Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-03-2011, n. 5840 Imposta di registro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Adriainfissi s.r.l., M.P. e D.A. e L. impugnarono un avviso di accertamento dell’ufficio del registro di Montefalcone, notificato il 17.7.1996, contenente la rettifica del valore venale di un complesso immobiliare posto nel comune di (OMISSIS). Il ricorso fu accolto dalla commissione tributaria provinciale di Gorizia in ragione dell’asserita inaccettabilità della valutazione dall’ufficio finanziario operata con riguardo alla possibilità di demolizione degli esistenti fabbricati, e alla correlata loro riedificazione con indice di fabbricabilità di 3 mc per mq.

La commissione provinciale sostenne essere una simile valutazione difforme dalle previsioni del locale strumento urbanistico, ivi essendo consentiti, nella zona B3 di ubicazione degli immobili, soltanto interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo, senza possibilità di ampliamenti. L’amministrazione finanziaria propose appello avverso questa sentenza, sul rilievo che l’affermata individuazione degli Interventi edilizi consentiti non era corrispondente alle risultanze del certificato di destinazione d’uso allegato al contratto di compravendita; certificato viceversa attestante la possibilità dei riferiti tipi di intervento.

Nel contraddittorio degli appellati, la commissione tributaria regionale del Friuli, con sentenza in data 12.4.2006, respinse l’appello.

Premise che l’atto impugnato aveva trovato base su una stima dell’Ute, e che questa aveva fatto riferimento a un criterio sintetico – comparativo ai fini della individuazione del valore di mercato del complesso immobiliare, senza tuttavia indicazione dei beni comparati.

Aggiunse che l’elemento preponderante di valutazione era stato associato all’ipotetica ed eventuale possibilità edificatoria dell’area. Mentre siffatto parametro avrebbe potuto essere considerato soltanto alla stregua di ulteriore aggiuntivo indice, non mai come elemento unico di determinazione del valore venale.

Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 5.6.2006, l’agenzia delle entrate ha proposto tempestivo ricorso sorretto da tre motivi.

Gli intimati non si sono costituiti.
Motivi della decisione

1. – Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. Sostiene la ricorrente che l’impugnata sentenza, da un lato, ha omesso di pronunciarsi sul motivo di appello prospettato da essa amministrazione riguardo alla potenzialità edificatoria del complesso immobiliare; dall’altro è incorsa in extrapetizione, dal momento che ha posto a fondamento della decisione un profilo di censura (per presunta violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3, nei termini appena sopra riferiti) mai prospettato nel ricorso avverso l’avviso di accertamento.

A conclusione del motivo viene formulato un quesito di diritto chiaramente inidoneo, siccome proposto a mezzo di parafrasi della invocata previsione di legge ("se sia legittima una sentenza della CTR che ometta di pronunciarsi sull’appello dell’ufficio e confermi la sentenza gravata ritenendo fondata una censura non proposta dal contribuente nel ricorso di primo grado").

Va osservato che è tuttora al centro di un vasto dibattito la questione della necessità o meno del ridetto quesito, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., laddove il motivo di cassazione si fondi sull’asserita inosservanza di norme processuali, in considerazione della quale si imponga il semplice riscontro, attraverso l’esame degli atti di causa, della correttezza dell’attività compiuta (cfr. per la negativa Cass. 2008/16941; Cass. 2009/20614. Contra Cass. 2009/4329).

In ogni caso la Corte non reputa necessario assumere posizione al riguardo, dal momento che, con tutta evidenza, il vizio denunciato è nella specie insussistente. E di fatti il giudice d’appello ha incentrato la propria decisione sul primario rilievo di essere stata la pretesa impositiva basata su una stima dell’Ute insufficiente allo scopo, stante che la stima detta "si limita (..) a riportare di aver operato con procedimento sintetico comparativo (..) senza portare alcuna indicazione di quelli che sono stati i beni comparati (..)".

Solo in aggiunta, e senza concreta incidenza sull’effetto conseguito, la sentenza ha formulato la considerazione giuridica alla quale il motivo si riferisce, circa la necessità di un congiunto apprezzamento del parametro utilizzato (la potenzialità edificatoria dell’area) in seno a una valutazione globale degli ulteriori indici riportati nel D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3.

Consegue che in nessun modo è possibile riscontrare il denunciato vizio di attività, non essendo la commissione incorsa nè in omissione di pronuncia sul motivo di gravame – dal momento che il motivo articolato dall’amministrazione appellante venne respinto per implicito, in ragione della critica pregiudiziale sulla incompletezza del metodo di stima – nè in extrapetizione – dal momento che quella surriportata risulta costruita come valutazione giuridica conforme alla ritenuta corretta esegesi della norma applicabile per addivenire al valore venale. E in questo senso è certamente compito del giudice di merito, finanche in appello, individuare la legge ritenuta applicabile, con l’unico limite rappresentato dall’impossibilità di immutare l’effetto giuridico che la parte abbia inteso conseguire.

2. – Il secondo motivo denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Vi si sostiene che il punto controverso, totalmente omesso nella motivazione della sentenza d’appello, atteneva, con connotato di decisività, attesa la statuizione contenuta nella sentenza di primo grado, alla potenzialità edificatoria del lotto de quo.

Il motivo è inammissibile, giacchè manca la sintesi riassuntiva ex art. 366-bis c.p.c. La chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione sì assume omessa o insufficiente, non può essere desunta o integrata dal contenuto del motivo (o dei motivi), pena la sostanziale abrogazione dell’art. 366-bis c.p.c. (cfr. sez. un. 2008/6420), stante che è di tutta evidenza che la disposizione dell’art. 366 – bis c.p.c., relativa all’art. 360, n. 5, non avrebbe alcun significato se si limitasse a prescrivere quanto già insito nel parametro generale reso da questa norma, vale a dire la desumibilità del fatto controverso e del vizio logico della motivazione dal complesso del motivo di ricorso. Pertanto va ribadito che, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, (omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione), la relativa censura deve anch’essa contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva comunque, puntualmente, i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (v. per tutte sez. un. 2007/20603, nonchè ancora di recente Cass. 2010/1285 e 2010/428).

3. – Il terzo motivo, infine, denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, comma 3.

Vi si sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dalla commissione regionale, i criteri di stima, di cui alla citata disposizione, hanno pari dignità e valore giuridico, per cui l’avviso di accertamento, in rettifica del valore dichiarato, può legittimamente fondarsi sull’uno ("parametro comparativo") come sugli altri (parametro "del reddito" e parametro degli "altri elementi di valutazione"), alla sola condizione che risulti il criterio indicato nella motivazione dell’atto onde consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa. Il motivo – concluso dal quesito di diritto "se, in relazione alla fattispecie, sia legittimo un accertamento in rettifica del valore dichiarato che si fondi, anzichè sul "parametro comparativo" o su quello "del reddito", su "altri elementi di valutazione" D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 51, comma 3 (quali in particolare la collocazione e la tipologia degli immobili compravenduti, la superficie complessiva delle particene, lo stato di conservazione e manutenzione nonchè l’epoca di costruzione dei fabbricati, la destinazione urbanistica delle particene, la tipologia di interventi sulle stesse realizzabili ed il relativo indice massimo di fabbricabilita)" – è inammissibile in ragione della sua inconferenza rispetto alla ratio decidenti risultante dalla sentenza impugnata, viene difatti dato per presupposto l’esatto contrario di quel che dalla sentenza risulta.

In tal senso il giudice tributario ha reso la decisione sull’affermazione – non incisa dal quesito – che l’atto impugnato si fonda su una stima dell’Ute inidonea a sostenere la rettifica del valore venale, siccome mancante dell’indicazione dei beni comparati a fronte del riferimento a un metodo di stima di tipo sintetico – comparativo.

Il ricorso, in conclusione, è rigettato.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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