Cons. Stato Sez. IV, Sent., 02-02-2011, n. 750 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’appello di cui in epigrafe si impugna la sentenza del Tar della Puglia, sezione di Lecce con cui è stato respinto il ricorso avverso il diniego del permesso di costruire e la presupposta deliberazione di consiglio comunale n. 36/01 di approvazione della variante urbanistica al PRG motivata in relazione alla ritenuta inedificabilità del lotto n.59 perché questo risulterebbe in parte "già edificato da una costruzione assentita sul lotto contiguo".

L’appello è affidato alla denuncia di cinque profili di gravame con cui si deduce l’erroneità, sotto diversi profili, della conclusione a cui sarebbe pervenuto il Tar salentino.

Si è costituito in giudizio il Comune di Ostuni che, con la propria memoria, ha contestato le affermazioni della parte ricorrente concludendo per il rigetto dell’appello.

Con memoria per la discussione la difesa dei ricorrenti ha sottolineato le proprie argomentazioni insistendo per l’annullamento della decisione di primo grado.

Chiamata all’udienza pubblica di discussione il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

L’appello è infondato.

– 1. Il Tar, a seguito di specifici accertamenti in loco, ha concluso che la edificazione a cavallo dei lotti F/59 e F/60, in precedenza unitariamente realizzata sui lotti F/59, F/60 ed F/62 della lottizzazione "Rosa Marina", preclude l’utilizzazione dell’intera area perché il lotto F/59 già sarebbe, sia pure in parte, occupato esaurendo così la sua potenziale attitudine edificatoria.

Al riguardo, i ricorrenti assumono che erroneamente la disciplina urbanistica dell’edificazione richiesta andasse individuata nel "Regolamento Temporaneo di Rosa Marina" del 5 ottobre 1967 che, per l’appunto, prevedeva l’edificazione di un solo edificio per lotto (punto n. 7 dell’allegato B del Regolamento). Tale regolamento avrebbe avuto natura dichiaratamente transitoria fino al Piano di lottizzazione ed alla convenzione (art. 2 del medesimo) e la sua efficacia sarebbe quindi del tutto venuta meno con la delibera CC n. 42 del 22 marzo 1971 di approvazione del predetto piano e dell’impegno di convenzione urbanistica, con cui, nel registrare e fotografare la situazione in atto, non sarebbero tuttavia state recepite le specifiche costruttive e le tipologie, e quindi non sarebbero stati previsti né indici di fabbricabilità, né di copertura fondiaria, e né limiti volumetrici e né, soprattutto, (come i ricorrenti ripetono più volte) il limite dell’edificio per lotto. Tale dato non poteva essere superato dal riferimento, fatto nella sentenza gravata, per cui gli aderenti alla convenzione si obbligano "anche per i loro aventi causa…" ai sensi dell’art. 6 del "Regolamento Temporaneo, la cui finalità invece era solo quella di garantire l’inalterazione dell’assetto anche in caso di cessione, ma pur sempre nell’ambito della riferita transitorietà.

L’assunto non può essere condiviso.

In linea generale le previsioni degli strumenti attuativi, non solo specificano in dettaglio le modifiche del territorio consentite dai Piani di lottizzazione ma — una volta che siano realizzati gli interventi — determinano l’assetto definitivo della parte del territorio. Pertanto – a differenza da quelle del p.r.g. — esse hanno carattere di tendenziale stabilità e rilevano a tempo indeterminato, proprio al fine di regolare, in via definitiva e con efficacia "erga omnes", l’assetto urbanistico ed edilizio della porzione di territorio comunale interessata dall’intervento (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 30 aprile 2009, n. 2768).

In particolare nel caso, la lacunosità e carente disciplina edificatoria della lottizzazione "Rosa Marina " di Ostuni, che non utilizza i consueti parametri "volumetria, densità altezza, ecc. non a caso è stata stigmatizzata dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, Sez.V° 13.8.1006 n.915).

Nella ricordata prospettiva per cui l’attuazione della Convenzione di lottizzazione esaurisce la fase della pianificazione, deve essere quindi inquadrato l’art. 6 del "Regolamento Temporaneo" (cfr. All. 9 al fascicolo dell’appellante) il quale:

– alla lett. a) sancisce "l’obbligo di osservare le norme di costruzione anche da parte dei successivi aventi causa degli acquirenti dei lotti senza limitazioni temporali".

– alla lett. b richiama le "Norme di costruzione" approvate dal Comune di Ostuni in data 5 ottobre 1966", allegate sub B al Regolamento medesimo, che di fatto costituiscono l’unica disciplina edificatoria della lottizzazione.

Qui è proprio la singolare assenza di una specifica disciplina edilizia in sede di approvazione del Piano di lottizzazione, che ha consolidato il "Regolamento Temporaneo di Rosa Marina", il quale essendo quindi l’unica normativa dell’intero intervento approvata dal Comune, non può che costituire tuttora l’unica disciplina applicabile nell’ambito della Lottizzazione.

Pertanto, esattamente la disposizione del punto 7, che prevedeva l’edificazione di un solo edificio per lotto è stata posta a fondamento prima del diniego e poi della sentenza di rigetto qui gravata.

In conseguenza, la disposizione, lungi dall’essere una norma transitoria, è norma di permanente garanzia, per tutti i proprietari, che il contesto architettonico, ambientale e panoramico nel quale è collocata la loro proprietà non venga aggirato con l’alienazione dei lotti e comunque non sia modificato per effetto delle scelte dei successivi acquirenti.

Conseguentemente deve concludersi la persistente validità "senza limitazioni temporali" del "Regolamento Temporaneo" anche successivamente all’approvazione del PRG del 1995 per la risolutiva considerazione che il medesimo art.6 alla lett. b) del "Regolamento" che operava un rinvio recettizio alle "norme approvate dal comune di Ostuni in data 5 ottobre 1966" aveva costituito e costituisce l’unica disciplina dell’intervento per la scelta singolare del Comune di non reinserirlo nell’ambito del Piano di Lottizzazione e della relativa convenzione di cui alla C.C. n. 42/1971. Una volta realizzati gli edifici in un contesto compiutamente definito, in base all’unica disciplina della lottizzazione, l’area ha ormai complessivamente esaurito la propria destinazione edificatoria.

Di qui l’esattezza della motivazione della decisione impugnata sul punto.

– 2. Per ragioni di economia espositiva possono essere confutati unitariamente gli ulteriori capi di doglianza i quali attengono a profili sostanzialmente connessi e, in coerenza con le considerazioni del punto che precede, vanno respinti.

– 2.1. Gli appellanti assumono che, in ragione del vuoto normativo, i parametri edilizi avrebbero dovuto essere necessariamente individuati dal Comune con riferimento al PRG vigente (approvato con delibera della Giunta Regionale 2250 del 18 maggio 1995) che nella zona C2a consentiva la realizzazione di costruzioni unifamiliari singole o abbinate o a schiera, su un lotto minimo di 2500 m. Per quanto riguarda l’edificazione in aree che erano state oggetto di piani di lottizzazione convenzionata realizzati anteriormente, l’articolo 5 delle NTA al PRG rinviava alle relative convenzioni (ove esistenti). Pertanto considerando l’avvenuta perdita di efficacia della variante urbanistica di cui alla delibera CC. n.36/2001 e l’inapplicabilità delle norme della originaria convenzione, per i ricorrenti, il lotto in questione – in quanto ricadeva nella zona C2a del PRG – avrebbe consentito l’assentimento della concessione richiesta (secondo motivo).

– 2.2. Con la terza doglianza si lamenta che anche a voler ritenere che la limitazione del regolamento del 5 ottobre 1967 si fosse trasfuso nella convenzione 1971, questa risulterebbe in contrasto con il successivo PRG che dovrebbe essere ritenuto prevalente in quanto dell’ambito della stessa lottizzazione sarebbero già presenti ville dei familiari plurifamiliari. Di qui l’erroneità del Tar che, pure rilevando tale contraddizione, individuava la soluzione nell’ambito di un nuovo intervento pianificatorio, senza rendersi conto che la pianificazione generale disciplina in maniera completa ed esaustiva tale profilo. Infatti, in base al regime edificatorio previsto dal PRG vigente renderebbe del tutto neutra la preesistente costruzione consistente, peraltro in una terrazza coperta di pertinenza della costruzione esistente sul lotto confinante.

L’assunto, in coerenza con le considerazioni di cui al punto 1, va disatteso.

In primo luogo si deve ricordare che la decadenza del Piano per il decorso del decennio, ai sensi dell’art.17 della L. n.1150/1942, concerneva esclusivamente le parti che non avevano avuto attuazione, mentre tale decadenza deve escludersi nel presente caso di un lotto già oggetto di utilizzo.

In secondo luogo, essendo del tutto irrilevante la variante del 2001, divenuta inefficace, invano il ricorrente invoca la sopravvenuta disciplina delle zone di completamento dell’art. 5 del PRG approvato nel 1995.

Come esattamente ricorda, la Relazione tecnicaillustrativa delle NTA alla predetta Variante (cfr. All. 5 al fascicolo introduttivo) nella parte ricostruttiva delle pregresse vicende, proprio la Regione Puglia con la ricordata delibera G.R. n.2250/1995 di approvazione del PRG oggi invocato dai ricorrenti, non solo (su un’osservazione di un privato) cassava d’ufficio la norma originaria che, prevedeva nelle aree lottizzate l’applicazione della disciplina di cui alla zona C", ma (citando proprio espressamente la lottizzazione "Rosa Marina") aveva disposto che l’edificazione doveva rimanere nei limiti di cui agli atti di lottizzazione approvati dal Comune con la delibera n.42 del 33/3/1971.

In sostanza sotto il profilo normativo non poteva applicarsi la normativa del PRG per il completamento ad una porzione di territorio in cui lo stesso PRG faceva riferimento alla disciplina della lottizzazione.

Quindi, in coerenza con i principi sopra ricordati, è chiaro che si dovesse fare esclusivo riferimento alla planimetria approvata dalla Soprintendenza, ed alla disciplina complessiva della lottizzazione, comprese quindi le "norme di costruzione" del Regolamento c.d. temporaneo, approvate dal Comune nel 1966.

Del tutto irrilevante è poi lo stato di fatto ed in particolare la presenza nell’ambito della stessa lottizzazione di ville dei familiari plurifamiliari dato che la violazione dei patti originari oltre che dedotta genericamente potrebbe ad esempio essere il frutto di abusi edilizi.

Nel caso, non vi sono dubbi che la particella F/59 fosse già stata oggetto di edificazione, come risulta dal verbale di sopralluogo del 13.4.2007: la costruzione del ricorrente che insiste indistintamente sui tre lotti, peraltro difformemente dall’opera licenziata nel 1969 (per ubicazione, sagoma esterna, superfici) per cui è stata oggetto di concessione in sanatoria del 1997 (su una planimetria che i redattori del predetto sopralluogo hanno ritenuto non corrispondente allo stato di fatto perché pone la villa solo sul lotto "F/62"- ma rectius F/59). Peraltro riguardo alla maggiore cubatura abusivamente realizzata sui lotti a disposizione nulla ci dice il ricorrente.

In ogni caso dalle planimetrie versate in atti non vi sono dubbi che il lotto F/59 risulta essere edificato, sia pure in piccola parte, e che tale circostanza, era ostativa al rilascio di ulteriori permessi di costruire sul lotto in questione in base alla disciplina originaria della lottizzazione di cui al punto 7 delle più volte ricordate "norme di costruzione".

Di qui l’esattezza della decisione appellata.

– 3. In conclusione l’appello è infondato e deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in Euro 2.000,00.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando:

– 1. respinge l’appello come in epigrafe proposto;

– 2. Condanna l’appellante alle spese del presente giudizio che vengono liquidate in Euro 2.000,00 in favore del Comune di Ostuni.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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