellata e come sarà meglio evidente in seguito, il gravame investe unitariamente tutti i profili posti a base della decisione impugnata e contesta in maniera analitica la sostanza della motivazione e della sentenza su cui si è esteso, in via interpretativa, alle donne l’arruolamento nel Corpo Militare della Cri e del riferimento "agli esenti dalla leva" su cui è logicamente fondata la decisione impugnata, per cui non può affatto affermarsi che si sia formato il giudicato sul punto come vorrebbe la controinteressata.

2. Nel merito la Difesa Erariale, riproponendo peraltro alcune argomentazioni già introdotte in primo grado, assume l’erroneità della decisione impugnata con riferimento:

) all’argomentazione per cui la CRI sarebbe un corpo militare con un proprio ordinamento autonomo speciale distinto da quello delle Forze Armate;

) al Parere del Consiglio di Stato, Sez. III dell’11 ottobre 2005 n. 2339/05, che avrebbe ribadito la mancanza di spazi per un’interpretazione estensiva al Corpo Militare della Cri delle norme per i volontari delle Forze armate;

) alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 273/99, che ha escluso l’incostituzionalità della mancata estensione al personale Militare della CRI delle disposizioni sul riordino delle Forze Armate, che quindi mantengono una loro specificità;

) all’erroneità dell’interpretazione del TAR: l’art. 5 del R.D. 10 febbraio 1936 n.484 collegherebbe la possibilità di arruolamento alla condizione di "cittadino" sottoposto agli obblighi di leva, ed anche il d.lgs. n.198/2006 non ha esteso il reclutamento del personale femminile al personale della Croce Rossa.

Del resto la Dir. 76/207/CEE prevede la facoltà degli Stati membri di escludere talune professioni in considerazione della loro natura e consente agli Stati membri di escludere dalla sua applicazione alcune attività nelle quali il sesso può essere una condizione determinante; la Corte di Giustizia, con sentenza dell’11 marzo 2003 C- 186/01 ha concluso che il diritto comunitario non osta a che la leva sia riservata ai soli uomini.

Inoltre la CRI arruola in via esclusiva il personale femminile nel Corpo Infermiere Volontarie.

L’assunto merita di essere condiviso.

L’esegesi "evolutiva" delle norma proposta dal TAR, seppure ispirata ad un astrattamente commendevole egualitarismo, a parere del Collegio non tiene però conto dell’interpretazione sistematica complessiva delle norme che disciplinano, sotto il profilo istituzionale, la Croce Rossa Italiana. In tale direzione, si tratta di quelle situazioni che gli anglosassoni definiscono "not justiciable", nelle quali cioè la tutela dei singoli, presuppone necessariamente un radicale mutamento degli assetti istituzionali, di esclusiva competenza del legislatore.

La Sezione, nella medesima scia logica del Parere della III Sez. dell’11 ottobre 2005 n. 2339/05 ricordato anche dal Ministero, ritiene che non è possibile in via interpretativa estendere analogicamente al Corpo Militare della Cri le disposizioni vigenti per il personale Militare delle FF.AA.

A tal fine non pare sufficiente il riferimento fatto dal TAR al dato letterale per cui all’art. 5 comma 1 lett. a) l’arruolamento nel ruolo normale del corpo militare della CRI può essere disposto, tra l’altro, anche per i "cittadini" che "siano esenti da obblighi di leva".

La lettera della legge non a caso parla di "cittadini" al maschile "esenti dalla leva" in quanto alla leva obbligatoria sono tenuti esclusivamente i soggetti maschi, senza che ciò sia sentito come un vulnus ai diritti comunitari costituzionali delle donne (così la G.U.E. 11.3.2003 n.186).

In tale direzione, proprio sotto il profilo strettamente letterale, il termine "cittadini" non è usato per caso al maschile, ma costituisce un coerente, e diretto, immediato riferimento alla leva. In sostanza, nel contesto normativo in vigore all’epoca del diniego impugnato in primo grado il riferimento è diretto alla disciplina di cui al DPR 14/02/1964 n. 237 che escludeva coloro che, a norma dell’art. 100, non raggiungessero una statura superiore a m. 1,54; ovvero appartenessero a classi di leva eccedenti il fabbisogno quantitativo e qualitativo per la formazione dei contingenti o scaglioni da incorporare.

L’allocuzione "esenti dalla leva" non deve quindi essere intesa con riferimento a coloro che in quanto appartenenti al genere femminile sono originariamente esclusi dagli obblighi di leva, ma ai soggetti che seppure ordinariamente soggetti all’obbligo ne sono poi esentati per ragioni particolari.

In definitiva, il fatto che non vi sia un’espressa disposizione che escluda le donne di per sé non autorizza a concludere per il loro arruolamento nel Corpo Militare della CRI perché l’espressione usata dal legislatore deve essere logicamente inquadrata nel complesso contesto delle disposizioni che regolano la CRI in rapporto con le FF.AA..

In tale quadro poi, appare irrilevante che, in assenza di una specifica disposizione che autorizzi l’arruolamento delle donne, il servizio militare di leva sia stato sospeso sine die dalla legge 23 agosto 2004 n. 226 (che ha modificato il comma 1 dell’art. 7 del decreto legislativo 8 maggio 2001 n. 215) istituendo le categorie di volontari in ferma prefissata annuale o quadriennale, in quanto la predetta normativa non sostituisce affatto il servizio di leva obbligatorio con il servizio volontario, che restano su piani diversi.

La nuova disciplina costituisce attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne relativamente all’accesso al lavoro, in quanto la direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/Cee impedisce l’applicazione di norme nazionali che escludano, in via generale, l’impiego delle donne dai servizi militari che comportino l’uso di armi e che, al contempo, ne autorizzano l’impiego solamente nei servizi di sanità e delle formazioni di musica militare (cfr. Corte giustizia CE, 11 gennaio 2000, n. 285).

Nondimeno è risolvente ai fini del decidere che l’art.1 del decreto legislativo 31 gennaio 2000 n. 24, che aveva inserito nel Codice delle pari opportunità approvato con decreto legislativo n. 198 dell’11 aprile 2006, la possibilità delle Forze Armate di avvalersi di personale maschile e femminile, ma non ha esteso tale disposizione anche alla CRI. Come è noto il corpo militare della Croce Rossa italiana, anche se fa parte delle Forze armate dello Stato, è regolato da norme di legge speciali per cui deve dunque escludersi l’automatica applicabilità in favore dei dipendenti della Croce Rossa delle norme dettate per le altre Forze armate (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 17 aprile 2000, n. 2286), ivi comprese quelle per cui è causa.

In ogni caso la sospensione della leva non fa venir meno il richiamo funzionale tra la norma sull’arruolamento del Corpo Militare della CRI e le norme sulla leva per cui, in assenza di una disposizione ad hoc in tal senso non può concludersi nel senso indicato nella sentenza impugnata.

Le donne non sono poi affatto escluse dalla Croce Rossa, ma anzi ne costituiscono storicamente una delle strutture portanti essendo inserite a pieno titolo, fin dal 1908, nel Corpo Infermiere Volontarie, composto di socie dell’associazione le quali fin dall’art.1 del RD 12/05/1942 n. 918, sono assimilate di rango al personale militare direttivo (allora contemplato dall’art. 1 del regio decreto 10 febbraio 1936XIV, n. 484).

Inoltre con il successivo D.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 è stato approvato il Codice dell’ordinamento militare che, nel confermare all’art. 1729 l’assimilazione al personale militare direttivo di cui all’articolo 1626, ha parzialmente novato la norma dell’art.5 del R.D. n. 484/36, ma relativamente al problema che qui cale, ha tenuto tuttavia sostanzialmente fermo l’attuale assetto.

Sotto altro profilo se si considera che, l’ordinamento della CRI consente la partecipazione a titolo proprio delle donne nella CRI, sia pure quali volontarie a titolo gratuito; e che, nelle more del giudizio, l’art. 5 del R.D. n. 484/1936 è stato abrogato, deve anche ritenersi che non vi siano i presupposti richiesti per una questione di legittimità costituzionale della predetta disposizione, che appare infatti manifestamente inammissibile.

In definitiva l’appello è fondato e deve essere accolto e per l’effetto deve essere pronunciato l’annullamento della sentenza gravata.

Considerate la novità e la particolarità della controversia sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

1. accoglie l’appello, come in epigrafe proposto, e per l’effetto annulla la sentenza n. 07944/2008 della Sez. III del Tar del Lazio.

2. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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