Cass. civ. Sez. I, Sent., 11-03-2011, n. 5861 Espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Enna (ASI) proponeva nei confronti di D.F.A. opposizione alla determinazione dell’indennità di espropriazione della commissione provinciale relativa a dei fondi siti nel comune di (OMISSIS), ricadenti nell’ambito del piano regolatore consortile per gli insediamenti industriali, a catasto fg. 112 particella 252, Articolo 35819 del comune; l’Assessorato Regionale all’Industria della Sicilia aveva individuato e sottoposto a vincolo di destinazione i siti destinati ad insediamenti industriali e successivamente, con decreto n. 500 dell’11/7/1997, aveva autorizzato il Consorzio ASI della Provincia di Enna ad occupare le aree interessate all’intervento di urbanizzazione ed infrastrutturazione denominato (OMISSIS);

l’ASI, autorizzata al compimento di atti di esproprio ai sensi della L.R. n. 1 del 1984, art. 21, determinava in L. 960 al mq. l’indennità di esproprio per i fondi; l’esatta determinazione veniva stabilita, ex L. n. 865 del 1971, dall’apposita Commissione provinciale, che determinava nel maggior valore di lire 8472,5 al mq, qualificando l’area come edificabile e non come terreno agricolo.

Secondo l’ASI, la disciplina delle espropriazioni delle aree destinate ad insediamenti industriali, prevista dal D.P.R. n. 218 del 1978, art. 53 richiamata espressamente dalla L.R. n. 1 del 1984, prevedeva il calcolo dell’indennità L. n. 865 del 1971, ex art. 16 e 17 nel solo valore agricolo, prescindendo dalle modifiche successive di tali norme che non si riflettevano sulla disciplina espropriativa delle aree incluse nella zona di sviluppo industriale è attesa la bipartizione tra zone edificabili e agricole, le aree di insediamento industriale non residenziali e non edificabili, dovevano essere valutate con gli stessi criteri della agricole; in subordine, l’area era a valore agricolo, atteso che, al momento di apposizione del vincolo espropriativo,ricadeva in zona E agricola; mancava la edificabilità di fatto così come previsto dalla L. n. 333 del 1992, art. 5 bis il terreno era distante dai centri abitati, sprovvisto di opere di urbanizzazione.

L’opposto adduceva che il riferimento alla L. n. 865 del 1971, artt. 16 e 17 operato dal D.P.R. n. 218 del 1978 e L.R. n. 1 del 1934 era incongruo, in quanto tali disposizioni erano state fatte oggetto di dichiarazione di incostituzionalità per la parte in cui sancivano il calcolo del valore agricolo di fondi non destinati, in concreto, a vocazione agricola. Trovava quindi applicazione la legislazione successiva, sfociata nella L. n. 333 del 1992 nella distinzione tra fondi a vocazione edificatoria e fondi agricoli, e nel caso sussisteva la vocazione edificatoria, seppure a fini industriali, stabilita dal PRG del comune di Enna, approvato con decreto n. 49 del 23 marzo 1979 dell’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente.

Veniva disposta ed espletata CTU. La corte d’appello, con sentenza depositata il 12 novembre 2004, ha rigettato l’opposizione del Consorzio ASI,rilevando che il richiamo fatto dal D.P.R. n. 218 del 1978, art. 53 alle norme di cui alla L. n. 865 del 1971, artt. 16 e 17 è procedurale e non sostanziale, e la stessa L.R. n. 1 del 1984, che ha recepito in toto il procedimento di individuazione delle aree industriali, all’art. 25, stabilisce che i criteri di valutazione sono quelli della legge nazionale vigente, così sgombrando il campo dall’applicazione testuale e restrittiva della L. n. 865 del 1971, artt. 16 e 17.

La corte rileva che non può non tenersi conto, anche per le espropriazioni a fini di insediamento industriale, della sentenza della Corte cost. 5/1980 e che la materia è regolata dalla L. n. 333 del 1992, art. 5 bis.

Quanto alla difesa del Consorzio, secondo cui la qualificazione urbanistica dell’area come zona industriale escludeva ogni possibilità di utilizzazione a fini di edilizia industriale abitativa, da cui l’applicazione delle norme di cui al titolo secondo della L. n. 865 del 1971, la corte territoriale rileva che nel sistema dicotomico dell’art. 5 bis l’edificabilità non si esaurisce nella edificabilità residenziale abitativa, ma si rifà a tutte le forme di edificazione, anche a fini industriali.

Parimenti infondato, continua la corte territoriale, è il rilievo secondo cui la trasformazione dell’area da agricola a non agricola era conseguente al vincolo di destinazione apposto, atteso che il comune aveva adottato il 23/4/1979 il PRG, in cui la zona era stata classificata come zona edificabile per uso industriale; quanto al rilievo di inedificabilità di fatto per mancanza di opere di urbanizzazione, la corte ha infine rilevato che da tempo la zona era industrializzata, aveva assunto la denominazione di zona industrializzata D2 e presentava una serie di infrastrutture urbanistiche, accertate dalla CTU; che,comunque, il criterio empirico di inedificabilità, non attinente alla mancanza di infrastrutture, non era stato nel caso provato,anzi smentito dalla CTU. Ricorre il Consorzio ASI sulla base di quattro motivi. Vi Resiste con controricorso il D.F.. Il Consorzio ha depositato memoria.
Motivi della decisione

1.1.- Con il primo motivo, il Consorzio denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione al D.P.R. n. 218 del 1978, art. 53 ed alla L.R. siciliana n. 1 del 1984, art. 21; la falsa applicazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis; il difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia.

Secondo il Consorzio, la corte territoriale ha violato il criterio indennitario previsto dalla normativa statale e regionale sulle espropriazioni di aree industriali, il TU delle leggi sul Mezzogiorno approvato con il D.P.R. n. 218 del 1978, art. 53, avente valenza di lex specialis e L.R. siciliana n. 1 del 1984, art. 21, legge peraltro emanata nell’ambito dei poteri di legislazione esclusiva della regione; la sentenza contrasta anche con il decreto assessoriale 317/97, che ha approvato e reso esecutivo il Piano del Consorzio di Sviluppo Industriale di Enna, art. 3 ed è altresì errata l’applicazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis.

1.2.- Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia a violazione ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, commi 3 e 4, nonchè al D.Lgs. n. 327 del 2001, art. 37 alla L.R. n. 1 del 1984, artt. 19 e 21 ed al D.P.R. n. 218 del 1978, art. 51; il difetto di motivazione su punto decisivo: al momento di apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, le aree erano effettivamente agricole, come confermato dai pareri dell’Ufficio Legislativo e Legale della regione Sicilia dell’11/1/1994 e 21/3/94;

inoltre, le aree ricadenti nell’ambito dei Piani Regolatori dei Consorzi di Sviluppo Industriale non sono legalmente edificabili se non in relazione all’attuazione delle finalità di pubblico interesse a cui è connessa la dichiarazione di pubblica utilità derivante dai Piani medesimi, nessuna possibilità di edificare spetta ai proprietari, ai quali compete solo l’indennità di espropriazione, e di tale inedificabilità v’è conferma nel D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37. 1.3.- on il terzo motivo, il Consorzio denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis per essere comunque errata la stima che non ha tenuto cento della edificabilità di fatto, il terreno è infatti, come si evince dalla stessa CTU, rurale, destinato a monocoltura cerealicola, ubicato a decine di chilometri dai centri urbani di (OMISSIS), privo di condotte fognarie e idriche, elettriche e telefoniche: la stima non ha inoltre tenuto conto dei costi di urbanizzazione primaria di cui l’area è sprovvista e che incidono per il 30%. 1.4.- Con il quarto motivo, il Consorzio rileva che in conseguenza dell’accoglimento del ricorso, dovrà essere riformato il capo sulle spese di giudizio e di CTU. 2.1.- E’ opportuno premettere che nel caso, non spiega effetto la sentenza della Corte Costituzionale 24 ottobre 2007 n. 347 che, dichiarando illegittimi i criteri di liquidazione dell’indennità di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, per le aree edificabili, ha affermato che, per tali terreni, l’espropriante di regola non può corrispondere meno del valore venale (cfr. L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, commi 89 e 90), in quanto il Consorzio, nel presente giudizio, impugna il profilo della ritenuta vocazione edificatoria legale ed effettiva delle superfici espropriate, chiedendo di rilevarne la natura non edificabile e comunque di applicare i diversi criteri di liquidazione della indennità di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 16, cioè di accertare quanto dovuto in base al valore tabellare o agricolo medio, con chiara inapplicabilità delle statuizioni della sentenza della Corte Cost. n. 347 del 2007, relativa solo ai suoli urbanisticamente fabbricabili; nè infine il D.F. ha posto in discussione la quantificazione dell’indennità di esproprio determinata dalla competente Commissione. Il primo motivo di ricorso è infondato, alla luce dell’orientamento di questa corte, come espresso, tra le ultime, nelle sentenze 5565/2009 e 7616 del 2009. Ed invero, la norma invocata, contenuta nella L.R. Siciliana 4 gennaio 1984, n. 1, art. 21 non operava un rinvio diretto della L. n. 865 del 1971, artt. 16 e 17, bensì alle "procedure previste dall’art. 53 del testo unico delle leggi sul mezzogiorno, approvato con D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218"; ed era poi quest’ultimo decreto che, per la determinazione delle indennità di espropriazione, rinviava agli "della L. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 16 e 17, e successive modificazioni e integrazioni". Peraltro, al tempo dell’emanazione della norma regionale, il rinvio contenuto nella norma statale ( D.P.R. n. 218 del 1978, art. 53) non poteva avere il contenuto che il consorzio ricorrente gli assegna, perchè la Corte costituzionale aveva già dichiarato, con la sentenza n. 5 del 1980, l’incostituzionalità della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16, commi 5, 6 e 1, come modificati dalla L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 14 e della L. n. 865 del 1971, art. 20, comma 3, come modificato dalla L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 14; con la conseguenza che i criteri di calcolo delle indennità di espropriazione e di occupazione delle aree esterne ai centri edificati di cui all’art. 18 della stessa legge erano stati espunti dall’ordinamento.

Il rinvio della legge regionale, mediato dal decreto n. 218 del 1978, art. 53, non poteva pertanto estendersi alle norme già dichiarate incostituzionali. In ragione di ciò, e con riguardo al meccanismo di determinazione indennitaria fissato dal D.P.R. n. 218 del 1978, art. 53 T.U. leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, in quanto richiamato dalla L.R. Siciliana n. 1 del 1984, art. 21, che, disciplinando le espropriazioni occorrenti all’esecuzione degli impianti industriali da parte dei Consorzi, ne prevede la stima a valore agricolo tabellare, questa corte ha già avuto modo di chiarire che la dichiarazione di incostituzionalità di questi ultimi (Corte cost. n. 5 del 1980 e n. 223 del 1983), già anteriormente alla legge regionale, relativamente alle aree edificabili, rende ad esse applicabili la L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, che, costituendo norma di riforma economico – sociale, si pone come limite all’esercizio della stessa potestà legislativa esclusiva regionale, restando applicabile la legge regionale al procedimento espropriativo (Cass. 18 maggio 2006 n. 11742).

2.2.- Con il secondo motivo d’impugnazione, fatto valere sotto il profilo del vizio della violazione di legge e del difetto di motivazione, il Consorzio sostiene che al momento dell’apposizione del vincolo,le aree erano effettivamente agricole e che inoltre, le aree ricadenti nei piani regolatori dei Consorzi di Sviluppo Industriale, che producono gli effetti del Piano Territoriale di Coordinamento, non sono legalmente edificabili se non in relazione alla. finalità del pubblico interesse cui è riconnessa la dichiarazione di pubblica utilità, con la conseguenza che ai proprietari non è attribuita nessuna possibilità di edificare, ma spetta solo l’indennità di espropriazione.

Ciò posto, si rileva che il primo rilievo sulla natura effettivamente agricola delle aree è, nell’ambito del motivo, privo sostanzialmente di argomentazioni (il profilo verrà- ripreso nel terzo motivo), salvo il richiamo ai due pareri dell’Ufficio Legislativo e Legale della regione, che sono espressi sul piano della ricostruzione giuridica, infondata per quanto già sopra rilevato.

Quanto al secondo profilo, lo stesso è infondato, per le ragioni di seguito esposte.

I piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale sono redatti seguendo, in quanto applicabili, i criteri e le direttive indicati della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 5, comma 2, per i piani territoriali di coordinamento. Essi contengono dunque l’individuazione e la delimitazione delle zone da destinare a sviluppo industriale, le quali implicano vincoli di carattere conformativo e di durata indeterminata (L. n. 1159 del 1942, art. 6, comma 1, richiamato dal D.P.R. n. 218 del 1978, art. 51, comma 6).

Questa corte, peraltro, ha già chiarito che tali vincoli conformativi non discendono direttamente dal piano redatto dal consorzio, quantunque approvato dal comune, ma dalla concreta attuazione che lo stesso comune dia al piano, adottando le consequenziali modifiche del piano regolatore generale, le quali soltanto sono idonee a fornire la qualificazione urbanistica della zona, costituente il parametro della determinazione dell’indennità di espropriazione (Cass. 23 marzo 2001 n. 4200).

Nella fattispecie in esame la corte territoriale ha accertato, con un giudizio di fatto immune da censure, che il Comune di Enna aveva già adottato in data 23/4/79 il P.R.G., in cui la zona in esame era stata individuata come edificabile per uso industriale, così perdendo da tale data la connotazione di zona agricola, per divenire zona ad insediamento industriale.

Nè infine vale ad escludere l’edificabilità legale la sola previsione dell’iniziativa pubblica per l’attuazione del piano di zona mediante costruzione di edifici industriali, atteso che l’esercizio dell’industria non è riservato in via di principio alla mano pubblica; e del resto, anche i piani di edilizia economica e popolare – cosiddetti p.e.e.p. – sono piani di edilizia residenziale ad iniziativa pubblica (giacchè le aree su cui sorgeranno i fabbricati sono espropriate dal Comune, e sono successivamente assegnate agli operatori o in diritto di proprietà, oppure in diritto di superficie), senza che questo sia di ostacolo al riconoscimento dell’edificabilità legale delle aree che vi sono incluse.

2.3.- Con il terzo motivo, il Consorzio sostiene, in subordine, che la stima non avrebbe tenuto conto della inedificabilità di fatto e della incidenza della mancanza di infrastrutture.

La corte territoriale ha precisato a riguardo che la zona è industrializzata da tempo, ha assunto la denominazione di zona industrializzara D2 e presenta una serie di infrastrutture, come accertato dal CTU; detti rilievi di fatto non sono stati specificamente contestati dal ricorrente, che si è limitato ad indicare genericamente le diverse indicazioni , in tesi, contenute nella CTU, senza indicare specificamente i punti nè trascrivendoli, come sarebbe stato suo onere per il rispetto del principio di autosufficienza del ricorso.

2.4.- Il quarto motivo, relativo alle spese, rimane assorbito dalla reiezione dei primi tre motivi.

3.1.- In conclusione il ricorso deve essere respinto. Le spese del giudizio di legittimità sono a carico del consorzio soccombente, e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; condanna il Consorzio ASI a rifondere a D.F. A. le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1700,00, di cui Euro 1500,00 per onorario.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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