Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-03-2011, n. 5858 Imposta reddito persone fisiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il 17.2.2007 è stato notificato a Z.A. un ricorso dell’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata l’8.2.2006), che ha accolto l’appello del contribuente contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Pordenone n. 16/04/2002 che aveva respinto il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento per IRPEF relativa all’anno 1995.

In data 3.4.2007 è stato notificato all’Agenzia il controricorso della parte intimata.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 24.2.2011, in cui il PG ha concluso per l’accoglimento – rigetto del primo motivo del ricorso.

2. I fatti di causa.

Con il menzionato avviso di accertamento relativo ai redditi 1995. l’Agenzia ha rideterminato allo Z. un reddito imponibile ai fini IRPEF di L. 489.434.000, in conseguenza dell’emissione di un accertamento a carico della Me.To.Do srl (in cui lo Z. era socio al 50%) nel quale era stato contestato un maggior reddito d’impresa per il predetto esercizio (rinveniente dal disconoscimento di costi relativi a operazioni ritenute inesistenti), perciò imputato pro quota allo Z. come reddito di partecipazione, in virtù della presunzione di distribuzione tra i soci (consistenti in una ristretta base) degli anzidetto utili extra bilancio.

L’impugnazione di detto avviso era stata respinta dalla CTP di Pordenone ed il successivo appello del contribuente è stato poi accolto dalla pronuncia qui impugnata.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che:

– versandosi in fattispecie di provvedimento motivato "per relationem" al processo verbale di constatazione della GdF di Brescia elevato nei confronti della Me.to.Do. srl e notificato a quest’ultima allorchè ne era legale rappresentante tale R.M. (PVC indirettamente richiamato nel provvedimento qui impugnato attraverso l’allegato atto di accertamento emesso dall’Ufficio di Verona) e non essendo detto PVC allegato all’avviso di accertamento, nonchè non risultando che lo Z. ne abbia avuto comunque conoscenza, dovevasi ritenere nullo l’allo in questione, per vizio di motivazione, in applicazione dell’art. 7 dello Statuto dei contribuenti:

– non avendo l’Agenzia prodotto detto PVC, per quanto fosse posto a fondamento dell’avviso di accertamento impugnato, non poteva considerarsi raggiunta la prova dei fatti in virtù dei quali era stato rideterminato il reddito complessivo in capo allo Z..

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con due motivi d’impugnazione e – dichiarato il valore della causa nella misura di Euro 330.000,00 – si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese processuali.
Motivi della decisione

5. Il primo motivo d’impugnazione.

Il primo (complesso) motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: "Violazione e falsa applicazione art. 12 c.p.c. D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 7 e 52. Violazione e falsa applicazione art. 2909 c.c.: motivazione omessa su un punto decisivo della controversia. Motivazione insufficiente su punto decisivo della controversia. Violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e dei principi generali in materia di società. Motivazione insufficiente su punto decisivo della controversia".

Con il predetto motivo la ricorrente Agenzia si duole di "exptrapetizione" commessa dal giudice di appello, per avere questi accolto doglianza diversa da quella proposta dall’appellante contribuente. Questi aveva dedotto che il menzionato PVC non era stato allegato all’avviso di accertamento qui impugnato (e neppure ne era stato riprodotto il contenuto nella motivazione dell’accertamento) ma non si era affatto doluto che il predetto PVC non gli era stato in precedenza già notificato, mentre il giudice di appello aveva assunto perciò in difetto di espressa domanda – che il predetto PVC" non risultava essere stato mai notificato allo Z..

Inoltre la ricorrente si duole di violazione dei giudicalo contenuto nella sentenza di primo grado, nella quale il primo giudice aveva affermato che il menzionato PVC non andava allegato all’avviso di accertamento perchè era già stato notificato allo Z. quale legale rappresentante della Me.To.Do. srl. Detta affermazione non era stata gravata di appello e perciò doveva considerarsi passata in giudicato.

La ricorrente agenzia si duole ancora di insufficiente motivazione per avere il giudice di appello negletto che lo stesso Z. aveva riconosciuto (nel ricorso di primo grado ed in quello di appello) di avere ricevuto in notifica il PVC prima della notifica dell’avviso: che lo stesso accertamento era contenuto nella sentenza del primo giudice e pure in altra sentenza (la n. 116/11/05) della stessa CTR di Trieste.

Infine la ricorrente Agenzia si duole del fatto che conseguentemente a ciò che dianzi si è detto – il giudice di appello avesse violato il menzionato art. 7, supponendo dirimente la mancata allegazione del PVC all’avviso di accertamento.

Tutti i predetti profili di censura sono inammissibili per difetto del requisito di autosufficienza e (l’ultimo) perchè assorbito.

Quanto ai primi tre, è sufficiente qui evidenziare è che la ricorrente, per consentire a questa Corte di giudicare sull’assunto della extrapetizione e su quello della violazione del giudicato avrebbe dovuto – oltre che produrli qui in copia, in applicazione del disposto dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 – anzitutto specificare con modalità autosufficienti il contenuto degli atti imprescindibili ai fini di questa valutazione (e cioè l’atto di appello e la sentenza di primo grado), atti che invece si è limitato a richiamare genericamente e vagamente ne ricorso introduttivo di questo grado.

E’ infatti principio costantemente insegnato da questa Corte che Per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (che si estende anche al controricorso), allorquando si denunzia una violazione o falsa applicazione di norme processuali, la parte ricorrente è onerata ad indicare gli elementi fattuali condizionanti l’ambito di operatività di detta violazione, con la conseguenza che ove si asserisca la mancata, valutazione di atti documentali è necessario procedere alla trascrizione integrale dei medesimi o del loro essenziale contenuto al fine di consentire il controllo della decisività delle operate deduzioni unicamente sulla base del solo ricorso (o del controricorso), senza che la Corte di legittimità possa ricorrere ad ulteriori indagini integrative" (Cass. Sez. ..

Sentenza n. 4840 del 07/03/2006).

D’altronde la parte intimata, nel suo controricorso, ha recisamente contestato gli assunti avversari, trascrivendo parti dell’atto di appello nelle quali si contestava l’avvenuta "legale conoscenza" degli atti relativi a Me.To.Do., sicchè consegue che non può farsi conto sulle sole imprecise affermazioni di parte ricorrente.

Resta quindi assorbito l’ultimo profilo del motivo, poichè condizionato alla fondatezza dei primi tre.

6. Il secondo motivo d’impugnazione.

Il secondo motivo di impugnazione è collocalo sotto la seguente rubrica, Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 e art. 115 c.p.c.. Motivazione omessa su un punto decisivo della controversia. Violazione e falsa applicazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7".

La ricorrente Agenzia si duole del fatto che la CTR di Trieste…..ritenendo di non essere stato prodotto in atti il PVC datato 10.3.1998 – non avrebbe giudicato "iuxta alligata et probata".

Il motivo è inammissibile.

Come si è detto riassumendo le ragioni della decisione di secondo grado, la CTR ha posto a fondamento della propria decisione due distinte rationes decidendi dotate di autonomia ed entrambe idonee a sorreggere la decisione: la nullità del provvedimento impositivo per vizio di motivazione: difetto di prova dei fatti in virtù dei quali era stato rideterminato il reddito.

E pertanto, essendo risultato inammissibile il motivo di impugnazione in precedenza esaminato, rivolto contro la prima di dette due "ratio", l’impugnazione della seconda appare del tutto frustranea, non essendo idonea a determinare la cassazione della pronuncia neppure se essa fosse accolta.

In termini si veda Cass. Sez. 3. Sentenza n. 24540 del 20/11/2009:"Nel caso in cui la decisione impugnata sia fondata su una pluralità di ragioni, tra di loro distinte e tutte autonomamente sufficienti a sorreggerla sul piano logico – giuridico, è necessario, affinchè si giunga alla cassazione della pronuncia, che il ricorso si rivolga contro ciascuna di queste, in quanto, in caso contrario, le ragioni non censurate sortirebbero l’effetto di mantenere ferma la decisione basata su di esse".

Da quanto si è detto consegue l’integrale reiezione del ricorso.

La regolazione delle spese di lite del presente grado è informata alla regola della soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia ricorrente a rifondere alla parte intimata le spese di questo grado, che si liquidano in Euro 4.000,00 per onorario oltre Euro 100,00 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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