Cass. civ. Sez. I, Sent., 11-03-2011, n. 5872 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.V., con atto del 14 ottobre 1998, conveniva davanti ai Tribunale di Potenza il Comune di Guardia Perticara. Narrava di avere stipulato, quale titolare di una impresa edile, con il Comune convenuto alcuni contratti di appalto e precisamente relativi: a) variante e sistemazione del tracciato della strada (OMISSIS); b) rete fognante dell’abitato di Guardia Perticara; c) costruzione di un ambulatorio medico dell’abitato di (OMISSIS); d) costruzione dell’area attrezzata artigianale, in località (OMISSIS).

Precisava di essere creditore del Comune appaltante per una serie di importi per ciascuno dei lavori suindicati, a titolo di residuo corrispettivo ovvero di revisione prezzi. Resisteva il comune convenuto eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla domanda di condanna al pagamento della revisione prezzi. Chiedeva comunque il rigetto di tutte le domande. Il Tribunale di Potenza, con sentenza n. 598 del 2001, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione relativamente alla domanda di pagamento del compenso per revisione e rigettava per intervenuta prescrizione ogni domanda intesa ad ottenere pagamenti di saldo lavori.

Proponeva appello M.V. e la corte di Potenza lo accoglieva in parte.

Il secondo giudice anzitutto rilevava, stante il pacifico principio enunciato anche dal Tribunale, secondo il quale la posizione dell’appaltatore acquista natura di diritto soggettivo tutelabile davanti al giudice ordinario soltanto quando il patto di revisione è stabilito in una convenzione antecedente la L. n. 37 del 1973, ovvero quando l’amministrazione ha adottato un esplicito provvedimento attributivo della revisione o abbia tenuto un comportamento concreto che presupponga, il riconoscimento di tale diritto, che talune circostanze di fatto erano idonee a dimostrare l’intervenuto riconoscimento dei compenso revisionale. in particolare individuava tale implicito riconoscimento da parte dell’amministrazione relativamente a tre dei quattro lavori, relativi alla rete fognante, all’ambulatorio comunale all’area artigianale.

Accoglieva il motivo di appello relativo alla giurisdizione ordinaria, negata dal primo giudice, con riferimento alle domande dei compensi revisionali per i lavori relativi alla rete fognante e all’area attrezzata. Respingeva invece i motivi di appello con i quali il M. aveva contestato la decisione del primo giudice nella parte in cui aveva ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione proposta dai Comune osservando, tra l’altro, che il medesimo appellante, formulando una vera e propria controeccezione di interruzione della prescrizione stessa, aveva evidentemente preso atto della ritualità della eccezione.

Riteneva tuttavia che la contro eccezione di interruzione della prescrizione fosse stata tardiva rispetto ai termini di cui all’art. 183 c.p.c., n. 4.

Ricorre per cassazione contro questa sentenza M.V. con atto articolato su due motivi.

Resiste con controricorso il comune di Guardia Perticara e deposita memoria.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso M.V. lamenta la violazione dell’art. 183 c.p.c., nonchè la motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria su punti decisivi della controversia.

Afferma che il Comune oggi resistente, in primo grado non eccepì ritualmente la prescrizione del diritto fatto valere in giudizio, essendosi limitato a dedurre la mancata ricezione degli atti interruttivi della prescrizione. Sostiene quindi l’erroneità della conseguente argomentazione della sentenza impugnata secondo la quale la sua controeccezione di interruzione della prescrizione sarebbe stata tardiva,giacchè siffatto strumento processuale ben potrebbe essere utilizzato per tutta la durata della fase istruttoria.

Sostiene anche e parallelamente che in ogni caso a contrastare l’eccezione avanzata dal Comune sarebbe stata sufficiente anche una mera difesa, come tale non assoggettabile ad alcun termine ed in particolare a quelli indicati dall’art. 133 c.p.c., comma 4. 1.b. Il motivo è complessivamente infondato.

Anzitutto la sentenza impugnata individua , motivando in modo del tutto adeguato, la chiara volontà del Comune di eccepire la prescrizione. Detto Ente non si limitò ad allegare una documentazione astrattamente ritenuta in grado di far desumere l’avvenuta estinzione del diritto per inerzia del titolare, bensì formulò l’eccezione in modo esplicito. Sul punto la sentenza impugnata richiama brani degli atti processuali riportanti per l’appunto la volontà di cui si tratta.

Questo punto della doglianza pertanto è inammissibile laddove dietro lo schermo della censura alla motivazione, che a parere del collegio da pienamente conto dell’itinerario logico seguito dal giudice di merito, tende a riesaminare i fatti della causa.

1.c. Infondata è peraltro la questione sollevata relativamente alla, pretesa tempestività della controeccezione di interruzione della prescrizione. Questa, come la giurisprudenza della corte di Cassazione ha da tempo stabilito,dando luogo ad un indirizzo che il collegio pienamente condivide, è assimilabile alle eccezioni in senso stretto, e se pure non esige formule sacramentali e può essere formulata anche prima dell’eccezione di prescrizione, va proposta nel rispetto dei prescritti termini processuali. Dunque il superamento del termine di cui all’art. 183 c.p.c., comma 4 la rende tardiva (cass. N. 5945 del. 2000, n. 901.6 del 2002, n. 10904 del 1996, n. 5945 del 2000).

Da ciò consegue l’esattezza della dichiarata tardività della controeccezione di interruzione della prescrizione sollevata dall’attore nella memoria ex art. 183 c.p.c., e depositata dopo l’udienza da tale norma prevista, ovvero il 12 maggio del 1999. 1.d. Detta conclusione assorbe l’ulteriore argomento portato dal ricorrente secondo il quale a contrastare un’eccezione di prescrizione basterebbe una mera difesa e non sarebbe necessaria invece una contro eccezione. Sul punto, infatti il collegio, ancora una volta, non ritiene di discostarsi dalla stabile opinione della giurisprudenza della Corte di Cassazione che individua, si è detto, nella cosiddetta controeccezione di interruzione una sorta di eccezione in senso stretto (Vedi ancora Cass. N. 5945 del 2000).

2. Con il secondo motivo del suo ricorso M.V. lamenta la violazione o la falsa applicazione dell’art. 1335 c.c., nonchè l’erronea ed arbitraria interpretazione delle risultanze istruttorie da parte del giudice di secondo grado e, quindi, la motivazione sui punti decisivi di cui si tratta, omessa e contraddittoria. Afferma infatti che il primo giudice avrebbe dovuto rigettare l’eccezione di prescrizione proposta dal Comune dal momento che tale ente non aveva provato di non aver ricevuto le affermate intimazioni a pagare e non era stata fornita la prova, dell’avvenuto avvenuto recapito dei plichi all’indirizzo dello stesso.

2.a. Osserva il collegio che sostanzialmente con il motivo in esame si afferma l’errore del giudice di primo grado che avrebbe dichiarato il decorso della prescrizione decennale senza considerare che esso odierno ricorrente aveva provato con gli avvisi di ricevimento l’avvenuto recapito dei plichi all’indirizzo del Comune per cui, la posizione di quest’ultimo, fondato fondata sull’assunto della mancata ricezione di alcun atto di intimazione, non doveva essere condivisa.

Orbene,la tardività della predetta controeccezione di interruzione toglie ogni rilievo alla censura in esame.

3. Il ricorso deve essere respinto. Il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese di questa fase del giudizio.
P.Q.M.

LA CORTE respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 1500,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi. Nonchè alle spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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